Ai fini dell’applicazione della pena accessoria dell’interdizione legale, nel caso di più reati unificati sotto il vincolo della continuazione, occorre fare riferimento alla misura della pena determinata in concreto per il reato più grave, nell’eventualità ulteriormente ridotta per la scelta del rito, e non a quella complessiva risultante dall’aumento della continuazione. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 8126 del 20 febbraio 2018 (Cass. pen. n. 8126/2018)
La condanna alla reclusione per un tempo non inferiore a cinque anni produce, durante la pena, la sospensione dall’esercizio della potestà dei genitori, salvo che il giudice disponga altrimenti con specifica motivazione. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto erronea la conclusione della Corte territoriale, secondo la quale, non essendosi il giudice di primo grado pronunciato sulla pena accessoria della sospensione della potestà genitoriale, sarebbe stata infondata la richiesta di revoca contenuta nell’atto di gravame). Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 2661 del 21 gennaio 2014 (Cass. pen. n. 2661/2014)
Al condannato, ancorché ammesso al programma di protezione per i collaboratori di giustizia, legalmente interdetto ai sensi dell’art. 32 c.p., è inibita l’iscrizione presso la Camera di commercio per lo svolgimento di un’attività di impresa. (Nell’applicare tale principio, la Corte ha precisato che a diversa soluzione non può condurre né la disposizione di cui all’art. 17 L. 26 luglio 1975, n. 354, come modificato dall’art. 5, comma secondo, L. 22 giugno 2000, n. 193, la quale esclude l’operatività dell’incapacità derivante dall’interdizione ai soli casi di costituzione di rapporti di lavoro ed assunzione della qualità di socio in cooperative sociali, né la disciplina di cui all’art. 8 della L. 13 febbraio 2001, n. 45, secondo la quale dal rifiuto del collaborante di accettare adeguate opportunità di lavoro o di impresa deriva la revoca del programma di protezione, atteso che tale condotta negativa non può equipararsi al fenomeno normativo ostativo all’esercizio dell’attività di impresa, costituito dagli effetti preclusivi derivanti dalle pene accessorie). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 5960 del 13 febbraio 2002 (Cass. pen. n. 5960/2002)
Nell’ipotesi di condanna con rito abbreviato per stabilire se il giudice debba o meno applicare la pena accessoria dell’interdizione legale di cui all’art. 32 c.p. deve aversi riguardo alla pena determinata per il reato giudicato, quale risultante prima della riduzione per la diminuente prevista dall’art. 442, comma secondo, c.p.p. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 11238 del 28 dicembre 1996 (Cass. pen. n. 11238/1996)
Al cosiddetto «patteggiamento in appello», previsto dall’art. 599, comma 4, c.p.p. non sono applicabili le norme che regolano l’applicazione della pena su richiesta prevista dall’art. 444 c.p.p. (Affermando siffatto principio la Cassazione ha ritenuto che nel caso in cui il giudizio di appello si sia svolto ai sensi del suddetto art. 599, comma 4, c.p.p. non possa escludersi l’applicazione di pene accessorie ed in particolare che sia applicabile l’interdizione legale durante la pena, disposta nel giudizio di primo grado). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 17680 del 20 luglio 1995 (Cass. pen. n. 17680/1995)