La professionalità nel reato non può essere presunta sulla base delle condanne anteriori, ma può essere attribuita solo quando risulti che l’imputato, che si trovi nelle condizioni richieste per la dichiarazione di abitualità, tragga fonte pressoché costante di guadagno dalla reiterazione delle sue azioni criminose. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 13463 del 30 aprile 2020 (Cass. pen. n. 13463/2020)
La professionalità nel reato non può essere presunta sulla base delle condanne anteriori, ma è qualifica che si attribuisce quando risulti dimostrato che il delinquente abituale tragga fonte di guadagno pressoché continua dalla reiterazione delle sue azioni criminose. Pertanto è nulla la sentenza che dichiari l’imputato delinquente professionale in considerazione delle condanne precedentemente riportate o della precedente dichiarazione di abitualità, senza motivare circa il fatto che egli viva anche in parte dei proventi del reato. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 2483 del 15 dicembre 1969 (Cass. pen. n. 2483/1969)
Ai fini della dichiarazione di professionalità nel reato non è sufficiente la contestazione della recidiva sia pure nella forma più grave, perché, a norma dell’art. 105 c.p., essa deve fondarsi sulla valutazione di una serie di altre circostanze che l’imputato deve preventivamente conoscere per potersene efficacemente difendere. Pertanto la incompleta contestazione dei presupposti di fatto e di diritto necessari per la dichiarazione di professionalità nel reato è, ai sensi dell’art. 186 n. 3 c.p.p., causa di nullità assoluta e insanabile della decisione nella parte concernente la dichiarazione medesima e la conseguente misura di sicurezza. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 881 del 10 maggio 1967 (Cass. pen. n. 881/1967)