Art. 76 – Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398 - aggiornato alla D. Lgs. 10 ottobre 2022, n.150)

Pene concorrenti considerate come pena unica ovvero come pene distinte

Articolo 76 - codice penale

Salvo che la legge stabilisca altrimenti (77), le pene della stessa specie concorrenti a norma dell’articolo 73 si considerano come pena unica per ogni effetto giuridico.
Le pene di specie diversa concorrenti a norma degli articoli 74 e 75 si considerano egualmente, per ogni effetto giuridico, come pena unica della specie più grave. Nondimeno si considerano come pene distinte, agli effetti della loro esecuzione (141 ss.), dell’applicazione delle misure di sicurezza (199 ss.) e in ogni altro caso stabilito dalla legge.
Se una pena pecuniaria (18) concorre con un’altra pena di specie diversa, le pene si considerano distinte per qualsiasi effetto giuridico.

Articolo 76 - Codice Penale

Salvo che la legge stabilisca altrimenti (77), le pene della stessa specie concorrenti a norma dell’articolo 73 si considerano come pena unica per ogni effetto giuridico.
Le pene di specie diversa concorrenti a norma degli articoli 74 e 75 si considerano egualmente, per ogni effetto giuridico, come pena unica della specie più grave. Nondimeno si considerano come pene distinte, agli effetti della loro esecuzione (141 ss.), dell’applicazione delle misure di sicurezza (199 ss.) e in ogni altro caso stabilito dalla legge.
Se una pena pecuniaria (18) concorre con un’altra pena di specie diversa, le pene si considerano distinte per qualsiasi effetto giuridico.

Massime

La decorrenza della pena dell’ergastolo, a cui occorre avere riguardo ai fini dell’accesso del condannato alla liberazione condizionale o alla semilibertà, si computa, nel caso di cumulo con pene detentive temporanee, dalla data di inizio della carcerazione per il reato a cui si riferisce. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 5396 del 10 febbraio 2010 (Cass. pen. n. 5396/2010)

Non può essere sciolto il cumulo di pene concorrenti al fine di considerare espiate quelle riferite a reati commessi avvalendosi delle condizioni o al fine di agevolare le associazioni di tipo mafioso che impongono la sospensione delle regole di trattamento di cui all’art. 41 bis L. 26 luglio 1975 n. 354 (cosiddetto ordinamento penitenziario), dovendosi il condannato considerare detenuto anche per tali reati in virtù del principio di unicità dell’esecuzione della pena. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 41567 del 29 ottobre 2009 (Cass. pen. n. 41567/2009)

In tema di divieto di concessione dei benefici penitenziari ai condannati per taluni delitti, è legittimo lo scioglimento del cumulo delle pene ai fini della determinazione del momento in cui, avvenuta l’espiazione della pena relativa a quei delitti, il divieto non ha più ragione di operare in ordine alla pena residua. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 15954 del 16 aprile 2009 (Cass. pen. n. 15954/2009)

In conformità con la sentenza interpretativa di rigetto n. 361/1994 della Corte costituzionale, deve ritenersi che, nel caso di soggetto sottoposto ad esecuzione di pene cumulate, delle quali alcune soltanto siano state inflitte per delitti che comportano, ai sensi dell’art. 4 bis dell’ordinamento penitenziario, esclusione o limitazione di misure alternative alla detenzione, il cumulo possa essere sciolto ai fini della determinazione del momento in cui, considerata come avvenuta l’espiazione delle pene relative ai quei delitti, l’esclusione o la limitazione non debbano più operare. Diversamente, infatti, si verrebbe a far dipendere l’applicazione di un trattamento deteriore dalla sola eventualità, del tutto casuale, di un rapporto esecutivo unico in luogo di più rapporti scaturenti dall’esecuzione delle singole condanne, con l’ulteriore incongruenza che, nel caso di cumulo giuridico, questo, concepito soltanto per temperare l’asprezza del cumulo materiale, verrebbe a tradursi invece in un danno per l’interessato. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 2529 del 12 maggio 1999 (Cass. pen. n. 2529/1999)

