Quando più persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per questo stabilita, salve le disposizioni degli articoli seguenti.
Quando più persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per questo stabilita, salve le disposizioni degli articoli seguenti.
Quando più persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per questo stabilita, salve le disposizioni degli articoli seguenti.
In tema di concorso di persone nel reato, il successivo accertamento della partecipazione di un agente ulteriore rispetto ai soggetti per i quali è stata già esercitata l’azione penale, non dà luogo ad un potenziale contrasto tra giudicati, neppure in modo virtuale ed in astratto, tenuto conto del diverso stadio in cui pendono i procedimenti e della piena conciliabilità dei fatti storici, nè dispiega preclusione alcuna nel procedimento successivamente instaurato, mentre consente in quello pendente l’introduzione di una diversa configurazione dei ruoli tra i concorrenti. (Fattispecie in cui, dopo la condanna in primo grado di due imputati quali autori materiali di un omicidio, a seguito di una nuova ricostruzione della dinamica del delitto ad uno di essi veniva attribuito il ruolo di autista, essendo stato individuato come co-esecutore un terzo soggetto). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 34853 del 7 dicembre 2020 (Cass. pen. n. 34853/2020)
La condotta di chi riceva denaro quale contropartita della consegna di un carico di droga integra, indipendentemente dal fatto che la ricezione sia antecedente, contestuale o successiva a detta consegna, una ipotesi di concorso nel reato di cui all’art. 73 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, potendosi in generale ravvisare il diverso delitto di favoreggiamento reale solo nel caso in cui la condotta dell’agente non consista in un contributo alla diffusione della sostanza stupefacente. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 14747 del 13 maggio 2020 (Cass. pen. n. 14747/2020)
In tema di concorso esterno in associazione a delinquere di tipo mafioso, i principi enunciati dalla sentenza della Corte EDU del 14 aprile 2015, Contrada contro Italia, non si estendono a coloro che, pur trovandosi nella medesima posizione, non abbiano proposto ricorso in sede europea, in quanto la richiamata decisione del giudice sovranazionale non è una sentenza pilota e non può neppure ritenersi espressione di un orientamento consolidato della giurisprudenza europea. Cassazione penale, Sez. Unite, sentenza n. 8544 del 3 marzo 2020 (Cass. pen. n. 8544/2020)
In tema di concorso di persone nel reato di omicidio preterintenzionale, quando le aggressioni siano multiple e contestuali, nel tempo e nello spazio, ai danni di più vittime (una soltanto delle quali deceda per effetto delle percosse e/o lesioni subite), configurandosi in concreto un “fatto collettivo unitario”, il contributo rilevante ai sensi dell’art. 110 cod. pen., può consistere sia nell’agevolazione dell’aggressione contro la vittima, in ragione della superiorità numerica e della concomitante condotta dei concorrenti di neutralizzazione delle difese altrui (concorso materiale), che nel rafforzamento del proposito criminoso dell’esecutore, che si senta spalleggiato ed incoraggiato dalla concomitante azione degli altri (concorso morale); in tale situazione, il dolo dei singoli concorrenti ha ad oggetto, nella dimensione monosoggettiva, le sole percosse o lesioni, e non già la prevedibilità dell’evento letale, che nel delitto preterintenzionale non è voluto da alcuno, e, nella dimensione plurisoggettiva, la volontà di concorrere nel reato altrui, che può manifestarsi anche come intesa istantanea, o conoscenza, anche unilaterale, del contributo recato alla condotta altrui, o, infine, semplice adesione all’opera di un altro che ne rimanga ignaro. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 4715 del 4 febbraio 2020 (Cass. pen. n. 4715/2020)
In tema di corruzione, non risponde a titolo di concorso il soggetto che, non essendo stato parte dell’accodo corruttivo, intervenga nella sola fase esecutiva adoperandosi alla sua realizzazione. (In motivazione, la Corte ha precisato che la partecipazione alla sola realizzazione di quanto pattuito nell’accordo, non modifica la struttura del patto già concluso tra soggetti diversi e non consente di aggiungere all’unico patto pregresso un nuovo contraente postumo, ma può assumere al più rilevanza penale in relazione ad altre fattispecie di reato). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 46404 del 14 novembre 2019 (Cass. pen. n. 46404/2019)
Risponde di concorso ex art. 110 cod. pen. in un reato a dolo specifico (nella specie, ricettazione) anche il soggetto che apporti un contributo che non sia soggettivamente animato dalla particolare finalità richiesta dalla norma incriminatrice, a condizione che almeno uno degli altri concorrenti – non necessariamente l’esecutore materiale – agisca con tale intenzione e che della stessa il primo sia consapevole. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 38277 del 17 settembre 2019 (Cass. pen. n. 38277/2019)
Risponde di concorso ex art. 110 cod. pen. in un reato a dolo specifico (nella specie, ricettazione) anche il soggetto che apporti un contributo che non sia soggettivamente animato dalla particolare finalità richiesta dalla norma incriminatrice, a condizione che almeno uno degli altri concorrenti – non necessariamente l’esecutore materiale – agisca con tale intenzione e che della stessa il primo sia consapevole. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 28794 del 2 luglio 2019 (Cass. pen. n. 28794/2019)
In tema di concorso di persone nel reato, risponde ex art. 110 cod. pen., a titolo di dolo indiretto (indeterminato, alternativo o eventuale), il soggetto che abbia indicato al correo l’abitazione da depredare e fornito, anche durante la fase esecutiva, informazioni specifiche circa l’ubicazione di oggetti di valore atteso che, trattandosi di luogo ordinariamente destinato al domicilio delle persone, deve ritenersi insita nella originaria programmazione criminale l’accettazione del rischio di trasformazione del reato inizialmente pianificato in quello più grave realizzato. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 29641 del 8 giugno 2019 (Cass. pen. n. 29641/2019)
Ai fini della configurabilità della responsabilità dell’”extraneus” per concorso nel reato proprio, è indispensabile, oltre alla cooperazione materiale ovvero alla determinazione o istigazione alla commissione del reato, che l’”intraneus” esecutore materiale del reato sia riconosciuto responsabile del reato proprio, indipendentemente dalla sua punibilità in concreto per la eventuale presenza di cause personali di esclusione della responsabilità. (Fattispecie in tema di rivelazione di segreti di ufficio, nella quale la Corte ha annullato con rinvio la decisione di conferma della condanna dell’”extraneus” sebbene l’”intraneus” fosse stato assolto con la formula per non aver commesso il fatto). Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 219 del 4 gennaio 2019 (Cass. pen. n. 219/2019)
In tema di concorso di persone nel reato, l’assoluzione per difetto dell’elemento soggettivo in capo al concorrente “intraneo” nel reato proprio non esclude di per sé la responsabilità del concorrente “estraneo”, che resta punibile nei casi di autoria mediata di cui all’art. 48 cod. pen. e in tutti gli altri casi in cui la carenza dell’elemento soggettivo riguardi solo il concorrente “intraneo” e non sia quindi estensibile. (Nella specie la Corte ha ritenuto corretta la sentenza di merito che aveva riconosciuto la responsabilità per il reato di cui all’art. 44 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, del geometra che aveva redatto i disegni di un progetto di ristrutturazione edilizia, presentando scientemente una DIA anzichè di domanda di concessione edilizia, concorrendo così alla realizzazione di un abuso edilizio in area sottoposta a vincolo paesaggistico-ambientale, per quanto l’art. 29 dello stesso d.P.R. preveda come autori del reato soltanto il titolare del permesso di costruire, il committente, il costruttore ed il direttore dei lavori). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 36730 del 31 luglio 2018 (Cass. pen. n. 36730/2018)
La decisione della Corte EDU del 14 aprile 2015 nel procedimento Contrada contro Italia non può essere estesa a casi diversi da quello che ne forma direttamente oggetto, in relazione al quale soltanto vigono gli obblighi di conformazione imposti dall’art. 46 CEDU, in quanto l’assunto per il quale il concorso esterno in associazione di tipo mafioso costituirebbe reato di “creazione giurisprudenziale” non corrisponde alla realtà dell’ordinamento penale nazionale che si ispira al modello della legalità formale. (In motivazione la Corte ha affermato che le Sezioni unite penali, nelle decisioni che affermano la configurabilità del reato in parola, osservano i principi di legalità e tassatività delle fattispecie incriminatrici e delle relative sanzioni, fondandosi sulla combinazione tra la norma incriminatrice speciale e l’art. 110 cod. pen.). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 36509 del 30 luglio 2018 (Cass. pen. n. 36509/2018)
La circostanza aggravante del nesso teleologico può comunicarsi al concorrente nel reato ex art. 110 cod. pen. qualora i motivi a delinquere dell’autore della condotta rientrino nella rappresentazione e volizione – anche sotto il profilo del dolo eventuale – del concorrente medesimo. (In motivazione, la Corte ha specificato che detta aggravante è invece incompatibile con il cd. concorso anomalo ex art. 116 cod. pen.). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 20756 del 10 maggio 2018 (Cass. pen. n. 20756/2018)
Configura un’ipotesi di concorso morale nel reato di omicidio il cd. “mandato in bianco”, ossia l’ordine impartito dall’agente di uccidere persone designate in funzione dell’appartenenza ad un certo gruppo, atteso che i soggetti passivi, anche se non indicati individualmente, sono determinabili in base a caratteristiche selettive rispondenti alle finalità perseguite dall’agente stesso. (Fattispecie relativa a soggetto di vertice di un clan camorristico, che aveva ordinato l’uccisione di appartenenti ad un gruppo di trafficanti di droga di origine africana, operanti in una zona delimitata e in concorrenza con il clan). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 48590 del 23 ottobre 2017 (Cass. pen. n. 48590/2017)
Affinché si possa configurare il concorso morale nel reato occorre che vi sia prova di un comportamento esteriore qualificabile come contributo alla commissione del reato, nel senso che esso abbia fatto sorgere il proposito criminoso altrui o che lo abbia rafforzato, ovvero ancora che abbia agevolato l’azione illecita, materialmente posta in essere da altri. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 36739 del 24 luglio 2017 (Cass. pen. n. 36739/2017)
In tema di abuso di ufficio, l’estraneo al pubblico ufficio o al pubblico servizio può concorrere nel reato solo quando vi sia compartecipazione nell’attività criminosa del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio. (Fattispecie in cui la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso dell’imputato, ingegnere che aveva stipulato con il Comune un contratto di consulenza per sopperire alla scopertura del posto di tecnico comunale, fondato sulla sua estraneità all’organigramma del Comune). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 16449 del 31 marzo 2017 (Cass. pen. n. 16449/2017)
Ai fini dell’accertamento del concorso di persone nel reato, il giudice di merito non è tenuto a precisare il ruolo specifico svolto da ciascun concorrente nell’ambito dell’impresa criminosa, essendo sufficiente l’indicazione, con adeguata e logica motivazione, delle prove sulle quali ha fondato il libero convincimento dell’esistenza di un consapevole e volontario contributo, morale o materiale, dato dall’agente alla realizzazione del reato. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 48029 del 14 novembre 2016 (Cass. pen. n. 48029/2016)
In tema di reati edilizi, la prova della responsabilità del proprietario non committente delle opere abusive non può essere desunta esclusivamente dalla piena disponibilità giuridica e di fatto del suolo e dall’interesse specifico ad edificare la nuova costruzione, ma necessita di ulteriori elementi, sintomatici della sua compartecipazione, anche morale, alla realizzazione del manufatto, quali la presentazione della domanda di condono edilizio, i rapporti di parentela o affinità tra esecutore materiale dell’opera e proprietario, la presenza di quest’ultimo “in loco” e lo svolgimento di attività di vigilanza nell’esecuzione dei lavori o il regime patrimoniale dei coniugi. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 38492 del 16 settembre 2016 (Cass. pen. n. 38492/2016)
Il delitto previsto dall’art.12 “quinquies” della legge n.356 del 1992 richiede che tutti i concorrenti nel reato abbiano agito con il dolo specifico di eludere le disposizioni di legge in materia di prevenzione patrimoniale, per la cui prova in giudizio non è sufficiente dar conto della fittizia attribuzione della titolarità o disponibilità di denaro, beni o altre utilità. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto iimune da vizi la sentenza di assoluzione dell’intestatario fittizio dei beni, ritenendo insufficiente la prova della sua consapevolezza circa l’appartenenza del titolare effettivo ad un sodalizio criminoso e della conseguente finalità di eludere le disposizioni in materia di prevenzione patrimoniale). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 34667 del 5 agosto 2016 (Cass. pen. n. 34667/2016)
In tema trasporto di sostanze stupefacenti occultate in ovuli ingeriti da parte di più soggetti, sono elementi sufficienti a configurare il concorso di persone nel reato, in relazione all’intera quantità di stupefacente, le circostanze che: i soggetti siano stati sorpresi insieme; il tipo e la modalità di confezionamento dello stupefacente consenta di stabilire che lo stesso appartenga ad una medesima “partita”; il viaggio finalizzato all’acquisto e/o il successivo ritorno siano stati effettuati insieme. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 28251 del 7 luglio 2016 (Cass. pen. n. 28251/2016)
Ai fini del concorso nel delitto di strage, è sufficiente un contributo limitato alla sola fase preparatoria e di organizzazione logistica del reato materialmente commesso da altri concorrenti, non essendo neccessario essere informati sull’identità di chi agirà, sulle modalità esecutive della condotta e sull’identità della vittima, purchè vi sia la consapevolezza che la propria azione si iscriva in una più ampia progettazione delittuosa, finalizzata alla realizzazione di un omicidio di rilevante impatto sul territorio. (Nella fattispecie, relativa a strage mafiosa, la S.C. ha ritenuto la responsabilità dell’imputato in concorso, per aver svolto il ruolo di autista del caposcosca, organizzatore della strage, per averlo accompagnato in due sopralluoghi sul posto del delitto e per avergli offerto ospitalità, nella consapevolezza che stava preparandosi un attentato eclatante). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 25846 del 22 giugno 2016 (Cass. pen. n. 25846/2016)
