In tema di truffa, la prova dell’elemento soggettivo, costituito dal dolo generico, diretto o indiretto, può desumersi dalle concrete circostanze e dalle modalità esecutive dell’azione criminosa, attraverso le quali, con processo logico-deduttivo, è possibile risalire alla sfera intellettiva e volitiva del soggetto, in modo da evidenziarne la cosciente volontà e rappresentazione degli elementi oggettivi del reato, quali l’inganno, il profitto ed il danno, anche se preveduti come conseguenze possibili della propria condotta, di cui si sia assunto il rischio di verificazione. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta la decisione impugnata che aveva affermato la responsabilità dell’imputato per il reato di truffa aggravata in danno di ente pubblico, per aver chiesto ed ottenuto, mediante la presentazione di false rendicontazioni, corrispettivi per attività di consulenza legale, in realtà mai eseguita o eseguita in termini temporali diversi da quelli rendicontati). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 30726 del 4 novembre 2020 (Cass. pen. n. 30726/2020)
In tema di concorso di persone nel reato di omicidio preterintenzionale, quando le aggressioni siano multiple e contestuali, nel tempo e nello spazio, ai danni di più vittime (una soltanto delle quali deceda per effetto delle percosse e/o lesioni subite), configurandosi in concreto un “fatto collettivo unitario”, il contributo rilevante ai sensi dell’art. 110 cod. pen., può consistere sia nell’agevolazione dell’aggressione contro la vittima, in ragione della superiorità numerica e della concomitante condotta dei concorrenti di neutralizzazione delle difese altrui (concorso materiale), che nel rafforzamento del proposito criminoso dell’esecutore, che si senta spalleggiato ed incoraggiato dalla concomitante azione degli altri (concorso morale); in tale situazione, il dolo dei singoli concorrenti ha ad oggetto, nella dimensione monosoggettiva, le sole percosse o lesioni, e non già la prevedibilità dell’evento letale, che nel delitto preterintenzionale non è voluto da alcuno, e, nella dimensione plurisoggettiva, la volontà di concorrere nel reato altrui, che può manifestarsi anche come intesa istantanea, o conoscenza, anche unilaterale, del contributo recato alla condotta altrui, o, infine, semplice adesione all’opera di un altro che ne rimanga ignaro. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 4715 del 4 febbraio 2020 (Cass. pen. n. 4715/2020)
Ai fini dell’integrazione della circostanza aggravante del fatto commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, occorre che l’evento realizzatosi concretizzi il rischio che la regola cautelare violata mirava a prevenire, con la conseguenza che ove la persona offesa dal reato non sia un lavoratore ma un terzo, la circostanza è ravvisabile solo se la regola prevenzionistica sia dettata a tutela di qualsiasi soggetto che entri in contatto con la fonte di pericolo sulla quale il datore di lavoro ha poteri di gestione e non anche quando la regola prevenzionistica sia posta a beneficio precipuo del lavoratore. (In applicazione del principio la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza che aveva escluso la circostanza aggravante in questione in relazione all’infortunio occorso a un vigile del fuoco durante un intervento volto a domare un incendio di sterpaglie, perché folgorato da un conduttore della linea elettrica sganciatosi da un palo, in conseguenza dell’omessa manutenzione della linea elettrica). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 51142 del 19 dicembre 2019 (Cass. pen. n. 51142/2019)
In tema di elemento soggettivo del reato, è configurabile il dolo eventuale nella condotta di una guardia giurata esperta nell’uso delle armi che, nel tentativo di fermare dei ladri in fuga, dopo aver esploso in aria un unico colpo ed essersi posta al riparo dall’eventuale reazione dei malviventi, ormai datisi alla fuga, abbia continuato a sparare al buio e a distanza di circa trenta metri, altri cinque colpi ad altezza uomo, in direzione delle persone e delle auto in movimento, accettando così il rischio, pur di fermare i fuggitivi, di procurarne la morte. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 40424 del 2 ottobre 2019 (Cass. pen. n. 40424/2019)
In tema di colpa professionale medica, l’errore diagnostico si configura non solo quando, in presenza di uno o più sintomi di una malattia, non si riesca ad inquadrare il caso clinico in una patologia nota alla scienza o si addivenga ad un inquadramento erroneo, ma anche quando si ometta di eseguire o disporre controlli ed accertamenti doverosi ai fini di una corretta formulazione della diagnosi. (Fattispecie di ritardo diagnostico di un carcinoma mammario, nella quale l’imputato, specialista oncologo e direttore di un centro di prevenzione oncologica, sei mesi dopo aver sottoposto la paziente ad un esame ecografico che aveva evidenziato multiple e millimetriche formazioni cistiche, senza focalità sospette in senso eteroformativo, si era rifiutato di sottoporre nuovamente a visita e a mammografia la donna che gli aveva rappresentato il persistere di sintomatologia dolorosa). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 23252 del 28 maggio 2019 (Cass. pen. n. 23252/2019)
Il dolo d’impeto è compatibile con la circostanza aggravante ad effetto speciale di cui all’art. 36, comma 1, legge 5 febbraio 1992, n. 104 che attiene alla condizione della persona offesa facente parte di una categoria di soggetti diversamente abili, considerati particolarmente vulnerabili. (In motivazione, la Corte ha ritenuto corretta la decisione del giudice di merito che aveva ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del suddetto art. 36 per contrasto con gli artt. 3 e 27 della Costituzione, in considerazione del maggiore disvalore della condotta illecita tenuta nei confronti di un soggetto fisicamente e psichicamente disabile rispetto alla medesima condotta tenuta verso un soggetto non disabile che, diversamente dal primo, può difendersi più facilmente). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 4060 del 28 gennaio 2019 (Cass. pen. n. 4060/2019)
Nei reati colposi, qualora si assuma violata una regola cautelare cosiddetta “elastica”, che cioè necessiti, per la sua applicazione, di un legame più o meno esteso con le condizioni specifiche in cui l’agente deve operare – al contrario di quelle cosiddette “rigide”, che fissano con assoluta precisione lo schema di comportamento – è necessario, ai fini dell’accertamento dell’efficienza causale della condotta antidoverosa, procedere ad una valutazione di tutte le circostanze del caso concreto. (Nella specie la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di condanna per omicidio colposo da incidente stradale, fondata sul generico riferimento alla inadeguatezza della velocità tenuta dal conducente, senza esplicitare quale fosse la velocità adeguata ovvero quella che, alla luce di tutte le circostanze del fatto, risultava – non “ex post” ma “ex ante” – ragionevolmente in grado di evitare l’investimento).
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La responsabilità colposa implica che la violazione della regola cautelare deve aver determinato la concretizzazione del rischio che detta regola mirava a prevenire, poiché alla colpa dell’agente va ricondotto non qualsiasi evento realizzatosi, ma solo quello causalmente riconducibile alla condotta posta in essere in violazione della regola cautelare. (Nella specie la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di condanna per omicidio colposo per incidente stradale, fondata sulla violazione dell’art. 143 cod. strada in riferimento al comportamento del conducente che non aveva tenuto strettamente la destra della carreggiata ed aveva investito un pedone in fase di attraversamento) . Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 40050 del 6 settembre 2018 (Cass. pen. n. 40050/2018)
In tema di elemento soggettivo del reato, la colpa cosciente è configurabile nel caso in cui l’agente abbia previsto in concreto che la sua condotta poteva cagionare l’evento ma abbia agito con il convincimento di poterlo evitare, sicchè, ai fini della valutazione della responsabilità, il giudice è tenuto ad indicare analiticamente gli elementi sintomatici da cui sia desumibile non la prevedibilità in astratto dell’evento, bensì la sua previsione in concreto da parte dell’imputato. (Fattispecie in tema di omicidio colposo con violazione delle norme sulla sicurezza stradale consistente nell’investimento, da parte di un automobilista, di un pedone che svolgeva attività di “jogging” sulla carreggiata, in cui la S.C. ha annullato la sentenza di merito che aveva ritenuto l’aggravante della colpa cosciente, in quanto la presenza di pedoni sulla carreggiata poteva ritenersi prevedibile anche per la prossimità di abitazioni). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 32221 del 13 luglio 2018 (Cass. pen. n. 32221/2018)
Per la configurabilità del dolo eventuale, anche ai fini della distinzione rispetto alla colpa cosciente, occorre la rigorosa dimostrazione che l’agente si sia confrontato con la specifica categoria di evento che si è verificata nella fattispecie concreta aderendo psicologicamente ad essa e a tal fine l’indagine giudiziaria, volta a ricostruire l’”iter” e l’esito del processo decisionale, può fondarsi su una serie di indicatori quali: a) la lontananza della condotta tenuta da quella doverosa; b) la personalità e le pregresse esperienze dell’agente; c) la durata e la ripetizione dell’azione; d) il comportamento successivo al fatto; e) il fine della condotta e la compatibilità con esso delle conseguenze collaterali; f) la probabilità di verificazione dell’evento; g) le conseguenze negative anche per l’autore in caso di sua verificazione; h) il contesto lecito o illecito in cui si è svolta l’azione nonché la possibilità di ritenere, alla stregua delle concrete acquisizioni probatorie, che l’agente non si sarebbe trattenuto dalla condotta illecita neppure se avesse avuto contezza della sicura verificazione dell’evento (cosiddetta prima formula di Frank). (Fattispecie in cui la Suprema Corte ha escluso il dolo eventuale dell’imputato che avendo imboccato con la propria auto una via contromano ad alta velocità, in una zona priva di illuminazione non avrebbe potuto ignorare e pertanto accettare il rischio di gravi conseguenze anche per la propria incolumità). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 14663 del 30 marzo 2018 (Cass. pen. n. 14663/2018)
In tema di elemento soggettivo del reato, ricorre la colpa cosciente quando l’agente, pur rappresentandosi l’astratta possibilità della realizzazione del fatto costituente reato, abbia agito nella convinzione o nella sicura fiducia che l’evento, in considerazione di tutte le circostanze del caso concreto, non si sarebbe verificato. (Fattispecie in tema di omicidio colposo, in cui la S.C. ha annullato la sentenza che aveva riconosciuto la colpa cosciente nella condotta dell’automobilista che aveva investito uno degli agenti presenti ad un posto di blocco, ritenendo che le condizioni materiali – ridotta distanza di presumibile avvistamento, velocità sostenuta, inserimento di anabbaglianti in orario notturno e movimento della vittima – fossero incompatibili con la definizione del momento rappresentativo nella mente dell’imputato, sì da consentirgli di adeguare o modificare il proprio agire). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 48081 del 18 ottobre 2017 (Cass. pen. n. 48081/2017)
In tema di colpa omissiva, la posizione di garanzia che assume il gestore di un impianto sciistico in ordine all’incolumità degli sciatori prevede l’obbligo di recintare la pista ed apporre idonee segnaletiche e protezioni, o, in alternativa, rimuovere possibili fonti di rischio, ma solo in presenza di un pericolo determinato dalla conformazione dei luoghi che determini l’elevata probabilità di un’uscita di pista dello sciatore, apparendo inesigibile pretendere che tutta la pista sia recintata o che tutti i pericoli siano rimossi. (Fattispecie relativa a decesso di sciatore determinato dall’impatto con la testa di un masso, non protetto e non segnalato, situato ai bordi della pista). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 14606 del 24 marzo 2017 (Cass. pen. n. 14606/2017)
Non è configurabile la responsabilità ovvero la corresponsabilità del lavoratore per l’infortunio occorsogli allorquando il sistema della sicurezza approntato dal datore di lavoro presenti delle evidenti criticità, atteso che le disposizioni antinfortunistiche perseguono il fine di tutelare il lavoratore anche dagli infortuni derivanti da sua colpa, dovendo il datore di lavoro dominare ed evitare l’instaurarsi da parte degli stessi destinatari delle direttive di sicurezza di prassi di lavoro non corrette e, per tale ragione, foriere di pericoli. (Fattispecie relativa all’omessa adeguata valutazione, da parte del datore di lavoro, dei rischi di trascinamento – già manifestatisi in precedenza – derivanti dall’utilizzo di uno straccio per le operazioni di pulitura e rifinitura delle calzature in produzione eseguite dal lavoratore in prossimità di una macchina spazzolatrice dotata di albero rotante. In applicazione del principio, la S.C. ha escluso che il lavoratore potesse ritenersi edotto della situazione di rischio alla luce di un incidente verificatosi alcuni giorni prima).
Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 10265 del 2 marzo 2017 (Cass. pen. n. 10265/2017)
In tema di colpa generica, l’individuazione della regola cautelare non scritta eventualmente violata non deve essere frutto di una elaborazione creativa, fondata su una valutazione ricavata “ex post” ad evento avvenuto e in maniera del tutto astratta e svincolata dal caso concreto, ma deve discendere da un processo ricognitivo che individui i tratti tipici dell’evento, per poi procedere formulando l’interrogativo se questo fosse prevedibile ed evitabile “ex ante”, con il rispetto della regola cautelare in oggetto, alla luce delle conoscenze tecnico – scientifiche e delle massime di esperienza. (In applicazione del suddetto principio la Corte ha annullato la sentenza del giudice di appello che, in relazione al suicidio di una paziente ricoverata in una residenza sanitaria assistenziale, aveva ritenuto la responsabilità per colpa generica del coordinatore e del responsabile della struttura, nonostante costoro avessero nell’immediatezza allertato gli operatori professionali presenti, intimando loro di controllare a vista la donna – che poco prima aveva manifestato intenti suicidi – per il tempo strettamente necessario a disporre il suo ricovero presso una struttura ospedaliera più attrezzata). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 9390 del 27 febbraio 2017 (Cass. pen. n. 9390/2017)
In tema di reati colposi, l’obbligo di prevenzione gravante sul datore di lavoro non è limitato al solo rispetto delle norme tecniche, ma richiede anche l’adozione di ogni ulteriore accortezza necessaria ad evitare i rischi di nocumento per i lavoratori, purché ciò sia concretamente specificato in regole che descrivono con precisione il comportamento da tenere per evitare il verificarsi dell’evento. (Fattispecie relativa all’applicazione della norma dell’art. 27, comma primo, lett. d), D.Lgs. n. 277 del 1991, in tema di protezione dei lavoratori dai rischi connessi all’esposizione alla polvere di amianto). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 5273 del 3 febbraio 2017 (Cass. pen. n. 5273/2017)
Ai fini dell’accertamento della responsabilità per fatto colposo, è sempre necessario individuare la regola cautelare, preesistente alla condotta, che ne idica le corrette modalità di svolgimento, non potendo il giudice limitarsi a fare ricorso ai concetti di prudenza, perizia e diligenza senza indicare in concreto quale sia il comportamento doveroso che tali regole cautelari imponevano di adottare. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto non corretta la decisione impugnata che aveva affermato la responsabilità per omicidio colposo di un medico per il decesso di un paziente a seguito di un intervento chirurgico, ritenendo imprudente e/o imperita la manovra chirurgica attuata senza, tuttavia, indicare le modalità di condotta che prudenza e perizia prescrivevano di adottare nella fattispecie). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 31490 del 21 luglio 2016 (Cass. pen. n. 31490/2016)
In tema di elemento soggettivo, sussiste il dolo eventuale e non la colpa cosciente, quando l’agente si sia rappresentato la significativa possibilità di verificazione dell’evento e si sia determinato ad agire comunque, anche a costo di cagionarlo come sviluppo collaterale o accidentale, ma comunque preventivamente accettato, della propria azione, in modo tale che, sul piano del giudizio controfattuale, possa concludersi che egli non si sarebbe trattenuto dal porre in essere la condotta illecita, neppure se avesse avuto contezza della sicura verificazione dell’evento medesimo. (Fattispecie in cui la Suprema Corte ha annullato con rinvio la sentenza di condanna per omicidio doloso pronunciata in relazione alla condotta dell’imputato, il quale, in stato di ebbrezza, aveva viaggiato contro mano in autostrada, provocando così la collisione con altra auto e, per l’effetto, sia il ferimento del conducente sia il decesso immediato dei quattro trasportati, affinché la corte territoriale enucleasse, con maggiore precisione e valutandone analiticamente gli indicatori sintomatici, l’elemento soggettivo del reato). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 18220 del 30 aprile 2015 (Cass. pen. n. 18220/2015)
In tema di concorso di persone nel reato, la responsabilità di chi coopera ad un fatto criminoso non presuppone la convergenza psicologica sull’evento finale perseguito da altro dei concorrenti, essendo sufficiente che il suo apporto sia stato prestato con consapevole volontà di contribuire, anche solo agevolandola, alla verificazione del fatto criminoso. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza di condanna per omicidio volontario del soggetto che aveva partecipato al sequestro della vittima e l’aveva lasciata nella totale disponibilità del coimputato, della cui determinazione ad uccidere era consapevole, pur non condividendo tale intento). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 15860 del 16 aprile 2015 (Cass. pen. n. 15860/2015)
In tema di lesioni colpose, incombe al gestore di impianti sciistici l’obbligo di porre in essere ogni cautela per prevenire i pericoli anche esterni alla pista ai quali lo sciatore può andare incontro in caso di uscita dalla pista medesima, là dove la situazione dei luoghi renda probabile per conformazione naturale del percorso siffatta evenienza accidentale. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 15711 del 15 aprile 2015 (Cass. pen. n. 15711/2015)
In tema di elemento soggettivo, sussiste il dolo eventuale e non la colpa cosciente, quando l’agente si sia rappresentato la significativa possibilità di verificazione dell’evento e si sia determinato ad agire comunque, anche a costo di cagionarlo come sviluppo collaterale o accidentale, ma comunque preventivamente accettato, della propria azione, in modo tale che, sul piano del giudizio controfattuale, possa concludersi che egli non si sarebbe trattenuto dal porre in essere la condotta illecita, neppure se avesse avuto contezza della sicura verificazione dell’evento medesimo. (Fattispecie in cui la Suprema Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza di condanna per omicidio doloso pronunciata in relazione alla condotta del conducente di autovettura che, deliberatamente, aveva effettuato una manovra di impegno della corsia di sorpasso al fine di ostruire la marcia e di impedire il sorpasso a due motociclisti i quali provenivano da tergo a velocità elevata, provocando così la collisione della sua autovettura con le motociclette, strette tra il veicolo e la barriera spartitraffico). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 8561 del 26 febbraio 2015 (Cass. pen. n. 8561/2015)
La responsabilità colposa implica che la violazione della regola cautelare deve aver determinato la concretizzazione del rischio che detta regola mirava a prevenire, poiché alla colpa dell’agente va ricondotto non qualsiasi evento realizzatosi, ma solo quello causalmente riconducibile alla condotta posta in essere in violazione della regola cautelare. (Nella specie, la Corte ha confermato la condanna del giostraio per il decesso di una donna, la quale, nel tentativo di accedere alla giostra già in movimento, aveva perso l’equilibrio ed era caduta rovinosamente per terra, urtando violentemente con la parte frontale del corpo il bordo della base rotante della struttura, l’accesso alla quale non era stato adeguatamente interdetto). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 1819 del 15 gennaio 2015 (Cass. pen. n. 1819/2015)
In tema di colpa, la valutazione in ordine alla prevedibilità dell’evento va compiuta avendo riguardo anche alla concreta capacità dell’agente di uniformarsi alla regola cautelare in ragione delle sue specifiche qualità personali, in relazione alle quali va individuata la specifica classe di agente modello di riferimento. (In applicazione del principio la S.C. ha censurato la sentenza di condanna dell’imputato per omicidio colposo del paziente affidatogli, non risultando adeguatamente considerata la sua qualità di semplice specializzando in neurologia come tale non equiparabile, in sè a quella del medico specializzato). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 49707 del 28 novembre 2014 (Cass. pen. n. 49707/2014)
In tema di responsabilità medica, la frequenza della complicanza, che sia insorta a causa della condotta non appropriata del sanitario, incide sulla valutazione della gravità della colpa allo stesso ascrivibile. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 47289 del 17 novembre 2014 (Cass. pen. n. 47289/2014)
Ricorre il dolo eventuale quando chi agisce si rappresenta come seriamente possibile, sebbene non certa, l’esistenza dei presupposti della condotta, ovvero il verificarsi dell’evento come conseguenza dell’azione e, pur di non rinunciare ad essa, accetta che il fatto possa verificarsi, decidendo di agire comunque. (Fattispecie in tema di lesioni volontarie da sinistro stradale in cui la Corte ha individuato la sussistenza di taluni indicatori del dolo eventuale, anzichè della colpa cosciente, nell’essere il fatto avvenuto subito dopo una rapina, compiuta mentre l’imputato, gravato da numerosi precedenti, era in regime di semilibertà, nonchè nella elevata velocità tenuta e nella inosservanza di segnalazioni semaforiche). Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 43348 del 16 ottobre 2014 (Cass. pen. n. 43348/2014)
In tema di elemento soggettivo del reato, il dolo eventuale ricorre quando l’agente si sia chiaramente rappresentata la significativa possibilità di verificazione dell’evento concreto e ciò nonostante, dopo aver considerato il fine perseguito e l’eventuale prezzo da pagare, si sia determinato ad agire comunque, anche a costo di causare l’evento lesivo, aderendo ad esso, per il caso in cui si verifichi; ricorre invece la colpa cosciente quando la volontà dell’agente non è diretta verso l’evento ed egli, pur avendo concretamente presente la connessione causale tra la violazione delle norme cautelari e l’evento illecito, si astiene dall’agire doveroso per trascuratezza, imperizia, insipienza, irragionevolezza o altro biasimevole motivo.
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In tema di elemento soggettivo del reato, per la configurabilità del dolo eventuale, anche ai fini della distinzione rispetto alla colpa cosciente, occorre la rigorosa dimostrazione che l’agente si sia confrontato con la specifica categoria di evento che si è verificata nella fattispecie concreta aderendo psicologicamente ad essa e a tal fine l’indagine giudiziaria, volta a ricostruire l’”iter” e l’esito del processo decisionale, può fondarsi su una serie di indicatori quali: a) la lontananza della condotta tenuta da quella doverosa; b) la personalità e le pregresse esperienze dell’agente; c) la durata e la ripetizione dell’azione; d) il comportamento successivo al fatto; e) il fine della condotta e la compatibilità con esso delle conseguenze collaterali; f) la probabilità di verificazione dell’evento; g) le conseguenze negative anche per l’autore in caso di sua verificazione; h) il contesto lecito o illecito in cui si è svolta l’azione nonché la possibilità di ritenere, alla stregua delle concrete acquisizioni probatorie, che l’agente non si sarebbe trattenuto dalla condotta illecita neppure se avesse avuto contezza della sicura verificazione dell’evento (cosiddetta prima formula di Frank). Cassazione penale, Sez. Unite, sentenza n. 38343 del 18 settembre 2014 (Cass. pen. n. 38343/2014)
In tema di reati colposi, la verifica in ordine alla “prevedibilità” dell’evento impone il vaglio delle possibili conseguenze di una determinata condotta commissiva od omissiva avendo presente il cosiddetto “modello d’agente” ossia il modello dell’uomo che svolge paradigmaticamente una determinata attività, che importa l’assunzione di certe responsabilità, nella comunità, la quale esige che l’operatore concreto si ispiri a quel modello e faccia tutto ciò che da questo ci si aspetta; tale modello impone, nel caso estremo in cui il garante si renda conto di non essere in grado di incidere sul rischio, l’abbandono della funzione previ adeguata segnalazione al datore di lavoro. (Fattispecie in tema di omicidio colposo commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 22249 del 29 maggio 2014 (Cass. pen. n. 22249/2014)
Nel reato di omesso versamento di ritenute certificate (art. 10-bis D.Lgs. n. 74 del 2000), la colpevolezza del sostituto di imposta non è esclusa dalla crisi di liquidità intervenuta al momento della scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione annuale relativa all’esercizio precedente, a meno che l’imputato non dimostri che le difficoltà finanziarie non siano a lui imputabili e che le stesse, inoltre, non possano essere altrimenti fronteggiate con idonee misure anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 5467 del 4 febbraio 2014 (Cass. pen. n. 5467/2014)
Il delitto di illecito trattamento dei dati personali si connota, sul piano dell’elemento soggettivo, come reato a dolo specifico, la cui struttura finalistica è incompatibile con la forma del dolo eventuale che postula l’accettazione solo in via ipotetica, seppure avverabile, del conseguimento di un risultato. (In applicazione del principio, la Corte ha escluso che potesse integrare l’elemento soggettivo del reato la pubblicazione di un recapito telefonico su una rivista di annunci erotici da parte di un soggetto che non conosceva il titolare delle utenze e pertanto ignorava se i messaggi erotici, ricevuti a causa dell’indebita divulgazione, gli fossero graditi ovvero costituissero per lui un danno). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 3683 del 28 gennaio 2014 (Cass. pen. n. 3683/2014)
La mancata inflizione di più pugnalate non esclude la configurabilità del dolo omicida, ove sia accertato che, per le modalità operative e per lo strumento utilizzato, l’azione era idonea a causare la morte della vittima, evento non verificatosi per cause indipendenti dalla volontà dell’agente. (Nella fattispecie la vittima era stata ferita all’addome con un solo colpo ma tale da lasciarne presumere l’esizialità ed era stata abbandonata esanime sul luogo del fatto). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 51056 del 18 dicembre 2013 (Cass. pen. n. 51056/2013)
In tema di responsabilità per colpa, il costruttore risponde per gli eventi dannosi causalmente ricollegabili alla costruzione del prodotto ove risulti privo dei necessari dispositivi o requisiti di sicurezza e sempre che l’utilizzatore non ne abbia fatto un uso improprio, tale da poter essere considerato causa sopravvenuta, da sola sufficiente a determinare l’evento. (Fattispecie in tema di responsabilità del produttore di un aliante, a seguito di un incidente in volo per una manovra acrobatica). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 39157 del 23 settembre 2013 (Cass. pen. n. 39157/2013)
In tema di colpa generica, l’individuazione della regola cautelare non scritta va effettuata provvedendo, prima, a rappresentare l’evento nei suoi elementi essenziali e, poi, a formulare l’interrogativo se tale evento fosse prevedibile ex ante ed evitabile con il rispetto della regola in oggetto, alla luce delle conoscenze tecnico – scientifiche e delle massime di esperienza. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 36400 del 5 settembre 2013 (Cass. pen. n. 36400/2013
Il medico che partecipi alla visita collegiale non può essere esonerato da responsabilità ove ometta di differenziare la propria posizione, rendendo palesi i motivi che lo inducano a dissentire dalla decisione presa dal direttore del reparto di dimettere il paziente. (Fattispecie in cui è stata ritenuta la responsabilità del chirurgo per il decesso del paziente che, nonostante presentasse sindrome dolorosa, veniva prematuramente dimesso senza aver eseguito le opportune indagini diagnostiche). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 26966 del 20 giugno 2013 (Cass. pen. n. 26966/2013)
