In tema di incidente di esecuzione, è legittimo il rigetto della richiesta di revoca o di accertamento della avvenuta espiazione della pena accessoria dell’interdizione dall’esercizio della professione inflitta ad un avvocato con sentenza definitiva di condanna, per effetto del computo del periodo di sospensione cautelare dall’esercizio della professione forense disposta dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati (oggi dal Consiglio Distrettuale di disciplina ai sensi dell’art. 60 della legge 31 dicembre 2012, n. 247), atteso che detta sospensione non costituisce una forma di sanzione disciplinare, trattandosi, invece, di un provvedimento cautelare incidentale di natura amministrativa, a carattere provvisorio. (In motivazione la Corte ha aggiunto che, in considerazione di tale natura del provvedimento, non è applicabile lo specifico meccanismo previsto dall’art. 54, comma 4, della legge n. 247 del 2012 volto a coordinare la durata della sanzione disciplinare con quella della corrispondente sanzione accessoria irrogata nel processo penale). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 30063 del 29 ottobre 2020 (Cass. pen. n. 30063/2020)
Ai fini dell’applicazione della pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici o dalla professione prevista dall’art. 31 cod. pen. è necessario un rapporto di strumentalità o quantomeno di agevolazione tra l’abuso di poteri o la violazione di doveri e la realizzazione del delitto. (In motivazione la Corte ha precisato che il giudice non è tenuto a fornire un’analitica spiegazione dei presupposti per l’applicazione della pena accessoria, essendo sufficiente che dimostri di averli valutati anche con motivazione implicita). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 9956 del 13 marzo 2020 (Cass. pen. n. 9956/2020)
Non viola il principio della “reformatio in peius” la sentenza del giudice di appello che, in presenza di impugnazione del solo imputato, applichi la pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici, erroneamente non disposta in primo grado, qualora, attesi i caratteri del reato attribuito all’imputato, sia prevista espressamente dall’art. 31 cod. pen. quale conseguenza necessaria della condanna per quel reato. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 15806 del 29 marzo 2020 (Cass. pen. n. 15806/2017)
La pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici è applicabile in caso di condanna per un reato di falso commesso da un pubblico ufficiale, anche se non sia stata contestata la circostanza aggravante dell’abuso di pubblica funzione di cui all’art. 61, n. 9, c.p., trattandosi di pena accessoria relativa “ope legis” a tutti i reati commessi in violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 1450 del 19 gennaio 2011 (Cass. pen. n. 1450/2011)
Il delitto di violazione dei sigilli commesso dal custode rientra nella categoria dei delitti perpetrati con abuso di poteri o con la violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o ad un pubblico servizio, sicché alla condanna segue l’applicazione della pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 14238 del 21 aprile 2006 (Cass. pen. n. 14238/2006)
La pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici ex art. 31 c.p. consegue alla condanna per il delitto di falsa testimonianza, rientrando questo tra i delitti commessi con la violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 44758 del 20 novembre 2003 (Cass. pen. n. 44758/2003)
In tema di pena accessoria della interdizione da una professione, la locuzione «abuso della professione», utilizzata dall’art. 31 c.p., va intesa nel senso di uso abnorme del diritto all’esercizio di una determinata professione, con l’intento di conseguire uno scopo diverso da quello al quale l’abilitazione è strumentale. (Fattispecie nella quale è stato ritenuto sussistere tale presupposto nella condotta di un medico che aveva reiteratamente consentito a soggetto non abilitato di utilizzare il suo nome e la sua posizione fiscale per l’esercizio abusivo della professione di dentista). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 14368 del 20 dicembre 1999 (Cass. pen. n. 14368/1999)
La pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici ex art. 31 c.p. consegue ad ogni condanna per il delitto di violazione dei sigilli commesso dal custode, rientrando questo tra i delitti commessi con l’abuso dei poteri o con la violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o ad un pubblico servizio per i quali l’art. 31 c.p. prevede la detta interdizione. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 1508 del 9 febbraio 1998 (Cass. pen. n. 1508/1998)
La condanna per il delitto di frode in commercio importa la pena accessoria della pubblicazione della sentenza e dell’interdizione da una professione o arte, in applicazione degli artt. 30, 31 e 518 c.p. Tali pene vanno inflitte anche con riferimento all’ipotesi del tentativo, poiché le predette norme non differenziano quest’ultimo dal reato consumato. Cassazione penale, Sez. III, ordinanza n. 2196 del 17 settembre 1996 (Cass. pen. n. 2196/1996)
L’interdizione temporanea dall’esercizio della professione, conseguente ad ogni condanna per delitti commessi con l’abuso di una professione riguarda nel suo complesso l’attività il cui legittimo esercizio esige una speciale abilitazione e non soltanto il settore specializzato in cui essa viene in concreto espletata. (Nella specie è stato rigettato il ricorso di un medico odontoiatra — condannato per il reato di cui agli artt. 110-348 c.p., per avere consentito ad un odontotecnico l’attività di medico odontoiatra presso il proprio studio dentistico — il quale deduceva in violazione dell’art. 31 c.p. per essere stata inflitta l’interdizione temporanea dalla professione di medico-chirurgo anziché dall’attività di odontoiatra). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 9297 del 1 settembre 1995 (Cass. pen. n. 9297/1995)
La sospensione dall’esercizio del commercio ex art. 15 d.l.c.p.s. 15 settembre 1947, n. 896, non ha alcuna comunanza con la pena accessoria ex art. 31 c.p. Invero, mentre la prima ha natura amministrativa sul piano soggettivo ed oggettivo, essendo la sua operatività indipendente dall’accertamento giudiziale della responsabilità per il reato previsto dall’art. 14 del citato decreto n. 896/1947, la seconda costituisce una sanzione penale, poiché consegue di diritto alla condanna come effetto penale della stessa giusto il disposto dell’art. 20 c.p. (Nella specie, nell’affermarsi — sulla base dell’enunciato principio — la legittimità del cumulo delle sanzioni indicate, si è esclusa la possibilità di far luogo al principio di specialità, invocato dal ricorrente, precisandosi che elemento indefettibile del ricordato principio è che più leggi o più disposizioni della medesima legge regolino la stessa materia: di qui l’esigenza che le fattispecie legali, gli elementi accessori, le sanzioni previste dalle norme apparentemente concorrenti abbiano carattere penale e costituiscano delle entità omogenee). Cassazione penale, Sez. Unite, sentenza n. 1719 del 28 febbraio 1984 (Cass. pen. n. 1719/1984)