Concorre in qualità di “extraneus” nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale il legale o il consulente contabile che, consapevole dei propositi distrattivi dell’imprenditore o dell’amministratore di una società in dissesto, fornisca a questi consigli o suggerimenti sui mezzi giuridici idonei a sottrarre i beni ai creditori o lo assista nella conclusione dei relativi negozi, ovvero ancora svolga un’attività diretta a garantire l’impunità o a rafforzare, con il proprio ausilio e con le proprie preventive assicurazioni, l’altrui progetto delittuoso. (Nella specie, l’imputato, quale consulente incaricato della tenuta della contabilità di varie società fallite, aveva consapevolmente partecipato alla realizzazione di numerose manipolazioni delle scritture contabili al fine di occultare la distrazione di ingenti somme di denaro). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 8276 del 29 febbraio 2016 (Cass. pen. n. 8276/2016)
In tema di concorso di persone nel reato, il principio della pari responsabilità dei concorrenti previsto dall’art. 110 cod. pen. non esonera dall’individuazione dell’autore o dei coautori della condotta descritta dalla fattispecie incriminatrice, poichè l’attribuzione del fatto di reato al terzo, cui non sia ascrivibile tale condotta, presuppone una partecipazione psichica necessariamente in rapporto ad uno o più autori materiali dell’illecito penale. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato senza rinvio la sentenza con cui il giudice di merito aveva condannato le imputate a titolo di concorso morale per i reati di cui agli artt. 613 e 591 cod. pen., pur non risultando possibile l’individuazione degli autori materiali di tali condotte). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 36941 del 14 settembre 2015 (Cass. pen. n. 36941/2015)
Ai fini della configurabilità del concorso del privato nel delitto di abuso d’ufficio, l’esistenza di una collusione tra il privato ed il pubblico ufficiale non può essere dedotta dalla mera coincidenza tra la richiesta dell’uno e il provvedimento adottato dall’altro, essendo invece necessario che il contesto fattuale, i rapporti personali tra i predetti soggetti, ovvero altri dati di contorno, dimostrino che la domanda del privato sia stata preceduta, accompagnata o seguita dall’accordo con il pubblico ufficiale, se non da pressioni dirette a sollecitarlo o persuaderlo al compimento dell’atto illegittimo. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto che correttamente la sentenza impugnata avesse desunto l’esistenza della collusione tra pubblico ufficiale e privati favoriti dal contesto e dai rapporti di parentela intercorrenti tra gli stessi, dall’evidenza del vantaggio procurato e dall’abnormità degli atti e comportamenti illegalmente posti in essere dal primo). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 33760 del 30 luglio 2015 (Cass. pen. n. 33760/2015)
In tema di concorso di persone nel reato, la responsabilità di chi coopera ad un fatto criminoso non presuppone la convergenza psicologica sull’evento finale perseguito da altro dei concorrenti, essendo sufficiente che il suo apporto sia stato prestato con consapevole volontà di contribuire, anche solo agevolandola, alla verificazione del fatto criminoso. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza di condanna per omicidio volontario del soggetto che aveva partecipato al sequestro della vittima e l’aveva lasciata nella totale disponibilità del coimputato, della cui determinazione ad uccidere era consapevole, pur non condividendo tale intento). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 15860 del 16 aprile 2015 (Cass. pen. n. 15860/2015)
In tema di concorso di persone nel reato, nel caso in cui all’imputato sia stata contestata sia la partecipazione materiale al fatto delittuoso che quella morale, la condanna solo per quest’ultima non comporta una pronunzia assolutoria parziale rispetto al contributo materiale al reato, poichè la statuizione sul ruolo assunto dal giudicabile non costituisce punto di decisione, in relazione al quale può formarsi una preclusione processuale o può operare il divieto di “reformatio in peius”. (Fattispecie in tema di omicidio). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 7845 del 20 febbraio 2015 (Cass. pen. n. 7845/2015)
In tema di concorso di persone, la partecipazione psichica sotto forma di istigazione richiede la prova che il comportamento tenuto dal presunto concorrente morale abbia effettivamente fatto sorgere il proposito criminoso ovvero lo abbia anche soltanto rafforzato, esercitando un’apprezzabile sollecitazione idonea ad influenzare la volontà altrui. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 2260 del 16 gennaio 2015 (Cass. pen. n. 2260/2015)
In relazione al delitto di trasferimento fraudolento di valori, colui che si rende fittiziamente titolare di denaro, beni o altre utilità, al fine di eludere le norme in materia di prevenzione patrimoniale o di contrabbando, o di agevolare la commissione di reati di ricettazione, riciclaggio o impiego di beni di provenienza illecita, risponde, a titolo di concorso, del medesimo reato ascritto a colui che ha operato la fittizia attribuzione, in quanto, con la sua condotta cosciente e volontaria, contribuisce alla lesione dell’interesse protetto dalla norma incriminatrice. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 39567 del 25 settembre 2014 (Cass. pen. n. 39567/2014)
Ai fini della configurabilità del concorso in detenzione o porto illegale di armi, è necessario che ciascuno dei compartecipi abbia la disponibilità materiale di esse e si trovi pertanto in una situazione di fatto, tale per cui possa comunque, in qualsiasi momento, disporne. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 13085 del 20 marzo 2014 (Cass. pen. n. 7765/2014)
È configurabile il concorso nel reato di cui all’art. 44 del d.P.R. n. 380 del 2001, commesso dal privato che abbia realizzato un intervento in contrasto con gli strumenti urbanistici, a carico del funzionario comunale nominato responsabile del procedimento che, procedendo ad istruire la pratica edilizia, abbia colposamente espresso parere favorevole al rilascio di un titolo abilitativo illegittimo, in tal modo apportando un contributo causale rilevante ai fini della determinazione dell’evento illecito. Cassazione penale, Sez. III, ordinanza n. 7765 del 19 febbraio 2014 (Cass. pen. n. 7765/2014)
In tema di detenzione di sostanze stupefacenti, la distinzione tra connivenza non punibile e concorso nel reato commesso da altro soggetto va individuata nel fatto che la prima postula che l’agente mantenga un comportamento meramente passivo, inidoneo ad apportare alcun contributo alla realizzazione del reato, mentre il secondo richiede un contributo partecipativo positivo – morale o materiale – all’altrui condotta criminosa, anche in forme che agevolino o rafforzino il proposito criminoso del concorrente. (Fattispecie nella quale la Corte ha escluso la configurabilità del concorso nell’altrui illecita detenzione di stupefacente di un soggetto che si era limitato ad accompagnare un amico in treno, pur consapevole che quest’ultimo doveva acquistare droga). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 4055 del 29 gennaio 2014 (Cass. pen. n. 4055/2014)
In materia di reato di devastazione, ai fini della sussistenza della responsabilità a titolo di concorso non è necessario che l’agente compia materialmente un atto di danneggiamento, purchè partecipi consapevolmente ai disordini diffusi. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto configurabile la responsabilità a titolo di concorso a carico dell’imputato che aveva lanciato fumogeni nel corso di gravi disordini verificatisi in occasione di un evento sportivo). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 3759 del 28 gennaio 2014 (Cass. pen. n. 3759/2014)
In tema di concorso di persone, la distinzione tra connivenza non punibile e concorso nel reato commesso da altro soggetto va individuata nel fatto che la prima postula che l’agente mantenga un comportamento meramente passivo, inidoneo ad apportare alcun contributo alla realizzazione del reato, mentre il secondo richiede un contributo partecipativo positivo – morale o materiale – all’altrui condotta criminosa, che si realizza anche solo assicurando all’altro concorrente lo stimolo all’azione criminosa o un maggiore senso di sicurezza, rendendo in tal modo palese una chiara adesione alla condotta delittuosa. (Nella specie la Corte ha ritenuto configurabile il concorso nei reati di sequestro di persona e violenza privata nei confronti dell’imputato che aveva assistito ai fatti materialmente commessi da altri due correi, senza intervenire in soccorso delle vittime, e dato “stimolo” all’azione criminosa, avendo fornito l’occasione per far incontrare ai due correi le persone offese). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 2805 del 21 gennaio 2014 (Cass. pen. n. 2805/2014)
Ai fini della configurazione del concorso di persone nel reato di detenzione di sostanze stupefacenti, è necessario e sufficiente che taluno partecipi all’altrui attività criminosa con la semplice volontà di adesione, che può manifestarsi in forme che agevolino detta detenzione, anche solo assicurando al concorrente una relativa sicurezza. (Fattispecie relativa a soggetto che aveva trasportato a bordo della propria auto, fino al luogo concordato con i cedenti, la persona individuata quale acquirente effettivo della droga oltre ad un pacco contenente il corrispettivo in danaro, ed aveva poi partecipato poi all’incontro con i venditori). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 2297 del 20 gennaio 2014 (Cass. pen. n. 2297/2014)
Il criterio distintivo tra il delitto di associazione per delinquere e il concorso di persone nel reato continuato va individuato nel carattere dell’accordo criminoso, che nell’indicata ipotesi di concorso si concretizza in via meramente occasionale ed accidentale, essendo diretto alla commissione di uno o più reati determinati – anche nell’ambito del medesimo disegno criminoso – con la realizzazione dei quali si esaurisce l’accordo e cessa ogni motivo di allarme sociale, mentre nel reato associativo risulta diretto all’attuazione di un più vasto programma criminoso, per la commissione di una serie indeterminata di delitti, con la permanenza di un vincolo associativo tra i partecipanti, anche indipendentemente ed al di fuori dell’effettiva commissione dei singoli reati programmati. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 933 del 13 gennaio 2014 (Cass. pen. n. 933/2014)
In tema di detenzione di sostanze stupefacenti, la distinzione tra connivenza non punibile e concorso nel reato va individuata nel fatto che, mentre la prima postula che l’agente mantenga un comportamento meramente passivo, inidoneo ad apportare alcun contributo alla realizzazione del reato, nel concorso di persona punibile è richiesto, invece, un contributo partecipativo – morale o materiale – alla condotta criminosa altrui, caratterizzato, sotto il profilo psicologico, dalla coscienza e volontà di arrecare un contributo concorsuale alla realizzazione dell’evento illecito. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta l’affermazione di responsabilità a titolo di concorso del titolare dell’abitazione in cui erano custoditi cospicui quantitativi di sostanze stupefacenti, non celate in unico luogo, e di strumenti idonei al confezionamento delle dosi). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 44633 del 5 novembre 2013 (Cass. pen. n. 44633/2013)
Concorre nel delitto di scambio elettorale politico-mafioso, di cui all’art. 416 ter c.p. ed è sanzionato ex art. 110 c.p. il soggetto che, in cambio della erogazione di denaro o di ogni altro bene traducibile in un valore di scambio immediatamente qualificabile in termini economici, prometta ad un candidato, in occasione di consultazioni elettorali, di procurare voti in suo favore, attraverso la forza di intimidazione del vincolo associativo tipico delle organizzazioni a delinquere di stampo mafioso e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva, di cui all’art. 416 bis c.p.. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 23005 del 28 maggio 2013 (Cass. pen. n. 23005/2013)
In materia contravvenzionale, è configurabile il concorso colposo dell’ “extraneus” che, pur privo della particolare qualificazione soggettiva prevista dalla norma penale, abbia comunque partecipato al reato materialmente commesso dall’ “intraneus”, tenuto a compiere una determinata condotta per il titolo giuridico posseduto. (Fattispecie nella quale è stata ritenuta la responsabilità concorsuale nel reato di cui all’art. 674 c.p. del proprietario di un locale in cui operava la pizzeria del figlio per l’inerzia dimostrata nell’impedire l’emissione di fumi molesti e per essere stato destinatario di un provvedimento inibitorio di urgenza emesso dal giudice civile). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 19437 del 6 maggio 2013 (Cass. pen. n. 19437/2013)
In tema di reati tributari, il regime derogatorio previsto dall’art. 9 del d.l.vo 10 marzo 2000, n. 74 non trova applicazione quando l’amministratore della società che ha emesso le fatture per operazioni inesistenti coincida con il legale rappresentante della diversa società che le abbia successivamente utilizzate. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 19025 del 2 maggio 2013 (Cass. pen. n. 11592/2013)
In tema di concorso di persone nel reato, a fronte ad un quadro che si profila certo sul coinvolgimento dell’indagato ma equivoco sul reale contributo causale da questi offerto, in caso di non univocità degli indizi raccolti a suo carico, qualora il grado di inferenza e quindi l’attitudine dimostrativa degli stessi in termini di qualificata probabilità di colpevolezza nella causazione dell’evento non superi il vaglio di legittimità, dovrà procedersi a nuovo esame di merito sulle alternative e plausibili prospettazioni di un diverso contributo causale dell’agente (Nella specie la Corte ha ritenuto la non univocità degli indizi raccolti in relazione all’entità del contributo causale del coimputato in un delitto di omicidio reputando ipotizzabile un ruolo diverso e meno coinvolgente dello stesso nella vicenda). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 11592 del 12 marzo 2013 (Cass. pen. n. 11592/2013)
In tema di bancarotta fraudolenta impropria, nell’ipotesi del fallimento cagionato per effetto di operazioni dolose, il concorso dell’”extraneus” istigatore e beneficiario delle operazioni è configurabile qualora questi risulti consapevole del rischio che le suddette operazioni determinano per le ragioni dei creditori della società, non essendo invece necessario che egli abbia voluto causare un danno ai creditori medesimi. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 11624 del 26 marzo 2012 (Cass. pen. n. 11624/2012)
L’assoluzione per difetto dell’elemento soggettivo in capo al concorrente “intraneo” nel reato proprio non esclude di per sé la responsabilità del concorrente “estraneo”, che resta punibile nei casi di autorità mediata di cui all’art. 48 c.p. e in tutti gli altri casi in cui la carenza dell’elemento soggettivo riguardi solo il concorrente “intraneo” e non sia quindi estensibile. (Nel caso di specie, il fatto originariamente imputato a titolo di concorso nella falsità ideologica in certificati commessa da persona esercente un servizio di pubblica necessità è stato riqualificato dalla S.C. quale falso per induzione ai sensi degli artt. 48 e 481 c.p.). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 35884 del 16 settembre 2009 (Cass. pen. n. 35884/2009)