In tema di colpa specifica, nell’ipotesi della violazione di una norma cautelare cosiddetta “elastica” – che indica, cioè, un comportamento determinabile in base a circostanze contingenti – è comunque necessario che l’imputazione soggettiva dell’evento avvenga attraverso un apprezzamento della concreta prevedibilità ed evitabilità dell’esito antigiuridico da parte dall’agente modello. (Fattispecie in tema di disastro aviatorio colposo in cui la S.C. ha ritenuto corretta la motivazione della sentenza di appello, che aveva riconosciuto la responsabilità del primo pilota in relazione al rovinoso ammaraggio di un velivolo per improvviso spegnimento in volo dei motori propulsori, osservando che il predetto, ancorché avesse per tempo segnalato il guasto del misuratore di carburante, non potesse essere esonerato da colpe in presenza di una serie di omissioni – consistite nel non aver seguito le fasi del rifornimento di carburante, nel non aver operato una diminuzione di quota, nell’aver posizionato male le eliche durante l’ammaraggio e nell’aver avvertito tardivamente i passeggeri – senza le quali sarebbe stato possibile evitare il disastro e la conseguente morte di sedici persone a bordo dell’apparecchio). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 26239 del 14 giugno 2013 (Cass. pen. n. 26239/2013)
In tema di colpa medica, e con riferimento alla irrilevanza penale della colpa lieve quando risultino osservate le linee guida e le buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica, secondo quanto stabilito dall’art. 3 comma 1, del D.L. n. 158/2012, conv. con modif. in legge n. 189/2012, deve ritenersi che, consistendo detta osservanza essenzialmente nel corretto inquadramento del caso nelle sue linee generali, ad essa possano accompagnarsi errori quali un non corretto adeguamento delle direttive di massima allo specifico contesto o anche il mancato riconoscimento della necessità di disattenderle per perseguire una diversa strategia che governi efficacemente i rischi connessi al quadro d’insieme; eventualità, queste, che potranno dar luogo alla possibile configurabilità di una colpa, in particolare sotto il profilo dell’imperizia, la quale, a seconda dei casi ed alla stregua dei comuni canoni valutativi, quali già elaborati, nella materia in questione, dalla giurisprudenza di legittimità, potrà essere ritenuta lieve o grave, con esclusione, quindi, nella prima di tali ipotesi, della responsabilità penale. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 16237 del 9 aprile 2013 (Cass. pen. n. 16237/2013)
Ricorre il dolo eventuale quando chi agisce si rappresenta come seriamente possibile (ma non come certa) l’esistenza di presupposti della condotta ovvero il verificarsi dell’evento come conseguenza dell’azione e, pur di non rinunciare all’azione e ai vantaggi che se ne ripromette, accetta che il fatto possa verificarsi, decidendo di agire “costi quel che costi”, mettendo cioè in conto la realizzazione del fatto. (Fattispecie in tema di sinistro stradale in cui la Corte ha confermato la condanna per omicidio volontario del conducente di un furgone, da lui rubato che, per sottrarsi all’arresto, superava a velocità molto elevata alcuni semafori rossi e travolgeva un’auto provocando la morte di un passeggero). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 42973 del 7 novembre 2012 (Cass. pen. n. 42973/2012)
In tema di responsabilità medica, le linee guida – provenienti da fonti autorevoli, conformi alle regole della miglior scienza medica e non ispirate ad esclusiva logica di economicità – possono svolgere un ruolo importante quale atto di indirizzo per il medico; esse, tuttavia, avuto riguardo all’esercizio dell’attività medica che sfugge a regole rigorose e predeterminate, non possono assurgere al rango di fonti di regole cautelari codificate, rientranti nel paradigma dell’art. 43 cod. pen. (leggi, regolamenti, ordini o discipline), non essendo né tassative né vincolanti e, comunque, non potendo prevalere sulla libertà del medico, sempre tenuto a scegliere la migliore soluzione per il paziente. D’altro canto, le linee guida, pur rappresentando un utile parametro nell’accertamento dei profili di colpa riconducibili alla condotta del medico, non eliminano la discrezionalità giudiziale insita nel giudizio di colpa; il giudice resta, infatti, libero di valutare se le circostanze concrete esigano una condotta diversa da quella prescritta dalle stesse linee guida. Pertanto, qualora il medico non rispetti le linee guida il giudice deve accertare, anche con l’ausilio di consulenza preordinata a verificare eventuali peculiarità del caso concreto, se tale inosservanza sia stata determinante nella causazione dell’evento lesivo o se questo, avuto riguardo alla complessiva condizione del paziente, fosse, comunque, inevitabile e, pertanto, ascrivibile al caso fortuito. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 35922 del 19 settembre 2012 (Cass. pen. n. 35922/2012)
Il dolo eventuale non è compatibile con il delitto tentato. (In applicazione del principio, la Corte ha cassato la sentenza impugnata che aveva configurato un tentativo di lesioni, pur ravvisando l’elemento psicologico nella sola finalità dell’imputato di intimidire la parte offesa, con accettazione del rischio di ferirla). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 14342 del 16 aprile 2012 (Cass. pen. n. 14342/2012)
Se, in genere, per l’integrazione del dolo è necessario che la rappresentazione e la volizione abbiano ad oggetto tutti gli elementi costitutivi della fattispecie tipica (e cioè condotta, evento e causalità materiale) e non il solo evento causalmente dipendente dalla condotta medesima in particolare nei reati a forma libera (quale è, ad esempio, l’omicidio volontario), l’imputazione a titolo di dolo postula che la volontà dell’ultimo atto sia effettiva. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 5096 del 9 febbraio 2012 (Cass. pen. n. 5096/2012)
In tema di colpa professionale del medico, il principio civilistico di cui all’art. 2236 c.c. che assegna rilevanza soltanto alla colpa grave può trovare applicazione in ambito penalistico come regola di esperienza cui attenersi nel valutare l’addebito di imperizia, qualora il caso concreto imponga la soluzione di problemi di speciale difficoltà ovvero qualora si versi in una situazione di emergenza, in quanto la colpa del terapeuta deve essere parametrata alla difficoltà tecnico-scientifica dell’intervento richiesto ed al contesto in cui esso si è svolto. Ne consegue che non sussistono i presupposti per parametrare l’imputazione soggettiva al canone della colpa grave ove si tratti di casi non difficili e fronteggiabili con interventi conformi agli standard. (In applicazione del principio di cui in massima la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di merito ha affermato la sussistenza della responsabilità, ex art. 589 c.p. del direttore sanitario di una casa di cura – nei confronti di un degente affetto da schizofrenia caduto da una finestra – il quale, nonostante la condizione del paziente fosse macroscopicamente peggiorata e gli fosse nota la necessità di nuove iniziative terapeutiche ed assistenziali, si astenne dal porre in essere le relative iniziative, di cui, peraltro, egli stesso aveva dato conto nel corso di un ‘briefing’). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 4391 del 1 febbraio 2012 (Cass. pen. n. 4391/2012)
In tema di responsabilità del medico per intervento chirurgico effettuato da collaboratore privo della prescritta abilitazione ed in difetto di valido consenso informato, ai fini della individuazione degli elementi costitutivi del dolo indiretto assume rilievo sintomatico l’esito infausto, la lunghezza del trattamento, la dissimulazione della qualifica professionale con conseguente svolgimento di attività abusiva, la delicatezza e la invasività degli interventi praticati sul paziente nonché il difetto di un valido consenso informato da parte di quest’ultimo. (Fattispecie relativa alla responsabilità per lesioni dolose del medico responsabile di uno studio dentistico che aveva affidato il paziente a proprio collaboratore privo della necessaria abilitazione ed in difetto di valido consenso informato dello stesso paziente – non essendo provata la volontà di cagionare la malattia ed i postumi invalidanti poi verificatisi; la S.C. ha sottolineato che il dolo concerneva – non già l’attività del medico – ma quella abusiva del collaboratore, che non era medico e che, pertanto, elevava il rischio di complicazioni con potenziali e forse probabili effetti lesivi che il medico non poteva non rappresentarsi, nonché il fatto che l’aver taciuto al paziente che il collaboratore non era un medico può rappresentare un indizio della consapevolezza in capo all’agente che il paziente avrebbe potuto negare il proprio consenso ed essere indice dell’accettazione degli effetti lesivi dell’attività abusiva pur di conseguirne gli elevati vantaggi economici). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 3222 del 26 gennaio 2012 (Cass. pen. n. 3222/2012)
Il dolo eventuale presuppone che l’agente abbia superato il dubbio circa la possibilità che la condotta cagioni anche un evento non direttamente voluto, ed abbia tenuto la condotta anche a costo di cagionare quell’evento, accettandone quindi il prospettato verificarsi; diversamente, la colpa con previsione (o cosciente) sussiste quando l’agente, pur prospettandosi la possibilità o probabilità del verificarsi di un evento non voluto come conseguenza della propria condotta, confidi tuttavia che esso non si verifichi. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 30472 del 1 agosto 2011 (Cass. pen. n. 30472/2011)
In tema di dolo, la prova della volontà di commissione del reato è prevalentemente affidata, in mancanza di confessione, alla ricerca delle concrete circostanze che abbiano connotato l’azione e delle quali deve essere verificata la oggettiva idoneità a cagionare l’evento in base ad elementi di sicuro valore sintomatico, valutati sia singolarmente sia nella loro coordinazione. (Fattispecie di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice civile di reintegrazione nel possesso). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 16465 del 27 aprile 2011 (Cass. pen. n. 16465/2011)
In tema di elemento soggettivo del reato, ricorre il dolo eventuale quando si accerti che l’agente, pur essendosi rappresentato la concreta possibilità di verificazione di un fatto costituente reato come conseguenza della propria condotta, avrebbe agito anche se avesse avuto certezza del suo verificarsi, accettandone la realizzazione a seguito della consapevole subordinazione di un determinato bene ad un altro; si versa invece nella colpa con previsione allorquando la rappresentazione come certa del determinarsi del fatto avrebbe trattenuto l’agente dall’agire. (In applicazione di tale principio la Corte ha censurato la qualificazione come colposa della condotta del conducente di un grosso furgone, da lui rubato, che, per sottrarsi all’arresto, dopo aver superato ad elevata velocità una serie di semafori rossi, aveva travolto un’autovettura provocando la morte di uno dei passeggeri e il ferimento degli altri). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 10411 del 15 marzo 2011 (Cass. pen. n. 10411/2011)
Nell’esercizio dell’attività medico-chirurgica, non può dirsi esclusa la responsabilità colposa del medico in riguardo all’evento lesivo occorso al paziente per il solo fatto che abbia rispettato le linee guida, comunque elaborate, avendo il dovere di curare utilizzando i presidi diagnostici e terapeutici di cui al tempo la scienza medica dispone, senza farsi condizionare da esigenze di diversa natura o da disposizioni, considerazioni, valutazioni, direttive non pertinenti rispetto al predetto compito che gli è affidato dalla legge. (Fattispecie nella quale i contenuti delle linee guida, cui l’imputato asseriva di essersi conformato, erano ignoti, non essendo stato acquisito alcun atto che le riproducesse). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 8254 del 2 marzo 2011 (Cass. pen. n. 8254/2011)
Le norme di comportamento dettate dall’art. 143 Nuovo cod. strada sono volte inequivocabilmente a contrastare situazioni di pericolo conseguenti all’eventualità che altro veicolo invada la mezzeria non di sua pertinenza, sicchè l’inosservanza dell’obbligo di «circolare sulla parte destra della carreggiata e in prossimità del margine destro della medesima, anche quando la strada è libera» si caratterizza come condotta specificamente colposa, atta a contribuire alla produzione dell’evento, qualunque sia la causa di invasione della mezzeria da parte di altro veicolo e quindi anche se si tratti di causa pur essa colposa. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 2568 del 26 gennaio 2011 (Cass. pen. n. 2568/2011)
In tema di delitti colposi contro la persona per violazione della normativa antinfortunistica (nella specie, omicidio colposo, conseguente all’insorgere di un mesotelioma pleurico, in danno di un lavoratore reiteratamente esposto, nel corso della sua esperienza lavorativa – esplicata in ambito ferroviario – all’amianto, sostanza oggettivamente nociva), si è in presenza di un comportamento soggettivamente rimproverabile a titolo di colpa quando l’attuazione delle cautele possibili all’epoca dei fatti avrebbe significativamente abbattuto le probabilità di contrarre la malattia. (La Corte ha evidenziato che la pericolosità dell’esposizione all’amianto per il rischio di mesotelioma risale – con riferimento al settore ferroviario – almeno agli anni sessanta, e che nella specie gli imputati avrebbero potuto acquisire tali conoscenze sia direttamente, sia tramite i soggetti eventualmente delegati in materia di igiene e sicurezza). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 43786 del 13 dicembre 2010 (Cass. pen. n. 43786/2010)
Il dolo del reato di cui agli artt. 30 e 31 L. n. 646 del 1982 (omessa comunicazione delle variazioni patrimoniali da parte dei sottoposti a misura di prevenzione) implica la consapevolezza dell’imputato di essere stato condannato per reati di mafia, e va desunto da indici sintomatici, legati (a) alle vicende di acquisizione del bene di volta in volta in questione (nella specie, si trattava di beni fittiziamente intestati alla moglie, separata legalmente, ma convivente “more uxorio” con l’imputato, condannato per reati di mafia, il quale aveva assunto in prima persona gli oneri economici per l’acquisto dei predetti beni); (b) al valore dello stesso (che, nella specie, era risultato sproporzionato rispetto al reddito della donna). Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 27196 del 14 luglio 2010 (Cass. pen. n. 27196/2010)
Il dolo d’impeto (anche se relativo ad uno soltanto dei reati concorrenti) è incompatibile con la continuazione, perché esclude la volizione preventiva e preordinata dell’insieme dei reati. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 23810 del 21 giugno 2010 (Cass. pen. n. 23810/2010)
In tema di reati colposi, l’addebito soggettivo dell’evento richiede non soltanto che l’evento dannoso sia prevedibile, ma altresì che lo stesso sia evitabile dall’agente con l’adozione delle regole cautelari idonee a tal fine (cosiddetto comportamento alternativo lecito), non potendo essere soggettivamente ascritto per colpa un evento che, con valutazione ex ante, non avrebbe potuto comunque essere evitato. (Fattispecie in cui imponenti colate di fango, dovute ad intensissime precipitazioni di pioggia, provocarono nel comune di Sarno 137 morti nella popolazione investita dal disastro naturale).
