In tema di appalto di lavori pubblici, il recesso “ad nutum” del committente, previsto dall’art. 345 della l. n. 2248 del 1865, all. F), è espressione di un diritto potestativo il cui esercizio può avere luogo in qualsiasi momento e non richiede particolari presupposti o motivi, restando tuttavia l’amministrazione tenuta a pagare i lavori già eseguiti in base all’appalto, e avendo l’appaltatore il diritto di ottenere, in aggiunta, il risarcimento del danno calcolato sull’ammontare dell’utile conseguibile secondo il criterio presuntivo previsto da detta norma. (Nella specie la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza della corte d’appello che aveva riconosciuto, a seguito del recesso esercitato dalla stazione appaltante, il diritto dell’impresa appaltatrice ad un risarcimento pari al valore delle opere eseguite, anche se contrattualmente non previste). Cassazione civile, Sez. I, ordinanza n. 26009 del 17 ottobre 2018
In tema di appalto, nel caso di recesso del committente – sia per l’ipotesi di recesso legale di cui all’art. 1671 c.c., esercitabile in qualunque momento dopo la conclusione del contratto e che può essere giustificato anche dalla sfiducia verso l’appaltatore per fatti d’inadempimento, sia per l’ipotesi di recesso convenzionale, ex art. 1373 c.c. – il contratto si scioglie senza necessità di indagini sull’importanza e gravità dell’inadempimento, le quali sono rilevanti soltanto quando il committente, pretenda dall’appaltatore il risarcimento del danno per inadempimento, nonostante questi abbia esercitato il suo diritto potestativo di recedere dal contratto. Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 2130 del 27 gennaio 2017
In ipotesi di recesso unilaterale del committente dal contratto d’appalto, ai sensi dell’art. 1671 c.c., grava sull’appaltatore, che chiede di essere indennizzato del mancato guadagno, l’onere di dimostrare quale sarebbe stato l’utile netto da lui conseguibile con l’esecuzione delle opere appaltate, costituito dalla differenza tra il pattuito prezzo globale dell’appalto e le spese che si sarebbero rese necessarie per la realizzazione delle opere, restando salva per il committente la facoltà di provare che l’interruzione dell’appalto non ha impedito all’appaltatore di realizzare guadagni sostitutivi ovvero gli ha procurato vantaggi diversi. Cassazione civile, Sez. VI, sentenza n. 9132 del 6 giugno 2012
Nel contratto di appalto, il recesso unilaterale del committente previsto dall’art. 1671 c.c. costituisce esercizio di un diritto potestativo e, come tale, non esige che ricorra una giusta causa; ne consegue che la domanda giudiziale con la quale l’appaltatore chieda l’accertamento di tale recesso si fonda su presupposti diversi da quelli posti a base dell’azione con cui il medesimo deduca l’inadempimento del committente, giacchè quest’ultima domanda implica un’indagine comparativa delle condotte tenute dalle parti al fine di verificare la colpevolezza e la gravità del comportamento denunciato. Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 9645 del 2 maggio 2011
Nel contratto d’appalto, il recesso, quale facoltà della parte di sciogliere unilateralmente il contratto, prescinde in sé da eventuali inadempienze dell’altro contraente alle obbligazioni assunte, tanto nell’ipotesi di recesso legale di cui all’art. 1671 c.c. quanto nell’ipotesi del recesso convenzionale di cui all’art 1373 cod. civ., fatta salva una diversa volontà delle parti. Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 17294 del 31 luglio 2006
Il diritto di recesso esercitabile ad nutum dal committente in qualsiasi momento dell’esecuzione del contratto di appalto non presuppone necessariamente uno stato di regolare svolgimento del rapporto, ma, al contrario, stante l’ampiezza di formulazione della norma di cui all’art. 1671 c.c., può essere esercitato per qualsiasi ragione che induca il committente medesimo a porre fine al rapporto, da un canto, non essendo configurabile un diritto dell’appaltatore a proseguire nell’esecuzione dell’opera (avendo egli diritto solo all’indennizzo previsto dalla detta norma), e, da altro canto, rispondendo il compimento dell’opera esclusivamente all’interesse del committente. Ne consegue che il recesso può essere giustificato anche dalla sfiducia verso l’appaltatore per fatti d’inadempimento, e, poiché il contratto si scioglie esclusivamente per effetto dell’unilaterale iniziativa del recedente, non è in tal caso necessaria alcuna indagine sull’importanza dell’inadempimento, viceversa dovuta quando il committente richiede anche il risarcimento del danno per l’inadempimento già verificatosi al momento del recesso.