La frequentazione e condivisione degli interessi di un gruppo, da cui derivi la conoscenza del progetto delittuoso maturato al suo interno, integra concorso nel reato quando si traduca in un rafforzamento della volontà criminale degli altri compartecipi, nella fase preparatoria o in quella esecutiva. Si fuoriesce, dunque, dai confini della mera connivenza non punibile quando vi sia stata una anticipata programmazione di attività di copertura, che abbia rafforzato il proposito criminoso degli esecutori del reato. (Nel caso di specie, la Suprema Corte ha ritenuto configurabile un contributo concorsuale, e non una mera connivenza, nella condotta di alcuni soggetti che, rivestendo una posizione di rilievo all’interno del gruppo delle «bestie di Satana » si erano prestati a prelevare le vittime designate di un duplice omicidio rituale, e subito dopo il delitto avevano efficacemente messo in opera attività di occultamento e depistaggio, previste anticipatamente nel piano criminoso ). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 32851 del 5 agosto 2008 (Cass. pen. n. 32851/2008)
Integra il concorso dell’extraneus nel reato di bancarotta fraudolenta per distrazione, il consulente della società che, consapevole dei propositi distrattivi dell’imprenditore e degli amministratori della società, concorra all’attività distrattiva posta in essere da questi ultimi progettando e portando ad esecuzione la conclusione di contratti (nella specie affitto di azienda) privi di effettiva contropartita e preordinati ad avvantaggiare i soci a scapito dei creditori. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 10742 del 10 marzo 2008 (Cass. pen. n. 10742/2008)
Ai fini della configurabilità del concorso di persone nel reato, il contributo concorsuale assume rilevanza non solo quando abbia efficacia causale, ponendosi come condizione dell’evento lesivo, ma anche quando assuma la forma di un contributo agevolatore, e cioè quando il reato, senza la condotta di agevolazione, sarebbe ugualmente commesso, ma con maggiori incertezze di riuscita o difficoltà. Ne deriva che, a tal fine, è sufficiente che la condotta di partecipazione si manifesti in un comportamento esteriore idoneo ad arrecare un contributo apprezzabile alla commissione del reato, mediante il rafforzamento del proposito criminoso o l’agevolazione dell’opera degli altri concorrenti, e che il partecipe, per effetto della sua condotta, idonea a facilitarne l’esecuzione, abbia aumentato la possibilità della produzione del reato, perché in forza del rapporto associativo diventano sue anche le condotte degli altri concorrenti. (Fattispecie nella quale è stato escluso il concorso nel delitto di coltivazione di piantine di canapa indiana in capo a persona che occasionalmente aveva provveduto a innaffiarle, trovandosi insieme con il proprietario delle piante, autore dell’illecito). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 24895 del 26 giugno 2007 (Cass. pen. n. 24895/2007)
In tema di concorso di persone, mentre la connivenza non punibile postula che l’agente mantenga un comportamento meramente passivo, il concorso può essere manifestato in forme che agevolano la condotta illecita, anche solo assicurando all’altro concorrente nel reato lo stimolo all’azione criminosa, o un maggiore senso di sicurezza nella propria condotta, rendendo in tal modo palese una chiara adesione alla condotta delittuosa. (Nel caso di specie la Suprema Corte ha ritenuto corretta la motivazione dei giudici di merito in relazione alla prova della responsabilità, a titolo di concorso nel reato di omicidio volontario, di uno dei partecipanti all’agguato organizzato nei confronti di un rappresentante di oggetti preziosi, nel corso del quale venivano esplosi ripetuti colpi di arma da fuoco contro l’auto condotta dalla vittima, che l’attingevano mortalmente). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 15023 del 2 maggio 2006 (Cass. pen. n. 15023/2006)
Nel reato di abuso di ufficio, la partecipazione dell’extraneus può essere configurata quando sia provato l’accordo criminoso, che non può essere desunto solo dalla presentazione di un’istanza volta ad ottenere l’atto illegittimo, essendo invece necessaria la prova che la presentazione della domanda sia stata preceduta, accompagnata o seguita da un’intesa o da pressioni dirette a sollecitare o persuadere il pubblico funzionario. (Fattispecie in cui il privato aveva presentato una domanda volta ad ottenere l’indennità di accompagnamento per infermità ed aveva avuto contatti telefonici con uno dei componenti della commissione medica, che gli aveva spiegato quali erano le condizioni per ottenere l’indennità; era stato poi detto componente a tentare di far ottenere all’istante l’indennità pur mancandone le condizioni, senza un effettivo e concreto contributo causale del privato). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 2844 del 27 gennaio 2004 (Cass. pen. n. 2844/2004)
Nel reato concorsuale il dolo dei singoli concorrenti non presuppone necessariamente un previo accordo, o la contestuale e reciproca consapevolezza del concorso, essendo sufficiente che ciascun agente abbia conoscenza, anche unilaterale, del contributo recato alla condotta altrui. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 1271 del 20 gennaio 2004 (Cass. pen. n. 1271/2004)
In tema di reati fallimentari, i consulenti commercialisti o esercenti la professione legale concorrono nei fatti di bancarotta quando, consapevoli dei propositi distrattivi dell’imprenditore o degli amministratori della società, forniscano consigli o suggerimenti sui mezzi giuridici idonei a sottrarre i beni ai creditori o li assistano nella conclusione dei relativi negozi ovvero ancora svolgano attività dirette a garantire l’impunità o a favorire o rafforzare, con il proprio ausilio o con le proprie preventive assicurazioni, l’altrui proposito criminoso. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 569 del 12 gennaio 2004 (Cass. pen. n. 569/2004)
Il concorso di persone nel porto o nella detenzione di una arma non può essere escluso dalla semplice appartenenza dell’arma a uno solo dei concorrenti, se con questo gli altri abbiano programmato dei reati prevedendo la necessità della utilizzazione dell’arma e abbiano poi realizzato questi reati accompagnandosi nel luogo in cui essi dovevano essere consumati. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 46286 del 2 dicembre 2003 (Cass. pen. n. 46286/2003)
In tema di concorso di persone nel reato, la circostanza che il contributo causale del concorrente morale possa manifestarsi attraverso forme differenziate e atipiche della condotta criminosa (istigazione o determinazione all’esecuzione del delitto, agevolazione alla sua preparazione o consumazione, rafforzamento del proposito criminoso di altro concorrente, mera adesione o autorizzazione o approvazione per rimuovere ogni ostacolo alla realizzazione di esso) non esime il giudice di merito dall’obbligo di motivare sulla prova dell’esistenza di una reale partecipazione nella fase ideativa o preparatoria del reato e di precisare sotto quale forma essa si sia manifestata, in rapporto di causalità efficiente con le attività poste in essere dagli altri concorrenti, non potendosi confondere l’atipicità della condotta criminosa concorsuale, pur prevista dall’art. 110 c.p., con l’indifferenza probatoria circa le forme concrete del suo manifestarsi nella realtà. Cassazione penale, Sez. Unite, sentenza n. 45276 del 24 novembre 2003 (Cass. pen. n. 45276/2003)
Nel reato di abuso di ufficio, la sussistenza del concorso del privato non può essere dedotta dalla mera coincidenza tra la richiesta ed il provvedimento emesso dal pubblico ufficiale, essendo necessario, invece, che il contesto fattuale dimostri che la presentazione della domanda sia stata preceduta, accompagnata o seguita da un’intesa col pubblico funzionario o da sollecitazioni. (Fattispecie in cui il privato ha accompagnato la richiesta con documentazione giustificativa non idonea e tale da dimostrare la consapevolezza di non aver maturato alcun diritto al rilascio della concessione edilizia, palesemente contrastante con un precedente parere degli uffici tecnici e inseritasi in una procedura amministrativa illegittima). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 43020 del 11 novembre 2003 (Cass. pen. n. 43020/2003)
Il pubblico ufficiale che emette mandati di pagamento, supponendo in buona fede che il denaro sia destinato a coprire spese effettivamente sostenute dal proprio ufficio, non concorre nel reato di peculato con il proprio dipendente, il quale, prospettando fittiziamente tali spese, lo abbia sollecitato ad emettere i relativi mandati col pretesto di eseguire il pagamento, appropriandosi delle somme in esse portate. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 37030 del 26 settembre 2003 (Cass. pen. n. 37030/2003)
In tema di concorso di persone nel reato, tutte le volte che il soggetto non soltanto si rappresenta l’evento, ma lo vuole, sia sotto il profilo del dolo diretto che del dolo indiretto (in tutte le sue accezioni), non ricorre l’ipotesi di cui all’art. 116 c.p., ma quella del concorso di cui all’art. 110 c.p., essendo presenti entrambi gli elementi che caratterizzano il concorso di persone nel reato e cioè il nesso causale e la volontà di commettere il reato. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 30262 del 18 luglio 2003 (Cass. pen. n. 30262/2003)
In relazione a reati commessi in parte anche all’estero, ai fini dell’affermazione della giurisdizione italiana, è sufficiente che nel territorio dello Stato si sia verificato l’evento o sia stata compiuta, in tutto o in parte, l’azione, con la conseguenza che, in ipotesi di concorso di persone, perché possa ritenersi estesa la potestà punitiva dello Stato a tutti i compartecipi e a tutta l’attività criminosa, ovunque realizzata, è sufficiente che in Italia sia stata posta in essere una qualsiasi attività di partecipazione ad opera di uno qualsiasi dei concorrenti, a nulla rilevando che tale attività parziale non rivesta in sé carattere di illiceità, dovendo essa essere intesa come frammento di un unico iter delittuoso da considerarsi come inscindibile. Ne consegue che anche per il cittadino straniero il quale, pur essendo stato sempre all’estero, abbia collaborato con un cittadino italiano per l’importazione in Italia di sostanza stupefacente, nella consapevolezza che si dava esecuzione a un reato quivi deliberato, il reato stesso deve considerarsi commesso nel territorio dello Stato. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 29702 del 16 luglio 2003 (Cass. pen. n. 29702/2003)
Ai fini della sussistenza del concorso di persone nel reato, se non occorre la prova di un previo concerto tra i concorrenti, è necessario, nondimeno, dimostrare che ciascuno di essi abbia agito per una finalità unitaria con la consapevolezza del ruolo svolto dagli altri e con la volontà di agire in comune. Inoltre, nel caso in cui taluno abbia deciso di subentrare in un progetto criminoso da altri intrapreso, è necessaria una più attenta motivazione del giudice di merito in ordine al dolo di partecipazione, occorrendo la dimostrazione che il subentrante conoscesse quanto già realizzato dai singoli compartecipi, quanto fosse ancora da realizzare e quali fossero i compiti specifici di ciascuno. (Principi affermati dalla S.C. in una fattispecie di turbata libertà degli incanti relativamente ad una licitazione privata per l’acquisto di macchinari sanitari, che aveva comportato una lunga procedura protrattasi nel tempo, tanto da interessare diversi amministratori, tutti chiamati a rispondere a titolo di concorso di persone nel reato di cui all’art. 353 c.p.). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 25705 del 12 giugno 2003 (Cass. pen. n. 25705/2003)
Il concorso morale nel reato presuppone un’effettiva influenza sull’autore materiale del fatto, sì che, perché sussista, è necessario che l’adesione o la giustificazione del fatto criminoso sia manifestata in presenza dell’autore materiale del reato, prima che questi lo commetta, rafforzandone il proposito criminoso. Ne consegue che, per quanto aberrante e riprovevole sul piano etico, l’adesione o giustificazione morale — manifestata successivamente al fatto — dello stupro compiuto dal padre ai danni della moglie non integra gli estremi del concorso morale. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 23916 del 30 maggio 2003 (Cass. pen. n. 23916/2003)
Concorre nel reato di abusivo esercizio di una professione, previsto dall’art. 348 c.p., il geometra che si sia limitato a sottoscrivere un progetto edilizio interamente elaborato da soggetto privo di abilitazione, rendendo in questo modo possibile o più agevole la commissione del reato (fattispecie in cui l’imputato aveva sottoscritto una serie di progetti elaborati dal tecnico del comune, a cui tale attività era preclusa a causa del rapporto di dipendenza con l’ente territoriale). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 21424 del 15 maggio 2003 (Cass. pen. n. 15116/2003)
In tema di abuso di ufficio, per configurare il concorso dell’extraneus nel reato, deve essere provata l’intesa intercorsa col pubblico funzionario o la sussistenza di pressioni o sollecitazioni dirette ad influenzarlo, non potendo dedursi tale collusione dalla semplice presentazione dell’istanza, ancorché oggettivamente infondata, e dal suo accoglimento. (Fattispecie relativa alla semplice domanda rivolta dal Sindaco alla Giunta di vedersi riconosciuta l’indennità di carica in misura doppia, pur mancando ogni accertamento su una pregressa attività lavorativa, con conforme delibera di giunta alla quale il Sindaco non aveva partecipato). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 15116 del 31 marzo 2003 (Cass. pen. n. 15116/2003)
In tema di concorso di persone nel reato, non costituisce condotta di partecipazione – per difetto dell’elemento oggettivo e di quello soggettivo del reato – il comportamento di chi, sulla diretta richiesta del destinatario di pretese estorsive interessato a trattare una dilazione dei pagamenti impostigli da una organizzazione criminale, si limiti ad accompagnare presso la vittima un esponente di detta organizzazione, ed assista in silenzio al conseguente colloquio. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 6250 del 7 febbraio 2003 (Cass. pen. n. 6250/2003)
La semplice condotta omissiva e connivente non è sufficiente a fondare un’affermazione di responsabilità a titolo di concorso nel reato, occorrendo, a tal fine, che sussista un contributo materiale o psicologico che abbia consentito una più agevole commissione del delitto, stimolando o rafforzando il proposito criminoso del concorrente. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 61 del 8 gennaio 2003 (Cass. pen. n. 61/2003)
È configurabile la partecipazione, a titolo di concorso morale, nell’omicidio di persona diversa da quella cui l’aggressione era diretta (aberratio ictus), in quanto l’errore esecutivo non ha alcuna incidenza sull’elemento soggettivo del partecipe morale, essendosi comunque realizzata l’azione concordata con l’autore materiale, il cui esito aberrante è privo di ogni rilevanza ai fini della qualificazone del reato sotto il profilo oggettivo e soggettivo (nel caso di specie, l’imputato, appartenente ad una associazione criminale, era gravemente indiziato di essere il mandante dell’omicidio di una coppia di coniugi, sopravvissuti all’aggressione, nella quale, invece, aveva trovato la morte la figlia minorenne). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 40513 del 14 novembre 2001 (Cass. pen. n. 40513/2001)
