Art. 41 – Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398 - aggiornato alla D. Lgs. 10 ottobre 2022, n.150)

Concorso di cause

Articolo 41 - codice penale

Il concorso di cause preesistenti o simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall’azione od omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalità fra l’azione od omissione e l’evento (62, n. 5, 110, 113).
Le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalità quando sono state da sole sufficienti a determinare l’evento. In tal caso, se l’azione od omissione precedentemente commessa costituisce per sé un reato, si applica la pena per questo stabilita.
Le disposizioni precedenti si applicano anche quando la causa preesistente o simultanea o sopravvenuta consiste nel fatto illecito altrui.

Articolo 41 - Codice Penale

Il concorso di cause preesistenti o simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall’azione od omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalità fra l’azione od omissione e l’evento (62, n. 5, 110, 113).
Le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalità quando sono state da sole sufficienti a determinare l’evento. In tal caso, se l’azione od omissione precedentemente commessa costituisce per sé un reato, si applica la pena per questo stabilita.
Le disposizioni precedenti si applicano anche quando la causa preesistente o simultanea o sopravvenuta consiste nel fatto illecito altrui.

Massime

In tema di maltrattamenti in famiglia seguiti da lesioni o morte della vittima, l’espressione “derivare” di cui all’art. 572, comma terzo, cod. pen. deve essere interpretata in relazione ai principi posti dall’art. 41 cod. pen. e, pertanto, impone un rinvio alle regole con cui è regolamentata l’imputazione oggettiva degli eventi causati dall’autore di un reato. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto che la patologia da cui sarebbe stato affetto il minore deceduto non interrompeva il nesso di causalità tra i maltrattamenti e l’evento morte, potendo assurgere, al più, quale concausa dell’evento morte, non essendo idonea a rendere irrilevante il fatto violento del ricorrente). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 4121 del 30 gennaio 2020 (Cass. pen. n. 4121/2020)

Ai fini dell’estensione della confisca del profitto del reato dalla persona giuridica direttamente giovatasi delle condotte illecite a quella che l’abbia successivamente incorporata, è necessario che anche in capo a quest’ultima sussista un effettivo vantaggio, da determinarsi in applicazione del principio generale di cui all’art. 41 cod. pen., con la conseguenza che la confisca è preclusa qualora emergano fatti sopravvenuti ed indipendenti dalla incorporante idonei ad interrompere il nesso causale tra il beneficio obiettivo conseguente alle attività “contra legem” e l’atto di incorporazione. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato con rinvio la decisione del giudice dell’esecuzione che, nel respingere l’opposizione al provvedimento di rigetto della richiesta di una banca di revocare la confisca del profitto, disposta a suo carico in relazione a reati di “market abuse” commessi dal funzionario di altro istituto di credito incorporato, aveva ritenuto sussistente il requisito del vantaggio in considerazione del risanamento del bilancio della società incorporata conseguente a detta illecita condotta, omettendo di considerare che l’incorporazione era avvenuta sei anni dopo e che in tale periodo si erano verificate nell’incorporata condotte di “mala gestio” potenzialmente suscettibili di aver disperso le obiettive utilità derivanti dai reati stessi). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 39573 del 26 settembre 2019 (Cass. pen. n. 39573/2019)

In caso di condotte colpose indipendenti non può invocare il principio di affidamento l’agente che non abbia osservato una regola precauzionale su cui si innesti l’altrui condotta colposa, poiché la sua responsabilità persiste in base al principio di equivalenza delle cause, salva l’affermazione dell’efficacia esclusiva della causa sopravvenuta, che presenti il carattere di eccezionalità e imprevedibilità. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza che aveva riconosciuto la responsabilità per la morte di un paziente conseguente alla trasfusione di sangue non emocompatibile con il suo gruppo sanguigno, del tecnico addetto al servizio trasfusione che aveva consegnato all’infermiere le sacche destinate ad altro paziente, dei medici che avevano ordinato la somministrazione senza verificare la corrispondenza del gruppo sanguigno del paziente con quello indicato sulle sacche, e dell’anestesista rianimatore – chiamato per un consulto in seguito alla crisi ipotensiva del paziente – che aveva omesso di ricercare autonomamente la causa di tale crisi). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 50038 del 31 ottobre 2017 (Cass. pen. n. 50038/2017)

L’eventuale negligenza o imperizia dei sanitari nella prestazione delle cure alla vittima di un incidente stradale, ancorché di elevata gravità, non può ritenersi causa autonoma ed indipendente, tale da interrompere il nesso causale tra il comportamento di colui che ha causato l’incidente e la successiva morte del ferito. (Nella specie, la Corte ha escluso l’interruzione del nesso di causalità in relazione al decesso della vittima per insufficienza cardiocircolatoria con coma da shock emorragico in soggetto politraumatizzato da lesioni stradali, intervenuto a circa un mese di distanza dal sinistro, rilevando che i potenziali errori di cura costituiscono, rispetto al soggetto leso, un fatto tipico e prevedibile, mentre, ai fini della esclusione del nesso di causalità, occorre un errore del tutto eccezionale, abnorme, da solo determinante l’evento letale). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 25560 del 23 maggio 2017 (Cass. pen. n. 25560/2017)

In tema di reato colposo, il giudice penale è tenuto ad accertare la colpa concorrente del terzo, rimasto estraneo al giudizio, al solo fine di verificare la rilevanza della sua condotta sull’efficienza causale del comportamento dell’imputato e di assicurare la correlazione tra gravità del reato e determinazione della pena, ai sensi dell’art. 133, primo comma, n. 3) cod. pen., dovendosi escludere, in via generale, l’esistenza di un obbligo di quantificazione percentualistica dei diversi fattori causali dell’evento, a meno che egli non sia chiamato a pronunciare statuizioni civilistiche e ricorra il fatto colposo della parte civile. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 23080 del 11 maggio 2017 (Cass. pen. n. 23080/2017)