L’eventuale scioglimento del cumulo delle pene in esecuzione, se ed in quanto finalizzato a distinguere — ammesso che ciò sia possibile — la parte di pena riferibile a reati ostativi all’applicazione di benefici penitenziari, ai sensi dell’art. 4 bis dell’ordinamento penitenziario, da quella riferibile a reati non ostativi, non può mai, comunque, formare oggetto di autonoma pronuncia da parte del giudice dell’esecuzione, dovendosi al riguardo ritenere competente soltanto la magistratura di sorveglianza, in funzione della decisione, ad essa spettante, circa la concedibilità o meno dei suddetti benefici. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 2937 del 18 giugno 1997 (Cass. pen. n. 2937/1997)

Nel caso di cumulo materiale di pene concorrenti, deve intendersi scontata per prima quella più gravosa per il reo: con la conseguenza che, in caso di pena risultante dal cumulo tra quella inflitta per il delitto di associazione per delinquere e altre inflitte per reati connessi, la pena espiata va imputata anzitutto al delitto associativo. (Fattispecie relativa a diniego di permesso-premio a condannato in espiazione di pena per associazione per delinquere e altro). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 1443 del 19 aprile 1997 (Cass. pen. n. 1443/1997)

In tema di benefici penitenziari, indipendentemente dall’ammissibilità o meno di uno scioglimento temporaneo e parziale del cumulo delle pene, onde poter attribuire ad un determinato titolo di reato — ostativo, ai sensi dell’art. 4 bis dell’ordinamento penitenziario, all’applicazione di detti benefici — la parte della pena complessiva che già risulti espiata, è comunque da escludere che il giudice dell’esecuzione possa, in via preventiva, dichiarare l’avvenuta espiazione di una parte della pena cumulata da imputare al reato ostativo. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 6636 del 9 gennaio 1997 (Cass. pen. n. 6636/1997)

La competenza prorogata del giudice minorile in materia di sorveglianza fino al compimento del venticinquesimo anno di età del soggetto che abbia commesso il reato quando era ancora minore degli anni diciotto, prevista dall’art. 3, comma secondo, del D.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, permane per la pena detentiva ancora in esecuzione inflitta per il suddetto reato quando sopravvenga altra condanna a sola pena pecuniaria per reato commesso dal medesimo soggetto dopo il compimento della maggiore età; e ciò avuto riguardo, in particolare, al disposto di cui all’art. 76, comma terzo, c.p., secondo cui: «Se una pena pecuniaria concorre con un’altra pena di specie diversa le pene si considerano distinte per qualsiasi effetto giuridico». Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 837 del 4 marzo 1996 (Cass. pen. n. 837/1996)

La condanna per più reati legati dal vincolo della continuazione è da considerarsi come pena unica e perciò non potrà applicarsi il regime della semilibertà quando l’imputato sia stato condannato anche per uno dei reati per i quali è fatta esplicita esclusione della concessione delle misure alternative alla detenzione anche se questi abbia espiato una parte della pena pari a quella irrogata per il reato associativo previsto dall’art. 75 della L. 22 dicembre 1975, n. 685 ostativo alla concessione della semilibertà, a meno che non risulti che lo stesso abbia collaborato con la giustizia ai sensi dell’art. 58 ter della L. 26 luglio 1975, n. 354. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 969 del 7 aprile 1995 (Cass. pen. n. 969/1995)

Le pene della stessa specie, concorrenti a norma dell’art. 73 c.p., si considerano pena unica ad ogni effetto giuridico. Ne consegue che non è consentita l’imputazione della parziale detenzione sofferta a quello, tra i reati concorrenti, che sia ostativo alla concessione dei benefici penitenziari, in quanto l’espiazione è modalità esecutiva, e non causa di estinzione della pena, e l’unico suo effetto è la riduzione della pena ancora da espiare. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 4486 del 7 gennaio 1994 (Cass. pen. n. 4486/1994)

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