In tema di concorso di persone nel reato, la volontà di concorrere non presuppone necessariamente un previo accordo o, comunque, la reciproca consapevolezza del concorso altrui, essendo sufficiente che la coscienza del contributo fornito all’altrui condotta esista unilateralmente, con la conseguenza che essa può indifferentemente manifestarsi o come previo concerto o come intesa istantanea ovvero come semplice adesione all’opera di un altro che rimane ignaro. Cassazione penale, Sez. Unite, sentenza n. 31 del 3 maggio 2001 (Cass. pen. n. 31/2001)
In tema di concorso nel reato proprio di falso in bilancio, è corretto desumere la sussitenza dell’elemento soggettivo da una condotta inequivocamente finalizzata — attraverso l’intervento degli autori materiali del fatto — ad indurre in errore soci e terzi sulla consistenza patrimoniale della società. (In motivazione, la Corte ha chiarito che l’intento fraudolento dell’extraneus era stato giustamente desunto dai giudici di merito, non solo dalla conoscenza che costui aveva delle falsificazioni operate ma anche della sua condotta, consistente in «aggiustamenti tecnici» dei dati che gli venivano forniti per la predisposizione dei bilanci di fine esercizio). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 6894 del 20 febbraio 2001 (Cass. pen. n. 6894/2001)
In tema di associazione per delinquere di tipo mafioso (art. 416 bis c.p.), il combinato disposto degli artt. 110 e 115 c.p. preclude la configurabilità di un concorso esterno o eventuale, atteso che l’aiuto portato all’associazione nei momenti di crisi o fibrillazione integra, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, la condotta del «far parte» del sodalizio criminoso. (Nella specie la Corte, rilevando, nel provvedimento impugnato, la mancanza della motivazione in ordine alla sussistenza dello stato di crisi o fibrillazione dell’associazione per delinquere, ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare, ritenendo che la natura del vizio riscontrato non imponesse l’applicazione dell’art. 618 c.p.p. e la rimessione alle sezioni unite per la risoluzione del contrasto interpretativo con la decisione delle sezioni unite del 5 ottobre 1994, n. 16, ric. Demitry). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 3299 del 23 gennaio 2001 (Cass. pen. n. 3299/2001)
In tema di detenzione di stupefacenti, la distinzione tra connivenza non punibile e concorso nel delitto va individuata nel fatto che, mentre la prima postula che l’agente mantenga un comportamento meramente passivo, nel concorso è richiesto un contributo quanto meno nell’occultamento, custodia e controllo dello stupefacente che, per essere finalizzati ad evitare che la stessa venga rinvenuta e quindi a protrarre la illegittima detenzione, costituiscono apporto concorsuale al reato in questione. (Fattispecie in cui è stato ritenuto concorrente il figlio, titolare dell’appartamento in cui la droga era nascosta) Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 12777 del 7 dicembre 2000 (Cass. pen. n. 12777/2000)
La sola presenza fisica di un soggetto allo svolgimento dei fatti non assume univoca rilevanza, allorquando si mantenga in termini di mera passività o connivenza, risolvendosi, invece, in forma di cooperazione delittuosa allorquando la medesima si attui in modo da realizzare un rafforzamento del proposito dell’autore materiale del reato e da agevolare la sua opera, sempre che il concorrente morale si sia rappresentato l’evento del reato ed abbia partecipato ad esso esprimendo una volontà criminosa uguale a quella dell’autore materiale. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 12089 del 23 novembre 2000 (Cass. pen. n. 12089/2000)
La semplice tolleranza da parte di chi ha la disponibilità giuridica e di fatto del fondo di un intervento dispositivo dal quale deriva la trasformazione edilizia del fondo stesso pone in essere un contributo essenziale alla realizzazione dell’illecito. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 859 del 27 gennaio 2000 (Cass. pen. n. 859/2000)
Chi affida ad un consulente fiscale l’incarico di effettuare adempimenti di natura tributaria non è esonerato da responsabilità in caso di inadempimento, sia perché il contribuente si avvale dell’opera del consulente, sia perché la legge considera come personale il relativo dovere. Peraltro è configurabile il concorso colposo quando la inosservanza degli adempimenti fiscali possa ricondursi a provata negligenza del professionista; infatti la responsabilità di quest’ultimo a titolo colposo non fa venire meno quella del contribuente. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 3923 del 11 gennaio 2000 (Cass. pen. n. 3923/2000)
In tema di concorso di persone nel reato, la desistenza di uno dei concorrenti deve instaurare, perché si riverberi favorevolmente sulla posizione degli altri compartecipi, un processo causale che arresti l’azione di questi ultimi e impedisca comunque l’evento. Ove la desistenza del singolo elimini soltanto gli effetti della condotta individuale, rendendola estranea ed irrilevante rispetto al reato commesso dagli altri o rimasto allo stato di tentativo, di tale desistenza non possono beneficiare gli altri compartecipi, le cui condotte pregresse, conservando intatta la loro valenza causale, hanno prodotto conseguenze ormai irreversibili, funzionali alla consumazione del reato o alla configurazione del tentativo punibile. (Fattispecie in tema di tentativo di estorsione, nel quale la S.C., nell’enunciare il principio di cui in massima, ha escluso che la desistenza volontaria ravvisata nella condotta dell’autore materiale potesse estendersi al mandante, in quanto l’azione di quest’ultimo aveva integralmente esaurito il suo apporto causale — senza essere arrestata dall’azione del primo — integrando, quindi, gli estremi del tentativo punibile). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 14188 del 15 dicembre 1999 (Cass. pen. n. 14188/1999)
In tema di concorso di persone nel reato, integra il concorso di cui all’art. 110 c.p. non solo il vero e proprio «mandato», ma anche la «autorizzazione» al delitto, pur se da altri progettato, per quel tanto che la stessa autorizzazione comporta nella rimozione di un divieto proveniente da colui del quale, per ragione dell’autorità di cui è investito, l’assenso è richiesto. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 13885 del 3 dicembre 1999 (Cass. pen. n. 13885/1999)
Ai fini della sussistenza del concorso di persone nel reato, non basta un comune interesse accompagnato da vincoli interpersonali o un ruolo di virtuale adesione al delitto ma occorre un contributo concreto alla realizzazione dello stesso. (Nella specie la S.C. – in applicazione del principio di cui in massima – ha escluso che integri gli estremi del concorso in abuso d’ufficio il fatto di essere autorevole conoscente del presidente di una commissione preordinata all’accertamento della invalidità nonché padre del soggetto da quest’ultima beneficiato). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 9575 del 27 luglio 1999 (Cass. pen. n. 9575/1999)
In tema di concorso morale nel reato, quando il concorso venga prospettato soltanto sotto la forma del rafforzamento dell’altrui proposito criminoso, non può pretendersi la prova positiva, obiettivamente impossibile, che senza di esso quel proposito non sarebbe stato attuato, dovendosi invece considerare sufficiente la prova della obiettiva idoneità, in base alle regole della comune esperienza, della condotta consapevolmente posta in essere dal concorrente a produrre, sia pure in misura modesta, il suddetto rafforzamento. (Fattispecie in cui nonostante non fosse certa la provenienza del colpo mortale dall’uno o dall’altro degli imputati è stato ritenuto il concorso in omicidio, essendosi accertato il reciproco incitamento all’azione). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 8763 del 8 luglio 1999 (Cass. pen. n. 8763/1999)
In materia edilizia la responsabilità di soggetti diversi da quelli indicati come responsabili è sempre ipotizzabile in applicazione degli ordinari criteri del concorso di persona. Ne deriva che l’esecutore dei lavori risponde della contravvenzione qualora sia accertata non soltanto la sua materiale collaborazione alla realizzazione dell’illecito, ma anche la piena consapevolezza dell’abusività dei lavori. (Nella specie la Corte ha affermato la responsabilità degli esecutori dei lavori che erano in corso di notte alla luce di un faro, in giorno festivo, e pertanto, in momenti nei quali i controlli erano minori). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 7626 del 14 giugno 1999 (Cass. pen. n. 7626/1999)
In tema di bancarotta fraudolenta, concorrono alla consumazione del delitto tutti coloro che abbiano, con la loro attività, apportato un concreto contributo causale alla produzione del dissesto dell’azienda; pertanto, pur rappresentando la sentenza dichiarativa di fallimento elemento costitutivo della fattispecie (in quanto accertativa dello stato di insolvenza e della qualifica di imprenditore o di amministratore del soggetto attivo), anche l’eventuale amministratore di fatto può essere chiamato a rispondere del reato, in concorso, appunto, con il soggetto dichiarato fallito. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 7583 del 11 giugno 1999 (Cass. pen. n. 7583/1999)
Nel caso di concorso di persone nel reato, il semplice abbandono o l’interruzione dell’azione criminosa da parte di uno dei compartecipi non è sufficiente a integrare la desistenza, ma è necessario un quid pluris che consiste nell’annullamento del contributo dato alla realizzazione collettiva, in modo che esso non possa essere più efficace per la prosecuzione del reato, con eliminazione delle conseguenze fino a quel momento prodotte. (Fattispecie in tema di truffa, in cui la vittima era stata indotta da parte di più concorrenti a versare, in tempi diversi, somme di denaro carpite con inganno e nella quale un concorrente, pur non partecipando più materialmente alla ricezione di dette somme, non aveva svelato alla vittima il meccanismo truffaldino, permettendo che molte altre dazioni avvenissero a mano dei correi). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 6619 del 27 maggio 1999 (Cass. pen. n. 6619/1999)
Il criterio distintivo del delitto di associazione per delinquere rispetto al concorso di persone nel reato (e in specie nel reato continuato) consiste essenzialmente nel carattere dello stesso accordo criminoso; infatti, nel concorso, esso si manifesta in maniera occasionale ed accidentale, in quanto diretto alla commissione di uno o più reati determinati, eventualmente ispirati dal medesimo disegno criminoso, mentre nell’associazione è diretto all’attuazione di un programma criminoso, volto alla commissione di una serie indeterminata di delitti con la permanenza del vincolo associativo tra gli autori, ciascuno dei quali ha consapevolezza di essere associato all’attuazione del programma criminoso, anche indipendentemente dalla commissione dei singoli reati programmati. Appare pertanto astrattamente corretta e, se confortata da adeguata motivazione, incensurabile in sede di legittimità, la decisione del giudice di merito che, assolto un imputato per difetto di dolo dal delitto associativo (ritenendo il suo ruolo circoscritto al solo gioco di azzardo), abbia poi disposto la confisca di somma di danaro che lo stesso deteneva, in quanto provento di attività illecita, riferibile alla associazione suddetta. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 949 del 1 aprile 1999 (Cass. pen. n. 949/1999)
In tema di concorso di persone nel reato, stante la struttura unitaria del reato concorsuale, allorché si viene a realizzare quell’associazione di diverse volontà finalizzate alla produzione dello stesso evento, ciascun compartecipe è chiamato a rispondere sia degli atti compiuti personalmente, sia di quelli compiuti dai correi nei limiti della concordata impresa criminosa; per cui, quando l’attività del compartecipe si sia estrinsecata e inserita con efficienza causale nel determinismo produttivo dell’evento, fondendosi indissolubilmente con quella degli altri, si avrà, come ulteriore conseguenza, che l’evento verificatosi sia da considerare come l’effetto dell’azione combinata di tutti i concorrenti, anche di quelli che non hanno posto in essere l’azione tipica del reato. (Fattispecie in tema di ritenuto concorso nelle effettuazioni di reati vari da parte di persona posta al vertice di associazione politico-criminale che ideava e programmava le imprese poste in esecuzione da altri). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 7442 del 24 giugno 1998 (Cass. pen. n. 7442/1998)
In materia edilizia il proprietario risponde dei relativi reati non in quanto tale, ma solo se abbia la disponibilità dell’immobile ed abbia dato incarico dei lavori o li abbia eseguiti personalmente; mentre se l’incarico sia stato dato da altro proprietario o da altro detentore, non può essere ritenuto responsabile dell’abuso, anche se abbia espresso adesione alla realizzazione dell’opera. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 7148 del 15 giugno 1998 (Cass. pen. n. 7148/1998)
In base alla concezione unitaria del concorso di persone nel reato, l’attività costitutiva del concorso può essere rappresentata da qualsiasi comportamento esteriore che fornisca un apprezzabile contributo, in tutte o alcune delle fasi di ideazione, organizzazione ed esecuzione, alla realizzazione collettiva, anche soltanto mediante il rafforzamento dell’altrui proposito criminoso o l’agevolazione dell’opera dei concorrenti. Ne segue che non è neppure necessario un previo accordo diretto alla causazione dell’evento, ben potendo il concorso esplicarsi in un intervento di carattere estemporaneo sopravvenuto a sostegno dell’azione altrui, ancora in corso quand’anche iniziata all’insaputa del correo. È invece estranea alla figura del concorso l’attività diretta a favorire gli autori del reato posta in essere dopo che questo fu commesso, ma la preventiva promessa o prospettazione di tale aiuto, che abbia rafforzato l’altrui proposito criminoso, integra già a pieno titolo una condotta rilevante ai sensi dell’art. 110 c.p. Infine, nel caso di più reati posti in essere nell’ambito di un unico programma, il concorrente che abbia svolto il compito assegnatogli risponde non solo del reato o dei reati alla cui commissione abbia materialmente partecipato, ma anche di quelli eseguiti dai complici che, a loro volta e nello stesso modo, devono rispondere dei fatti da lui posti in essere. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 6489 del 3 giugno 1998 (Cass. pen. n. 6489/1998)
Ai fini della sussistenza del concorso di persone nel reato è necessario un contributo causale in termini, sia pur minimi, di facilitazione della condotta delittuosa mentre la semplice conoscenza o anche l’adesione morale, l’assistenza inerte e senza iniziative a tale condotta non realizzano la fattispecie concorsuale. (Nella specie la S.C. ha escluso che integri concorso la mera presenza in casa o l’essere assiduo frequentatore della casa in cui si consuma il reato di cessione di stupefacenti). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 3924 del 30 marzo 1998 (Cass. pen. n. 3924/1998)
In tema di false comunicazioni sociali, qualora la redazione di falsa contabilità serva di supporto alla falsa rappresentazione della realtà sociale offerta dal bilancio, chiunque, benché estraneo, contribuisca a tali artifici contabili, nella prospettiva della futura dissimulazione di una riserva occulta nei bilanci di esercizio di una società, offre un contributo causale determinante alla condotta criminosa punita dall’art. 2621 c.c., e ciò a maggior ragione quando le sue capacità tecniche professionali siano tali da rassicurare l’amministratore sull’efficacia del risultato dissimulatorio. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 1245 del 31 gennaio 1998 (Cass. pen. n. 1120/1997)