In tema di reati colposi d’evento, la natura commissiva della condotta consistente nella trasgressione di un divieto implica, per l’accertamento del nesso causale, che il giudizio controfattuale non sia basato sui criteri probabilistici – statistici tipici della causalità per omissione, ma sia effettuato valutando se l’evento si sarebbe ugualmente verificato eliminando l’azione dal contesto in cui è stata posta in essere. (Fattispecie di morte come conseguenza di altro delitto (art. 586 cod. pen., in cui è stato riconosciuto il nesso di causalità tra il lancio dalla finestra di un’abitazione, posta al secondo piano di un palazzo,di una busta piena d’acqua all’indirizzo di una persona di anni 86 affetta da pregressa cardiovascolopatia sclerotica, e la sua morte avvenuta due ore più tardi per insufficienza cardio-respiratoria). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 47979 del 14 novembre 2016 (Cass. pen. n. 47979/2016)

È configurabile l’interruzione del nesso causale tra condotta ed evento quando la causa sopravvenuta innesca un rischio nuovo e incommensurabile, del tutto incongruo rispetto al rischio originario attivato dalla prima condotta. (Nella fattispecie la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione che aveva affermato la sussistenza del nesso causale tra l’errore chirurgico originario, che aveva ridotto la paziente in coma profondo, ed il decesso della medesima per setticemia contratta durante il lungo ricovero presso l’unità di terapia intensiva, rilevando come l’”infezione nosocomiale” sia uno dei rischi tipici e prevedibili da tener in conto nei casi di non breve permanenza nei raparti di terapia intensiva, ove lo sviluppo dei processi infettivi è tutt’altro che infrequente in ragione delle condizioni di grave defedazione fisica dei pazienti). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 25689 del 21 giugno 2016 (Cass. pen. n. 25689/2016)

È configurabile l’interruzione del nesso causale tra condotta ed evento quando la causa sopravvenuta innesca un rischio nuovo e del tutto eccentrico rispetto a quello originario attivato dalla prima condotta. (Nella fattispecie la S.C. ha escluso il nesso causale tra l’errore del pediatra, che aveva sottovalutato l’urgenza di un intervento sanitario da eseguirsi in ambiente ospedaliero, ed il decesso della paziente, giacché l’evento letale era stato determinato da un gravissimo errore dell’anestesista, qualificato dalla Corte “rischio nuovo e drammaticamente incommensurabile”, rispetto a quello innescato dalla prima condotta). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 15493 del 14 aprile 2016 (Cass. pen. n. 15493/2016)

Le statuizioni del giudice di merito in ordine alla quantificazione delle percentuali di concorso delle colpe del reo e della vittima nella determinazione causale dell’evento costituiscono apprezzamento di fatto non censurabile in sede di legittimità. (Fattispecie relativa a incidente di caccia cagionato dall’esplosione accidentale di un colpo di fucile in cui la Corte ha escluso il vizio di motivazione della sentenza di merito che era pervenuta alla determinazione della percentuale di responsabilità della vittima nella misura del 50%, dopo aver raffrontato i comportamenti dei due protagonisti delle vicenda e aver stabilito che a ciascuno di essi competeva l’obbligo di mettere in sicurezza il fucile). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 43159 del 22 ottobre 2013 (Cass. pen. n. 43159/2013)

In tema di omicidio colposo, per escludere la responsabilità del conducente per l’investimento del pedone è necessario che la condotta di quest’ultimo si ponga come causa eccezionale ed atipica, imprevista e imprevedibile dell’evento, che sia stata da sola sufficiente a produrlo. (Fattispecie nella quale è stata ritenuta la responsabilità di un motociclista per l’investimento di un anziano pedone i cui movimenti erano agevolmente avvistabili). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 10635 del 7 marzo 2013 (Cass. pen. n. 10635/2013)

Ai fini dell’apprezzamento dell’eventuale interruzione del nesso causale tra la condotta e l’evento, il concetto di causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento si riferisce non solo al caso di un processo causale del tutto autonomo ma anche all’ipotesi di un processo non completamente avulso dall’antecedente e tuttavia sufficiente a determinare l’evento. (Fattispecie nella quale la Corte in presenza di un comportamento colposo di un sanitario che, visitato un paziente aveva disposto la sospensione di una terapia in atto, prescrivendo contestualmente di recarsi immediatamente al pronto soccorso per effettuare indispensabili accertamenti diagnostici, ha ritenuto interrotto il nesso causale rispetto all’ evento morte del paziente, per non essersi quest’ultimo recato di sua volontà al pronto soccorso). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 10626 del 7 marzo 2013 (Cass. pen. n. 10626/2013)

In tema di reati commessi con violazione di norme sulla circolazione stradale, il comportamento colposo del pedone investito dal conducente di un veicolo costituisce mera concausa dell’evento lesivo, che non esclude la responsabilità del conducente; e può costituire causa sopravvenuta, da sola sufficiente a determinare l’evento, soltanto nel caso in cui risulti del tutto eccezionale, atipico, non previsto né prevedibile, cioè quando il conducente si sia trovato, per motivi estranei ad ogni suo obbligo di diligenza, nella oggettiva impossibilità di avvistare il pedone ed osservarne per tempo i movimenti, che risultino attuati in modo rapido, inatteso ed imprevedibile. (Fattispecie nella quale è stata esclusa l’imprevedibilità della condotta del pedone che aveva iniziato l’attraversamento sulle strisce, in corrispondenza della quali era irregolarmente parcheggiato un voluminoso furgone, osservando che in prossimità di esse, ed a maggior ragione quando la visuale risulti in parte ostruita, non può ritenersi imprevedibile la presenza di un pedone in fase di attraversamento). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 23309 del 9 giugno 2011 (Cass. pen. n. 23309/2011)

