La morte del reo, avvenuta prima della condanna (533 c.p.p.), estingue il reato (171, 198, 210; 69 c.p.p.).
La morte del reo, avvenuta prima della condanna (533 c.p.p.), estingue il reato (171, 198, 210; 69 c.p.p.).
La morte del reo, avvenuta prima della condanna (533 c.p.p.), estingue il reato (171, 198, 210; 69 c.p.p.).
In tema di responsabilità da reato degli enti, l’estinzione fisiologica e non fraudolenta dell’ente (nella specie cancellazione della società a seguito di chiusura della procedura fallimentare) determina l’estinzione dell’illecito previsto dal d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, ricorrendo un caso assimilabile alla morte dell’imputato. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 41082 del 7 ottobre 2019 (Cass. pen. n. 41082/2019)
La morte dell’imputato intervenuta prima della decisione del giudice d’appello e non rilevata da quest’ultimo, richiede che la relativa sentenza sia emendata da parte del giudice che l’ha pronunciata con la procedura di cui all’art. 130 cod. proc. pen., applicabile estensivamente. (La Corte ha nella specie dichiarato inammissibile il ricorso del difensore dell’imputato già deceduto, per difetto di legittimazione per essersi il mandato estinto per la morte dell’imputato, e ha disposto la trasmissione degli atti alla corte d’appello per quanto di competenza ai sensi dell’art. 130 cod. proc. pen.). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 35960 del 13 agosto 2019 (Cass. pen. n. 35960/2019)
La morte dell’imputato, intervenuta prima del passaggio in giudicato della sentenza, comporta la cessazione sia del rapporto processuale penale, che del rapporto processuale civile nel processo penale, e determina, di conseguenza, anche il venir meno delle eventuali statuizioni civilistiche senza la necessità di una apposita dichiarazione da parte del giudice penale. (In applicazione del principio, la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso della parte civile contro la sentenza di assoluzione dell’imputato). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 47894 del 18 ottobre 2017 (Cass. pen. n. 47894/2017)
La morte dell’imputato, intervenuta prima dell’irrevocabilità della sentenza, comporta la cessazione sia del rapporto processuale in sede penale che del rapporto processuale civile inserito nel processo penale, con la conseguenza che le eventuali statuizioni civilistiche restano caducate “ex lege” senza la necessità di una apposita dichiarazione da parte del giudice penale. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 5870 del 15 febbraio 2012 (Cass. pen. n. 5870/2012)
La declaratoria di estinzione del reato per morte dell’imputato prevale su quella di prescrizione, avendo quest’ultima carattere di accertamento costitutivo, precluso nei confronti di persona non più in vita e in relazione a un rapporto processuale oramai estinto. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 25615 del 18 giugno 2009 (Cass. pen. n. 25615/2009)
Il giudice dell’impugnazione penale (nella specie, la Corte di cassazione) non può decidere ai soli effetti civili ex art. 578 c.p.p. nel caso di morte dell’imputato, atteso che la possibilità di deliberare sulla pretesa civilistica fatta valere nel processo è limitata soltanto all’estinzione del reato per amnistia o prescrizione e, per il carattere speciale della disciplina, non può essere analogicamente estesa ad altre cause estintive.
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L’intervenuta estinzione del reato per morte del reo, nel determinare la cessazione del rapporto processualpenalistico, comporta anche la caducazione delle statuizioni civilistiche adottate con la sentenza non ancora definitiva nei di lui confronti. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 31314 del 19 agosto 2005 (Cass. pen. n. 31314/2005)
La causa di estinzione del reato di cui all’art. 150 c.p. prevale su ogni altra causa di estinzione e quindi anche sulla prescrizione, qualora non risultino elementi idonei a suffragare la sussistenza di una causa di non punibilità, di immediata applicazione ai sensi dell’art. 129 c.p.p. (Nella specie la Corte di cassazione, nell’annullare senza rinvio la sentenza per morte dell’imputato il cui reato era stato già dichiarato prescritto, ha dovuto dichiarare anche inammissibile il ricorso della parte civile, stante l’inapplicabilità del disposto dell’art. 578 c.p.p. che impone al giudice di decidere sull’impugnazione ai soli effetti delle disposizioni civili esclusivamente nei casi di estinzione del reato per amnistia o prescrizione). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 13910 del 22 marzo 2004 (Cass. pen. n. 13910/2004)
La morte dell’imputato, se determina il difetto di legittimazione del difensore a proporre impugnazione, determina anche il venir meno delle eventuali statuizioni civilistiche e, quindi, il venir meno sia dell’interesse degli eredi dell’imputato a farle eliminare, sia l’interesse della parte civile a vederle riaffermate. (Affermando il principio, la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso della parte civile contro la sentenza erroneamente resa dal giudice di appello di estinzione del reato per morte del reo, quantunque il gravame avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile per essere intervenuta la morte dell’imputato, con conseguente estinzione della procura al difensore e cessazione del rapporto processuale). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 49457 del 31 dicembre 2003 (Cass. pen. n. 49457/2003)
