1. Definizione di “terzo settore”
Con la legge 106/2016 è stata conferita delega al governo affinchè apportasse una importante opera di riforma per il terzo settore. Ed è proprio dal primo articolo di questa legge che si ricava la definizione esatta del c.d. “terzo settore”, che dovrà essere inteso come “il complesso di beni degli enti privati costituiti con finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale che, senza scopo di lucro, promuovono e realizzano attività di interesse generale, mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi, in coerenza con le finalità stabilite nei rispettivi statuti o atti costitutivi”.
Con questa indicazione, la legge 106/2016 ha sgombrato il campo da ogni dubbio interpretativo sul punto.
2. Enti che rientrano nel terzo settore
L’opera di riforma accennata nel paragrafo precedente, si è completata con l’emanazione del codice del terzo settore che ha dato a sua volta delle indicazioni sui requisiti che debba possedere un ente per poter rientrare nella disciplina del terzo settore.
Gli enti del terzo settore dovranno, quindi:
- Consistere in organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale, enti filantropici, imprese sociali, cooperative sociali, reti associative, società di mutuo soccorso, associazioni riconosciute o non riconosciute, fondazioni e altri entri privati che non siano società;
- Essere costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale;
- Essere costituite attraverso lo svolgimento di una o più attività di interesse generale in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di mutualità o di produzione o scambio di beni e servizi;
- Essere iscritti nel registro unico nazionale del terzo settore, o nei registri regionali e provinciali (a seconda della ragione costitutiva dell’ente).
3. Utilizzo del patrimonio e modalità di redazione del bilancio degli enti del terzo settore
Il patrimonio di un ente del terzo settore dovrà essere utilizzato per lo svolgimento dell’attività indicata nello statuto, che dovrà essere a sua volta una attività con finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale.
Per la ragione delle sue finalità, quindi, non è consentita la distribuzione, anche indiretta, di utili o avanzi di gestione e, qualora l’ente dovesse estinguersi o sciogliersi, il patrimonio dovrà essere devoluto ad altri enti del terzo settore.
Con riferimento alla redazione del bilancio, gli enti del terzo settore ne sono obbligati. Tuttavia, nell’ipotesi in cui i ricavi, le entrate o i proventi siano inferiori a 220.000 euro, per l’ente sarà possibile redigere semplicemente il rendiconto di cassa. Quest’ultima tipologia dichiarativa risulta essere assai meno complessa.
4. Tipologie di attività rientranti tra i c.d. enti del terzo settore
Per rendere più chiara la dimensione delle attività esercitabili dagli enti del terzo settore, se ne elencano di seguito alcuni esempi:
– interventi e servizi sociali;
– interventi e prestazioni sanitarie;
– prestazioni socio-sanitarie;
– educazione, istruzione e formazione professionale;
– attività culturali di interesse sociale con finalità educativa;
– interventi e servizi finalizzati alla salvaguardia e al miglioramento dell’ambiente e all’utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali;
– interventi di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e del paesaggio;
– enti di formazione universitaria e post universitaria;
– ricerca scientifica di particolare interesse sociale;
– organizzazione e gestione di attività culturali, artistiche o ricreative di interesse sociale, incluse attività, anche editoriali, di promozione e diffusione della cultura e della pratica del volontariato e delle attività di interesse generale;
– organizzazione e gestione di attività legate al turismo di interesse sociale, culturale e religioso;
– formazione extra-scolastica;
– cooperazione allo sviluppo;
– accoglienza umanitaria e integrazione dei migranti;
– organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche;
– promozione e tutela dei diritti umani, civili, sociali e politici;
– promozione delle pari opportunità e delle iniziative di aiuto reciproco;
– riqualificazione di beni pubblici inutilizzati o di beni confiscati alla criminalità organizzata.
L’elenco redatto non costituisce un limite. Infatti gli enti del terzo settore possono esercitare anche attività diverse, purchè l’atto costitutivo o lo statuto lo consentano e siano secondarie e strumentali rispetto alle attività di interesse generale.