In tema di causalità, la colpa del lavoratore eventualmente concorrente con la violazione della normativa antinfortunistica addebitata ai soggetti tenuti ad osservarne le disposizioni non esime questi ultimi dalle proprie responsabilità, poiché l’esistenza del rapporto di causalità tra la violazione e l’evento-morte o -lesioni del lavoratore che ne sia conseguito può essere esclusa unicamente nei casi in cui sia provato che il comportamento del lavoratore fu abnorme, e che proprio questa abnormità abbia dato causa all’evento. (La Suprema Corte ha precisato che è abnorme soltanto il comportamento del lavoratore che, per la sua stranezza ed imprevedibilità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte dei soggetti preposti all’applicazione della misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro, e che tale non è il comportamento del lavoratore che abbia compiuto un’operazione comunque rientrante, oltre che nelle sue attribuzioni, nel segmento di lavoro attribuitogli). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 23292 del 9 giugno 2011 (Cass. pen. n. 23292/2011)

La condotta del medico che visiti la paziente senza osservare le regole dell’arte medica (nella specie: omettendo di avvedersi della gravità della patologia che ella presentava) non costituisce causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento, e non è, quindi, idonea ad escludere il rapporto di causalità tra l’evento-morte della stessa paziente ed un altrui comportamento colposo antecedente. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 9967 del 11 marzo 2010 (Cass. pen. n. 9967/2010)

In tema di colpa medica, in presenza di una condotta colposa posta in essere da un determinato soggetto, non può ritenersi interruttiva del nesso di causalità (art. 41, comma secondo, c.p.) una successiva condotta parimenti colposa posta in essere da altro soggetto, quando essa non abbia le caratteristiche dell’assoluta imprevedibilità e inopinabilità; condizione, questa, che non può, in particolare configurarsi quando, nel caso di colpa medica, tale condotta sia consistita nell’inosservanza, da parte di soggetto successivamente intervenuto, di regole dell’arte medica già disattese da quello che lo aveva preceduto. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 6215 del 16 febbraio 2010 (Cass. pen. n. 6215/2010)

È concausa dell’evento lesivo occorso ad un pedone in un incidente stradale con autoveicolo, e non già causa autonoma esclusiva che interrompa il nesso causale con la condotta di guida del conducente, il comportamento del pedone stesso che non abbia ottemperato all’obbligo di concedere la precedenza al veicolo. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 3339 del 26 gennaio 2010 (Cass. pen. n. 3339/2010)

In tema di omicidio colposo, il fondamento della responsabilità, ex art. 41, comma secondo c.p., deve essere correlato non solo all’esistenza di un dovere giuridico di attivarsi per impedire che l’evento temuto si verifichi, ma anche alla presenza di una condotta colposa, dotata di ruolo eziologico nella spiegazione dell’evento lesivo. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata nella quale era stata fondata la responsabilità per omicidio colposo in relazione all’annegamento di due bambini nei confronti dell’accompagnatore di una associazione che aveva organizzato una gita esclusivamente sulla sua posizione di garanzia nella fase della balneazione). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 42496 del 5 novembre 2009 (Cass. pen. n. 42496/2009)

In tema di reato colposo, il giudice penale è tenuto ad accertare la colpa concorrente del terzo, rimasto estraneo al giudizio, al solo fine di verificare la rilevanza della sua condotta sull’efficienza causale del comportamento dell’imputato e di assicurare la correlazione tra gravità del reato e determinazione della pena, ai sensi dell’art. 133, primo comma, n. 3) c.p., dovendosi escludere, in via generale, l’esistenza di un obbligo di quantificazione percentualistica dei diversi fattori causali dell’evento, a meno che egli non sia chiamato a pronunciare statuizioni civilistiche e ricorra il fatto colposo della parte civile. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 26663 del 30 giugno 2009 (Cass. pen. n. 26663/2009)

In tema di rapporto di causalità, non può ritenersi causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento il comportamento negligente di un soggetto che trovi la sua origine e spiegazione nella condotta colposa altrui, la quale abbia posto in essere le premesse su cui si innesta il suo errore o la sua condotta negligente. (Fattispecie in cui è stata riconosciuta la responsabilità per omicidio colposo dei tecnici di una società elettrica che avevano realizzato un collegamento mancante di adeguate protezioni, cui altri avevano provveduto ad allacciare un cavo in maniera scorretta determinando una dispersione di elettricità che cagionava la folgorazione della vittima del reato). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 26020 del 22 giugno 2009 (Cass. pen. n. 26020/2009)

In tema di causalità, le cause sopravvenute da sole sufficienti alla produzione dell’evento sono soltanto quelle del tutto autonome, indipendenti ed estranee alla condotta, tali da sfuggire al controllo ed alla prevedibilità dell’agente. (Nella specie, la Corte ha escluso che costituisca causa sopravvenuta da sola sufficiente alla produzione delle lesioni cagionate ad alcuni clienti di un bar, la condotta della commessa che abbia servito loro del detersivo inodore ed incolore imprudentemente contenuto in una bottiglia di acqua minerale, senza avvedersene, trattandosi di fatto non del tutto anomalo ed imprevedibile rispetto alla condotta imprudente e superficiale dell’agente, che aveva introdotto all’interno del bar di cui era titolare, la bottiglia contenente il detersivo). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 21513 del 22 maggio 2009 (Cass. pen. n. 21513/2009)

Il principio dell’equivalenza causale implica, nel caso della successione di posizioni di garanzia, che la condotta del singolo soggetto che ha concorso a determinare l’evento ha efficienza causale pur quando difetti del coefficiente psicologico necessario all’attribuzione di responsabilità. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 4675 del 3 febbraio 2009 (Cass. pen. n. 4675/2009)

La cosiddetta graduazione delle colpe concorrenti è rilevante: 1 ) per la determinazione dell’apporto causale di ciascuna condotta colposa ; 2 ) ai fini delle statuizioni sugli interessi civili ; 3 ) per la determinazione della pena ; 4 ) per la graduazione della pena in senso proprio, ovvero ai fini del giudizio in ordine alla rimproverabilità della condotta di ciascuno. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 22632 del 5 giugno 2008 (Cass. pen. n. 22632/2008)

