Art. 2284 – Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262 - Aggiornato alla legge 26 novembre 2021, n. 206)

Morte del socio

Articolo 2284 - codice civile

Salvo contraria disposizione del contratto sociale, in caso di morte di uno dei soci, gli altri devono liquidare la quota agli eredi (2289), a meno che preferiscano sciogliere la società (2272), ovvero continuarla con gli eredi stessi e questi vi acconsentano.

Articolo 2284 - Codice Civile

Salvo contraria disposizione del contratto sociale, in caso di morte di uno dei soci, gli altri devono liquidare la quota agli eredi (2289), a meno che preferiscano sciogliere la società (2272), ovvero continuarla con gli eredi stessi e questi vi acconsentano.

Massime

In tema di società di persone composta da due soli soci, per effetto del coordinamento tra l’art. 2284 c.c. e 2272 n. 4 c.c. in caso di morte di un socio, la mancata ricostituzione della pluralità dei soci nel termine di sei mesi va considerata come condicio iuris priva di efficacia retroattiva, sicchè in difetto di detta ricostituzione lo scioglimento della società si verifica alla scadenza del semestre in pendenza del quale il socio superstite, oltre ad optare per la ricostituzione, può scegliere tra le diverse alternative di cui all’art. 2384 c.c. Cass. civ. sez. VI, 16 aprile 2018, n. 9346

In tema di società di persone (nella specie, società in nome collettivo), nel caso in cui, venuta meno la pluralità dei soci, sopravvenga il decesso dell’unico socio superstite che non abbia provveduto ai sensi dell’art. 2272, primo comma, n. 4), cod. civ. i suoi eredi, sebbene subentranti nel solo diritto alla quota di liquidazione e non già nella società, sono, comunque, legittimati a chiedere la messa in liquidazione di quest’ultima al fine di realizzare il menzionato loro diritto, che non può attuarsi se non attraverso tale procedura, e provvedere, altresì, a regolare la posizione degli altri soci. Cass. civ. sez. I, 25 giugno 2014, n. 14449

È valida la clausola di continuazione, con la quale i soci di una società in accomandita semplice prevedano nell’atto costitutivo, in deroga all’art. 2284 c.c. l’automatica trasmissibilità all’erede del socio accomandatario defunto della predetta qualità di socio, purché non sia anche trasmesso il “munus” di amministratore, dal momento che tale funzione – a differenza di quanto previsto dall’art. 2455 c.c. per le società in accomandita per azioni nella società in accomandita semplice non è attribuita di diritto a tutti i soci accomandatari. Cass. civ. sez. I, 19 giugno 2013, n. 15395

Nella società personale di fatto, in caso di morte del socio l’art. 2284 c.c. richiamato dall’art. 2293 c.c. prevede che l’erede non entri, salvo diverso accordo, nella compagine sociale, ma abbia soltanto diritto alla liquidazione della quota, situazione peraltro che non lo priva dell’interesse a partecipare al giudizio volto a far accertare lo scioglimento della società, del quale il suo dante causa era parte, dal momento che l’eventuale mancanza del suo interesse attuale e concreto ad opporsi all’accertamento dello scioglimento della società, sebbene possa costituire motivo di cessazione della materia del contendere, lascia però sussistere il diritto alla verifica della soccombenza virtuale, al fine di non dover sopportare l’onere delle spese processuali. Cass. civ. sez. VI, 30 dicembre 2011, n. 30542

Anche nella società di persone composta da due soli soci, ove la morte di uno di essi determini il venir meno della pluralità dei soci, lo scioglimento del rapporto particolare del socio defunto si verifica alla data del suo decesso, mentre i suoi eredi acquistano contestualmente il diritto alla liquidazione della quota secondo i criteri fissati dall’art. 2289 c.c. vale a dire un diritto di credito ad una somma di denaro equivalente al valore della quota del socio defunto in base alla situazione patrimoniale della società nel giorno in cui si è verificato lo scioglimento. Cass. civ. sez. II, 11 maggio 2009, n. 10802

L’onere di provare il valore della quota del socio defunto di una società di persone, ai fini della liquidazione della stessa in favore degli eredi, incombe ai soci superstiti e non agli eredi del socio, in quanto solo i soci rimasti in società, e non certo gli eredi del defunto, sono in grado, con la produzione di scritture contabili della società, di dimostrare quale era la situazione patrimoniale nel giorno in cui si è verificata la morte del socio e quali sono gli utili e le perdite inerenti alle operazioni in corso in quel momento. In caso di mancato o parziale assolvimento di tale onere il giudice del merito può disporre consulenza tecnica d’ufficio la quale esprima, anche sul fondamento dei documenti prodotti, una valutazione per la liquidazione della quota ed apprezzarne liberamente il parere senza necessità, quando fine faccia proprie le conclusioni, di una particolareggiata motivazione o di un’analitica confutazione delle eventuali diverse conclusioni formulate dai consulenti di parte. Cass. civ. sez. II, 19 aprile 2001, n. 5809

Nelle società di persone (nella specie: società di fatto), gli eredi del socio defunto non acquisiscono la posizione di quest’ultimo nell’ambito della società, e non assumono perciò la qualità di soci, ma hanno soltanto il diritto alla liquidazione della quota del loro dante causa, diritto che sorge indipendentemente dal fatto che la società continui o si sciolga; pertanto, gli eredi non sono legittimati a chiedere la liquidazione della società né possono vantare un diritto a partecipare alla procedura di liquidazione, che, nella società di persone, è facoltativa, potendo i soci sostituirla con altre modalità di estinzione o chiedere al giudice nei modi ordinari di definire i rapporti di dare e avere. Cass. civ. sez. I, 14 marzo 2001, n. 3671

Anche nella società di persone composta da due soli soci, ove la morte di un socio determini il venir meno della pluralità dei soci, non può riconoscersi un diritto degli eredi del socio defunto a partecipare alla liquidazione della società ed a pretendere una quota di liquidazione, anziché il controvalore in denaro della quota di partecipazione, in quanto lo scioglimento della società costituisce un momento successivo ed eventuale rispetto allo scioglimento del rapporto sociale limitatamente al socio e trova causa non tanto nel venir meno della pluralità dei soci, quanto nel persistere per oltre sei mesi della mancanza della pluralità medesima. Cass. civ. sez. I, 26 giugno 2000, n. 8670

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