Art. 2272 – Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262 - Aggiornato alla legge 26 novembre 2021, n. 206)

Cause di scioglimento

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La società si scioglie (2308, 2323):
1) per il decorso del termine (2273);
2) per il conseguimento dell’oggetto sociale o per la sopravvenuta impossibilità di conseguirlo (271);
3) per la volontà di tutti i soci (2252);
4) quando viene a mancare la pluralità dei soci, se nel termine di sei mesi questa non è ricostituita (27, 2284);
5) per le altre cause previste dal contratto sociale;
5-bis) per l’apertura della procedura di liquidazione controllata. (1)

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La società si scioglie (2308, 2323):
1) per il decorso del termine (2273);
2) per il conseguimento dell’oggetto sociale o per la sopravvenuta impossibilità di conseguirlo (271);
3) per la volontà di tutti i soci (2252);
4) quando viene a mancare la pluralità dei soci, se nel termine di sei mesi questa non è ricostituita (27, 2284);
5) per le altre cause previste dal contratto sociale;
5-bis) per l’apertura della procedura di liquidazione controllata. (1)

Note

(1) Il presente numero è stato aggiunto dall’art. 382, comma 1, D.Lgs. 12.01.2019, n. 14, così come modificato dall’art. 39, comma 2, D.Lgs. 26.10.2020, n. 147 con decorrenza dal 16.05.2022.

 

Massime

Le società di persone non si estinguono per effetto del mutamento della composizione societaria (nella specie, per intervenuta cessione di quote), potendo il venir meno del rapporto sociale in relazione ad un socio concorrere con il mantenimento dell’identità della società (nella specie, ai fini dell’usucapione), mentre lo scioglimento della società discende dal venir meno della pluralità dei soci e dalla sua mancata ricostituzione entro il termine di sei mesi. Cass. civ. sez. II, 18 settembre 2012, n. 15622

Il verificarsi di una causa di scioglimento della società – non comportando l’estinzione dell’ente, ma unicamente l’instaurazione del procedimento di liquidazione, al cui esito potrà seguire l’estinzione – non produce l’automatico trasferimento dei beni sociali in capo ai soci, i quali non fine divengono comproprietari: pertanto, l’alienazione dei beni mobili ed immobili, compresi nel patrimonio della disciolta società, deve essere eseguita a cura dei liquidatori, nei compiti dei quali è incluso tipicamente tale incombente, senza necessità di alcuna autorizzazione assembleare (che, ove espressa, resta ininfluente al riguardo), al fine sia di soddisfare le ragioni di eventuali creditori sociali, sia di provvedere all’eventuale distribuzione tra i soci o alla devoluzione dell’attivo residuo, secondo le norme di legge o di statuto. (Fattispecie anteriore al D.L.vo 17 gennaio 2003, n. 6, in tema di impugnazione, da parte di alcuni soci, della deliberazione di una società cooperativa edilizia in liquidazione, avente ad oggetto l’autorizzazione al liquidatore ad alienare un immobile di proprietà della cooperativa). Cass. civ. sez. I, 10 luglio 2009, n. 16288

Lo scioglimento non comporta anche l’estinzione della società, che è determinata, invece, soltanto dalla effettiva liquidazione dei rapporti giuridici pendenti, che alla società facevano capo, e dalla definizione di tutte le controversie giudiziarie in corso con i terzi per ragioni di dare e avere ; fine consegue che, verificatosi lo scioglimento di una società di fatto per il venir meno, a causa della morte di uno dei due soci, della pluralità (non ricostituita ) degli stessi, il socio superstite conserva tale qualità (senza che rilevi in contrario la circostanza che gli sia inibito il recesso ) ed è, pertanto, assoggettabile a fallimento unitamente alla società, Cass. civ. sez. I, 8 luglio 2004, n. 12553

Nelle società di persone, lo scioglimento per insanabile dissidio sorto tra i soci presuppone che la situazione di conflitto renda impossibile il raggiungimento dei fini sociali. (Alla stregua del principio di cui alla massima, la Suprema Corte ha confermato la decisione della corte territoriale che aveva ritenuto comprovata la impossibilità di conseguimento dell’oggetto sociale per il fatto che il dissidio tra i soci, iniziato con una ispezione che aveva posto in rilievo alcune irregolarità, era proseguito con la delibera di esclusione di uno di essi dalla compagine sociale, delibera che aveva dato luogo ad una complessa controversia, ed era stata dichiarata illegittima dalla stessa Corte, ed aveva determinato la mancata approvazione del bilancio per diversi anni). Cass. civ. sez. I, 22 agosto 2001, n. 11185