In tema di causalità, a fronte di una spiegazione causale del tutto logica, la prospettazione di una spiegazione causale alternativa capace di inficiare o caducare la prima non può essere affidata solo ad una indicazione meramente possibilista, ma deve connotarsi, alla stregua delle risultanze processuali, di elementi che la rendano hic et nunc concretamente probabile. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 15558 del 15 aprile 2008 (Cass. pen. n. 15558/2008)

Nel caso di lesioni personali (nella specie, provocate da infortunio sul lavoro) cui sia seguito il decesso della vittima, la colpa dei medici, anche se grave, non può ritenersi causa autonoma ed indipendente — tale da interrompere il nesso causale ex articolo 41, comma secondo, c.p. — rispetto al comportamento dell’agente, perché questi, provocando tale evento (le lesioni), ha reso necessario l’intervento dei sanitari, la cui imperizia o negligenza non costituisce un fatto imprevedibile ed atipico, ma un’ipotesi che si inserisce nello sviluppo della serie causale (in motivazione la Corte ha altresì precisato che, mentre è possibile escludere il nesso causale in situazioni di colpa commissiva addebitabili ai sanitari, nel caso di omissioni di terapie che dovevano essere applicate per impedire le complicanze, l’errore del medico non può prescindere dall’evento che ha fatto sorgere la necessità della prestazione sanitaria, per cui la «catena causale» resta integra). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 41943 del 21 dicembre 2006 (Cass. pen. n. 41943/2006)

In tema di causalità, la causa sopravvenuta «da sola sufficiente a determinare l’evento» (art. 41 comma secondo, c.p.) può configurarsi anche nel caso di un processo non completamente avulso dall’antecedente, ma caratterizzato da un percorso causale completamente atipico, di carattere assolutamente anomalo ed eccezionale, ossia di un evento che non si verifica se non in casi del tutto imprevedibili a seguito della causa presupposta. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 20272 del 14 giugno 2006 (Cass. pen. n. 20272/2006)

Ai fini dell’apprezzamento dell’eventuale interruzione del nesso causale tra la condotta e l’evento (articolo 41, comma secondo, c.p.), il concetto di causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento non si riferisce solo al caso di un processo causale del tutto autonomo, giacché, allora, la disposizione sarebbe pressoché inutile, in quanto all’esclusione del rapporto causale si perverrebbe comunque sulla base del principio condizionalistico o dell’equivalenza delle cause di cui all’articolo 41, comma primo, c.p. La norma, invece, si applica anche nel caso di un processo non completamente avulso dall’antecedente, ma caratterizzato da un percorso causale completamente atipico, di carattere assolutamente anomalo ed eccezionale, ossia di un evento che non si verifica se non in casi del tutto imprevedibili a seguito della causa presupposta. (Da queste premesse la Corte ha escluso l’applicabilità dell’art. 41, comma secondo, c.p., in relazione ad un infortunio sul lavoro addebitato alla condotta colpevole dell’imputato e l’evento morte provocato da una broncopolmonite massiva bilaterale contratta dall’infortunato durante il ricovero in ospedale per la cura degli esiti dell’infortunio; ciò sul rilievo che, secondo quanto ricostruito in sede di merito, la broncopolmonite era risultata essere una complicanza non eccezionale delle gravi lesioni subite dall’infortunato, che ne avevano provocato l’allettamento prolungato con la conseguente disventilazione polmonare che, a sua volta, aveva provocato la patologia rivelatasi letale). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 1214 del 13 gennaio 2006 (Cass. pen. n. 1214/2006)

In tema di prevenzione antinfortunistica, poiché le relative norme mirano a tutelare il lavoratore anche in ordine ad incidenti che possano derivare da sua negligenza, imprudenza ed imperizia, la responsabilità del datore di lavoro e, in generale, del destinatario dell’obbligo di adottare le misure di prevenzione può essere esclusa, per causa sopravvenuta, solo in presenza di un comportamento del lavoratore che presenti i caratteri dell’eccezionalità, dell’abnormità, dell’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle precise direttive organizzative ricevute, che sia del tutto imprevedibile o inopinabile. Peraltro, in ogni caso, nell’ipotesi di infortunio sul lavoro originato dall’assenza o inidoneità delle misure di prevenzione, nessuna efficacia causale, per escludere la responsabilità del datore di lavoro, può essere attribuita al comportamento del lavoratore infortunato, che abbia dato occasione all’evento, quando questo sia da ricondurre, comunque, alla mancanza o insufficienza di quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse a neutralizzare proprio il rischio di siffatto comportamento. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 38877 del 21 ottobre 2005 (Cass. pen. n. 38877/2005)

In tema di prevenzione antinfortunistica, poiché le relative norme mirano a tutelare il lavoratore anche in ordine ad incidenti che possano derivare da sua negligenza, imprudenza ed imperizia, un comportamento anomalo del lavoratore può acquisire valore di causa sopravvenuta da sola sufficiente a cagionare l’evento, tanto da escludere la responsabilità del datore di lavoro e, in generale, del destinatario dell’obbligo di adottare le misure di prevenzione, solo quando esso sia assolutamente estraneo al processo produttivo o alle mansioni attribuite, risolvendosi in un comportamento del tutto esorbitante ed imprevedibile rispetto al lavoro posto in essere, ontologicamente avulso da ogni ipotizzabile intervento e prevedibile scelta del lavoratore; tale risultato, invece, non è collegabile al comportamento, ancorché avventato, disattento, imprudente, negligente del lavoratore, posto in essere nel contesto dell’attività lavorativa svolta, esso, in tal caso, non essendo affatto eccezionale ed imprevedibile. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 38850 del 21 ottobre 2005 (Cass. pen. n. 38850/2005)