Il concorso eventuale nel reato associativo è configurabile e si realizza ogni qualvolta un soggetto, senza essere stabilmente inserito nella struttura dell’associazione criminosa, svolga, con coscienza e volontà, un’attività, ancorché occasionale e di importanza secondaria o di semplice intermediazione, che sia conforme alle finalità proprie dell’associazione mafiosa e valga a rappresentare un contributo causale apprezzabile per il loro conseguimento. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 1120 del 25 giugno 1997 (Cass. pen. n. 1120/1997)
In tema di spaccio di sostanze stupefacenti perché possa sussistere l’aggravante del concorso di tre o più persone occorre che la pluralità di soggetti sia riferibile a una delle condotte necessarie per l’integrazione del reato (offerta, eventuale intermediazione, acquisto) e non alla somma delle tre, poiché l’ordinamento connette uno specifico disvalore proprio al coinvolgimento di più persone nel medesimo ruolo. D’altro canto, trattandosi di reato a concorso necessario costituito dallo scambio tra almeno due persone che si realizza sovente attraverso l’intermediazione di terzi, l’aggravante sarebbe altrimenti pressoché implicita nella stessa ipotesi semplice. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 5993 del 20 giugno 1997 (Cass. pen. n. 5993/1997)
In tema di concorso esterno materiale nel delitto di cui all’art. 416 bis c.p., la differenza tra l’ipotesi della partecipazione e l’ipotesi del concorso esterno va ravvisata nel fatto che chi pone in essere un comportamento nell’interesse dell’associazione deve intervenire in un momento in cui il sodalizio si trovi in una condizione di difficoltà, tendendo proprio a far sì che l’associazione venga, attraverso il suo contributo, “salvata”, purché il concorrente esterno sappia di questa situazione. Di conseguenza, il concorso vale a qualificare il reato posto in essere per salvare l’associazione non come reato-fine ma come reato-mezzo, realizzato per gli scopi del sodalizio, in mancanza della volontà di farli propri. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta la statuizione del giudice di merito che ha ravvisato la sussistenza del concorso esterno nel reato di cui all’art. 416 bis c.p. nella consumazione di un omicidio “esemplare” di persona che, appartenente ad altro clan, in un momento di crisi del sodalizio, aveva contestato la posizione egemonica del sodalizio stesso). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 5649 del 13 giugno 1997 (Cass. pen. n. 5649/1997)
Risponde del reato di concorso in associazione per delinquere di stampo mafioso il soggetto che, pur estraneo alla struttura organica del sodalizio, presti un contributo duraturo e consapevole all’attività delittuosa da questa svolta. La responsabilità può essere esclusa solo ove sia acquisita la prova positiva di una formale esclusione del soggetto dall’associazione secondo le regole interne, anche consuetudinarie, di questa. In assenza di tale dimostrazione, ove risulti che gli affiliati fanno preventivo affidamento sul contributo di taluno, la condotta di questi va considerata alla stregua di quella di qualsiasi partecipe. (Nell’affermare il principio di cui in massima la Corte ha annullato la sentenza del giudice di merito che aveva prosciolto dal reato associativo, per aver agito in stato di necessità, un soggetto che aveva svolto con continuità l’attività di riscossione del «pizzo» per conto dell’associazione, asserendo che questi era estraneo all’associazione ed era stato costretto dalle minacce ricevute). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 4903 del 23 maggio 1997 (Cass. pen. n. 4903/1997)
Ai fini della configurabilità di penale responsabilità, a titolo di concorso, in ordine al reato di detenzione illegale di un’arma, è necessaria la coscienza e la volontà di contribuire con il proprio operato alla perpetrazione dell’illecito: ove l’apporto dato dal concorrente si estrinsechi in una omissione, questa assume la valenza necessaria a concretare la compartecipazione soltanto allorché si traduca nella violazione di un obbligo giuridico incombente sul soggetto (art. 40 c.p.), non bastando l’assenza di atteggiamenti di generico dissenso che è più propriamente inquadrabile nella nozione di connivenza. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 4800 del 22 maggio 1997 (Cass. pen. n. 4800/1997)
In tema di concorso di persone nel reato, le norme sulla partecipazione non soffrono alcuna specifica eccezione riguardo all’omicidio preterintenzionale, essendo sufficiente, anche in relazione a tale reato, che sia dimostrato il concorso dei vari soggetti attivi — non importa se morale o materiale — nell’attività diretta a percuotere o ledere senza volontà di uccidere e che tra tale attività e l’evento letale posto a loro carico esista un rigido rapporto di causalità, rappresentando questo elemento il presupposto richiesto dal legislatore per il mutamento del titolo del reato. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 4789 del 22 maggio 1997 (Cass. pen. n. 4789/1997)
L’aiuto prestato «in corso d’opera» rientra nella fattispecie del concorso di persona nel reato, e non del favoreggiamento, purché vi sia la consapevolezza di contribuire anche in minima parte alla realizzazione di una più articolata «fattispecie». (Nella specie l’imputata nascondeva la sostanza stupefacente nel reggiseno, quando è stata sorpresa nell’autovettura condotta dal complice). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 4243 del 9 maggio 1997 (Cass. pen. n. 4243/1997)
In tema di detenzione di stupefacenti, la distinzione tra connivenza non punibile e concorso nel delitto va individuata nel fatto che, mentre la prima postula che l’agente mantenga un comportamento meramente passivo, nel concorso detto comportamento può manifestarsi anche in forme che agevolino la detenzione, consentendo l’occultamento della droga e assicurando all’altro concorrente una relativa sicurezza. In siffatta condotta sono invero ravvisabili entrambi gli elementi del concorso nel reato, sia quello soggettivo, consistente nella consapevolezza di apportare un contributo causale alla detenzione della droga, sia quello oggettivo della connessione tra condotta ed evento. Va precisato in proposito che detenere significa avere la disponibilità di una determinata cosa, cioè la concreta possibilità di prenderla, in qualsiasi momento, senza la necessaria collaborazione di altri. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 1108 del 6 febbraio 1997 (Cass. pen. n. 1108/1997)
Il concorso di persone nel reato non esige imprescindibilmente – soprattutto quando si tratti di condotte articolate e protraentisi nel tempo come quella di importazione di stupefacenti – che tutti i concorrenti esplichino attività identiche o analoghe o insostituibili rispetto all’avveramento del fatto, essendo sufficiente che i diversi apporti si configurino in termini di funzionalità, utilità o maggiore sicurezza rispetto al risultato finale. (Fattispecie in tema di traffico di sostanze stupefacenti). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 574 del 28 gennaio 1997 (Cass. pen. n. 574/1997)
In tema di concorso di persone nel reato, la promessa di acquistare o smerciare cose provenienti da una rapina materialmente commessa da altri configura un accordo preventivo mediante il quale si realizza una partecipazione psichica nel delitto stesso sotto forma di istigazione in quanto è volto a creare o rafforzare la determinazione dell’esecutore materiale, sicuro così di conseguire il prodotto del reato. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 6382 del 25 giugno 1996 (Cass. pen. n. 6382/1996)
In tema di reati concernenti le sostanze stupefacenti, nell’ipotesi di accordo preventivo fra soggetti che si trovano all’estero e soggetti che si trovano nel territorio dello Stato finalizzato all’importazione di stupefacenti, che i secondi si impegnano ad acquistare e comunque in qualsiasi modo a distribuire sul mercato italiano con attività di intermediazione, provvedendo in concreto, o tentando di provvedere, al ritiro delle sostanze, si configura, a carico di questi ultimi, il concorso morale nel delitto di importazione consumato; di contro qualora i soggetti che si trovano in Italia, interessati all’acquisto o comunque alla ricezione a qualsiasi titolo della sostanza stupefacente, si accordino per il suo successivo smercio con quelli che hanno organizzato ed operato l’importazione ed il trasporto fino ad un determinato luogo del territorio nazionale, dopo che tale operazione è stata compiuta, non rispondono di importazione e trasporto ma, a titolo autonomo, quali autori materiali dei reati di acquisto — che si perfeziona con il consenso — o comunque di ricezione dello stupefacente, ovvero delle medesime fattispecie criminose nella forma tentata se l’evento non si è verificato o la condotta diretta a produrlo non si è compiuta per cause indipendenti dalla loro volontà. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 5632 del 6 giugno 1996 (Cass. pen. n. 5632/1996)
Il concorso di persone nel reato non deve necessariamente essere presente fin dal momento della programmazione e preparazione della condotta vietata, poiché l’adesione del correo può intervenire in qualsiasi istante dello svolgimento del comportamento illecito, purché la partecipazione avvenga, quando l’attività sia ancora in itinere. Il reato di lottizzazione abusiva non si esaurisce nel frazionamento del terreno, ma permane durante tutto il tempo necessario alle singole compravendite ed a tutte le attività conseguenti e strettamente indispensabili. Ne deriva che l’acquisto a fini edificatori non implica, di per sé, una partecipazione all’attività illecita, purché si ponga in modo autonomo ed avulso dal programma del venditore. Quando, invece, l’acquirente sia consapevole dell’abusività dell’intervento, la sua condotta inserisce un determinante contributo causale alla concreta attuazione del disegno iniziale: in tal modo le azioni, apparentemente distinte, si collegano tra loro e determinano la formazione di una fattispecie unitaria ed indivisibile, diretta in modo convergente al conseguimento del risultato lottizzatorio. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 3506 del 6 aprile 1996 (Cass. pen. n. 3506/1996)
In tema di detenzione di sostanze stupefacenti a fine di spaccio, la distinzione tra connivenza non punibile del coniuge e concorso nel delitto va individuata nel fatto che mentre la prima postula che l’agente mantenga un comportamento meramente passivo, nel secondo detto comportamento deve manifestarsi in modo che si arrechi un contributo alla realizzazione del delitto, come mantenere i contatti con gli altri spacciatori o con gli acquirenti, ricevere telefonate e riferirne al proprio coniuge, facilitare ed agevolare la detenzione, contribuendo all’occultamento e fornendo così maggior senso di sicurezza al coniuge etc. La destinazione da parte del marito dei proventi dell’illecita attività al mantenimento della famiglia nulla aggiunge al comportamento passivo della moglie, la quale pur nella consapevolezza dell’attività illecita del marito, non apporta alcun contributo causale alla detenzione della droga, mantenendo un atteggiamento passivo, che come tale non integra la figura del concorso nel reato. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 751 del 26 gennaio 1996 (Cass. pen. n. 751/1996)
In materia di concorso di persone nel reato, affinché la adesione di volontà possa costituire concorso morale come rafforzamento del disegno criminoso da altri concepito, occorre in concreto dimostrare il rapporto di causalità tra l’adesione del terzo — che in caso di risposta affermativa diventa concorrente morale — e l’incentivo che ne deriva all’attività dell’autore materiale. Vale a dire se quest’ultimo manifesta la intenzione di commettere il reato, va dimostrato come un suggerimento di un terzo, per la sua peculiarità, sia causa efficiente del rafforzamento di detta intenzione perché sia posta in essere manifestazione partecipativa a titolo di concorso morale, altrimenti si verte in connivenza non punibile. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 684 del 22 gennaio 1996 (Cass. pen. n. 684/1996)
Si configura il concorso eventuale di persone nel reato di partecipazione ad associazione per delinquere nel caso in cui taluno contribuisca al pregiudizio che l’associazione reca all’ordine pubblico, mediante un contributo materiale o morale al vincolo dei partecipi, senza che egli sia a sua volta vincolato. Ne deriva che quando il contributo sia duraturo, la prova negativa del vincolo proviene dell’esclusione secondo regole interne anche consuetidinarie, dell’associazione, circa l’affiliazione o il comportamento dei membri. In assenza di esse, ove si dimostri che gli affiliati fanno preventivo affidamento sul contributo di taluno, la condotta di questi, non essendo svincolata dallo scopo sociale, va considerata alla stregua di quella di qualsiasi partecipe. Al contrario, ove gli affiliati non facciano preventivo conto sul suo apporto, la relativa condotta è qualificabile come concorso eventuale nel reato. (Fattispecie ex art. D.P.R. n. 309/1990). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 12591 del 28 dicembre 1995 (Cass. pen. n. 12591/1995)
Ai fini della configurabilità, sul piano soggettivo, del concorso esterno nel delitto associativo non si richiede, in capo al concorrente, il dolo specifico proprio del partecipe, dolo che consiste nella consapevolezza di far parte dell’associazione e nella volontà di contribuire a tenerla in vita e a farle raggiungere gli obiettivi che si è prefissa, bensì quello generico, consistente nella coscienza e volontà di dare il proprio contributo al conseguimento degli scopi dell’associazione. Cassazione penale, Sez. Unite, sentenza n. 30 del 14 dicembre 1995 (Cass. pen. n. 30/1995)
La sussistenza o l’insussistenza dell’aggravante della premeditazione non può avere incidenza decisiva sulla configurazione del concorso di persone nel reato, attesa la diversa e differente valenza dei due istituti, sicché è giuridicamente erroneo far dipendere il secondo dalla prima. (Fattispecie in tema di provvedimento cautelare). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 4612 del 13 ottobre 1995 (Cass. pen. n. 4612/1995)
Nel reato di lottizzazione abusiva cosiddetta negoziale sussiste il concorso degli acquirenti di lotti frazionati quando sia accertata la loro consapevolezza dell’abusività della lottizzazione operata dalla parte venditrice. Il reato in oggetto, invero, pur nella molteplicità di forme che esso può assumere in concreto, ha una struttura unitaria caratterizzata dall’intimo nesso causale che lega le condotte dei vari partecipi: la condotta dell’acquirente non configura, infatti, un evento imprevisto ed imprevedibile per il venditore (perché anzi contribuisce alla concreta attuazione del disegno criminoso di questi) né si tratta di una condotta che sarebbe stata possibile senza l’azione del venditore medesimo; attraverso l’acquisto consapevole di un lotto frazionato si manifesta altresì la volontà dell’acquirente di cooperare nel reato: non è necessario un previo concerto o un’azione concordata, essendo sufficiente, al contrario una semplice adesione di volontà quale assenso al disegno criminoso da altri concepito e ben ravvisabile in concreto.
