Quando il figlio maggiorenne non può più beneficiare dell’assegno di mantenimento

A seguito di separazione, cessazione degli effetti civili del matrimonio, annullamento del matrimonio tra coniugi, la responsabilità genitoriale è esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all’istruzione, all’educazione, alla salute e alla scelta della residenza abituale del minore sono assunte di comune accordo, in considerazione delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice.

1. L’art 337 ter c.c.: “Provvedimenti riguardo ai figli”

L’art. 337 ter c.c. -comma 4- dispone che ciascuno dei genitori debba provvedere al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito, specificatamente, il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando:
1) le attuali esigenze del figlio;
2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori;
3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore;
4) le risorse economiche di entrambi i genitori;
5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore. Sicché ogni genitore è tenuto ad assicurare, insieme con la cura, l’educazione e l’istruzione, anche le frequentazioni e le opportunità di crescita sociale e professionale del figlio1

2. Revisione dell’assegno di mantenimento in favore del figlio maggiorenne

Ai sensi dell’articolo 337 quinquies c.c. ciascun genitore ha diritto di chiedere in ogni tempo la revisione delle disposizioni relative alla misura e alla modalità del contributo al mantenimento dei figli.
A tal proposito, è pacifica la giurisprudenza in tema di mantenimento dei figli in cui si afferma costantemente il principio di proporzionalità tra situazione economica del genitore e l’importo dell’assegno di mantenimento, il che comporta che “….quando il coniuge obbligato subisca un peggioramento della propria capacità economica (ad esempio perdita del lavoro) o versi in condizioni di salute tali da comportare crescenti spese a suo carico per le cure destinate a contrastare l’avanzare delle patologie”2 può chiedere ed ottenere una riduzione dell’assegno predetto.
È noto, infatti, che “ai fini del riconoscimento dell’obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni (…) il giudice di merito è tenuto a valutare, con prudente apprezzamento, caso per caso e con criteri di rigore proporzionalmente crescenti in rapporto all’età dei beneficiari, le circostanze che giustificano il permanere del suddetto obbligo (…) fermo restando che tale obbligo non può essere protratto oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura, poiché il diritto del figlio si giustifica nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso di formazione, nel rispetto delle sue capacità, inclinazioni e (purché compatibili con le condizioni economiche dei genitori) aspirazioni”3.

3. Autosufficienza economica o rifiuto di conseguirla

Si palesa fermo il principio di diritto secondo il quale: “Il dovere di mantenimento del figlio maggiorenne cessa ove il genitore onerato dia prova che il figlio abbia raggiunto l’autosufficienza economica, ma pure quando il genitore provi che il figlio, pur posto nelle condizioni di addivenire ad una autonomia economica, non ne abbia tratto profitto, sottraendosi volontariamente allo svolgimento di una attività lavorativa adeguata e corrispondente alla professionalità acquisita”4.
La giurisprudenza ha poi statuito l’esonero del genitore obbligato al mantenimento del figlio maggiorenne, quando questi prosegua ancora negli studi universitari a spese del genitore, senza aver ingiustificatamente conseguito un titolo di studio ovvero una possibile occupazione lavorativa, nonostante il genitore abbia sempre assicurato al figlio le condizioni economiche necessarie per concludere gli studi intrapresi e conseguire il titolo accademico5.
Ex multis, la Suprema Corte ha ribadito che il figlio divenuto maggiorenne ha diritto al mantenimento a carico dei genitori soltanto se, ultimato il prescelto percorso formativo scolastico, dimostri, con conseguente onere probatorio a suo carico, di essersi adoperato effettivamente per rendersi autonomo economicamente, impegnandosi attivamente per trovare un’occupazione in base alle opportunità reali offerte dal mercato del lavoro, se del caso ridimensionando le proprie aspirazioni, senza indugiare nell’attesa di una opportunità lavorativa consona alle proprie ambizioni6.
Peraltro, “l’obiettivo del mantenimento dei genitori consiste nel dovere di assicurare ai figli, anche oltre il raggiungimento della maggiore età, e in proporzione alle risorse economiche del soggetto obbligato, la possibilità di completare il percorso formativo prescelto e di acquisire la capacità lavorativa necessaria a rendersi autosufficiente. La prova del raggiungimento di un sufficiente grado di capacità lavorativa è ricavabile anche in via presuntiva dalla formazione acquisita e dalla esistenza di un mercato del lavoro in cui essa sia spendibile”7.

4. Conclusioni

Di conseguenza, secondo gli arresti dalla giurisprudenza di legittimità, se il figlio maggiorenne si sia rifiutato di studiare o di lavorare, oppure, se iscritto all’Università, non abbia saputo trarne profitto, in quanto fuori corso, il genitore onerato è legittimato a chiedere la revoca dell’assegno di mantenimento.
Dunque, il mantenimento del figlio maggiorenne è un dovere imprescindibile dei genitori, soprattutto in un periodo storico che vede i ragazzi affacciarsi al mondo del lavoro tardivamente, seppur incolpevolmente.
Tuttavia, il mantenimento de quo non può e non deve trasformarsi in un sacrificio eccessivo ed insormontabile per il genitore, laddove il figlio pone in essere un vero e proprio ingiustificato “abuso del suo diritto”.


1 C.f.r. Cass., Ordinanza n. 2020 del 28.01.2021.
2 Cit. Cass. n. 927/2014; Cass., ordinanza n. 4811/2018.
3 Cit. Cass. n. 18076 del 20.08.2014.
4 Cit. Cass. Civ., n. 1858 dell’01.02.2016; Cass. Civ., n. 407/2017 e 8954/2009.
5 C.f.r. Cass. n. 27377/2013; Cass. n. 7970/2013; Cass. n. 1830/2011; Cass. 1585/2014.
6 C.f.r. Cass., Ordinanza del 29.12.2020 n. 29779.
7 Cit. Cass. ordinanza n. 19696 del 22.07.2019.