In tema di omicidio colposo da infortuni sul lavoro, se più sono i titolari della posizione di garanzia (nella specie, relativamente al rispetto della normativa antinfortunistica sui luoghi di lavoro), ciascuno è, per intero, destinatario dell’obbligo giuridico di impedire l’evento, con la conseguenza che, se è possibile che determinati interventi siano eseguiti da uno dei garanti, è, però, doveroso per l’altro o per gli altri garanti, dai quali ci si aspetta la stessa condotta, accertarsi che il primo sia effettivamente intervenuto. Ciò deve ritenersi sia quando le posizioni di garanzia siano sullo stesso piano, sia, a maggior ragione, allorché esse non siano di pari grado, giacché, in tale ultima evenienza, il titolare della posizione di garanzia, il quale vanti un potere gerarchico nei confronti dell’altro titolare investito, a livello diverso, della posizione di garanzia rispetto allo stesso bene, non deve fare quanto è tenuto a fare il garante subordinato, ma deve scrupolosamente accertare se il subordinato è stato effettivamente garante ossia se ha effettivamente posto in essere la condotta di protezione a lui richiesta in quel momento. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 38810 del 21 ottobre 2005 (Cass. pen. n. 38810/2005)

In tema di prevenzione antinfortunistica, poiché le norme mirano a tutelare il lavoratore anche in ordine ad incidenti che possano derivare da sua negligenza, imprudenza ed imperizia, la responsabilità del datore di lavoro e, in generale, del destinatario dell’obbligo di adottare le misure di prevenzione può essere esclusa, per causa sopravvenuta, solo in presenza di un comportamento del lavoratore che presenti i caratteri dell’eccezionalità, dell’abnormità, dell’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle precise direttive organizzative ricevute, che sia del tutto imprevedibile o inopinabile. Peraltro, in ogni caso, nell’ipotesi di infortunio sul lavoro originato dall’assenza o inidoneità delle misure di prevenzione, nessuna efficacia causale, per escludere la responsabilità del datore di lavoro, può essere attribuita al comportamento del lavoratore infortunato, che abbia dato occasione all’evento, quando questo sia da ricondurre, comunque, alla mancanza o insufficienza di quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse a neutralizzare proprio il rischio di siffatto comportamento. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 36339 del 6 ottobre 2005 (Cass. pen. n. 36339/2005)

Nei reati colposi conseguenti a incidenti stradali è esclusa la responsabilità del conducente quando il fatto illecito altrui, ed in particolare della vittima, configuri per le sue caratteristiche una vera causa eccezionale, atipica e non prevedibile che sia stata da sola sufficiente a provocare l’evento (nella fattispecie la vittima aveva attraversato l’incrocio a piedi all’improvviso, con il semaforo rosso e correndo diagonalmente lontano dalle strisce, mentre la velocità dell’investitore era molto moderata). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 28615 del 29 luglio 2005 (Cass. pen. n. 28615/2005)

In tema di rapporto di causalità, una volta che sia stata accertata una condotta colposa inseritasi nel processo determinativo dell’evento va in particolare verificato che proprio quella violazione della regola cautelare abbia cagionato (o abbia contribuito a cagionare) l’evento medesimo, non essendo sufficiente l’accertamento della causalità materiale e neppure che la condotta abbia in parte o in tutto prodotto il fatto delittuoso, ma occorrendo estendere l’indagine al nesso di causalità giuridica. (Ha specificato la Corte che tale verifica — che deve risultare dalla motivazione della sentenza — è tanto più necessaria laddove, come nella fattispecie relativa a colpa medica, l’evento della morte del paziente si verifichi a oltre un anno e mezzo di tempo dalle condotte dei sanitari, e per di più per una causa di natura diversa, la quale pertanto va dal giudice di merito ricollegata con particolare precisione al trattamento medico ritenuto inadeguato). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 28564 del 29 luglio 2005 (Cass. pen. n. 28564/2005)

In tema di successione nella posizione di garanzia, il principio di affidamento, nel caso di ripartizione degli obblighi tra più soggetti, se da un lato implica che colui il quale si affida non possa essere automaticamente ritenuto responsabile delle autonome condotte del soggetto cui si è affidato, dall’altro lato comporta anche che – qualora l’affidante ponga in essere una condotta causalmente rilevante – la condotta colposa dell’affidato non vale di per sé ad escludere la responsabilità dell’affidante medesimo. (Fattispecie relativa a responsabilità medica: la Corte ha rigettato il ricorso degli imputati contro la sentenza di merito che aveva accertato la loro responsabilità per la morte di una paziente, nonostante i sanitari ricorrenti avessero eccepito che la vittima era stata presa in cura da un’altra struttura sanitaria già un mese prima il decesso). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 25310 del 7 giugno 2004 (Cass. pen. n. 25310/2004)

La condotta del guidatore che ostruisce la carreggiata stradale (tanto più se a rapido scorrimento), ponendosi di traverso, non interrompe il nesso di casualità in ordine agli eventi collisivi verificatisi a causa della condotta colposa (per eccessiva velocità o mancato rispetto della distanza di sicurezza) dei conducenti dei veicoli nel frattempo sopraggiunti. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 24079 del 26 maggio 2004 (Cass. pen. n. 24079/2004)

Il rapporto di causalità tra l’azione e l’evento può escludersi solo se si verifichi una causa autonoma e successiva, che si inserisca nel processo causale in modo eccezionale, atipico e imprevedibile, mentre non può essere escluso il nesso causale quando la causa successiva abbia solo accelerato la produzione dell’evento, destinato comunque a compiersi sulla base di una valutazione dotata di un alto grado di credibilità razionale o di probabilità logica. (Fattispecie in materia di responsabilità professionale del medico per il suicidio di un paziente, in cui la Corte ha ritenuto che correttamente i giudici di merito, sulla base di un ragionamento probatorio esente da vizi logici e che aveva escluso ogni interferenza di fattori alternativi, avessero affermato l’efficacia causale della condotta del medico psichiatra che aveva autorizzato l’uscita dalla struttura sanitaria di una paziente malata di mente e con forti istinti suicidari, affidandola ad una accompagnatrice volontaria priva di specializzazione adeguata, alla quale non aveva fornito qualsivoglia informazione sullo stato mentale della malata e sui precedenti tentativi di suicidio dalla stessa attuati). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 10430 del 4 marzo 2004 (Cass. pen. n. 10430/2004)

