La divisione della casa familiare

La sorte della casa coniugale (o famigliare) è il tema patrimoniale più rilevante nei procedimenti di separazione e divorzio e si fonda principalmente sull’accordo tra le parti.
Quando non si trova un accordo, i coniugi si affidano alla valutazione di un giudice che durante il giudizio di separazione o divorzio ha il potere di assegnare la casa all’uno o all’altro.
Si tratta, in effetti, di uno degli argomenti di maggior conflitto tra i coniugi che stanno per separarsi o divorziare, in quanto vengono a scontrarsi due esigenze:
1. da una parte quella del coniuge non proprietario che vorrebbe continuare ad abitare nella casa che rappresenta il centro dei suoi affetti;
2. dall’altro quella del coniuge proprietario che vorrebbe veder tutelato il suo diritto di proprietà.

1. Cos’è la casa familiare?

La legge non fornisce una definizione precisa di casa coniugale ma i giudici nella prassi la considerano come il centro di aggregazione della famiglia durante la convivenza.
Le norme che disciplinano l’assegnazione della casa familiare in caso di separazione e divorzio fanno riferimento principalmente a quest’ultima interpretazione.

2. Cosa succede se ci sono figli?

La casa familiare assume particolare importanza quando ci sono figli.
Il criterio prioritario (anche se non esclusivo) preso in considerazione dal giudice per l’assegnazione della casa familiare è desumibile dall’articolo 337 sexies c.c., comma 1, il quale fa riferimento all’“interesse dei figli”. Si tratta di una conclusione ormai acquisita dalla giurisprudenza dominante. La Cassazione, con la sentenza 25604/2018 ha stabilito che:

“La casa familiare deve essere assegnata tenendo conto prioritariamente conto dell’interesse dei figli minorenni e dei figli maggiorenni non autosufficienti a permanere nell’ ambiente domestico in cui sono cresciuti(…)”.

In presenza di figli non autosufficienti quindi il giudice accorda l’immobile al genitore presso il quale gli stessi vanno a vivere. Quando i figli (con o senza il genitore) trovano una diversa sistemazione, l’assegnazione della casa familiare cessa.
In simili casi, l’immobile ritorna nella disponibilità del proprietario, che può essere il marito o, in caso di comunione, entrambi gli ex coniugi.
Il provvedimento del giudice di assegnazione della casa familiare si protrae sino a quando i figli non raggiungono la loro indipendenza economica, che non è detto coincida con la maggiore età.
Come si determina il valore dell’immobile da liquidare al coniuge non affidatario? La Corte di Cassazione, un mese fa con un’ordinanza interlocutoria, prendendo atto della presenza di due orientamenti divergenti ha rimesso la questione alle Sezioni Unite. Secondo un primo orientamento, l’assegnazione del godimento della casa familiare, in sede di separazione personale o divorzio, non può formare oggetto di considerazione (…) al fine di determinare il valore di mercato del bene, qualora l’immobile venga attribuito al coniuge titolare del diritto al godimento sullo stesso; tale diritto, infatti, è attribuito nell’esclusivo interesse dei figli e non del coniuge cosicché, decurtandone il valore dalla stima dell’immobile, si realizzerebbe un indebito arricchimento a favore del coniuge affidatario, potendo egli, dopo la divisione, alienare il bene a terzi senza alcun vincolo e per il prezzo integrale.
Secondo un altro orientamento, l’assegnazione della casa familiare ad uno dei coniugi, cui l’immobile non appartenga in via esclusiva, instaura un vincolo che oggettivamente comporta una decurtazione del valore della proprietà, totalitaria o parziaria, di cui è titolare l’altro coniuge, il quale da quel vincolo rimane astretto, come i suoi aventi causa, fino a quando il provvedimento non sia eventualmente modificato, sicché nel giudizio di divisione se ne deve tenere conto indipendentemente dal fatto che il bene venga attribuito in piena proprietà all’uno o all’altro coniuge ovvero venduto a terzi.
Restiamo in attesa di una decisione delle Sezioni Unite che risolva la querelle.