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In tema di appalto, la condanna dell’appaltatore al risarcimento del danno in favore del committente per inadempimento già verificatosi al momento dell’esercizio del recesso ex art. 1671 c.c. può vanificare l’obbligo del committente recedente di indennizzare l’appaltatore delle spese sostenute, dei lavori eseguiti e del mancato guadagno. Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 11642 del 29 luglio 2003
In tema di appalto ed in ipotesi di recesso unilaterale dal contratto ai sensi dell’art. 1671 c.c. grava sul committente che recede e che eccepisca in giudizio la compensatio lucri cum damno provare il lucrum dell’appaltatore (che abbia potuto eseguire altri lavori solo perché liberato dall’impegno) ed il suo ammontare, detraibile dal pregiudizio subito. Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 77 del 8 gennaio 2003
In tema di appalto, il recesso del committente disciplinato dall’art. 1671 c.c. può essere convenuto, tra le parti, con determinati requisiti di tempo e di forma, attesa la derogabilità convenzionale della norma in parola, sicché, in caso di mancata (o non formale) disdetta, i contraenti possono legittimamente convenire conseguenze diverse da quelle previste dalla norma stessa (nell’affermare il principio di diritto che precede, la S.C. ha, peraltro, rilevato come, nella specie, il ricorrente, anziché dedurre la violazione di legge in cui era incorso il giudice di merito nel ritenere sostanzialmente inderogabile il meccanismo legale di cui al citato art. 1671 c.c., aveva — inammissibilmente — contestato in fatto la qualificazione giuridica del contratto — noleggio in luogo del ritenuto appalto — ed ha rigettato, conseguentemente, il ricorso). Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 12368 del 22 agosto 2002
Il recesso del committente del contratto di appalto senza richiesta di risarcimento del danno, e rimborsando l’appaltatore delle spese affrontate, compensandolo per i lavori eseguiti e risarcendolo per i danni subiti, può esser esercitato in qualsiasi momento ed esser giustificato anche dalla sfiducia successiva alla conclusione del contratto riconducibile ad inadempimento dell’appaltatore, ma senza necessità di accertare, a differenza della risoluzione chiesta ai sensi dell’art. 1453 c.c., l’importanza e la gravità di esso, dovendosi invece esaminare soltanto se l’atto o la condotta del committente sono incompatibili con la prosecuzione del rapporto. Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 6814 del 13 luglio 1998
Il contratto d’opera e quello di prestazioni continuative di servizi non possono considerarsi strutture negoziali ontologicamente e funzionalmente diverse tra loro, risultandone, viceversa, la indiscutibile omogeneità, tra l’altro, sotto il profilo dalla identità delle situazioni che possono verificarsi tanto nell’una quanto nell’altra fattispecie contrattuale con riguardo alla scelta del contraente secondo l’ intuitus personae, con la conseguenza che nessun valido motivo consente di escludere, per l’appalto di prestazione continuativa di servizi, l’applicabilità del disposto di cui all’art. 1671 c.c. (dichiarazione di recesso del committente), non rilevando, in proposito, la esistenza di una clausola convenzionale che attribuisca la facoltà della disdetta al committente entro un tempo predeterminato rispetto ad ogni scadenza contrattuale. Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 8254 del 29 agosto 1997
Il diritto (del committente) di recedere dal contratto di appalto in ogni momento, ai sensi dell’art. 1671 c.c., tenendo indenne l’appaltatore delle spese sostenute, dei lavori eseguiti e del mancato guadagno, non può essere più esercitato dal committente che, proponendo domanda di risoluzione per inadempimento, abbia innescato il procedimento di valutazione comparativa dei comportamenti delle parti non più arrestabile ad libitum mediante il recesso, soprattutto se nel giudizio l’appaltatore abbia a sua volta proposto domanda riconvenzionale di risoluzione per inadempimento del committente. Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 7649 del 5 settembre 1994
Nel rapporto di appalto, sia pubblico che privato, il recesso ad nutum del committente rappresenta l’esercizio di un diritto potestativo, riservato alla libera determinazione del recedente e sottratto al controllo di terzi e dell’appaltatore, senza che assumano rilievo i motivi che lo hanno determinato, anche se consistenti nel venir meno dei presupposti dell’appalto (nella specie, a seguito della revoca, da parte della pubblica amministrazione della concessione ottenuta dal committente). Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 8565 del 7 agosto 1993
Lo scioglimento anticipato del rapporto di appalto — qualunque ne sia la causa — lascia permanere le specifiche obbligazioni, riconducibili al contratto, rispettivamente dell’appaltatore di lasciare libero il fondo, essendo l’occupazione dello stesso giustificata dal fine di realizzazione o completamento dell’opera, e del committente di non ostacolare e rendere possibile l’attuazione del correlato diritto dell’appaltatore di smontare il cantiere e di ritirare gli attrezzi ed i materiali da lui forniti e non ancora utilizzati. Consegue che la violazione di un tale obbligo da parte del committente configura un inadempimento, fonte idonea di responsabilità a suo carico. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 729 del 26 gennaio 1987
Anche nell’appalto continuativo o periodico di servizi trova applicazione l’art. 1671 c.c., in tema di recesso unilaterale del committente, in relazione all’esigenza di evitare che lo stesso resti vincolato pure quando sia venuta meno la sua fiducia nell’appaltatore, ovvero non abbia più interesse ai servizi medesimi, con la conseguenza che tale recesso può essere esercitato in qualsiasi momento dopo la conclusione o la rinnovazione del contratto, salvo l’obbligo del recedente di tenere indenne l’appaltatore di servizi prestati fino alla data del recesso, nonché delle spese sostenute e del mancato guadagno fino al giorno in cui il rapporto avrebbe dovuto avere normale svolgimento. Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 4783 del 13 luglio 1983
Il committente ha il diritto di recedere dal contratto d’appalto in ogni momento, anche se è inadempiente e senza necessità di fornire giustificazioni, in quanto le conseguenze indennitarie poste a suo carico dall’art. 1671 c.c. sono riconducibili, quanto ad estensione, a quelle risarcitorie derivanti dall’inadempimento del committente medesimo, ed atteso che non è configurabile un diritto dell’appaltatore a continuare l’esecuzione dell’opera, essendo questa coordinata al soddisfacimento dell’esclusivo interesse del committente e non dell’appaltatore, il cui interesse giuridico è invece rivolto al conseguimento del corrispettivo. È. insindacabile in sede di legittimità l’esercizio, da parte del giudice del merito, della facoltà, concessagli dal secondo comma dell’art. 277 c.p.c., di pronunciare una sentenza (non definitiva) di contenuto limitato alla parte del thema decidendum non abbisognevole di ulteriore istruzione. Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 4987 del 24 agosto 1981
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