Nell’ipotesi di successive cessione di sostanza stupefacente, il nesso di causalità materiale tra la prima cessione e la morte dell’ultimo cessionario, sopraggiunta quale conseguenza non voluta dell’assunzione della droga, non è interrotto per effetto delle successive cessioni, né delle modalità in cui è avvenuta l’assunzione, trattandosi di fattori concausali sopravvenuti, non anormali o eccezionali, ma del tutto ragionevolmente prevedibili; pertanto, risponde del reato di cui agli artt. 586 e 589 c.p. non solo colui che ha ceduto direttamente alla vittima la sostanza, ma anche l’originario fornitore (nel caso di specie, la Corte ha escluso che l’assunzione di alcool, contestuale all’ingestione di cinque pasticche di ecstasy da parte della vittima, possa considerarsi uan concausa sopravvenuta, non prevedibile e tale da interrompere il nesso causale tra la prima cessione e l’evento morte). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 31760 del 28 luglio 2003 (Cass. pen. n. 31760/2003)

Qualora più autovetture diano luogo, lungo una pubblica via, ad una gara di velocità, il fatto che una delle stesse, dopo aver effettuato l’ultimo sorpasso, venga tamponata da un’altra e il conducente del primo mezzo perda perciò il controllo del veicolo, non esclude la sua concorrente responsabilità in ordine ai fatti lesivi o mortali da ciò derivati, ove non risulti che con la suddetta manovra di sorpasso la gara di velocità fosse effettivamente cessata. (Nella specie, in applicazione di tale principio la Corte ha annullato con rinvio la decisione di merito che aveva assolto il conducente del veicolo tamponato senza spiegare come l’eccessiva velocità da lui mantenuta dopo aver effettuato il sorpasso potesse conciliarsi con la ritenuta cessazione della gara). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 25923 del 17 giugno 2003 (Cass. pen. n. 25923/2003)

In tema di causalità, la dipendenza di un evento da una determinata condotta deve essere affermata anche quando le prove raccolte non chiariscano ogni passaggio della concatenazione causale, e possano essere configurate sequenze alternative di produzione dell’evento, purché ciascuna tra esse sia riconducibile all’agente e possa essere esclusa l’incidenza di meccanismi eziologici indipendenti. (Fattispecie relativa al decesso di lavoratori in conseguenza dell’inalazione di polveri di amianto, ove – pur nell’assenza di dati certi sull’epoca di maturazione della patologia – è stata assegnata rilevanza causale alla condotta di soggetti responsabili della gestione aziendale per una parte soltanto del periodo di esposizione delle persone offese, sul presupposto che tale condotta avesse ridotto i tempi di latenza della malattia, nel caso di patologie già insorte, oppure accelerato i tempi di insorgenza, nel caso di affezioni insorte successivamente). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 988 del 14 gennaio 2003 (Cass. pen. n. 988/2003)

In tema di concorso di cause (art. 41 c.p.), non può ritenersi causa sopravvenuta idonea ad escludere il rapporto eziologico tra una precedente condotta illecita ed il successivo verificarsi dell’evento quella che consista in un comportamento umano che, ancorché irregolare ed atipico, non presenti tuttavia i requisiti della eccezionalità ed imprevedibilità. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha annullato con rinvio, per mancanza di motivazione, la decisione di merito con la quale, nell’indimostrato assunto che l’imprudente manipolazione di petardi da parte di un minore, il quale per ciò aveva riportato lesioni, costituisse causa sopravvenuta ed esclusiva di tale evento, aveva assolto dal reato di lesioni colpose il soggetto che, in violazione del divieto di legge, aveva venduto al minore i suddetti petardi). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 29709 del 9 agosto 2002 (Cass. pen. n. 29709/2002)

Sono cause sopravvenute o preesistenti, da sole sufficienti a determinare l’evento, quelle del tutto indipendenti dalla condotta dell’imputato. Ne consegue che non possono essere considerate tali quelle che abbiano causato l’evento in sinergia con la condotta dell’imputato, atteso che, venendo a mancare una delle due, l’evento non si sarebbe verificato. (Fattispecie relativa ad omicidio preterintenzionale, nel quale la morte era sopraggiunta in conseguenza di percosse inferte a soggetto anziano ed in non buone condizioni di salute). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 13114 del 6 aprile 2002 (Cass. pen. n. 13114/2002)

Quando l’obbligo di impedire l’evento ricade su più persone che debbano intervenire in tempi diversi, il nesso di causalità tra la condotta omissiva o commissiva del titolare di una posizione di garanzia non viene meno per effetto del successivo mancato intervento da parte di un altro soggetto, parimenti destinatario dell’obbligo di impedire l’evento, configurandosi in tale ipotesi un concorso di cause ai sensi dell’art. 41 primo comma c.p. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 7725 del 27 febbraio 2002 (Cass. pen. n. 7725/2002)

In tema di nesso di causalità ed in presenza di due soggetti obbligati al medesimo comportamento, l’omissione del secondo non vale ad escludere la rilevanza causale della precedente omissione laddove non sia ravvisabile nel comportamento successivo una eccezionalità atta ad interrompere la concatenazione causale. (Fattispecie in cui è stato escluso che la mancata osservanza da parte dell’infermiere per ultimo subentrato dell’ordine impartito dal medico di chiamare un altro medico interrompesse il nesso di causalità relativamente al comportamento dell’infermiere del turno precedente che parimenti non aveva eseguito l’ordine in questione). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 9638 del 13 settembre 2000 (Cass. pen. n. 9638/2000)