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Risponde di concorso nel reato di lottizzazione abusiva il tecnico che abbia operato l’ulteriore frazionamento di particelle già frazionate, comprese anch’esse nella maggiore estensione della proprietà originaria, poiché anch’egli si è inserito con efficienza causale nel determinismo produttivo dell’evento. (Nella specie la S.C. ha osservato che anche qualora, all’epoca dello svolgimento dell’anzidetta attività professionale, non fosse ancora stato annotato sul mappale il precedente frazionamento, egli ebbe comunque a rendersi pienamente conto della reale situazione in occasione delle effettuate operazioni di ricognizione e di picchettamento). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 10061 del 30 settembre 1995 (Cass. pen. n. 10061/1995)
La mancanza del previo concerto non condiziona la configurabilità del concorso di persona nel reato, essendo sufficiente l’intesa anche spontanea intervenuta nel corso dell’esecuzione del fatto criminoso. (Fattispecie relativa a riconoscimento di responsabilità per i reati di cui agli artt. 110, 337, 582, 61 n. 2 c.p. in danno di un agente di polizia che, qualificatosi, dopo essere intervenuto in difesa di un soggetto aggredito da più persone, per procedere alla identificazione delle stesse, era stato a sua volta percosso a seguito dell’incitamento in tal senso rivolto da uno degli assalitori agli altri). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 9490 del 8 settembre 1995 (Cass. pen. n. 9490/1995)
Per la sussistenza del reato associativo, l’accordo (coessenzialmente aperto) è destinato a costituire una struttura permanente ove i singoli associati divengono – ciascuno dell’ambito dei compiti assunti o affidati – parti di un tutto finalizzato a commettere una serie indeterminata di delitti, che, relativamente alla figura di reato contemplata dall’art. 74 del D.P.R. n. 309 del 1990, sono della stessa specie, preordinati, cioè, alla cessione o al traffico di sostanze stupefacenti. È la struttura, anche rudimentale, del sodalizio che designa la figura associativa così da caratterizzarla, per la necessaria predisposizione del programma criminoso, di dati di assoluta singolarità e da rendere, in fondo, ininfluente l’inserimento del reato di associazione per delinquere nella categoria dei reati a concorso necessario, altri risultando gli elementi decisivi ai fini della identificazione dell’essenza stessa di tale reato. Diviene, allora, predominante il profilo teleologico: il particolare allarme sociale derivante dalla struttura giustifica, infatti, la previsione di un’autonoma figura di reato contrassegnata, sul piano delle finalità repressive perseguite dall’ordinamento, dal pericolo per l’ordine pubblico per il cui concretizzarsi la legge non richiede, a differenza di quanto accade per l’accordo che si inserisca quale momento cruciale del reato meramente plurisoggettivo, che i delitti per la commissione dei quali la societas sceleris è stata costituita vengano effettivamente realizzati.
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Pure se l’accordo può costituire elemento comune sia al concorso di persone nel reato sia all’associazione per delinquere, i due fenomeni restano caratterizzati da aspetti strutturali e teleologici profondamente differenziati. Dal primo punto di vista, l’accordo che designa la fattispecie plurisoggettiva semplice (sia essa necessaria ovvero eventuale) è funzionale alla realizzazione di uno o più reati, consumati i quali l’accordo si esaurisce o si dissolve. Del resto, l’accordo, in tanto diviene rilevante nei confini della mera ipotesi concorsuale in quanto pervenga ad una concreta realizzazione dell’assetto divisato, ad un’attività esecutiva, dunque, che non si arresti alle soglie del tentativo. Di conseguenza, il mero accordo allo scopo di commettere un reato, non traducendosi in un’attività di partecipazione al reato stesso resta assoggettato al principio di ordine generale stabilito dall’art. 115 c.p. A tale regola il primo comma dell’art. 115 enuncia un’espressa eccezione ma sempre relativa all’ipotesi in cui «due o più persone si accordino allo scopo di commettere un reato e questo non sia commesso»; cosicché i criteri interpretativi destinati a risolvere le (solo apparenti) antinomie tra accordo non punibile e reato associativo non possono essere compiutamente individuati chiamando in causa il solo principio di specialità. E ciò per la mancanza di un vero e proprio rapporto di genere a specie, postulando il reato associativo una base plurisoggettiva qualificata, non richiesta, invece, nell’ipotesi di accordo. Una constatazione che vale anche ai fini della distinzione tra fattispecie meramente concorsuale e fattispecie associativa, rappresentando il minimum soggettivo richiesto dalla legge relativamente alla seconda categoria di reati un dato non richiesto, invece, per l’attività di mera partecipazione, così da consentire l’utilizzazione del medesimo criterio interpretativo pure – quel che più interessa – nel discriminare le categorie ora ricordate. (Fattispecie di associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 9320 del 5 settembre 1995 (Cass. pen. n. 9320/1995)
Per configurare il concorso di persone nel reato, non essendo necessario il previo accordo, assume carattere decisivo l’unitarietà del «fatto collettivo» realizzato. Tale circostanza deve ritenersi realizzata ogni volta che le condotte dei concorrenti risultino alla fine, con giudizio di prognosi postumo, integrate in unico obiettivo, perseguito in varia e diversa misura dagli imputati. Ne consegue che – eccezion fatta per le ipotesi in cui risulti sicuramente dimostrato un accordo criminoso indirizzato all’esecuzione di un reato diverso e meno grave – sotto l’aspetto soggettivo, non rientrando l’accordo nella struttura del dolo, è necessario che esista nel soggetto, che abbia apportato un contributo d’ordine materiale alla realizzazione del fatto tipico del reato, la coscienza e volontà di concorrere con altri alla realizzazione dello stesso, essendo ravvisabile il concorso anche se in taluno dei soggetti non vi sia la consapevolezza reciproca dell’altrui contributo, purché sussista nel medesimo la consapevolezza che ci sia coordinazione delle forze anche da parte di un solo concorrente. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 9296 del 1 settembre 1995 (Cass. pen. n. 9296/1995)
Il criterio distintivo del delitto di associazione per delinquere rispetto al concorso di persona, è nel vincolo associativo, tendenzialmente stabile o permanente nel primo, col quale tre o più persone si organizzano per commettere più delitti; e, nell’accordo di un sodalizio occasionale per la realizzazione di uno o più reati determinati, nel secondo. Nel reato associativo, cioè, gli imputati si predispongono, con un minimo di organizzazione strutturale, alla realizzazione di una serie indeterminata di delitti, nella consapevolezza da parte dei singoli associati di far parte di un sodalizio criminoso durevole e di essere disponibili ad operare per l’attuazione del progetto delinquenziale comune (… anche a prescindere dalla concreta realizzazione di ciascuno dei delitti programmati). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 8291 del 22 luglio 1995 (Cass. pen. n. 8291/1995)
Elementi strutturali del delitto di associazione per delinquere sono la formazione e la permanenza di un vincolo associativo continuativo, fra tre o più persone, allo scopo di commettere una serie indeterminata di delitti, con la predisposizione comune dei mezzi occorrenti per la realizzazione del programma e con la permanente consapevolezza di ciascun associato di far parte del sodalizio criminoso e di essere disponibile ad operare per l’attuazione pratica del programma. Ne consegue che, tenuto presente il paradigma normativo degli istituti del concorso di persone nel reato e del reato continuato, criterio distintivo del delitto di associazione per delinquere, rispetto al concorso di persone nel reato continuato, è da incentrarsi essenzialmente nel modo di svolgersi dell’accordo criminoso, che, nella seconda ipotesi, avviene in via occasionale e limitata – essendo diretto soltanto alla commissione di più reati determinati, ispirati da un medesimo disegno criminoso che li comprenda e preveda tutti – mentre nella ipotesi dell’associazione per delinquere, l’accordo criminoso, in quanto diretto all’attuazione di un vasto programma di criminalità, per la commissione di una serie indeterminata di delitti, deve assumere un carattere permanente e può ben prescindere dalla effettiva commissione dei singoli reati programmati. Per la configurazione di quest’ultima ipotesi, poi, non si richiede affatto una partecipazione degli associati ad un’eguale, o quanto meno proporzionale, divisione degli utili conseguiti dall’organizzazione, giacché, ciò che conta è la sussistenza di un vincolo associativo permanente e, perciò, la consapevolezza di ciascun aggregato di essere impegnato a dare il proprio contributo al perseguimento dei fini illeciti dell’associazione, in un rapporto di stabile collaborazione tra i vari componenti. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 7063 del 20 giugno 1995 (Cass. pen. n. 7063/1995)
La differenza tra il concorso di più persone nel reato ed il reato di associazione per delinquere consiste nel fatto che nel primo caso l’accordo criminoso è circoscritto alla commissione di uno o più reati singolarmente individuati e si esaurisce dopo la loro commissione, mentre nel secondo caso il pactum sceleris prescinde dalla commissione dei singoli reati ed è caratterizzato dall’esistenza di una struttura organizzata più o meno complessa e dalla predisposizione di mezzi necessari all’attuazione del programma comune a tutti gli associati. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 6684 del 7 giugno 1995 (Cass. pen. n. 6684/1995)
Nell’ipotesi di concorso non necessario di persone nel reato, la struttura del fatto resta sostanzialmente immutata anche quando ricorra una variante in corso di esecuzione, che non determini, con riferimento al ruolo dei vari concorrenti, un mutamento in tutte le direzioni che, alterando significativamente il sinallagma e distogliendolo dall’originario programma oggetto della contestazione, menomi il diritto di difesa, frustrandone il concreto esercizio a causa di un pregiudizio effettivo. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 119 del 10 gennaio 1995 (Cass. pen. n. 119/1995)
In tema di concorso di persone nel reato, si configura la partecipazione morale e non la mera presenza passiva allorquando la mancata assunzione di qualsiasi iniziativa e il mantenimento di un atteggiamento di «non intervenuto» esprime una condotta obiettivamente e logicamente valutabile come adesione all’altrui azione criminosa, con il correlativo rafforzamento della volontà dell’esecutore materiale. (Fattispecie nella quale è stato ritenuto il concorso nel delitto di violenza privata di due persone che avevano assistito senza intervenire alla condotta di una terza persona, a bordo della cui auto si trovavano, che aveva stretto contro un’inferriata una donna, impedendole di muoversi e di allontanarsi). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 2 del 4 gennaio 1995 (Cass. pen. n. 2/1995)
È configurabile il concorso eventuale nel reato di associazione per delinquere di stampo mafioso. (Nell’affermare il principio di cui in massima, la Suprema Corte ha sottolineato la diversità di ruoli tra il partecipe all’associazione e il concorrente eventuale materiale, nel senso che il primo è colui senza il cui apporto quotidiano, o comunque assiduo, l’associazione non raggiunge i suoi scopi o non li raggiunge con la dovuta speditezza; è, insomma colui che agisce nella «fisiologia», nella vita corrente quotidiana dell’associazione, mentre il secondo è, per definizione, colui che non vuol far parte dell’associazione e che l’associazione non chiama a «far parte», ma al quale si rivolge sia per colmare vuoti temporanei in un determinato ruolo, sia, soprattutto, nel momento in cui la «fisiologia» dell’associazione entra in fibrillazione, attraversando una fase «patologica» che, per essere superata, richiede il contributo temporaneo, limitato anche ad un unico intervento, di un esterno, insomma è il soggetto che occupa uno spazio proprio nei momenti di emergenza della vita associativa). Cassazione penale, Sez. Unite, sentenza n. 16 del 28 dicembre 1994 (Cass. pen. n. 16/1994)