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Nel caso di eventi o calamità naturali che si sviluppino progressivamente, il giudizio di prevedibilità dell’evento dannoso – necessario perché possa ritenersi integrato l’elemento soggettivo del reato sia nel caso di colpa generica che in quello di colpa specifica – va compiuto non solo tenendo conto della natura e delle dimensioni di eventi analoghi storicamente già verificatisi, ma valutando, anche sulla base di leggi scientifiche, la possibilità che questi eventi si presentino in futuro con dimensioni e caratteristiche più gravi o addirittura catastrofiche. In mancanza di leggi scientifiche che consentano di conoscere preventivamente lo sviluppo di eventi naturali calamitosi, l’accertamento della prevedibilità dell’evento va compiuto in relazione alla verifica della concreta possibilità che un evento dannoso possa verificarsi e non secondo criteri di elevata credibilità razionale (che riguardano esclusivamente l’accertamento della causalità). (Fattispecie in tema di responsabilità di un Sindaco per omicidio colposo plurimo, verificatosi a causa di un disastro naturale in zona qualificata dalla protezione civile ad “alto rischio” di frane e valanghe). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 16761 del 3 maggio 2010 (Cass. pen. n. 16761/2010)
La cosiddetta colpa cosciente (aggravata dalla previsione dell’evento) consiste nella rappresentazione dell’evento come possibile risultato della condotta e nella previsione e prospettazione che esso non si verificherà, e si differenzia pertanto dal dolo eventuale che si risolve nell’accettazione del rischio di verificazione dell’evento non direttamente voluto seppure rappresentato, e non soltanto dalla situazione di pericolo posta in essere, con la conseguenza di una condotta tenuta anche a costo di determinazione di quell’evento. (Fattispecie in tema di sinistro stradale). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 11222 del 24 marzo 2010 (Cass. pen. n. 11222/2010)
L’affermazione di responsabilità per il delitto di cui agli articoli 30 e 31 della legge 13 settembre 1982 n. 646 (omessa comunicazione al nucleo di polizia tributaria circa la variazione patrimoniale da parte di persona sottoposta alla misura di prevenzione) richiede una indagine specifica sull’effettiva e consapevole volontà di omettere la prescritta comunicazione, non potendosi presumere nella fattispecie la sussistenza di un dolo “in re ipsa” desunto dalla mera condotta omissiva. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 6334 del 16 febbraio 2010 (Cass. pen. n. 6334/2010)
Va esclusa la colpa del medico del pronto soccorso che, a seguito di un errore diagnostico, dimette il paziente che necessitava di essere ricoverato e di essere sottoposto ad un urgente intervento chirurgico ed il quale, a causa di tale omissione, sia successivamente deceduto, quando la singolarità e non risolutività del sintomo riscontrato non consentiva di sospettare univocamente di una patologia che avrebbe dovuto imporre il ricovero o ulteriori accertamenti diagnostici. (Fattispecie relativa a morte – per aneurisma disseccante dell’aorta – di un paziente, che si era presentato al pronto soccorso, riferendo un “dolore diffuso al torace”, e che era stato dimesso con la diagnosi di “algie toraciche”). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 35659 del 15 settembre 2009 (Cass. pen. n. 35659/2009)
In materia di responsabilità da circolazione veicolare, l’osservanza delle norme precauzionali scritte non fa venir meno la responsabilità per colpa dell’utente della strada, nel caso di infortunio subito da terzo, qualora tali norme non siano esaustive delle regole precauzionali adottabili. (Fattispecie in cui è stata ritenuta la penale responsabilità del guidatore per la morte di un bambino, investito mentre improvvisamente attraversava la carreggiata, nonostante al momento dell’incidente stesse procedendo regolarmente a velocità imposta dallo stato dei luoghi). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 26677 del 30 giugno 2009 (Cass. pen. n. 26677/2009)
In tema di reati colposi, ai fini del giudizio di prevedibilità deve aversi riguardo alla idoneità della condotta a dar vita ad una situazione di danno, non anche alla specifica rappresentazione “ex ante” in capo all’agente dell’evento dannoso concretamente realizzatosi. (Fattispecie nella quale si contestava all’imputato, titolare di un bar, di avere negligentemente ed imprudentemente introdotto all’interno dell’esercizio commerciale una bottiglia di acqua minerale, contenente in realtà un detersivo corrosivo incolore ed inodore simile all’acqua, servito, per l’errore di una delle commesse – che aveva riposto la bottiglia non tra i detersivi, come raccomandatole dall’imputato, ma tra le bottiglie di acqua minerale -, ad alcuni clienti, cagionando loro lesioni). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 21513 del 22 maggio 2009 (Cass. pen. n. 21513/2009)
In caso di conflitto tra doveri collocabili in un definito ordine gerarchico tra loro, l’adempimento di quello più importante esclude l’addebitabilità a titolo di colpa delle conseguenze connesse alla violazione del dovere cautelare soccombente. (Nella fattispecie i giudici di legittimità hanno considerato corretta la scelta operata da alcuni agenti della polizia stradale che, disattendendo l’ordine impartito dalla centrale operativa di posizionarsi all’ingresso di una galleria per segnalare il pericolo derivante da una forte grandinata, si erano recati all’uscita della medesima galleria per soccorrere i feriti di un incidente stradale e ai quali, per tale motivo, era stata invece addebitata per colpa la morte di un automobilista avvenuta per la concretizzazione del rischio che avevano omesso di segnalare). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 15869 del 15 aprile 2009 (Cass. pen. n. 15869/2009)
Sussiste l’elemento soggettivo della colpa se, valutata la condotta in concreto con riferimento alla posizione di garanzia assunta dall’agente, risulta che questi si sia rappresentato come conseguenza certa, o anche solo probabile, della sua azione od omissione proprio l’evento in concreto verificatasi, pur prescindendo dalle concrete modalità di verificazione. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 4675 del 3 febbraio 2009 (Cass. pen. n. 4675/2009)
In tema di colpa professionale medica, l’errore diagnostico si configura non solo quando, in presenza di uno o più sintomi di una malattia, non si riesca ad inquadrare il caso clinico in una patologia nota alla scienza o si addivenga ad un inquadramento erroneo, ma anche quando si ometta di eseguire o disporre controlli ed accertamenti doverosi ai fini di una corretta formulazione della diagnosi. (Fattispecie nella quale una diagnosi errata e superficiale, formulata senza disporre ed eseguire tempestivamente accertamenti assolutamente necessari, era risultata esiziale). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 46412 del 17 dicembre 2008 (Cass. pen. n. 46412/2008)
La responsabilità penale per colpa postula, oltre alla sussistenza di una condotta violatrice di regole cautelari, anche la prevedibilità “ex ante” dell’evento, in quanto riconducibile al novero di quelli che le stesse regole cautelari mirano a prevenire. (In applicazione del principio, la S. C. ha annullato senza rinvio, per difetto del requisito della prevedibilità, la sentenza che aveva ritenuto responsabili di omicidio colposo il capo cantiere ed il direttore tecnico dell’impresa che, nell’ambito di lavori di costruzione di un’autostrada, aveva realizzato un pozzetto munito di grata fissata ad un cordolo di cemento che, per la sua scarsa consistenza, aveva ceduto, formando una buca nella quale era rimasta intrappolata la P.O. che, affetta da demenza senile, non era riuscita a liberarsi – come agevolmente possibile -, ed era deceduta a causa del sopraggiungere di un’emorragia intracranica). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 39882 del 23 ottobre 2008 (Cass. pen. n. 39882/2008)
La posizione di garanzia assunta dal proprietario di un cane gli impone l’obbligo di adottare le cautele necessarie a prevenire le prevedibili reazioni dell’animale e pertanto egli risponde a titolo di colpa delle lesioni cagionate a terzi dallo stesso animale, qualora ne abbia affidato la custodia a persona inidonea a controllarlo. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 34765 del 8 settembre 2008 (Cass. pen. n. 34765/2008)
In tema di colpa professionale, il medico specializzando è titolare di una posizione di garanzia in relazione alle attività personalmente compiute nell’osservanza delle direttive e sotto il controllo del medico tutore, che deve verificarne i risultati. (La Corte ha precisato che il medico specializzando deve rifiutare i compiti che non ritiene in grado di compiere, poiché in caso contrario se ne assume la responsabilità a titolo di cosiddetta colpa per assunzione). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 32424 del 1 agosto 2008 (Cass. pen. n. 32424/2008)
In tema di delitti colposi, l’essenza della condotta colposa va ravvisata nell’oggettivo contrasto tra la condotta concretamente tenuta dal soggetto agente e quella prescritta dall’ordinamento, sempre che risulti la prevedibilità dell’evento, ovvero la possibilità di riconoscere il pericolo che ad una data condotta potesse conseguire la realizzazione di un fatto ; per ascrivere a titolo di colpa l’evento cagionato al soggetto attivo è, inoltre, necessario accertare l’evitabilità dell’evento, ovvero che il prescritto comportamento alternativo corretto fosse in concreto idoneo ad evitare l’evento dannoso. (Fattispecie nella quale un operaio aveva riportato lesioni mentre rimuoveva un martinetto, mansione non particolarmente complessa, ma diversa da quella per la quale era stato assunto, ed eseguita senza aver ricevuto istruzioni per l’uso dell’attrezzo ). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 25648 del 24 giugno 2008 (Cass. pen. n. 25648/2008)
Non versa in colpa colui che cagiona delle lesioni personali per la propria imperizia, quando, pur privo delle necessarie competenze e capacità, si assume in condizioni di urgenza indifferibile un compito riservato a soggetto qualificato, atteso che in tal caso l’agente non era tenuto a prevedere le possibili conseguenze della sua condotta. (Fattispecie in cui una ostetrica, cui è vietato procedere a parti non fisiologici, in presenza di una dilatazione oramai completa e non riuscendo ad ottenere l’intervento del medico, pur dalla stessa inutilmente sollecitato, aveva autonomamente proceduto a manovre di competenza del ginecologo dalla cui errata esecuzione era conseguita al neonato una lesione permanente). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 13942 del 3 aprile 2008 (Cass. pen. n. 13942/2008)
L’esercente di un servizio ferroviario è responsabile della sicurezza del servizio stesso ed assume pertanto una posizione di garanzia non solo nei confronti del personale dipendente e dei viaggiatori, ma anche nei riguardi di terze persone che vengano in contatto con la ferrovia ogni qual volta il suo esercizio determini situazioni di pericolo eccedenti il normale rischio collegato all’attività, venendo dunque chiamato a rispondere per colpa della mancata adozione delle misure necessarie a prevenire il verificarsi di eventi lesivi dell’incolumità anche di queste persone. (Fattispecie avente ad oggetto la mancata predisposizione degli obbligatori dispositivi acustici e luminosi in prossimità di un passaggio a livello con barriere, posizionato dopo una curva, in relazione alle lesioni riportate dal conducente di un ciclomotore, il quale non avvertito del fatto che la sbarra si stava chiudendo, era stato colpito dalla stessa). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 10857 del 11 marzo 2008 (Cass. pen. n. 10857/2008)
In tema di colpa, la prevedibilità dell’evento può riconnettersi anche solo alla possibilità che lo stesso si verifichi, purchè tale possibilità riveli in maniera comunque concreta le potenzialità dannose della condotta dell’agente. In tal senso, quando si verte in materia di tutela della vita e della salute dei consociati, il rischio che l’agente deve rappresentarsi può ritenersi concreto anche solo laddove la mancata adozione di cautele preventive possa indurre un dubbio non meramente congetturale sulla possibile produzione di conseguenze dannose. (Fattispecie in tema di responsabilità del datore di lavoro per la mancata predisposizione di misure preventive, ulteriori rispetto a quelle imposte dalle norme preventive vigenti all’epoca, idonee ad evitare la pur prevedibile contrazione da parte dei lavoratori di gravi malattie connesse all’esposizione nell’ambiente di lavoro con polveri di amianto). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 5117 del 1 febbraio 2008 (Cass. pen. n. 5117/2008)
In tema di colpa omissiva, l’obbligo giuridico di attivarsi gravante sull’agente può originare anche dall’esercizio di un’attività pericolosa, dovendosi intendere per tali non solo quelle così identificate dalle leggi di pubblica sicurezza o da altre leggi speciali, bensì ogni attività che per sua stessa natura o per le caratteristiche di esercizio comporti una rilevante possibilità del verificarsi di un danno.
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In tema di colpa omissiva, la posizione di garanzia che assumono il gestore e il responsabile della sicurezza di un impianto sciistico non origina dalla presunta intrinseca pericolosità dell’attività svolta, atteso che pericolosa è in realtà la pratica sportiva dello sci, bensì dal contratto concluso con lo sciatore che utilizza l’impianto e le piste dallo stesso servite. (Fattispecie relativa alla responsabilità per colpa in merito alle lesioni riportate da uno sciatore e causate dall’omessa delimitazione della pista in un punto ritenuto pericoloso). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 39619 del 26 ottobre 2007 (Cass. pen. n. 39619/2007)
In tema di colpa specifica, nell’ipotesi della violazione di una norma cautelare c.d. «elastica» – che indica, cioè, un comportamento determinabile in base a circostanze contingenti – è comunque necessario che l’imputazione soggettiva dell’evento avvenga attraverso un apprezzamento della concreta prevedibilità ed evitabilità dell’esito antigiuridico da parte dall’agente modello. (Fattispecie in tema di omicidio colposo conseguente ad incidente stradale, in cui l’imputato, che viaggiava a velocità superiore a quella imposta, ha investito un veicolo che aveva effettuato una improvvisa svolta a sinistra attraversando repentinamente la carreggiata: la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di condanna al risarcimento del danno – essendosi nel frattempo il reato prescritto – ritenendone carente la motivazione che non aveva chiarito se la condotta di guida della vittima fosse prevedibile e se le conseguenze determinatesi nel corso dell’incidente fossero prevedibili ed evitabili). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 37606 del 12 ottobre 2007 (Cass. pen. n. 37606/2007)
In tema di bancarotta semplice, la colpa dell’imprenditore è ravvisabile anche quando egli abbia affidato a soggetti estranei all’amministrazione dell’azienda la tenuta delle scritture e dei libri contabili, perché su di lui grava, oltre all’onere di un’oculata scelta del professionista incaricato e alla connessa eventuale culpa in eligendo anche quello di controllarne l’operato. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 32586 del 9 agosto 2007 (Cass. pen. n. 32586/2007)
Per la configurabilità della colpa non è necessario che l’agente abbia consapevolezza della situazione di pericolo da cui scaturisce il dovere di applicare una determinata regola cautelare, bensì è sufficiente che tale pericolo risulti in concreto riconoscibile e non imprevedibili le conseguenze di una condotta che lo ignori. (Fattispecie in tema di omicidio colposo da incidente stradale, concernente la mancata adozione di regole cautelari più severe di quelle ordinarie in occasione del transito su di una strada di montagna accidentata e senza guard rail le cui pessime condizioni di manutenzione avrebbero potuto consentire all’agente di prevedere la presenza di detriti e terriccio sulla carreggiata, ancorchè egli non fosse stato preventivamente a conoscenza della circostanza). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 29232 del 20 luglio 2007 (Cass. pen. n. 29232/2007)
In tema di colpa professionale, risponde del reato commesso dal medico specializzando, materiale esecutore dell’intervento chirurgico, anche il primario, cui lo specializzando è affidato, il quale, allontanandosi durante l’operazione, viene meno all’obbligo di diretta partecipazione agli atti medici posti in essere dal sanitario affidatogli. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 21594 del 1 giugno 2007 (Cass. pen. n. 21594/2007)
In tema di delitti colposi, ai fini dell’elemento soggettivo, per potere formalizzare l’addebito colposo, non è sufficiente verificare la violazione della regola cautelare, ma è necessario accertare che tale regola fosse diretta ad evitare proprio il tipo di evento dannoso verificatosi, altrimenti si avrebbe una responsabilità oggettiva giustificata dal mero versari in re illecita. Ne consegue che occorre verificare la cosiddetta «concretizzazione del rischio» (“realizzazione del rischio”), che si pone sul versante oggettivo della colpevolezza, come la prevedibilità dell’evento dannoso si pone più specificamente sul versante soggettivo e la relativa valutazione deve prendere in considerazione l’evento in concreto verificatosi per accertare se questa conseguenza dell’agire rientrava tra gli eventi che la regola cautelare inosservata mirava a prevenire.