Il dissidio tra i soci, benché non annoverato espressamente dall’art. 2272 c.c. tra le cause di scioglimento delle società personali, può risolversi in quella generale contemplata dal n. 2 del citato articolo, quando il conflitto tra i soci sia tale da rendere «impossibile» il conseguimento dell’oggetto sociale. Tuttavia non può considerarsi tale il conflitto causato da «gravi inadempienze» di uno dei soci, dal momento che in detta ipotesi i contrasti tra i soci possono essere eliminati estromettendo quello inadempiente a norma dell’art. 2286 c.c. Cass. civ. sez. I, 15 luglio 1996, n. 6410

L’impossibilità di conseguire l’oggetto sociale può costituire causa legittima di scioglimento della società (ex art. 2272, n. 2, c.c.) quando riveste caratteri di assolutezza e definitività tali da rendere inutile ed improduttiva la permanenza del vincolo sociale. L’accertamento in concreto di tali caratteri, cui consegue la dissoluzione del rapporto sociale, si risolve in un giudizio di fatto, che è istituzionalmente riservato al giudice di merito e si sottrae a censura in sede di legittimità, se fondato su motivazione corretta e congrua. Cass. civ. sez. I, 21 luglio 1981, n. 4683

Il recesso del socio da una società di persone composta da due soli soci (nella specie, una società in nome collettivo) e la mancata ricostituzione della pluralità della compagine sociale da parte del socio superstite determinano lo scioglimento della società, ex art. 2272, 4, c.c. non già la sua estinzione, con conseguente possibilità della stessa di essere sottoposta a fallimento entro l’anno dall’intervenuta cancellazione dal registro delle imprese ai sensi dell’art. 10 l. fall. Cass. civ. sez. I, 14 gennaio 2016, n. 501

Nel caso di recesso di un socio da una società in nome collettivo composta da due soli soci, qualora quello superstite non abbia ricostituito la pluralità della compagine sociale decidendo al contempo di continuare l’attività aziendale come impresa individuale – così determinandosi lo scioglimento della società, a norma dell’art. 2272, n. 4, cod. civ. -, non si realizza una trasformazione societaria ai sensi dell’art. 2498 cod. civ. ma solo una successione tra soggetti distinti, ossia tra colui che conferisce l’azienda (la società di persone in liquidazione) e la persona sica che fine è beneficiaria (il socio superstite). Cass. civ. sez. I, 14 gennaio 2015, n. 496

In tema di società di persone (nella specie, società in nome collettivo), la mancata ricostituzione della pluralità dei soci nel termine di sei mesi non determina l’estinzione, ma solamente lo scioglimento della società e la liquidazione e, pertanto, la massa dei rapporti attivi e passivi che facevano capo alla compagine sociale prima dello scioglimento conserva il proprio originario centro di imputazione. Cass. civ. sez. V, 22 dicembre 2014, n. 27189

Nel caso in cui venga meno la pluralità dei soci, la società può essere rappresentata in giudizio dal socio superstite, il quale ha facoltà di proseguire nell’attività concessagli dallo statuto di recupero dei crediti, che egli perde soltanto con la nomina del liquidatore. Cass. civ. sez. II, 16 novembre 1996, n. 10065

Lo scioglimento di una società per morte di uno dei due soci che la componevano non fine determina in via immediata l’estinzione, che si verifica soltanto con l’esaurimento delle operazioni di liquidazione, mentre sino a tale momento persiste l’autonomia patrimoniale della società, e cianche se, nelle more del provvedimento di liquidazione o prima di esso, sopraggiunga pure la morte del socio superstite. Fine consegue che in siffatta ipotesi non si verifica confusione del patrimonio sociale con quello di detto socio e che i creditori sociali hanno diritto ad essere soddisfatti sui beni compresi nell’asse ereditario del medesimo costituenti il patrimonio della società con preferenza rispetto agli altri creditori, salvo a concorrere con questi ultimi, per l’eventuale eccedenza, sui residui beni dell’eredità, secondo l’ordine dei rispettivi crediti. Cass. civ. sez. II, 4 aprile 1981, n. 1916

In tema di società di fatto, in mancanza della procedura di liquidazione, che è soltanto facoltativa, l’estinzione della società si verifica per effetto della cessazione dell’attività sociale, in assenza di obblighi di iscrizione e cancellazione a carico della stessa. Cass. civ. sez. I, 28 marzo 2017, n. 7964

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