In materia di detenzione di stupefacenti, non può ravvisarsi il concorso ex art. 110 c.p. in caso di semplice comportamento negativo di chi assiste passivamente alla perpetrazione di un reato e non ne impedisce od ostacola in vario modo la esecuzione, se non sussiste un obbligo giuridico di impedire l’evento (art. 40, comma 2, c.p.); ne consegue che, non potendosi ravvisare per il coniuge convivente un obbligo giuridico di attivarsi, nell’ambito della famiglia, per impedire i reati dell’altro coniuge, il solo comportamento omissivo (mancata opposizione alla detenzione della droga in casa) non costituisce da solo segno univoco di concorso morale. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 12725 del 22 dicembre 1994 (Cass. pen. n. 12725/1994)
In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, nell’ipotesi di concorso ex art. 40 cpv. c.p. (omissione di impedimento dell’evento in dipendenza dall’obbligo di vigilanza) dell’amministratore di diritto negli illeciti commessi dall’amministratore di fatto, ad integrare il dolo del primo è sufficiente la generica consapevolezza che il secondo distrae, occulta, ecc., senza che sia necessario che tale consapevolezza investa i singoli episodi delittuosi. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 11654 del 22 novembre 1994 (Cass. pen. n. 11654/1994)
In materia di associazione per delinquere di stampo mafioso, la qualifica dell’indagato come persona «avvicinata» dall’organizzazione criminale, configura il concorso eventuale nel reato associativo, sicché è legittima l’adozione della misura della custodia in carcere, non diversamente dall’ipotesi della partecipazione (o concorso necessario) nel reato stesso. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 4379 del 11 novembre 1994 (Cass. pen. n. 4379/1994)
In materia di concorso di persone nel reato, la condotta consistente nel non impedire l’evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire deve essere accompagnata dal dolo che caratterizza il concorso stesso, da ravvisarsi nella coscienza e volontà di concorrere con altri nella realizzazione di un reato comune, evidentemente prima della sua realizzazione. Il comportamento successivo al delitto tenuto dal soggetto che omette i controlli di sua competenza, può costituire un elemento significativo di prova della volontà criminosa, ma il giudice deve chiarire come e perché sia dimostrativo dell’originario intento di concorrere con gli altri responsabili. (Fattispecie in tema di concorso in peculato per omesso controllo del ragioniere del comune su appropriazioni dell’esattore del servizio di cassa e tesoreria. La corte ha annullato con rinvio perché il giudice valutasse se attraverso l’omissione, o la sua programmazione, l’imputato avesse apportato un contributo causale e psicologico alla commissione delle illecite appropriazioni, anche, eventualmente, come contributo unilaterale e senza concerto col principale imputato). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 10813 del 21 ottobre 1994 (Cass. pen. n. 10813/1994)
Qualora più persone detengano insieme un certo quantitativo di sostanza stupefacente a fine di spaccio, ciascuna deve rispondere della detenzione dell’intero, e non solo della parte a lei destinata di tale quantità, essendo tutti concorrenti ex art. 110 c.p. nell’unico reato. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 10071 del 22 settembre 1994 (Cass. pen. n. 10071/1994)
In tema di concorso di persone nel reato, la distinzione tra connivenza non punibile e concorso va individuata nel fatto che, mentre la pagina postula che l’agente mantenga un comportamento meramente passivo, nel secondo detto comportamento può manifestarsi anche in forme che agevolino la condotta illecita, anche solo assicurando all’altro concorrente stimolo all’azione o un maggior senso di sicurezza nella propria condotta, palesando chiara adesione alla condotta delittuosa. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 9930 del 14 settembre 1994 (Cass. pen. n. 9930/1994)
Si realizza il concorso eventuale di persona nel reato di associazione per delinquere di tipo mafioso ogniqualvolta la condotta dell’agente non sia intrinsecamente connaturata con la struttura e le finalità del sodalizio criminoso, ma ne costituisca solo un supporto esterno non direttamente incidente sugli elementi costitutivi dell’associazione stessa, contribuendo alla sua costituzione o alla partecipazione degli aderenti od alla sua efficacia. Si configura l’agevolazione, invece, quando taluno, con specifica e singola condotta, aiuti l’associazione ad attuare il suo programma criminoso. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 2718 del 30 luglio 1994 (Cass. pen. n. 2718/1994)
A integrare la circostanza della minima partecipazione al reato non basta la minore efficacia causale dell’attività prestata da un correo rispetto a quella posta in essere da altri, ma è necessario che il contributo dato dal partecipe si sia concretizzato nell’assunzione di un ruolo di rilevanza del tutto marginale, ossia di efficacia causale così lieve rispetto all’evento da risultare trascurabile nell’economia generale del reato. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 7456 del 1 luglio 1994 (Cass. pen. n. 7456/1994)
Ai fini della sussistenza della circostanza attenuante di cui all’ultimo comma dell’art. 114 c.p., bisogna tener conto, in modo non gretto e non restrittivo, della ridotta capacità di discernimento del minore, o della sua influenzabilità da parte di maggiorenni cui si unisca nella perpetrazione del reato, ricevendone conforme spinta, specialmente quando la suggestione attiva derivi da vincoli di solidarietà amicale, cementati da spirito di clan, notoriamente molto avvertito da soggetti minorenni. (Nella specie, relativa a rigetto di ricorso, il P.G. aveva lamentato l’erronea applicazione dell’attenuante, assumendone la configurabilità nella sola ipotesi di accertato rapporto causale fra l’altrui determinazione ed il compimento del reato da parte del minore. La Suprema Corte, invece, ha condiviso il pensiero del giudice di merito centrato sull’attiva compartecipazione del minore, quale effetto di sollecitazione nei fatti se non con le parole, proveniente dall’esempio degli amici maggiorenni, certi dello spirito di solidarietà di gruppo che avrebbe similmente mosso il compagno poco più che sedicenne, e che ben si guardarono dal dissuaderlo, anzi stimolandolo consapevolmente, con il loro corale atteggiamento ad atti imitativi, tali da fargli superare dubbi e scrupoli, del resto attutiti dalla minore età). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 7190 del 17 giugno 1994 (Cass. pen. n. 7190/1994)
Ricorre il concorso di persone nel reato nell’ipotesi di presenza, non casuale, di un soggetto sul luogo del delitto da cui la risoluzione criminosa dell’esecutore materiale abbia tratto motivo di rafforzamento. (Fattispecie relativa ad affermazione di responsabilità, a titolo di concorso, per il reato di cui all’art. 167 c.p.m.p. di militare, che, presente allorquando il coimputato aveva prelevato dal proprio armadietto una bottiglia contenente acido solforico e l’aveva versata all’interno dei motori di una motovedetta, aveva poi recuperato e distrutto detta bottiglia, così apportando un concreto contributo causale e psicologico alla realizzazione del sabotaggio. Era stato sostenuto che tale distruzione non fosse riconducibile nel concorso nel reato ma, al più, potesse costituire la fattispecie prevista dall’art. 378 c.p.). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 6211 del 27 maggio 1994 (Cass. pen. n. 6211/1994)
Ai fini della sussistenza del concorso morale nel reato di costruzione abusiva, è necessario individuare un comportamento, attivo o passivo, che comunque possa configurarsi come causativo del fatto. (Fattispecie relativa ad annullamento di sentenza di condanna che aveva genericamente accennato al «concorso» dei proprietari del terreno per il solo fatto di non avere denunciato l’illecito del figlio). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 5641 del 12 maggio 1994 (Cass. pen. n. 5641/1994)
Il concorso di più persone nel porto di un’arma non può essere escluso dalla semplice appartenenza di essa a uno solo dei concorrenti, e deve ritenersi pienamente sussistente quando l’arma si trovi nella disponibilità di tutti ovvero quando i soggetti — ad esempio viaggiando nella stessa auto — partecipano consapevolmente al porto dell’arma stessa. (Nella specie è stato ritenuto il concorso nel reato a carico di due persone occupanti una motocicletta che procedeva appaiata ad un’altra moto con due persone trovate in possesso di armi. Entrambe le motociclette avevano tentato di eludere un posto di blocco di carabinieri, ma solo una vi era riuscita). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 4451 del 16 aprile 1994 (Cass. pen. n. 4451/1994)
In tema di reato di abitazione di immobile senza il preventivo rilascio di licenza di abitabilità, di cui all’art. 221 del R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, è inapplicabile l’amnistia, qualora il proprietario abbia dato in locazione l’immobile ben sapendo proprio per le norme inderogabili che regolano la materia di non potere far cessare il contratto prima della pronuncia della sentenza di primo grado, poiché la permanenza del reato dipende dalla sua volontà. (Nella specie, relativa ad annullamento con rinvio di sentenza che aveva dichiarato estinto il reato per amnistia, la Suprema Corte ha altresì osservato: «poiché il reato contestato si configura anche quando l’immobile venga fatto abitare da altri, la responsabilità del proprietario non potrebbe venir meno in virtù delle norme che puniscono il concorso di persone»). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 3970 del 5 aprile 1994 (Cass. pen. n. 3970/1994)
Nel reato contravvenzionale l’agente risponde della sua azione, sia essa dolosa o colposa, purché la medesima sia cosciente e volontaria. Detti requisiti sussistono nell’ipotesi che il reo autorizzi altra persona all’uso di cosa propria che, per le sue caratteristiche e natura, non può che essere adoperata, se non per lo scopo inerente alle medesime. In tal caso il cosciente e volontario consenso dato dall’agente al terzo per l’unico uso possibile della cosa propria implica l’adesione al comportamento illecito che della medesima farà la persona autorizzata, con ogni conseguenza in ordine al concorso nel reato da costei commesso. (Nella specie è stato ritenuto il concorso nel reato di inosservanza di provvedimento legalmente dato, a carico di persona che aveva autorizzato il figlio ad usare la propria autobotte per trasportare e vendere acqua potabile sulla pubblica via, in spregio di apposito divieto; e ciò sul rilievo che l’unico uso possibile dell’autobotte era quello che comportava la consumazione dell’illecito in questione). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 3822 del 31 marzo 1994 (Cass. pen. n. 3822/1994)
Allorquando all’imputato sia stato contestato di essere stato l’autore materiale del fatto, non v’è mutamento della contestazione se il giudice, poi, lo ritenga responsabile a titolo di concorso morale. Tale modifica, infatti, non comporta una trasformazione essenziale del fatto addebitato, né può provocare menomazione del diritto di difesa, poiché l’accusa di partecipazione materiale al reato necessariamente implica, a differenza di quanto avverrebbe nell’ipotesi inversa, la contestazione di un concorso morale nella commissione del reato. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 3791 del 31 marzo 1994 (Cass. pen. n. 3791/1994)
La prestazione di suggerimenti circa la commissione di un determinato illecito integra la condotta rilevante ai fini del concorso nel reato, sia sotto il profilo materiale, poiché gli autori non chiederebbero ausilio neppure sotto forma di pareri, se fossero in grado di attuare da soli l’illecito, sia sotto il profilo morale, poiché l’apprendimento di tecniche che agevolino l’azione o ne diminuiscano i rischi, rafforza inevitabilmente la volontà criminosa degli autori materiali. (Fattispecie relativa a «consulenza tecnica» in tema di furto). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 2108 del 19 febbraio 1994 (Cass. pen. n. 4607/1994)
In tema di concorso di persone nel reato, non può costituire concorso, salvo che l’attività addebitata al reo non si ricolleghi ad un proposito manifestato in precedenza, quella realizzata successivamente alla commissione del reato, e cioè dopo che questo sia stato consumato o tentato; mentre, si ha concorso quando taluno si inserisce con la propria attività cosciente e volontaria tra l’attività da altri iniziata e svolta e l’evento non ancora verificatosi.