In tema di rapporto di causalità, la legge penale accoglie il principio di equivalenza delle cause, riconoscendo il valore interruttivo della seriazione causale solo a quelle che sopravvengono del tutto autonomamente, svincolate dal comportamento del soggetto agente e assolutamente autonome. Ne consegue che il decesso della vittima del reato, pur affetta da pregresse patologie, se dovuto a complicazioni susseguenti ad operazione chirurgica resa necessaria dalla condotta lesiva dell’agente, non esclude il nesso eziologico tra la condotta stessa e l’evento. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 8866 del 8 agosto 2000 (Cass. pen. n. 8866/2000)

La condotta di chi, sia pure abusivamente, si introduce in un fondo altrui, lasciato colposamente accessibile a chiunque, e riceve un danno dallo stato dei luoghi o dalle cose ivi esistenti non è qualificabile come causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento di cui all’art. 41, comma 2, c.p. (Fattispecie di lesioni colpose a seguito di caduta accidentale in una vasca di raccolta di liquami sita in un terreno non recintato). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 6506 del 2 giugno 2000 (Cass. pen. n. 6506/2000)

Nel caso di lesioni personali seguite da decesso della vittima dell’azione delittuosa, l’eventuale negligenza o imperizia dei medici non elide il nesso di causalità tra la condotta lesiva dell’agente e l’evento morte. La colpa dei medici, infatti, anche se grave, non può ritenersi causa autonoma ed indipendente rispetto al comportamento dell’agente che, provocando il fatto lesivo, ha reso necessario l’intervento dei sanitari. (Ha precisato la corte che la negligenza od imperizia dei sanitari non costituisce di per sé un fatto imprevedibile ed atipico rispetto alla serie causale precedente di cui costituisce uno sviluppo evolutivo, anche se non immancabile. Tale conclusione non può mai essere messa in discussione allorquando, l’eventuale colpa medica sarebbe di tipo omissivo. Infatti, mentre è possibile escludere il nesso di causalità in ipotesi di colpa commissiva, in quanto il comportamento del medico può assumere i caratteri della atipicità, la catena causale resta invece integra allorquando, vi siano state delle omissioni nelle terapie che dovevano essere praticate per prevenire complicanze, anche soltanto probabili, delle lesioni a seguito delle quali era sorta la necessità di cure mediche. L’errore per omissione non può mai prescindere dall’evento che ha fatto sorgere l’“obbligo” delle prestazioni sanitarie. L’omissione, da sola, non può mai essere sufficiente a determinare l’evento proprio perché presuppone una situazione di necessità terapeutica che dura finché durano gli effetti dannosi dell’evento che ha dato origine alla catena causale). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 11779 del 16 dicembre 1997 (Cass. pen. n. 11779/1997)

La causa sopravvenuta sufficiente da sola alla produzione dell’evento e quindi interruttiva del nesso eziologico è soltanto quella del tutto indipendente dal fatto posto in essere dall’agente, avulsa totalmente dalla sua condotta ed operante in assoluta autonomia, in modo da sfuggire al controllo ed alla prevedibilità dell’agente medesimo. Tale non può considerarsi la causa sopravvenuta legata a quella preesistente da un nesso di interdipendenza come le collisioni successive all’incidente provocato da un automobilista con conseguente arresto del veicolo ed ostruzione della carreggiata. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 10760 del 26 novembre 1997 (Cass. pen. n. 10760/1997)

In tema di concorso di cause la causa sopravvenuta sufficiente da sola alla produzione dell’evento e, quindi, avente efficacia interruttiva del nesso di causalità, è quella del tutto indipendente dal fatto posto in essere dall’agente, avulsa totalmente dalla sua condotta ed operante in assoluta autonomia, in modo da sfuggire al controllo ed alla prevedibilità dell’agente medesimo. Tale non può considerarsi la causa sopravvenuta legata a quella preesistente da un nesso di interdipendenza ed, in tal caso le cause concorrenti — che non siano da sole sufficienti a determinare l’evento per il necessario porsi della prima come condizione necessaria antecedente — sono tutte e ciascuna causa dell’evento in base al principio della causalità materiale fondato sull’equivalenza delle condizioni. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 578 del 28 gennaio 1997 (Cass. pen. n. 578/1997)

In tema di nesso di causalità sono da considerarsi «cause sopravvenute da sole sufficienti a determinare l’evento», secondo la previsione dell’art. 41 comma secondo c.p., soltanto quelle del tutto indipendenti dal fatto del reo, avulse dalla sua condotta e operanti in assoluta autonomia; non costituisce perciò causa sopravvenuta quella che sia legata alla causa preesistente e si trovi con essa in una situazione di interdipendenza per cui, mancando l’una, l’altra rimarrebbe inefficace; infatti nessuna di esse, in tal caso, potrebbe realizzare l’evento disgiunta dall’altra. Devono rispondere perciò del delitto di omicidio preterintenziale le persone che si sono rese responsabili di un pestaggio quando, per fuggire ad ulteriori percosse o comunque nello stato confusionale determinato dai colpi ricevuti, la vittima precipiti da un muretto trovando la morte a causa della caduta. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 9197 del 21 ottobre 1996 (Cass. pen. n. 9197/1996)

In tema di reato colposo, poiché nel processo penale l’unico rapporto civilistico che viene in considerazione è quello tra la parte civile e l’imputato (e l’eventuale responsabile civile) è preclusa al giudice la valutazione quantificatoria delle colpe concorrenti degli imputati, ciascuno dei quali, ai sensi dell’art. 2055 c.c., risponde per l’intero verso il danneggiato. Questa, al più, può essere compiuta al fine di graduare la responsabilità penale dei prevenuti, senza alcuna efficacia vincolante nell’eventuale giudizio civile di regresso. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 6547 del 26 giugno 1996 (Cass. pen. n. 6547/1996)