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In tema di delitti colposi, la prevedibilità dell’evento dannoso va accertata con criteri ex ante e va valutata dal punto di vista dell’agente (non di quello che ha concretamente agito, ma dell’agente modello) per verificare se era prevedibile che la sua condotta avrebbe potuto provocare quell’evento; il criterio della concretizzazione del rischio, invece, è una valutazione ex post che consente di avere conferma, o meno, che quel tipo di evento effettivamente verificatosi rientrasse tra quelli che la regola cautelare mirava a prevenire, tenendo conto che esistono regole cautelari per così dire «aperte» nelle quali la regola è dettata sul presupposto che esistano o possano esistere conseguenze dannose non ancora conosciute, ed altre c.d. «rigide» che prendono in considerazione solo uno specifico e determinato evento.
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In tema di delitti colposi, nel giudizio di «prevedibilità» richiesto per la configurazione della colpa, va considerata anche la sola possibilità per il soggetto di rappresentarsi una categoria di danni sia pure indistinta potenzialmente derivante dal suo agire, tale che avrebbe dovuto convincerlo ad astenersi o ad adottare più sicure regole di prevenzione: in altri termini, ai fini del giudizio di prevedibilità, deve aversi riguardo alla potenziale idoneità della condotta a dar vita ad una situazione di danno e non anche alla specifica rappresentazione ex ante dell’evento dannoso, quale si è concretamente verificato in tutta la sua gravità ed estensione. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto corretta e congruamente motivata la sentenza di merito la quale – attraverso insindacabili valutazioni di fatto – ha affermato che, poiché il cvm e il pvc erano da ritenersi sostanze di cui era già conosciuta l’idoneità a provocare gravi patologie, dovevano ritenersi ex ante prevedibili gravi danni alla salute dei lavoratori esposti a tali sostanze, sì da potersene fare discendere – anche se fossero mancate regole cautelari di origine normativa, nella fattispecie invece esistenti, artt. 20 e 21 del D.P.R. 19 marzo 1956 n. 303, che impongono al datore di lavoro, nel caso di ambienti di lavoro in cui siano presenti prodotti nocivi o polveri, di impedirne o «ridurne per quanto possibile» lo sviluppo e la diffusione – l’obbligo per il datore di lavoro di adottare le cautele necessarie per preservare i lavoratori dal rischio per la salute).
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In tema di delitti colposi, per verificare la sussistenza dell’elemento soggettivo, occorre accertare, con valutazione ex ante la prevedibilità dell’evento, giacchè non può essere addebitato all’agente modello (l’homo ejusdem professionis et condicionis) di non avere previsto un evento che, in base alle conoscenze che aveva o che avrebbe dovuto avere, non poteva prevedere, finendosi, diversamente opinando, con il costruire una forma di responsabilità oggettiva. Quanto all’apprezzamento del parametro della prevedibilità, con specifico riguardo alla individuazione del momento cui occorre fare riferimento per poter pretendere che l’agente riconoscesse i rischi della sua attività e i potenziali sviluppi lesivi, è da ritenere che l’agente abbia in proposito un obbligo di informazione in relazione alle più recenti acquisizioni scientifiche, anche se non ancora patrimonio comune ed anche se non applicate nel circolo di riferimento, a meno che si tratti di studi isolati ancora privi di conferma. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 4675 del 6 febbraio 2007 (Cass. pen. n. 4675/2007)
L’ordinamento penale distingue tra i vari gradi di colpa soltanto ai fini della misura della pena e l’art. 43 c.p. non ammette restrizioni nell’accertamento dell’elemento psicologico, sicché la valutazione giudiziaria della colpa professionale, a differenza del giudizio civile in tema di risarcimento del danno, non è limitata all’ipotesi di colpa grave. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 21473 del 21 giugno 2006 (Cass. pen. n. 21473/2006)
Il dolo d’impeto, che connota la risposta immediata o quasi immediata ad uno stimolo esterno, non esclude la lucidità, ma non richiede neppure una immediatezza assoluta della risposta allo stimolo, essendo diversi, in ogni soggetto, i tempi di reazione. (Fattispecie relativa ad un caso di tentato omicidio pluriaggravato, in cui la Corte ha confermato la decisione dei giudici d’appello che non avevano ravvisato alcuna incompatibilità tra il dolo d’impeto e la lucidità e la freddezza mostrate dall’imputato il quale, a fronte del rifiuto reiteratamente opposto da una prostituta alle plurime richieste di concessione di uno sconto per il pagamento della prestazione sessuale, esplodeva contro la stessa un colpo d’arma da fuoco in direzione del collo della vittima, la scaricava dall’autovettura e si dava alla fuga al fine di non essere identificato). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 39791 del 2 novembre 2005 (Cass. pen. n. 39791/2005)
La valutazione della colpa professionale in sede penale non è limitata all’ipotesi di colpa grave, posto che, a differenza di ciò che avviene nel processo civile in ragione dell’art. 2236 c.c. ai fini del risarcimento del danno, l’accertamento dell’elemento psicologico ai sensi dell’art. 43 c.p. non ammette restrizioni. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 28617 del 29 luglio 2005 (Cass. pen. n. 28617/2005)
La circostanza dello «scioglimento dell’equipe operatoria» che abbia a verificarsi quando ancora l’intervento deve essere completato da adempimenti di particolare semplicità, esclude l’elemento della colpa per negligenza in capo al medico che ha abbandonato anticipatamente l’equipe, sempre che non si tratti di intervento operatorio ad alto rischio e l’allontanamento sia giustificato da pressanti ed urgenti necessità professionali. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 22579 del 16 giugno 2005 (Cass. pen. n. 22579/2005)
In tema di colpa professionale, nel caso di equipes chirurgiche e, piú in generale, in quello in cui ci si trovi di fronte ad ipotesi di cooperazione multidisciplinare nell’attività medicochirurgica, sia pure svolta non contestualmente, ogni sanitario, oltre che al rispetto dei canoni di diligenza e prudenza connessi alle specifiche mansioni svolte, è tenuto ad osservare gli obblighi ad ognuno derivanti dalla convergenza di tutte le attività verso il fine comune ed unico. Ne consegue che ogni sanitario non può esimersi dal conoscere e valutare l’attività precedente o contestuale svolta da altro collega, sia pure specialista in altra disciplina, e dal controllarne la correttezza, se del caso ponendo rimedio o facendo in modo che si ponga opportunamente rimedio ad errori altrui che siano evidenti e non settoriali e, come tali, rilevabili ed emendabili con l’ausilio delle comuni conoscenze scientifiche del professionista medio. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 24036 del 26 maggio 2004 (Cass. pen. n. 24036/2004)
La colpa del medico, che è una delle cosiddette colpe speciali o professionali, proprie delle attività giuridicamente autorizzate perché socialmente utili anche se rischiose per loro natura, ha come caratteristica l’inosservanza di regole di condotta, le leges che, hanno per fine la prevenzione del rischio non consentito, vale a dire dell’aumento del rischio. La prevedibilità consiste nella possibilità di prevedere l’evento che conseguirebbe al rischio non consentito e deve essere commisurata al parametro del modello di agente, dell’homo eiusdem professionis et condicionis, arricchito dalle eventuali maggiori conoscenze dell’agente concreto. (Nella fattispecie la Corte ha ritenuto legittima l’affermazione del giudice di merito circa la sussistenza della colpa grave di un ginecologo che, nell’alternativa, aveva scelto la manovra di «disancoramento» del feto meno corretta e più rischiosa per far nascere il neonato, con conseguenti lesioni gravi di quest’ultimo). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 37473 del 2 ottobre 2003 (Cass. pen. n. 37473/2003)
Il datore di lavoro è destinatario delle norme antinfortunistiche proprio per evitare che il dipendente compia scelte irrazionali che, se effettuate, possono pregiudicarne l’integrità psico-fisica. Egli, pertanto, è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del dipendente sia eccezionale, imprevedibile, tale da non essere preventivamente immaginabile, e non già quando l’irrazionalità della condotta del dipendente sia controllabile, pensabile in anticipo, risolvendosi nel fare l’esatto contrario di quel che si dovrebbe fare per non incorrere in infortuni. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 37001 del 26 settembre 2003 (Cass. pen. n. 37001/2003)
In materia di responsabilità colposa per fatti lesivi o mortali derivanti da violazione delle norme sulla circolazione stradale, deve ritenersi che la presenza di veicoli fermi sulla corsia di sorpasso di un’autostrada costituisce un evento del tutto imprevedibile, che si pone in contrasto, oltre che con le norme anzidette, anche con quelle della convivenza civile. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto che correttamente fosse stato escluso, nonostante che si trattasse di fatto avvenuto in ora diurna, in tratto rettilineo ed in condizioni di ottima visibilità, il concorso di colpa del conducente di un autoveicolo il quale aveva tamponato, riportando lesioni di esito mortale, l’autoveicolo dell’imputato, fermo sulla corsia di sorpasso a seguito di precedente collisione con altra autovettura, da cui erano derivati solo danni alle cose). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 25962 del 17 giugno 2003 (Cass. pen. n. 25962/2003)
Quando l’attività svolta è giuridicamente autorizzata, anche se per natura rischiosa, sussiste la necessità di operare in modo da prevenire la colpa speciale caratterizzata da regole di condotta aventi per finalità la prevenzione del rischio non consentito e pertanto la violazione di precise norme di comportamento costituisce colpa punibile. (Fattispecie in cui un conduttore di aliante, non osservando la regola basilare di prudenza di controllo dello spazio circostante a trecentosessanta gradi, aveva colliso con altro aliante). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 22338 del 21 maggio 2003 (Cass. pen. n. 22338/2003)
Nel configurare il reato di abuso d’ufficio come reato di evento, il legislatore del 1997 ha inteso con l’avverbio «intenzionalmente» rendere necessario che l’evento sia la conseguenza immediatamente conseguita dall’agente, escludendo in tal modo le condotte poste in essere sia con dolo eventuale che con dolo indiretto (che ricorre quando il soggetto si rappresenti la realizzazione dell’evento come altamente probabile o anche certa, pur non essendo la sua volontà orientata a tal fine). Ne consegue che non è punibile per tale titolo il responsabile dell’Ufficio tecnico comunale al quale sia stato contestato di aver espletato una istruttoria favorevole in relazione ad opere per le quali non poteva essere rilasciato alcun provvedimento concessorio «al fine di procurare un ingiusto vantaggio patrimoniale» agli istanti, senza peraltro indicare quale evento sarebbe stato conseguenza diretta ed immediata della sua condotta. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 21443 del 15 maggio 2003 (Cass. pen. n. 21443/2003)
Quando la condotta dell’agente sia consapevolmente diretta a realizzare un determinato evento, ma questo si verifica non per effetto di quella condotta, bensì di un comportamento sorretto dall’erroneo convincimento della già avvenuta produzione dell’evento, quest’ultimo non può essere imputato a titolo di dolo, se non sotto il profilo del delitto tentato, mentre l’ulteriore frammento della condotta può essere ascritto solo a titolo di colpa, ove il fatto da essa integrato sia previsto come delitto colposo. (Nella specie è stata censurata la sentenza di merito la quale aveva ritenuto configurabile l’omicidio volontario in capo a soggetti che, nel dichiarato intento di dare una «lezione» alla vittima della loro aggressione, le avevano provocato lesioni gravi e che, subito dopo, nell’erronea convinzione del già avvenuto e non voluto decesso, allo scopo di occultare il presunto cadavere, ne avevano dato alle fiamme il corpo, così cagionandone la morte) Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 16976 del 10 aprile 2003 (Cass. pen. n. 16976/2003)
In tema di colpa specifica, l’inosservanza della prescrizione legittimamente imposta dalla pubblica amministrazione costituisce, di per sé, l’essenza della colpa, non essendo consentito al destinatario dell’ordine di sostituire il proprio giudizio di prevedibilità o evitabilità a quello della P.A., adottando condotte diverse. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto illegittima l’esclusione della colpa dei responsabili di una pista da sci i quali non si erano attenuti alla prescrizione della apposita Commissione tecnica provinciale che aveva condizionato l’agibilità della pista alla realizzazione di una barriera dai 12 ai 14 metri dinanzi ad un ponte, ma ne avevano collocato una di lunghezza inferiore ai 10 metri). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 11445 del 12 marzo 2003 (Cass. pen. n. 11445/2003)
In tema di responsabilità colposa per violazione di norme prevenzionali, la circostanza che la condotta antidoverosa, per effetto di nuove conoscenze tecniche e scientifiche, risulti nel momento del giudizio produttiva di un evento lesivo, non conosciuto quale sua possibile implicazione nel momento in cui è stata tenuta, non esclude la sussistenza del nesso causale e dell’elemento soggettivo del reato sotto il profilo della prevedibilità, quando l’evento verificatosi offenda lo stesso bene alla cui tutela avrebbe dovuto indirizzarsi il comportamento richiesto dalla norma, e risulti che detto comportamento avrebbe evitato anche la lesione in concreto attuata. (Fattispecie relativa all’esposizione di lavoratori all’inalazione di polveri di amianto, nella quale l’eventuale ignoranza dell’agente circa la possibile produzione di malattie tumorali, e soprattutto del mesotelioma pleurico, è stata giudicata irrilevante a fronte dell’omissione di cautele che sarebbero state comunque doverose, secondo le conoscenze dell’epoca, per la prevenzione dell’asbestosi, e cioè di una malattia comunque molto grave e potenzialmente fatale, almeno in termini di durata della vita). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 988 del 14 gennaio 2003 (Cass. pen. n. 988/2003)
