La responsabilità oggettiva nel diritto penale

In relazione ai gradi di colpevolezza di un soggetto che commette un determinata fattispecie delittuosa, oltre ai casi del dolo e della colpa, vi è anche una ulteriore ipotesi che viene appunto definita responsabilità oggettiva. Di seguito vedremo cosa si intende per responsabilità oggettiva per il diritto penale italiano e quali sono i requisiti di questa ulteriore forma di colpevolezza.

1. Nozione sulla responsabilità oggettiva

Ci si trova dinanzi a situazioni di responsabilità oggettiva in tutti quei casi in cui l’evento viene imputato ad un determinato soggetto sulla base del semplice nesso di causalità e, quindi, in tutti quei casi in cui vi sia stata una condotta tale da generare un evento criminoso senza che ci sia una connessione psicologica di dolo o di colpa.

Il soggetto sarà, quindi, chiamato a rispondere per un evento delittuoso per il solo di averlo commesso, anche se avvenuto contro la sua volontà. Il richiamo diretto a questo istituto, ci viene in un certo senso fornito dall’art. 42 del codice penale, il quale, dopo aver chiarito i criteri per l’imputazione del dolo della colpa e, infine, della preterintenzione conclude indicando che: “..la legge determina i casi in cui l’evento è posto altrimenti a carico dell’agente, come conseguenza della sua azione o omissione..”. Con “altrimenti” il legislatore ha voluto individuare anche altre fattispecie residuali di colpevolezza, ove rientra la responsabilità oggettiva del soggetto agente.

2. Classificazione dei casi di responsabilità oggettiva

Vi sono diverse ipotesi di responsabilità individuate dalla dottrina che saranno trattate di seguito.

2.1 Il c.d. aberratio delicti

L’aberratio delicti, o reato aberrante, consiste nell’ipotesi in cui per un mero errore fortuito nell’esecuzione di un determinato reato, il soggetto agente ne compie un altro. A mero titolo esemplificativo si potrebbe pensare all’ipotesi in cui un soggetto lanci una molotov al fine di incendiare un’auto, ma in realtà finisce per colpire un passante provocandogli gravi ustioni.
In siffatta ipotesi, la colpevolezza dell’agente rientrerà, secondo parte della dottrina, nella casistica della responsabilità oggettiva.

2.1.1 Aberratio delicti monolesiva e plurilesiva

Il reato aberrante potrà poi essere monolesivo o pluriolesivo, a seconda se dalla condotta posta in essere dal soggetto agente si siano verificati uno o più reati.
Con aberratio delicti monolesiva si suole indicare che dalla condotta del soggetto si è verificato solo l’evento non voluto.

Vi è, poi, l’ipotesi dell’aberratio delicti plurilesiva che corrisponde all’ipotesi in cui, dalla condotta posta in essere dal soggetto, oltre a verificarsi il reato voluto, se ne verifica anche uno non voluto. Riprendendo l’esempio di reato indicato nel paragrafo precedente, è come se la molotov oltre a colpire il passante finisca comunque per incendiare l’auto oggetto dell’originario reato.

2.2 Responsabilità del partecipe per reato diverso da quello voluto

La responsabilità del partecipe per reato diverso da quello voluto ex art.116 del codice penale configura ipotesi di responsabilità oggettiva poiché l’evento diverso è posto a carico dell’agente sulla sola base del nesso di causa. Questo indirizzo di classificazione della colpevolezza è di recente stato oggetto di analisi, da parte della Corte Costituzionale, che ha associato a questo istituto oltre alla causalità materiale anche una causalità psicologica che inquadra quindi la responsabilità dell’individuo in “colposa”.

2.3 Condizioni obiettive di punibilità

La condizione obiettiva di punibilità è contemplata in maniera espressa dall’art. 44 del codice penale il quale chiarisce che “quando per la punibilità del reato, la legge richiede il verificarsi di una condizione, il colpevole risponde del reato, anche se l’evento, da cui dipende il verificarsi della condizione non è da lui voluto”.

La giurisprudenza penale nazionale, suole distinguere tra:

  • Condizioni intrinseche: rappresentano quegli elementi da considerare necessariamente “partecipi” per la sussistenza del reato;
  • Condizioni estrinseche: rappresentano quegli elementi totalmente estranei al reato.

2.4 Altri casi di responsabilità oggettiva

Vi sono poi, altre fattispecie di responsabilità oggettiva che, per le loro particolari peculiarità, necessitano di ampia e separata trattazione. Esse sono:

  • La responsabilità per i reati di stampa;
  • Il delitto preterintenzionale;
  • I reati aggravati dall’evento.

3. Ultime dalla Corte di Cassazione

In tema di responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli, la presunzione stabilita dall’art. 2054, comma 2, c.c. non configura a carico del conducente un’ipotesi di responsabilità oggettiva, ma una responsabilità presunta da cui il medesimo può liberarsi dando la prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, ovvero dimostrando non l’impossibilità di una condotta diversa o la diligenza massima, bensì di avere osservato, nei limiti della normale diligenza, un comportamento esente da colpa e conforme alle regole del codice della strada, da valutarsi dal giudice con riferimento alle circostanze del caso concreto. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva ricondotto la responsabilità del sinistro alla sola condotta del danneggiato, escludendo la colpa della convenuta sulla base di una valutazione in concreto della sua condotta, desunta da molteplici elementi indiziari quali: l’assenza di infrazioni alle norme del codice della strada, la ridottissima velocità di marcia, il luogo della strada in cui era avvenuto l’impatto ed il punto di collisione tra i veicoli). (Cass. Civile Sez. VI, Ordinanza del 16 febbraio 2017 n. 4130)

L’art. 2087 c.c. non configura un’ipotesi di responsabilità oggettiva, in quanto la responsabilità del datore di lavoro – di natura contrattuale – va collegata alla violazione degli obblighi di comportamento imposti da norme di legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche del momento; ne consegue che incombe al lavoratore che lamenti di avere subito, a causa dell’attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l’onere di provare, oltre all’esistenza di tale danno, la nocività dell’ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l’una e l’altra, e solo se il lavoratore abbia fornito tale prova sussiste per il datore di lavoro l’onere di provare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso la responsabilità datoriale per il danno subito da un lavoratore durante un’operazione di taglio a mezzo di una macchina troncatrice, avendo il datore di lavoro messo a disposizione del lavoratore una macchina in perfetto stato di manutenzione, dotata di dispositivi di protezione atti a evitare il contatto con la lama e avendo formato e informato periodicamente il lavoratore sui rischi connessi al suo utilizzo).  (Cass. Civile Sez. Lavoro, Ordinanza del 19 ottobre 2018 n. 26495)