In tema di nesso di causalità, quando i comportamenti di più soggetti concorrono su un piano di reciproca equivalenza a determinare l’evento, il giudizio sull’efficienza causale è distinto ed autonomo per ciascuna condotta. Nel concorso di cause equivalenti, ogni fattore causale è, infatti, conditio sine qua non dell’evento. Se questo, per difetto dell’elemento psicologico, non è riconducibile in termini di responsabilità a tutti i soggetti ma solo ad uno di essi, non per questo risulta modificato il giudizio relativo all’efficienza causale delle singole condotte, trattandosi di valutazioni che afferendo ad elementi diversi ontologicamente, restano tra loro indipendenti. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 10763 del 31 ottobre 1995 (Cass. pen. n. 10763/1995)

Quando una condotta colposa si inserisce in una situazione pericolosa determinata da altri, anche questi è colpevole dell’evento che ne deriva in quanto chi pone in essere una situazione di pericolo risponde delle conseguenze provocate dalla condotta colposa di terzi. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 12783 del 28 dicembre 1994 (Cass. pen. n. 12783/1994)

In sede di quantificazione dell’apporto causale di più condotte che abbiano prodotto un evento colposo, qualora si ritenga che un comportamento abbia costituito la causa prima tra tutte quelle che hanno provocato il fatto, tra cui è compreso quello della persona offesa, la priorità tra le varie condotte può giustificare un convincimento di preponderanza dell’efficienza causale dell’azione posta in essere. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 1996 del 18 febbraio 1994 (Cass. pen. n. 1996/1994)

In tema di responsabilità colposa, quando l’imminenza e gravità di una situazione di pericolo sia percepibile con estrema facilità, chiarezza e prevedibilità e possa conseguentemente essere evitata con diligenza anche minima, va esclusa la colpa di colui che abbia realizzato una astratta concausa dell’evento dovendosi ritenere interrotto il nesso tra la causa remota e l’accaduto. (Nella specie la Corte ha escluso la responsabilità dell’esecutore dei lavori di manutenzione di una autostrada. Questi aveva parcheggiato il veicolo sulla corsia di emergenza. La Corte ha osservato che la perfetta visibilità e la completa e tempestiva avvistabilità del’ingombro interrompeva il nesso predetto). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 8435 del 8 settembre 1993 (Cass. pen. n. 8435/1993)

Quando una condotta colposa s’inserisce in una situazione pericolosa determinata da altri, anche questi è colpevole dell’evento che ne deriva in quanto chi pone in essere una situazione di pericolo risponde delle conseguenze eventualmente provocate dalla condotta colposa di terzi. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 1737 del 23 febbraio 1993 (Cass. pen. n. 1737/1993)

In tema di causa sopravvenuta sufficiente a determinare l’evento, è capace di interrompere il nesso con le cause precedenti quell’azione o quel complesso di condizioni che, pur inserendosi in un complesso di fattori causali, ha efficienza e capacità di così alto grado, che i fattori precedenti concorrono e svolgono un ruolo meramente occasionale. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 9553 del 14 settembre 1991 (Cass. pen. n. 9553/1991)

In tema di rapporto di causalità, la causa da sola sufficiente a determinare l’evento — da valutarsi in concreto secondo il criterio di certezza e non della mera possibilità — non è soltanto quella appartenente ad una serie causale completamente autonoma rispetto a quella posta in essere dalla condotta dell’agente, ma anche quella che, pur inserendosi nella serie causale dipendente dalla condotta dell’imputato, agisce per esclusiva forza propria nella determinazione dell’evento, cosicché la condotta dell’imputato, pur costituendo un precedente necessario per l’efficacia della causa sopravvenuta, assume rispetto all’evento stesso non il ruolo di fattore causale, ma di semplice occasione. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 3197 del 6 marzo 1990 (Cass. pen. n. 3197/1990)

In tema di nesso di causalità, la colpa della vittima non può costituire causa unica e determinante dell’evento in una situazione di pericolo posta in essere dall’imputato; la causa sopravvenuta, infatti, può essere considerata causa esclusiva dell’evento quando, rispetto alla serie causale precedente, presenti i caratteri della assoluta anormalità o, della eccezionalità e non può dirsi eccezionale e deve riconoscersi, invece, logicamente inserita nella precedente serie, la condotta di chi, dovendo legittimamente attendersi, in una situazione data, di essere tutelato, debba prendere atto della mancata predisposizione delle misure di tutela e adotti un comportamento non in grado, magari per imprudenza o imperizia, di evitare il pericolo che altri era tenuto a non creare. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 82 del 11 gennaio 1990 (Cass. pen. n. 82/1990)

In tema di rapporto di causalità ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 41 c.p., secondo cui «le disposizioni precedenti si applicano anche quando la causa preesistente, simultanea o sopravvenuta consiste nel fatto illecito altrui», il nesso di causalità non resta escluso dal fatto volontario altrui, cioè quando l’evento è dovuto anche all’imprudenza di un terzo o dello stesso offeso, poiché il fatto umano, involontario o volontario, realizza anch’esso un fattore causale, al pari degli altri fattori accidentali o naturali. (Nella specie, relativa ad annullamento di sentenza di assoluzione da omicidio colposo, la Suprema Corte ha ritenuto erroneo il ragionamento seguito dalla corte di merito, la quale, pur avendo considerato che l’imputato si era «comportato con evidente imprudenza», aveva concluso che, tuttavia, ciò non significava che egli dovesse rispondere dell’evento verificatosi a titolo di colpa (con ciò operando un’erronea sovrapposizione tra nesso oggettivo di causalità ed elemento soggettivo del reato) in quanto nel processo causale si era inserito un evento eccezionale ed imprevedibile, che aveva avuto un’influenza decisiva nella determinazione dell’evento, e cioè l’urto volontario, dato alla vittima con il gomito al braccio sinistro dell’imputato, che aveva provocato la rotazione e lo sparo della pistola che questi stava controllando). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 4287 del 26 maggio 1986 (Cass. pen. n. 4287/1986)

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