In tema di accertamento della colpa, il medico è tenuto ad osservare le leges artis universalmente riconosciute anche quando compie un’attività definita come rischiosa, configurandosi altrimenti una colpevole imperizia, rispetto alla quale l’ordinamento penale distingue tra i vari gradi di colpa solo ai fini della determinazione della pena ex art. 133 c.p. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 31452 del 20 settembre 2002 (Cass. pen. n. 31452/2002)
In tema di responsabilità per colpa, risponde dell’evento secondo le regole ordinarie sulla causalità omissiva il soggetto cui incombe, anche contrattualmente, l’obbligo della verifica periodica di funzionalità o della manutenzione di impianto (nella fattispecie, una giostra) la cui rottura risulti dovuta a difetti di progettazione e costruzioni macroscopici (o comunque evidenti a chi sia in possesso di cognizioni tecniche), atteso che, in questo caso, egli ha l’obbligo, adempiendo alle regole di diligenza e di perizia richieste dall’attività svolta, di non autorizzare (o consentire, ove sia nei suoi poteri) l’uso dell’impianto pericoloso. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 4699 del 7 febbraio 2002 (Cass. pen. n. 4699/2002)
In materia di colpa professionale, se la contestazione riguarda una condotta imprudente o negligente del medico, la valutazione del giudice deve essere effettuata nell’ambito della colpa generica, secondo i criteri normali e di comune applicazione, validi per qualsiasi condotta colposa. (In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto corretta l’affermazione della responsabilità colposa del medico il quale, dinanzi ad una sintomatologia equivoca esibita dalla paziente, non aveva atteso l’esito delle indagini di laboratorio, procedendo, senza che sussistessero ragioni di urgenza, al raschiamento dell’utero, cui era seguita una malattia della paziente nonché la perdita del feto). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 1583 del 16 gennaio 2002 (Cass. pen. n. 1583/2002)
Nei procedimenti per reati colposi, quando nel capo d’imputazione siano stati contestati elementi generici e specifici di colpa, la sostituzione, l’aggiunta o la limitata valutazione di un profilo di colpa, sia pure specifica, rispetto ai profili originariamente contestati non vale a realizzare una diversità o immutazione del fatto, con sostanziale ampliamento o restrizione della contestazione. La valorizzazione, da parte del giudice di primo grado, di determinati profili di colpa piuttosto che di altri non comporta formazione di giudicato né prelcusioni per il giudice d’appello. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 35820 del 3 ottobre 2001 (Cass. pen. n. 35820/2001)
In ipotesi di reato commesso da un seminfermo di mente va comunque accertata la sussistenza dell’elemento psicologico, atteso che quest’ultimo non è incompatibile con il vizio parziale di mente, residuando pur sempre, anche nello status di imputabilità diminuita, la capacità di intendere e di volere, la cui diminuzione può avere rilevanza nei reati a dolo specifico, ma non in quelli caratterizzati dal dolo generico. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 9202 del 5 marzo 2001 (Cass. pen. n. 9202/2001)
In tema di responsabilità per colpa professionale del medico, nella ricerca del nesso di causalità tra la condotta dell’imputato e l’evento, al criterio della certezza degli effetti della condotta, si può sostituire quello della probabilità di tali effetti e della idoneità della condotta a produrli; probabilità che deve essere seria ed apprezzabile ed avere alto grado di possibilità di successo. (Fattispecie in cui i giudici di merito avevano apprezzato una probabilità di sopravvivenza del 75% ove fossero intervenute una diagnosi corretta e cure tempestive). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 1126 del 1 febbraio 2000 (Cass. pen. n. 1126/2000)
In tema di elemento psicologico del reato, il dolo alternativo sussiste se l’agente si rappresenta e vuole indifferentemente l’uno o l’altro degli eventi causalmente ricollegabili alla sua condotta cosciente e volontaria, sicché già al momento della realizzazione dell’elemento oggettivo del reato egli deve prevederli entrambi. Si ha, invece, dolo eventuale allorquando l’agente, ponendo in essere una condotta diretta ad altri scopi, si rappresenti la concreta possibilità del verificarsi di una diversa conseguenza della propria condotta e, ciononostante, agisca accettando il rischio di cagionarla. Ne consegue che il dolo eventuale non è configurabile nel caso di delitto tentato, in quanto è ontologicamente incompatibile con la direzione univoca degli atti compiuti nel tentativo, che presuppone il dolo diretto. Al contrario, vi è compatibilità tra tentativo penalmente punibile e dolo alternativo, poiché la sostanziale equivalenza dell’uno e dell’altro evento, che l’agente si rappresenta indifferentemente, entrambi come eziologicamente collegabili alla sua condotta e alla sua cosciente volontà comporta che questa forma di dolo è diretta, atteso che ciascuno degli eventi è ugualmente voluto dal reo. (Fattispecie relativa ad esplosione di colpo di fucile contro auto in allontanamento, in procedimento per tentato omicidio, in cui la Corte ha annullato con rinvio non risultando definito il danneggiamento dell’auto e morte dei fuggitivi, si siano prospettati come eventi indifferentemente voluti ovvero il secondo come mera possibile conseguenza del primo). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 385 del 14 gennaio 2000 (Cass. pen. n. 385/2000)
In tema di colpa professionale del medico, il concreto e personale espletamento di attività operatoria da parte dello specializzando comporta pur sempre l’assunzione diretta anche da parte sua della posizione di garanzia nei confronti del paziente, condivisa con quella che fa capo a chi le direttive impartisce (secondo i rispettivi ambiti di pertinenza ed incidenza), sicché anche su di lui incombe l’obbligo della osservanza delle “leges artis”, che hanno per fine la prevenzione del rischio non consentito ovvero dell’aumento del rischio, con la conseguenza che non lo esime da responsabilità la passiva acquiescenza alla direttiva data ove non si appalesi appropriata, avendo egli al contrario l’obbligo di astenersi dal direttamente operare. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 13389 del 24 novembre 1999 (Cass. pen. n. 13389/1999)
In tema di elemento psicologico del reato, l’azione posta in essere con accettazione del rischio dell’evento può implicare per l’autore un maggiore o minore grado di adesione della volontà, secondo che egli consideri maggiore o minore la probabilità dell’avverarsi dell’evento. Se questo viene ritenuto certo o altamente probabile, l’autore non si limita ad accettare il rischio, ma accetta l’evento stesso che vuole; se l’evento, oltre che accettato, è perseguito, il dolo si colloca in un più elevato livello di gravità. Sicché, in relazione a tali diversi gradi di intensità, il dolo va qualificato come eventuale nel caso di accettazione del rischio e come diretto negli altri casi, con la precisazione che, se l’evento è perseguito come scopo finale, si ha il dolo intenzionale. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 10795 del 22 settembre 1999 (Cass. pen. n. 10795/1999)
In tema di delitti omicidiari deve qualificarsi come dolo diretto, e non meramente eventuale, anche quella particolare manifestazione di volontà dolosa definita dolo alternativo, che sussiste quando l’agente si rappresenta e vuole indifferentemente l’uno o l’altro degli eventi, morte o ferimento della vittima, casualmente ricollegabili alla sua condotta. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 8052 del 7 luglio 1998 (Cass. pen. n. 8052/1998)
In tema di lesioni colpose incombe sul fisioterapista, nell’espletamento della sua attività professionale, un obbligo di accertamento delle condizioni del paziente traumatizzato prima di compiere manovre riabilitative che possono rivelarsi dannose, sicché, in mancanza di apposita documentazione medica (eventualmente non prodotta dal paziente), lo stesso fisioterapista ha il dovere di assumere tutte le informazioni richieste dal trattamento che si accinge a praticare. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 7678 del 2 luglio 1998 (Cass. pen. n. 7678/1998)
L’azione posta in essere con accettazione del rischio dell’evento può implicare, per l’autore, un maggiore o minore grado di adesione della volontà, a seconda che egli consideri maggiore o minore la probabilità di verificazione dell’evento. Se questo venga ritenuto certo o altamente probabile, l’autore non si limita ad accettare il rischio, ma accetta l’evento stesso che vuole; se l’evento, oltre che accettato è perseguito, il dolo si colloca in un più elevato livello di gravità. In relazione a tali diversi gradi di intensità, il dolo va qualificato come «eventuale» nel caso di accettazione del rischio, e come «diretto» negli altri casi, con l’ulteriore precisazione che, se l’evento è perseguito come scopo finale, si ha il dolo «intenzionale». (Nel caso di specie si è ritenuta la sussistenza del dolo diretto del reato di tentato omicidio nell’azione del soggetto che, subito dopo la consumazione di una rapina, aveva esploso un colpo di pistola a bruciapelo, all’altezza del torace, contro persona che tentava di disarmarlo, senza conseguenze mortali, non potendosi comunque ritenere che, in relazione alle modalità della condotta e al mezzo usato, l’autore non si fosse rappresentato l’evento morte). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 6880 del 9 giugno 1998 (Cass. pen. n. 6880/1998)
Il dolo eventuale si contraddistingue dalla colpa cosciente per l’elemento della volontà, in quanto in entrambe le ipotesi il soggetto si rappresenta l’evento antigiuridico che è conseguenza della sua azione o omissione, ma mentre nel primo caso agisce, accettando il rischio che l’evento possa verificarsi, nel secondo caso agisce, nella certezza che l’evento non si verificherà ed, in ogni caso, egli non vuole, neanche per ipotesi, che l’evento si verifichi. Per poter accertare l’elemento soggettivo del reato occorre valutare le circostanze di fatto esistenti e note all’agente nel momento in cui la condotta è stata posta in essere, desumendone dalle stesse l’atteggiamento psichico. (Fattispecie relativa all’uccisione della figlia da parte di soggetto, in stato di ubriachezza, il quale, per scherzo, aveva volontariamente sparato in un locale di limitate dimensioni, alla presenza di cinque persone. La Suprema Corte ha confermato l’imputazione dell’omicidio a titolo di dolo eventuale). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 5969 del 26 febbraio 1998 (Cass. pen. n. 5969/1998)
Il dolo si configura nella forma eventuale quando il soggetto attivo, ponendo in essere una condotta diretta ad altri scopi, si rappresenta la concreta possibilità del verificarsi di ulteriori conseguenze della propria azione e, nonostante ciò, agisce accettando il rischio di cagionarle; quando, invece, l’ulteriore accadimento si presenta all’agente come probabile, non si può ritenere che egli si sia limitato ad accettare il rischio dell’evento, bensì che, accettando l’evento, lo abbia anche voluto, sicché in tale ipotesi l’elemento psicologico si configura non nella forma di dolo eventuale, ma in quella di dolo diretto, pacificamente e pienamente compatibile con il tentativo. (Fattispecie relativa a ricorso avverso provvedimento in tema di misura cautelare personale per tentato omicidio). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 6358 del 14 febbraio 1998 (Cass. pen. n. 6358/1998)
In tema di elemento soggettivo del reato, il crescente livello della volontà dolosa va dal dolo eventuale, caratterizzato dalla sola accettazione del rischio dell’evento, al dolo diretto, che sussiste nel caso in cui l’evento è accettato perché altamente probabile o certo, al dolo intenzionale che si ha quando l’evento è perseguito come scopo finale: pertanto, si è in presenza di dolo eventuale quando l’agente, ponendo in essere una condotta diretta ad altri scopi, si rappresenta la concreta possibilità del verificarsi di ulteriori conseguenze della propria condotta, e ciò nonostante agisca accettando il rischio di cagionarle; mentre si ha il dolo diretto quando si entra nel campo della probabilità, specie se la realizzazione del fatto si presenti all’agente come altamente probabile, talché il medesimo non si limita ad accettare il rischio dell’evento, ma, accettando l’evento, lo vuole. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 10431 del 17 novembre 1997 (Cass. pen. n. 10431/1997)
In tema di colpa specifica per inosservanza della regola cautelare imposta da legge, regolamento, ordine o disciplina, la prevedibilità dell’evento colposo è insita nello stesso precetto normativo violato, perché la norma è imposta dalla necessità di evitare il pericolo che si verifichi l’evento dannoso attraverso l’inosservanza del comportamento indicato nel precetto normativo. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 10333 del 13 novembre 1997 (Cass. pen. n. 10333/1997)
In tema di delitti omicidiali, deve qualificarsi come dolo “diretto”, e non meramente “eventuale”, quella particolare manifestazione di volontà dolosa definita “dolo alternativo” che sussiste allorquando l’agente si rappresenta e vuole indifferentemente l’uno o l’altro degli eventi causalmente ricollegabili alla sua condotta cosciente e volontaria, sicché già al momento della realizzazione dell’elemento oggettivo del reato egli deve prevederli entrambi. (Nella fattispecie è stata affermata la sussistenza della volontà omicida, ed è stato conseguentemente ritenuto configurabile il delitto di tentato omicidio e non quello di lesioni personali volontarie, in considerazione di diversi elementi indizianti di carattere oggettivo quali le caratteristiche del coltello utilizzato per commettere il fatto, la posizione degli antagonisti, la violenza e la profondità del colpo inferto, la zona del corpo attinta, l’adeguata causale dell’azione criminosa). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 9949 del 5 novembre 1997 (Cass. pen. n. 9949/1997)