3. Cosa succede se i coniugi sono comproprietari della la casa coniugale?

Nell’ipotesi in cui i coniugi siano comproprietari della casa familiare e non abbiano figli, il giudice non può assegnare la casa in modo esclusivo ad uno solo di essi: se le parti non raggiungono un accordo si dovrà procedere con la divisione dell’immobile. In questa sede si prospettano diversi scenari per gli ex coniugi.

  • In primo luogo può accadere che uno dei due coniugi chieda l’assegnazione dell’intera proprietà. In tal caso dovrà corrispondere all’altro la somma pari alla quota di sua spettanza determinata da un consulente tecnico nominato dal giudice.
  • In alternativa, si procede alla vendita della casa a terzi mediante vendita forzata dal Tribunale e le somme ricavate dalla vendita saranno divise tra gli ex coniugi.

4. Cosa succede, in caso di separazione, se è stato contratto mutuo per comprare la casa coniugale?

Bisogna premettere che nell’ipotesi in cui sia stato acceso un mutuo da parte di entrambi i coniugi per comprare la casa coniugale, l’obbligo verso la banca per il pagamento delle rate grava su entrambi i contraenti (cioè su entrambi i coniugi) e, salvo diverso accordo in sede di stipula del contratto di mutuo, i due cointestatari devono alla banca ciascuno la propria metà della rata del mutuo. In caso di separazione e divorzio, la situazione non cambia e i coniugi per dividersi gli oneri del mutuo cointestato hanno diverse alternative:

  • estinguere il mutuo vendendo casa: questa rappresenta la soluzione migliore ma la più difficile da attuare perché quasi mai si trova un accordo pacifico in merito. Se l’estinzione del mutuo è contestuale al rogito attraverso il ricavato della vendita l’ipoteca viene cancellata e i proventi andranno divisi tra i coniugi cointestatari;
  • se il mutuo è stato stipulato con condizione vantaggiosa per uno dei due coniugi, con il benestare della banca e se si raggiunge un accordo tra le parti, quest’ultimo può subentrare nel contratto di mutuo e accollarsi le rate rimanenti; in questa ipotesi di “sostituzione del mutuo” si può procedere con la modifica delle condizioni previste dal contratto facendo risultare come intestatario uno solo tra il marito o la moglie, che diventerà unico proprietario della casa. Tuttavia l’ultima parola in questo caso spetta alla banca che dovrà valutare se l’unico coniuge intestatario, offrendo adeguate garanzie, sia in grado di sostenere da solo l’importo delle rate mensili;
  • l’ultima soluzione è quella del pagamento congiunto del mutuo cointestato ovvero concordare di continuare a pagare insieme le rate del mutuo, ma è una soluzione che viene perseguita nella prassi quasi sempre da coppie che sono rimaste in “buoni rapporti” ovvero che generalmente hanno scelto una separazione o divorzio consensuale e che più specificatamente hanno figli.

5. Mutuo cointestato: cosa succede se uno dei due coniugi non paga?

Se per l’acquisto della casa coniugale è stato contratto un mutuo ancora vigente all’atto di separazione  o del divorzio e se il mutuo è stato contratto da entrambi i coniugi, le rate, come detto, devono essere pagate da tutti e due. Se il coniuge obbligato non adempie l’obbligo che nei confronti della banca, questa, in quanto soggetto “estraneo” al procedimento di separazione potrebbe agire anche nei confronti dell’altro coniuge, anche se paga regolarmente la sua quota. Questo accade perché l’accordo tra i coniugi rispetto alla banca si configura come un accordo interno che non riguarda i provvedimenti legati alla separazione. Pertanto se l’ex coniuge cui è imposto il pagamento della rata del mutuo è inadempiente e la banca agisce nei confronti dell’altro coniuge (cointestatario del mutuo). questo sarà costretto a pagarla ma potrà presentare anche una denuncia per il reato diviolazione degli obblighi di assistenza familiare” anche in sede di separazione (art. 570 c.p.).