Il contratto e la rilevanza giuridica del silenzio

L’attribuzione al silenzio di un significato positivo o negativo in materia contrattuale è stato oggetto di riflessione giurisprudenziale e dottrinale. Il silenzio è elemento di regola irrilevante nelle vicende giuridiche attinenti al contratto o all’obbligazione; tuttavia, in casi eccezionali, il silenzio può assurgere a 1. fonte di responsabilità e 2. causa della perdita di un vantaggio per il soggetto silente.

1. Il silenzio quale fonte di responsabilità

Il silenzio può configurare una ipotesi di responsabilità (di regola contrattuale) nelle seguenti ipotesi:
• ai sensi dell’art. 1327 cod. civ., l’inizio dell’esecuzione della prestazione da parte del destinatario della proposta determina la conclusione del contratto, tuttavia, in questo caso, “l’accettante deve darne prontamente avviso e, in mancanza [ossia, in caso di silenzio], è tenuto al risarcimento del danno”;
• il falsus procurator che tace il difetto di potere rappresentativo è obbligato al risarcimento del danno (art. 1398 cod. civ.);
• in alcuni contratti relativi al compimento di opere o servizi, qualora la parte incaricata di eseguirli si trovi di fronte a fatti nuovi o imprevisti, essa ha l’obbligo di informare l’altra parte e il silenzio può essere causa di conseguenze risarcitorie (cfr. artt. 1747, 1663 e 1780 cod. civ.).

2. Il silenzio quale inosservanza di un onere

Il codice civile disciplina delle ipotesi in cui un soggetto consegue un vantaggio a condizione che tenga una condotta attiva: il silenzio costituisce il mancato adempimento dell’onere di condotta attiva e, pertanto, causa la perdita del vantaggio. Ad esempio:
• il silenzio del chiamato all’eredità nel possesso dei beni, entro quaranta giorni dal compimento dell’inventario, determina l’accettazione come erede puro e semplice (art. 481 cod. civ.);
• il silenzio del debitore che abbia una pluralità di debiti omogenei verso la stessa persona determina la decadenza dal beneficio dell’imputazione, che sarà fatta in base ai criteri sussidiari legali (art. 1193 cod. civ.);
• il silenzio del creditore, successivo alla scadenza del termine essenziale determina la risoluzione di diritto del contratto (art. 1457 cod. civ.) e la perdita del diritto all’adempimento;
• il silenzio del compratore che, nei termini di legge, non denunzia i vizi (art. 1495 cod. civ.) comporta la decadenza dalla garanzia.

3. La reticenza

Dal silenzio deve tenersi distinta la reticenza, con tale intendendosi l’atteggiamento di chi, pur sapendo, tace su alcune circostanze. Il silenzio di chi sa ma non vuole dire determina varie conseguenze:
• obbliga al risarcimento del danno la parte che, conoscendo o dovendo conoscere l’esistenza di una causa di invalidità del contratto, “non ne ha dato notizia all’altra parte”, che era in buona fede (art. 1338 cod. civ.);
• può essere causa di annullamento del contratto ai sensi dell’art. 1439 cod. civ. alle stesse condizioni del c.d. dolo omissivo;
• è causa di annullamento del matrimonio la condotta del coniuge che, consapevole prima delle nozze di una causa di nullità del matrimonio, “l’abbia lasciata ignorare all’altro” (art. 139 cod. civ.);
• in materia di contratto di assicurazione, qualora la condotta reticente abbia inciso in modo rilevante su “circostanze tali che l’assicuratore non avrebbe dato il suo consenso o non lo avrebbe dato alle medesime condizioni se avesse conosciuto il vero stato delle cose” l’assicuratore può domandare l’annullamento del contratto (art. 1892 cod. civ.) ovvero recedere (art. 1893 cod. civ.), a seconda che l’altra parte abbia agito con o senza dolo o colpa grave.