In tema di reati colposi (nella specie, disastro e omicidio colposi per crollo di edificio a seguito di esplosione per una fuga di gas) il parametro della prevedibilità dell’evento consiste in un giudizio ripetuto nel tempo, che si fonda sulla costanza dell’esperienza, la quale mostri che ad una certa condotta, azione od omissione, segue sempre, e non eccezionalmente, un determinato evento di danno o di pericolo, di guisa che il fatto eccezionale non può essere il contenuto della prevedibilità. (Fattispecie in cui la corte ha escluso la colpa di un comandante dei vigili del fuoco, inesattamente informato dello stato dei luoghi da parte dell’interessato). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 2147 del 6 marzo 1997 (Cass. pen. n. 2147/1997)
La linea di demarcazione tra dolo eventuale e colpa con previsione è individuata nel diverso atteggiamento psicologico dell’agente che, nel primo caso, accetta il rischio che si realizzi un evento diverso non direttamente voluto mentre nella seconda ipotesi nonostante l’identità di prospettazione, respinge il rischio, confidando nella propria capacità di controllare l’azione. Comune è, pertanto, la previsione dell’evento diverso da quello voluto mentre ciò che diverge è l’accettazione o l’esclusione del rischio relativo. Trattasi di atteggiamenti psicologici che vanno ricostruiti affidandosi agli elementi sintomatici evidenziati dal comportamento del soggetto, riconoscendo significato dirimente al rapporto tra lo scopo principale perseguito e l’evento diverso realizzato onde stabilire se esso sia di accessorietà o di alternatività poiché solo nel primo caso permarrà il quesito sulla eventuale accettazione del secondo mentre nell’altro essa dovrà essere senz’altro esclusa per incompatibilità. (Fattispecie in cui l’imputato, dopo avere sorpreso una persona che, aiutata da complici cercava d’introdursi attraverso una finestra nella sua abitazione e dopo avere sparato contro i ladri, nel frattempo datisi alla fuga, era sceso in strada alla loro ricerca e, raggiuntili, aveva di nuovo esploso dei colpi, attingendo alla testa uno dei fuggitivi. La corte d’assise d’appello aveva denunciato il reato ascritto al prevenuto da omicidio volontario in omicidio colposo aggravato dalla previsione dell’evento sulla base del comportamento del predetto concretizzatosi in un lungo inseguimento, nell’esplosione di ben nove colpi in direzione dei fuggiaschi a distanza ben più ravvicinata dell’ultimo risultato finale, nell’intenzione espressa di volere costringere i ladri a fermarsi per catturarli. Tale condotta, secondo i giudici, aveva evidenziato la contrarietà dell’evento mortale rispetto all’intento perseguito di bloccare i fuggitivi intimidendoli con gli spari esplosi). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 11024 del 20 dicembre 1996 (Cass. pen. n. 11024/1996)
Il dolo eventuale di lesioni è configurabile in tutti i casi nei quali un soggetto privi della libertà un’altra persona, poiché egli accetta il rischio che quest’ultima, per sottrarsi al suo stato, possa riportare danno. (Nella specie, relativa a rigetto di ricorso gli imputati, in concorso tra loro, non arrestando la corsa del taxi in movimento, a bordo del quale ritenevano, per fine di libidine e contro la sua volontà, una donna cagionavano alla stessa, gettatasi dall’auto, autolesioni personali). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 8907 del 4 ottobre 1996 (Cass. pen. n. 8907/1996)
In tema di elemento soggettivo del reato, il cosiddetto dolo diretto non intenzionale ricorre ogni qual volta la realizzazione dell’evento si presenti all’agente come altamente probabile o certa conseguenza della sua azione, e si colloca tra la forma meno intensa di dolo cosiddetto eventuale (che ricorre quando la realizzazione, non perseguita, del fatto, si presenta all’agente solo come possibile) e quella più intensa di dolo cosiddetto intenzionale (che ricorre quando la realizzazione del fatto è addirittura lo scopo perseguito dall’agente). La forma del dolo diretto (non intenzionale) è pienamente compatibile con il tentativo. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 7770 del 7 agosto 1996 (Cass. pen. n. 7770/1996)
Sussiste il dolo eventuale quando l’agente, ponendo in essere una condotta diretta ad altri scopi, si rappresenta la concreta possibilità del verificarsi di ulteriori conseguenze della propria azione e, nonostante ciò, agisce accettando il rischio di cagionarle; quando invece l’ulteriore accadimento si presenta all’agente come probabile, non si può ritenere che egli, agendo, si sia limitato ad accettare il rischio dell’evento, bensì che, accettando l’evento, lo abbia voluto, sicché in tale ipotesi l’elemento psicologico si configura nella forma di dolo diretto e non in quella di dolo eventuale. (In applicazione di detto principio la Corte ha ritenuto la sussistenza del dolo diretto nella condotta di un soggetto, imputato di tentato omicidio, il quale, dopo aver consumato una rapina, aveva esploso alcuni colpi di pistola verso i suoi inseguitori mirando verso il basso e quindi, quasi raggiunto, aveva ancora sparato prendendo di mira il busto dell’inseguitore più vicino, che era riuscito ad evitare il proiettile). Cassazione penale, Sez. Unite, sentenza n. 3571 del 12 aprile 1996 (Cass. pen. n. 3571/1996)
La volontà dolosa, a seconda dei vari livelli di intensità dai quali può essere caratterizzata, può dar luogo alla configurabilità del dolo intenzionale (allorché si persegue l’evento come scopo finale della condotta o come mezzo necessario per ottenere un ulteriore risultato); del dolo diretto (allorché l’evento non costituisca l’obiettivo della condotta, ma l’agente lo preveda e lo accetti come risultato certo o altamente probabile di quella condotta); del dolo eventuale (connotato dall’accettazione del rischio di verificazione dell’evento, visto, nella rappresentanza psichica dell’agente, come una delle possibili conseguenze della condotta). (Nella specie, in applicazione di tali principi, la Corte ha cassato con rinvio, per vizio di motivazione, la sentenza del giudice di merito il quale, in relazione ad un addebito di omicidio, aveva ritenuto comprovata, sulla base di considerazioni definite dalla stessa Corte come «meramente astratte» ed «idonee, di per sé a giustificare più la prevedibilità che l’effettiva previsione dell’evento mortale», la volontà omicida dell’imputato, in un caso in cui la condotta produttrice di quell’evento era consistita nell’esplosione di un colpo di fucile in direzione di una coscia della vittima, onde indurre quest’ultima a rivelare il luogo in cui era nascosto del denaro). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 3277 del 29 marzo 1996 (Cass. pen. n. 3277/1996)
Il dato differenziale tra dolo eventuale e colpa cosciente va rinvenuto nella previsione dell’evento. Questa, nel dolo eventuale, si propone non come incerta, ma come concretamente possibile e l’agente nella volizione dell’azione ne accetta il rischio, così che la volontà investe anche l’evento rappresentato. Nella colpa cosciente la verificabilità dell’evento rimane un’ipotesi astratta che nella coscienza dell’autore non viene concepita come concretamente realizzabile e, pertanto, non è in alcun modo voluta.
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Il delitto tentato è incompatibile con il dolo eventuale, nel quale la rappresentazione dell’agente investe il reato solo come possibile conseguenza di una condotta diretta ad altro. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 832 del 27 gennaio 1996 (Cass. pen. n. 832/1996)
Il principio secondo il quale il momento intellettivo del dolo (previsione, consapevolezza) non può riguardare l’antigiuridicità del fatto — che è conseguenza dell’inescusabilità dell’ignoranza della legge penale — non ha validità assoluta. E invero la previsione, nel dolo, deve riguardare tutti gli elementi del «fatto tipico», inteso quale descrizione che fa la singola fattispecie incriminatrice della condotta vietata oppure imposta e costituente, quindi, la necessaria linea di confine tra ciò che è penalmente lecito e ciò che non lo è. Ne consegue che, laddove l’antigiuridicità si pone come elemento normativo della fattispecie criminosa — ciò che avviene allorché si prevede in modo espresso che il fatto sia commesso illegittimamente, arbitrariamente (senza autorizzazione), senza giustificato motivo — la consapevolezza dell’agente non può non concernere anche il valore di tale elemento. (Fattispecie in tema di diserzione, in ordine alla quale i giudici di merito avevano mandato assolto l’imputato, sul rilievo che trattavasi di soggetto di livello culturale estremamente basso, con mentalità di un bambino di 6-7 anni, non in grado di percepire soggettivamente gli obblighi di una realtà, come quella militare, che era assolutamente al di fuori della sua coscienza). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 11848 del 4 dicembre 1995 (Cass. pen. n. 11848/1995)
Nel delitto tentato il dolo deve essere diretto, in quanto soltanto da tale specie di elemento psicologico, non realizzandosi alcun evento, è possibile dedurre l’inequivoca direzione degli atti concretizzati dall’agente verso l’evento non realizzatosi per cause indipendenti dal suo comportamento, così come espressamente voluto dal legislatore con l’espressione «diretti in modo non equivoco a commettere un delitto» usata nel primo comma dell’art. 56 c.p. per qualificare gli atti, già di per sè idonei, posti in essere dall’agente del delitto tentato. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 1639 del 28 aprile 1995 (Cass. pen. n. 1639/1995)
Vi è assoluta incompatibilità del dolo eventuale con la direzione univoca degli atti compiuti nel «tentativo», che presuppone il dolo diretto, come rappresentazione e volizione concrete di un solo evento, dal quale la legge fa dipendere l’esistenza del reato, il cosiddetto «evento tipico». Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 4710 del 30 novembre 1994 (Cass. pen. n. 4710/1994)
In tema di elemento psicologico del reato, ai fini della sussistenza del dolo eventuale, non è sufficiente la sola prevedibilità astratta dell’evento, ma occorre una previsione concreta, nel senso che l’agente deve rappresentarsi — come conseguenza certa, o anche solo probabile, della sua azione od omissione — proprio l’evento che si è in concreto verificato; è inoltre necessaria non solo la rappresentazione ma anche la volontà, che si ha quando l’agente abbia accettato l’evento come conseguenza, quanto meno eventuale, della propria condotta. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 11699 del 24 novembre 1994 (Cass. pen. n. 11699/1994)
In tema di elemento psicologico del reato, si ha dolo eventuale quando la volontà non si dirige direttamente verso l’evento (dolo diretto) ma questo è accettato come conseguenza accessoria della propria condotta. E l’evento deve ritenersi accettato anche se l’agente abbia non la convinzione bensì semplicemente il dubbio che l’evento stesso possa concretamente verificarsi. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 7472 del 1 luglio 1994 (Cass. pen. n. 7472/1994)
Accertato l’elemento intenzionale del reato di omicidio, nessuna influenza ha, riguardo ad esso, il vizio parziale di mente che attiene all’imputabilità dell’agente: il dolo rappresenta la volontà di costui diretta all’evento che si è rappresentato, attiene alla colpevolezza che presuppone il superamento logico dell’analisi della imputabilità e non può essere influenzata da questa nell’ipotesi dell’accertato vizio parziale di mente, rilevante ai fini della diminuzione della pena. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 6815 del 13 giugno 1994 (Cass. pen. n. 6815/1994)
L’intento scherzoso non è incompatibile con il dolo eventuale e l’azione commessa ioci causa deve reputarsi sorretta dal dolo allorché l’agente abbia previsto come probabile un determinato evento, accettandone il rischio della verificazione. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 4821 del 28 aprile 1994 (Cass. pen. n. 4583/1994)
Il dato differenziale tra dolo eventuale e colpa cosciente, prima ancora che nell’elemento volitivo, sta nella previsione del fatto di reato che, nel caso di dolo eventuale, si propone come incerto ma concretamente possibile e, per conseguenza, ne viene accettato il rischio; nel caso di colpa con previsione, invece, la verificabilità dell’evento rimane come ipotesi astratta che, nella coscienza dell’agente, non viene percepita come concretamente realizzabile e perciò non può essere, in qualsiasi modo, voluta. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 4583 del 21 aprile 1994 (Cass. pen. n. 4583/1994)
Colui che commette un reato per eseguirne un altro non deve necessariamente essere animato da un dolo di premeditazione perché la risoluzione di commettere un delitto per eseguirne un altro può essere presa con dolo di impeto, non occorrendo alcuna preordinazione programmata nel tempo né sotto il profilo giuridico né sotto quello logico. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 3833 del 31 marzo 1994 (Cass. pen. n. 3833/1994)
Quando l’alternativa accusatoria si pone tra due delitti contro la vita e l’incolumità individuale, che differiscono solo per la gravità dell’evento, come la lesione personale volontaria e l’omicidio, e si sia verificato l’evento meno grave, può prospettarsi un problema di dolo eventuale o indiretto solo se risulta accertato che l’evento meno grave è quello perseguito come scopo finale, ossia con dolo intenzionale, con accettazione secondaria del rischio che possa anche verificarsi quello più grave. Il problema del dolo indiretto concernente il tentativo del reato più grave non può, invece, porsi allorché la condotta sia stata di tale intensità da non potersi distinguere se la volontà dell’agente fosse volta a provocare la lesione o la morte. (Nella fattispecie la S.C. ha ritenuto che per le modalità con le quali le lesioni furono inferte (violento colpo di coltello a serramanico, con lama lunga e fissa, e con l’esecuzione di movimenti circolari e trasversali della lama nelle viscere della vittima) fosse da escludere il tentativo di omicidio con dolo eventuale, ma ricorresse il tentativo con dolo diretto o alternativo diretto, procedendo alla rettifica della motivazione della sentenza impugnata). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 2594 del 3 marzo 1994 (Cass. pen. n. 2594/1994)