Il provvedimento pronunciato nei confronti di un imputato dopo la sua morte deve considerarsi giuridicamente inesistente, in quanto manca il soggetto processuale contro cui far valere la pretesa punitiva e nei cui confronti il provvedimento è destinato a produrre effetti. È compito del giudice che ha emesso la pronuncia dichiararne la giuridica inesistenza dovuta all’estinzione del reato per morte dell’imputato, intervenuta prima della pronuncia medesima. Tale potere-dovere compete anche alla Corte di cassazione, nonostante l’inoppugnabilità dei suoi provvedimenti, proprio perché è finalizzato a rilevare, per ragioni di giustizia non solo formale, una situazione alla quale non possono riconnettersi effetti giuridici di sorta. (Nel caso di specie, la sentenza di rigetto dell’impugnazione). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 31470 del 25 luglio 2003 (Cass. pen. n. 31470/2003)
La morte dell’imputato, intervenuta successivamente alla proposizione del ricorso per cassazione, impone l’annullamento senza rinvio della sentenza, per estinzione del reato, con l’enunciazione della relativa causale nel dispositivo, risultando esaurito il rapporto processuale ed essendo preclusa ogni eventuale pronuncia di proscioglimento nel merito ex art. 129, comma 2, c.p.p., tanto più quando non risulti, dal testo del provvedimento impugnato l’evidenza di alcuna delle situazioni previste da tale ultima disposizione e non emergano elementi che rendano palese l’incapacità di intendere e di volere dell’imputato al momento dei fatti. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 11856 del 4 dicembre 1995 (Cass. pen. n. 11856/1995)
La morte della persona sottoposta a misura di prevenzione, sopravvenuta alla proposizione del ricorso per cassazione avverso il relativo provvedimento implica l’estinzione della misura e priva di interesse il ricorso stesso, in ordine al quale la Corte di cassazione deve emettere pronuncia di non luogo a provvedere. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 2810 del 22 agosto 1994 (Cass. pen. n. 2810/1994)
Nel caso in cui l’imputato sia deceduto anteriormente alla pronuncia da parte della Cassazione dell’ordinanza di inammissibilità del ricorso dal medesimo proposto, deve essere dichiarata l’inesistenza di detta ordinanza, non potendosi ritenere giuridicamente esistente un provvedimento giudiziale adottato nei confronti di persona deceduta e deve essere eliminata la pronuncia di condanna al pagamento delle spese del procedimento conseguenziale alla declaratoria di inammissibilità. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 3977 del 18 novembre 1991 (Cass. pen. n. 3977/1991)
La sentenza che abbia pronunciato nel merito dopo la morte del reo è giuridicamente inesistente, mancando il soggetto processuale contro cui far valere la pretesa punitiva e nei cui confronti la sentenza stessa è pronunciata. Spetta al giudice che ha pronunciato la sentenza il potere-dovere di dichiararne l’inesistenza giuridica dovuta all’estinzione del reato per morte del reo intervenuta prima della sentenza medesima. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 3056 del 2 novembre 1990 (Cass. pen. n. 3056/1990)
Il procedimento penale iniziato contro persona deceduta al momento del promovimento dell’azione penale è viziato da inesistenza giuridica per la mancanza di un presupposto processuale essenziale. L’inesistenza del procedimento non determina in nessun caso la formazione del giudicato e può essere fatta valere in ogni momento, anche in sede di incidente di esecuzione promosso per conseguire la revoca di una confisca disposta con la sentenza istruttoria che ha concluso quel processo e anche quando vi sia stato un precedente provvedimento di rigetto. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 1502 del 12 maggio 1990 (Cass. pen. n. 1502/1990)
L’estinzione del reato per morte del reo, in caso di sentenza contumaciale non potuta notificare per estratto all’imputato nel frattempo deceduto e non impugnata neppure dal difensore o dalle altre parti legittimate, deve essere dichiarata in sede di esecuzione dallo stesso giudice che ha emanato la sentenza. Questa infatti non è suscettibile di annullamento da parte del giudice di cognizione del grado superiore perché diviene irrevocabile nel momento stesso del decesso dell’imputato, estinguendosi con la morte di quest’ultimo anche il diritto a lui spettante d’impugnare la sentenza. L’irrevocabilità della sentenza contumaciale di cui non sia stato possibile notificare l’estratto all’imputato nel frattempo deceduto e che non sia stata impugnata dalle altre parti legittimate non contrasta con il diritto costituzionale alla difesa e specificamente con quello d’impugnazione perché il predetto diritto si perde da parte del suo titolare non già per omissione o negligente attività dell’ufficio, bensì per un evento naturale (morte) non imputabile, ma pur sempre inerente alla persona dello stesso titolare del diritto. Cassazione penale, Sez. Unite, sentenza n. 1 del 30 marzo 1982 (Cass. pen. n. 1/1982)
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