Ai fini dell’applicazione della misura di sicurezza personale nei confronti dell’imputato ammesso al programma di protezione per i collaboratori di giustizia, il giudice resta, comunque, libero di operare apprezzamenti anche divergenti sul piano della pericolosità del “collaboratore”, purché fondati su specifiche e significative emergenze. (Fattispecie in cui è stata ritenuta adeguata la motivazione della pericolosità sociale in ragione della gravità del reato di omicidio commesso e delle relazioni criminali dell’imputato nell’ambito di una struttura associativa mafiosa.) Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 43824 del 28 ottobre 2019 (Cass. pen. n. 43824/2019)
In tema di libertà vigilata, il giudice d’appello, anche quando appellante sia il solo imputato, può modificare in modo peggiorativo le modalità di esecuzione della misura di sicurezza applicata dal primo giudice, in quanto, dovendo essere le prescrizioni idonee ad evitare occasione di nuovi reati, esse sono suscettibili di successive modifiche o limitazioni. (In motivazione, la Corte ha precisato che diversamente accade in relazione alla disciplina della misura del ricovero in casa di cura o di custodia, per la quale non è possibile una successiva modifica peggiorativa delle condizioni applicative in appello, non essendo prevista l’individuazione di modalità esecutive). (Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 48569 del 23 ottobre 2017 (Cass. pen. n. 48569/2017)
La liberazione anticipata può essere concessa ai condannati alla pena dell’ergastolo con riferimento ai periodi trascorsi in liberazione condizionale con sottoposizione alla libertà vigilata, al fine di conseguire, ai sensi dell’art. 177 cod. pen., l’anticipazione della cessazione della misura di sicurezza e dell’estinzione della pena. (Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 13934 del 22 marzo 2017 (Cass. pen. n. 13934/2017)
L’applicazione del condono di due anni sulla maggior pena inflitta, effettuata ai sensi del D.P.R. 22 dicembre 1990, n. 394, non incide sulla quantità della pena prevista dall’art. 230 c.p. per farsi luogo alla libertà vigilata e ciò sia perché, in generale, l’applicazione dell’indulto non si riflette (salve le ipotesi di cui all’art. 210 c.p. in caso di totale estinzione della pena) sull’applicabilità delle misure di sicurezza e sulle questioni ad essa inerenti, sia perché in particolare, il condono di che trattasi è revocabile ai sensi dell’art. 4 del citato decreto. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 867 del 29 gennaio 1992 (Cass. pen. n. 867/1992)
Il giudice di cognizione, quando è inflitta la pena della reclusione per non meno di dieci anni, può, previo accertamento che colui che ha commesso il fatto è persona socialmente pericolosa, irrogargli la misura di sicurezza della libertà vigilata per una durata anche superiore a quella minima di tre anni prevista dalla legge. Decorso però il detto termine minimo il magistrato di sorveglianza, ove la pericolosità sia cessata, è funzionalmente competente a revocare la misura di sicurezza prima della scadenza del maggior termine per essa fissato dal giudice di cognizione. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 10527 del 26 ottobre 1988 (Cass. pen. n. 10527/1988)
La liberazione condizionale, così come disciplinata dagli artt. 8 e 9 della legge n. 304 del 1982, è istituto che presenta caratteristiche eccezionali rispetto alle disposizioni corrispondenti (artt. 176 e 177 c.p.) della legge ordinaria, essendo espressamente regolamentato per quanto attiene sia alle condizioni di ammissione al beneficio sia alle cause di revoca, sia alla competenza per la concessione. Pertanto in caso di liberazione condizionale prevista dalla legge n. 304, più sopra indicata, non può essere applicata la misura di sicurezza della libertà vigilata, secondo il disposto dell’art. 230, primo comma n. 2 c.p. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 2177 del 3 luglio 1987 (Cass. pen. n. 2177/1987)