In tema di elemento soggettivo del reato, possono individuarsi vari livelli crescenti di intensità della volontà dolosa. Nel caso di azione posta in essere con accettazione del rischio dell’evento, si richiede all’autore una adesione di volontà, maggiore o minore, a seconda che egli consideri maggiore o minore la probabilità di verificazione dell’evento. Nel caso di evento ritenuto altamente probabile o certo, l’autore, invece, non si limita ad accettarne il rischio, ma accetta l’evento stesso, cioè lo vuole e con una intensità maggiore di quelle precedenti. Se l’evento, oltre che accettato, è perseguito, la volontà si colloca in un ulteriore livello di gravità, e può distinguersi fra un evento voluto come mezzo necessario per raggiungere uno scopo finale ed un evento perseguito come scopo finale. Il dolo va, poi, qualificato come «eventuale» solo nel caso di accettazione del rischio, mentre negli altri casi suindicati va qualificato come «diretto» e, nell’ipotesi in cui l’evento è perseguito come scopo finale, come «intenzionale». (Con riferimento al caso di specie, relativo ad un tentato omicidio, la Cassazione ha ritenuto che dovesse qualificarsi come dolo diretto non intenzionale — e non come dolo eventuale — l’atteggiamento psichico dell’agente che, per sottrarsi alla cattura dopo una rapina, aveva risposto al colpo di avvertimento, esploso da una guardia giurata, sparando, ad altezza d’uomo ed a breve distanza, numerosi colpi con una pistola ed attingendola ad una coscia). Cassazione penale, Sez. Unite, sentenza n. 748 del 25 gennaio 1994 (Cass. pen. n. 748/1994)
In tema di responsabilità per colpa, la specificazione del grado della medesima è indispensabile soltanto nei casi, nei quali si debba pronunciare il risarcimento dei danni o si debba irrogare la pena. In ogni altra ipotesi la omissione va integrata nella competente sede civile, non sussistendo alcuna mancata decisione. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 8436 del 8 settembre 1993 (Cass. pen. n. 8436/1993)
Il dolo alternativo è compatibile con il delitto tentato, giacché in tale forma di dolo l’agente si rappresenta e vuole indifferentemente l’uno o l’altro dei due eventi casualmente ricollegabili alla sua condotta e alla sua cosciente volontà. Invero, poiché l’art. 43 c.p. afferma che il delitto è doloso allorché l’evento è preveduto e voluto dall’agente come conseguenza della propria azione od omissione, nell’ambito della condotta dolosa rientra non solo l’evento direttamente perseguito, ma anche quello che, senza costituire l’unico obiettivo della condotta, venga dall’agente posto in correlazione causale con la propria azione. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 5342 del 26 maggio 1993 (Cass. pen. n. 5342/1993)
L’indagine psicologica per accertare il dolo eventuale dell’agente va compiuta essenzialmente sul fatto, nel suo svolgimento reale, nonché sulle modalità esecutive di esso e su ogni altro elemento obiettivo che concorra a dimostrare un atteggiamento doloso, caratterizzato dall’intenzione o, meglio, dalla volontà di agire, finalizzata intrinsecamente a uno scopo determinato e perseguito. Qualora l’indagine limitata alle circostanze estrinseche e obiettive non consenta un sicuro giudizio ai predetti fini, è necessario, in via del tutto sussidiaria ed integrativa della prova, l’esame del movente ispiratore del delitto che deve essere aderente alla dinamica del fatto e dei comportamenti del soggetto attivo e del soggetto passivo. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 3957 del 26 aprile 1993 (Cass. pen. n. 3957/1993)
Colui che installa uno scaldaacqua alimentato a gas metano ha il dovere di predisporre tutte le opere e i presidi suggeriti dalla buona tecnica, dalla prudenza e dall’esperienza, al fine di rendere pienamente efficiente il sistema di smaltimento dei prodotti della combustione e, in ogni caso, di verificare la funzionalità della canna di esalazione di tali prodotti. L’osservanza di tale dovere prescinde dall’evenienza che l’impianto di smaltimento sia realizzato al momento dell’installazione ovvero preesista in quanto, prima di porre in attività l’apparecchiatura, deve essere accertata l’idoneità funzionale e l’assenza di condizioni foriere di danno per le persone. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 1762 del 23 febbraio 1993 (Cass. pen. n. 1762/1993)
In tema di reati colposi (nella specie, lesioni colpose commesse con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro) la «prevedibilità» altro non significa che porsi il problema delle conseguenze di una certa condotta commissiva od omissiva avendo presente il cosiddetto «modello d’agente», il modello dell’homo eiusdem condicionis et professionis, ossia il modello dell’uomo che svolge paradigmaticamente una determinata attività, che importa l’assunzione di certe responsabilità, nella comunità, la quale esige che l’operatore concreto si ispiri a quel modello e faccia tutto ciò che da questo ci si aspetta. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 1345 del 15 febbraio 1993 (Cass. pen. n. 1345/1993)
Rettamente è affermata la responsabilità di un anestesista per la morte di una paziente dovuta ad arresto cardiaco per anossia acuta da oblio respiratorio conseguente all’effetto deprimente dei farmaci utilizzati per la narcosi, nel caso in cui costui, dopo l’intervento operatorio, abbia omesso di sorvegliare adeguatamente la paziente in fase di risveglio, affidando intempestivamente il relativo compito ad un’infermiera professionale non specializzata in anestesia, e conseguentemente, di intervenire con efficacia ai primi sintomi della turba anossica, poi divenuta irreversibile. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 1213 del 5 febbraio 1993 (Cass. pen. n. 1213/1993)
Il dolo eventuale non è compatibile con il delitto di ricettazione, poiché la rappresentazione dell’eventualità che la cosa che si acquista o comunque si riceve, provenga da delitto, equivale al dubbio, mentre l’elemento psicologico della ricettazione esige la piena consapevolezza della provenienza delittuosa dell’oggetto. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 3 del 5 gennaio 1993 (Cass. pen. n. 3/1993)
Il dolo eventuale non è compatibile con il tentativo. Invero quando l’evento voluto non sia comunque realizzato – e quindi manchi la possibilità del collegamento ad un atteggiamento volitivo diverso dall’intenzionalità diretta – la valutazione del dolo deve aver luogo esclusivamente sulla base dell’effettivo volere dell’autore, e cioè della volontà univocamente orientata alla consumazione del reato, senza possibilità di fruizione di gradate accettazioni del rischio, consentita soltanto nel caso di evento materialmente verificatosi. Ciò trova riscontro nella lettera della legge che stabilisce l’estremo dell’inequivoca direzione degli atti idonei, certamente concernente l’oggettività del comportamento materiale, e cioè il dato estrinseco dell’azione, manifestante ex se l’intenzione dell’agente, ma che va anche correlato ad un preciso atteggiamento interno (la direzione degli atti idonei), necessariamente consistente nella certa volontà di conseguire un prefisso risultato delittuoso, verso cui appunto l’azione è indirizzata secondo inequivoca finalizzazione. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 6921 del 11 giugno 1992 (Cass. pen. n. 6921/1992)
Il dolo eventuale e il dolo alternativo sono due distinte forme di dolo: il primo è caratterizzato dal fatto che chi agisce non ha il proposito di cagionare l’evento delittuoso, ma si rappresenta la probabilità, od anche la semplice possibilità, che esso si verifichi e ne accetta il rischio. Il secondo è contraddistinto dal fatto che il soggetto attivo prevede e vuole alternativamente, con scelta sostanzialmente equipollente, l’uno o l’altro evento e risponde per quello effettivamente realizzato. Cassazione penale, Sez. Unite, sentenza n. 3428 del 25 marzo 1992 (Cass. pen. n. 3428/1992)
Il dolo diretto si sostanzia nella coscienza e volontà di perseguire l’evento tipicizzato nella norma penale. Infatti il dolo diretto od intenzionale non è escluso dalla previsione dell’evento perseguito come meramente possibile, poiché l’incertezza sulla sua effettiva verificazione può derivare dal carattere indiretto dei mezzi usati, che non incide sull’intenzione effettivamente perseguita. Si viene così a determinare una netta distinzione tra dolo diretto e dolo eventuale, non potendo queste due forme di dolo venire a coincidere, in quanto per il primo l’evento tipicizzato costituisce l’oggetto della volontà e della finalità perseguita, mentre per il secondo vi è la rappresentazione della possibilità del verificarsi di un evento accessorio, diverso dalla finalità perseguita. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 2269 del 2 marzo 1992 (Cass. pen. n. 2269/1992)
Quando, come nel caso di interventi operatori, il lavoro si svolga in «equipe», ciascun componente è tenuto ad eseguire col massimo scrupolo le funzioni proprie della specializzazione di appartenenza. Il medico anestesista è tenuto ad adempiere una serie di mansioni che rientrano nel suo preciso ambito di competenza, tra le quali la trasfusione di sangue al paziente. Pertanto, quando l’anestesista si avvalga di un collaboratore in funzione di ausiliario, sicchè sia costui che materialmente effettua la sostituzione di un precedente flacone esauritosi con altro pieno di sangue nuovo da trasfondere, sussiste per l’anestesista l’obbligo di assicurarsi, prima che l’operazione trasfusionale riprenda con l’immissione di ulteriore liquido ematico, che il tipo di sangue sia esattamente quello che è destinato al paziente. (Fattispecie in tema di omicidio colposo). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 7601 del 15 luglio 1991 (Cass. pen. n. 7601/1991)
La colpa punibile, ai sensi dell’art. 43 c.p., si estrinseca non solo nell’inosservanza di obblighi imposti da leggi, regolamenti, ordini o discipline, ma anche in un comportamento negligente, imprudente o imperito o, comunque, violatore di regole fondamentali di condotta che, apprezzato rispetto sia alla situazione realistica in cui si è svolto l’episodio criminoso, sia alla relatività della situazione stessa riguardata sotto il profilo della condotta dell’imputato, si riveli tale da aver determinato un evento delittuoso estraneo alla volontà del predetto, nel senso che se detta condotta fosse stata regolare l’evento stesso non si sarebbe verificato. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 5839 del 30 maggio 1991 (Cass. pen. n. 5839/1991)
Versa nella cosiddetta «colpa per assunzione» colui che, non essendo del tutto all’altezza del compito «assunto», esegua un’opera senza farsi carico di munirsi di tutti i dati tecnici necessari per dominarla, nel caso, ovviamente, che quell’opera diventi fonte di danno anche a causa della mancata acquisizione di quei dati o conoscenze specialistiche. L’agire come membro di un determinato gruppo, o come portatore di un determinato ruolo sociale, comporta, infatti, l’assunzione di responsabilità di saper riconoscere ed affrontare le situazioni ed i problemi inerenti a quel ruolo, secondo lo «standard» di diligenza, di capacità, di conoscenze richieste per il corretto svolgimento di quel ruolo stesso. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 4793 del 29 aprile 1991 (Cass. pen. n. 4793/1991)
Il dolo alternativo, il quale costituisce — al pari di quello eventuale — una forma di dolo indiretto, è configurabile non quando vi sia indifferenza del soggetto agente di fronte al possibile verificarsi di due o più eventi, ma quando quelli alternativamente previsti siano, sia pure alternativamente, entrambi voluti e la indifferenza riguardi solo la verificazione di uno di essi. Il dolo eventuale, invece, è ravvisabile quando l’agente vuole un determinato evento ma ne prevede, come possibile, pure un altro, del cui verificarsi accetta il rischio, comportandosi anche a costo di determinarlo. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 15267 del 21 novembre 1990 (Cass. pen. n. 15267/1990)
In materia di colpa professionale, l’esclusione della colpa del sanitario trova un limite nella condotta del professionista incompatibile con quel minimo di cultura e di esperienza che deve legittimamente pretendersi in chi è abilitato alla professione medica. Nel caso di prestazioni mediche di natura specialistica, effettuate da chi sia in possesso del diploma di specializzazione, non può prescindersi dalla considerazione delle cognizioni generali e fondamentali proprie di un medico specialista nel relativo campo, non essendo sufficiente il riferimento alle cognizioni fondamentali di un medico generico. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 14446 del 6 novembre 1990 (Cass. pen. n. 14446/1990)
La prevedibilità o l’imprevedibilità dell’evento sono elementi estranei alla nozione di colpa accolta dal c.p., per la sussistenza del reato colposo, richiede esclusivamente una condotta antigiuridica che si ricolleghi con un nesso eziologico all’evento dannoso, tanto che la colpa con previsione costituisce soltanto un elemento accidentale aggravante del reato. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 14434 del 6 novembre 1990 (Cass. pen. n. 14434/1990)
In tema di colpa specifica, ad integrare la colpa medesima basta l’inosservanza della regola cautelare imposta dalla legge, regolamento, ordine o disciplina, purché, beninteso, l’evento verificatosi sia riconducibile al tipo di evento che tale regola intende prevenire, per cui non vale invocare la mancanza del requisito della prevedibilità, essendo questa insita nello stesso precetto normativo violato, nel senso che è stato l’autore di questo a prefigurarsi una volta per tutte la pericolosità di una certa situazione (nella specie: quella derivante dalla mancata schermatura di un organo lavoratore), tanto da dettare precise regole precauzionali per ovviarvi. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 1501 del 2 febbraio 1990 Cass. pen. n. 1501/1990)
Il dolo eventuale consiste nell’accettazione di un evento che non è preso di mira dall’agente e neanche è previsto come certo, costituendo solo un esito probabile o possibile della condotta, dalla quale, nonostante l’incertezza circa l’esito ulteriore, l’agente non si astiene; nel concetto di tentativo, invece, è insita una tendenza, una condotta orientata verso uno scopo e non la mera accettazione di un evento possibile o probabile. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 671 del 18 gennaio 1990 (Cass. pen. n. 671/1990)
Non può ritenersi la preterintenzionalità del delitto qualora, tra l’azione dell’imputato e l’evento, sussista un rapporto di conseguenzialità ordinaria e normale proprio in considerazione delle modalità dell’azione ed in specie del mezzo adoperato. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 9255 del 21 ottobre 1981 (Cass. pen. n. 9255/1981)