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La mera partecipazione ad associazione criminosa non può costituire prova a carico del reo di suo concorso in reato commesso da altri sodali pur nella realizzazione del programma criminoso associativo. (Nella specie, relativa ad annullamento di ordinanza di riesame, la Suprema Corte ha osservato che la ricezione, da parte dell’indagato, di somma di danaro per l’organizzazione d’appartenenza, successivamente alla commissione dei reati di cui agli artt. 319 e 353 c.p., poteva costituire grave indizio di sua partecipazione ad associazione per delinquere di stampo mafioso, ma — di per sé — non giustificava la presenza di gravi elementi indizianti, tali da consentire l’emissione di misura cautelare per i delitti sopra indicati). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 4607 del 7 gennaio 1994 (Cass. pen. n. 4607/1994)
In tema di sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione (art. 289 bis c.p.), è configurabile il concorso nel reato da parte di chi, a sequestro ancora in atto, dia luogo a pubbliche manifestazioni di adesione alla iniziativa di coloro che hanno privato e seguitano a privare il sequestrato del bene della libertà personale, potendosi il concorso realizzare, in genere, anche sotto forma di incoraggiamento e rafforzamento dell’altrui proposito criminoso ed essendo obiettivamente idonee, le dette manifestazioni (tanto più in quanto sollecitate dai sequestratori), a costituire quanto meno un ostacolo all’eventuale formarsi, nell’animo di costoro, di una volontà di resipiscenza che si traduca nell’unica decisione per essi doverosa, e cioè quella di dar luogo alla immediata e incondizionata liberazione del sequestrato. (Nella specie, in applicazione di tali principii, la Corte ha ritenuto giustificata l’affermazione di responsabilità, a titolo di concorso, di taluni aderenti all’organizzazione terroristica «Brigate rosse», in stato di detenzione, nel sequestro, attuato da altri aderenti al medesimo sodalizio, di un magistrato, di cui si minacciava l’uccisione se non fosse stato provveduto, tra l’altro, a disporre l’immediata chiusura di un istituto carcerario prevalentemente destinato a imputati e condannati per reati di terrorismo). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 11344 del 11 dicembre 1993 (Cass. pen. n. 11344/1993)
In tema di detenzione illegale di armi, ai fini della configurabilità del concorso nel reato a carico di chi abbia dato ospitalità o rifugio nella propria abitazione ad un soggetto armato, senza per ciò acquisire la diretta disponibilità dell’arma, ma essendo comunque a conoscenza della sua esistenza, occorre che egli abbia consapevolmente offerto a quel soggetto un supporto quanto meno sotto il profilo della agevolazione alla detenzione e custodia dell’arma stessa e del rafforzamento del di lui proposito in tal senso. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 9489 del 20 ottobre 1993 (Cass. pen. n. 9489/1993)
In materia contravvenzionale, è configurabile il concorso del soggetto (cosiddetto extraneus), che, pur privo della particolare qualificazione soggettiva prevista dalla norma penale, abbia comunque partecipato all’illecito commesso da colui (cosiddetto intraneus) che ha tale qualificazione giuridica. (Nella specie è stato ritenuto il concorso dei clienti di un tributarista — che aveva omesso di presentare la dichiarazione dei redditi dei medesimi — per culpa in vigilando). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 9097 del 6 ottobre 1993 (Cass. pen. n. 9097/1993)
L’intermediazione nella cessione di stupefacente integra un’ipotesi di concorso nel reato posto in essere dal cedente, in quanto quest’ultimo non avrebbe avuto modo di trasferire ad altri la droga senza tale intermediazione, che costituisce così una condicio sine qua non dell’evento. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 8615 del 21 settembre 1993 (Cass. pen. n. 8615/1993)
Si ha concorso ai sensi dell’art. 110 c.p., e non semplice connivenza, ogni volta che l’agente partecipa, in qualunque modo, alla realizzazione dell’illecito, e quindi anche quando, con la sua presenza, agevola o rafforza il proposito criminoso altrui, giacché tale situazione è ben diversa sotto il profilo ontologico e giuridico, dalla mera adesione interna ad una altrui condotta penalmente rilevante, che nessun contributo arreca alla commissione del reato. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 7985 del 24 agosto 1993 (Cass. pen. n. 7379/1993)
Qualora più persone, una delle quali armata di fucile, prendano parte a una spedizione punitiva nei confronti di terzi, tutti i partecipanti all’azione rispondono di concorso nell’illegale detenzione e nel porto dell’arma, stante la consapevolezza della presenza del fucile, ben visibile, al fine della riuscita dell’atto dimostrativo, e nel contempo violento, che rivela chiara adesione ai reati concernenti l’arma per l’evidente concorso morale estrinsecatosi nella forma del rafforzamento dell’azione delittuosa posta materialmente in essere da uno solo dei soggetti. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 7379 del 27 luglio 1993 (Cass. pen. n. 7379/1993)
In tema di concorso materiale di persone nel reato, è penalmente rilevante non solo l’ausilio necessario ma anche quello che si limita ad agevolare o facilitare il conseguimento dell’obiettivo finale. Il contributo agevolante o facilitante appare non necessario o non indispensabile soltanto in astratto ma non già in concreto, perché con un giudizio ex post è tale da prestarsi ad essere valutato come una condicio sine qua non dell’evento. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 6664 del 7 luglio 1993 (Cass. pen. n. 6664/1993)
In tema di concorso morale, la partecipazione psichica può estrinsecarsi sotto forma o di istigazione, col provocare o rafforzare deliberatamente l’altrui proposito criminoso, o di agevolazione, facilitando la preparazione o la consumazione del crimine, ed il giudice di merito, nel ritenere tale tipo di concorso nel reato, deve precisare sotto quale forma esso si sia manifestato, indicando, gli elementi di prova al riguardo. (Nella specie, relativa ad annullamento sul punto concernente il concorso dell’imputata nell’omicidio, la S.C. ha osservato che la presenza della donna alle diverse fasi del litigio violento fra i due uomini, il ruolo dalla stessa avuto nel ripulire il pavimento sporco di sangue e nell’aiutare a deporre il cadavere in un sacco di spazzatura, a caricarlo sul furgone, a trasportarlo in zona periferica della città e a sotterrarlo, sono stati senza rigore logico assunti a prova della partecipazione morale della stessa alla uccisione, dal momento che il contributo materiale per fare sparire le tracce del delitto e occultare il cadavere della vittima può avere movente e spiegazione autonomi, potendo essere stato determinato dall’intento di aiutare il proprio uomo, cacciatosi nei guai, e dal tentativo disperato di fargli guadagnare l’impunità dall’omicidio commesso). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 4612 del 5 maggio 1993 (Cass. pen. n. 4612/1993)
La collocazione di un oggetto, e quindi anche di un’arma, all’interno di un’abitazione in una posizione che lo renda percepibile a tutti gli occupanti dell’alloggio, porta necessariamente a concludere che ciascuno di essi ha consapevolezza della presenza dell’oggetto. (Nella specie la S.C. ha ritenuto che allorché gli occupanti dell’alloggio mostrino solidarietà tra di loro nell’occultare, a fronte di un’operazione di polizia, l’esistenza di un’arma che si trovi nell’abitazione comune, emerge anche l’elemento significativo dell’esistenza di una situazione concorrente nella disponibilità dell’arma). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 233 del 1 marzo 1993 (Cass. pen. n. 233/1993)
Nell’ambito del concorso di persone nel reato, la condotta punibile si concreta nella materiale partecipazione al fatto ovvero nell’istigazione e nel rafforzamento della volontà criminosa del complice. (Fattispecie di detenzione di armi e sostanze stupefacenti: la Suprema Corte ha ritenuto inadeguata a fondare l’affermazione di responsabilità la circostanza che l’imputato si trovasse non occasionalmente nell’abitazione ove la merce fu sequestrata, né che egli fosse a conoscenza della presenza della stessa sul posto). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 1893 del 26 febbraio 1993 (Cass. pen. n. 1893/1993)
La codetenzione a fine di spaccio o per l’uso in comune delle sostanze stupefacenti integra gli estremi del concorso nel reato in relazione all’intero quantitativo e non già ad una quota ideale. La condotta del singolo concorrente risulta, infatti, priva di autonomia perché avente ad oggetto gli obiettivi comuni perseguiti, in varia e diversa misura, dagli imputati. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 900 del 20 ottobre 1992 (Cass. pen. n. 900/1992)
Per la configurazione del concorso di persone nel reato non è richiesto il cosiddetto previo concerto, essendo sufficiente anche un’intesa spontanea che intervenga nel corso dell’esecuzione del reato, ovviamente a condizione che l’atto riferibile all’iniziativa dell’autore principale, e addebitato al correo a titolo di concorso pieno, rappresenti una naturale conseguenza evolutiva degli atti posti in essere in precedenza di comune accordo. Ne consegue che se, nel momento in cui uno dei correi, per assicurare a sé e agli altri partecipi il prodotto, il profitto e l’impunità del reato in precedenza commesso, trasmoda nell’uso di una violenza in precedenza programmata con previsione dell’uso delle armi, e si serve di queste ultime per uccidere, il risultato dell’azione individuale non può che essere riferito anche ai correi a titolo di concorso pieno, e non già a titolo di concorso anomalo. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 9482 del 10 settembre 1992 (Cass. pen. n. 9482/1992)
Ai fini della configurazione del concorso di persone nel reato, è necessario e sufficiente che taluno partecipi all’altrui attività criminosa anche con la semplice volontà di adesione, estrinsecantesi nel caldeggiare e rafforzare il proposito delittuoso altrui, potendosi il concorso concretizzare in atteggiamenti ed in comportamenti che costituiscano, comunque, contributi causali alla realizzazione dell’evento, anche con la semplice presenza sul luogo del delitto, sia essa attiva o semplicemente passiva. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 8389 del 24 luglio 1992 (Cass. pen. n. 8389/1992)
Di fronte ad un comportamento meramente omissivo o alla presenza dell’imputato alla ideazione, preparazione o esecuzione del delitto, il giudice deve valutare con rigore logico il comportamento dell’imputato onde cogliere gli aspetti sintomatici atti a giustificare la condotta del presunto concorrente come partecipazione criminosa piuttosto che semplice connivenza o mera adesione morale. Non può, però, non ritenersi partecipe colui che manifesta anche tacitamente la sua adesione volontaria all’altrui piano criminoso, anche quando la realizzazione di questo abbia avuto inizio prima che ne venisse a conoscenza, ma sia ancora in corso, è l’ipotesi del reato permanente, che postula il protrarsi nel tempo della condotta criminosa; esplichi una qualsiasi attività, nell’ambito della realizzazione collettiva, che si esaurisca in un rafforzamento della volontà dei compartecipi di commettere il delitto o in un contributo, qualunque ne sia la natura e l’incidenza, nell’eziologia e nella dinamica, nella consumazione collettiva del reato.
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Se è vero che la semplice consapevolezza della commissione del reato non costituisce concorso morale, in quanto per questo si richiede almeno il volontario rafforzamento, il contributo ideologico o, quanto meno, un’incidenza sul determinismo psicologico dell’autore del reato, è però altrettanto vero che l’attività del correo può essere rappresentata da qualsiasi forma di compartecipazione, da un contributo di ordine materiale o psicologico a tutte o ad alcune delle fasi di ideazione, organizzazione ed esecuzione dell’impresa criminosa. (Nella specie, relativa ad annullamento con rinvio, la S.C. ha ritenuto che se dagli atti risultava un qualche contributo dato dall’imputato al protrarsi del sequestro nel tempo, per l’aiuto psicologico offerto al suo datore di lavoro, accompagnandolo sia pure non frequentemente al luogo di prigione dell’ostaggio, e l’ausilio dato ai sequestratori, continuando ad esplicare «nello stesso modo» la propria attività lavorativa pur sapendo che sul terreno sul quale lavorava era in atto un sequestro di persona, e quindi, fornendo una copertura «all’impresa» criminosa in svolgimento creando una parvenza di «normalità», non poteva poi escludersi con certezza il concorso del predetto, sia pure quale partecipe e non come correo). Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 8017 del 16 luglio 1992 (Cass. pen. n. 8017/1992)
Rettamente è ritenuta provata la compartecipazione al reato di detenzione di sostanza stupefacente di colui il quale non si limiti a trasportare il detentore, suo amico, con la propria auto, ma gli faccia compiere una serie di giri viziosi per le strade cittadine mentre costui sta trattando la vendita della sostanza stupefacente con un carabiniere finto acquirente, mostrando in tal modo di essere consapevole e partecipe di ciò che il detentore sta facendo. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 7444 del 26 giugno 1992 (Cass. pen. n. 7444/1992)
Ai fini della sussistenza del concorso di persone nel reato non occorre un previo concerto, potendo sorgere una volontà che accomuni la condotta dei partecipanti anche nel repentino svolgersi di un fatto improvviso, mentre, d’altro canto, l’addebitabilità del reato a titolo di concorso morale prescinde dalla materiale partecipazione al fatto. (Nella specie dei giovani erano penetrati con violenza sulle cose nell’abitazione di una donna e mentre si congiungevano carnalmente con la stessa tenendola immobilizzata, altri si impossessavano di una banconota da lire 100.000 sottraendola da una tasca dei pantaloni della donna; la Cassazione, sulla scorta dei principi di cui in massima, ha ritenuto corretto l’assunto dei giudici di merito che avevano dedotto che la sottrazione del denaro compiuta in presenza di tutti gli aggressori ed in un contesto di comune violenza era stata condivisa e voluta da tutti e che anche chi non l’aveva materialmente compiuta aveva contribuito a realizzare l’evento delittuoso — ritenuto integrare il delitto di rapina — come concorrente morale). Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 2811 del 16 marzo 1992 (Cass. pen. n. 2811/1992)
È configurabile il concorso colposo nella contravvenzione colposa. Ne deriva che, nell’ipotesi in cui colui, che è tenuto alla dichiarazione dei redditi, abbia dato incarico del relativo adempimento al consulente fiscale, sussiste la responsabilità di ambedue i soggetti, qualora siano ravvisabili gli estremi della negligenza. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 1068 del 16 dicembre 1991 (Cass. pen. n. 1068/1991)
La disciplina del concorso di persone nel reato esige in ciascuno degli agenti l’elemento psichico del reato che si commette e la coscienza della partecipazione altrui: non il compimento, da parte di ognuno, dell’attività materiale in cui si estrinseca l’azione. Ne consegue che il concorso nella detenzione non richiede affatto che ciascuno dei partecipanti sia in materiale contatto con la cosa (fattispecie in tema di detenzione di sostanze stupefacenti). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 9590 del 14 settembre 1991 (Cass. pen. n. 9590/1991)
Perché si configuri la fattispecie del concorso di persone nel reato non è necessario che il contributo di ciascuno si ponga come condizione, sul piano causale, dell’evento lesivo. Infatti la teoria causale del concorso – fatta propria dalla relazione al codice penale – contrasta con il dettato dell’art. 110 c.p. e la funzione estensiva cui la normativa del concorso adempie, consentendo di attribuire tipicità a comportamenti, che di per sé ne sarebbero privi, quando abbiano, in qualsiasi modo, contribuito alla realizzazione collettiva, mentre, d’altro canto, lo stesso codice, con la previsione dell’attenuante della minima partecipazione al fatto, ammette la possibilità di condotte non condizionali, non potendosi certo considerare condizione indispensabile per la realizzazione del reato un’attività di minima importanza. In questa ottica, ai fini della sussistenza del concorso deve ritenersi sufficiente che la condotta di partecipazione si manifesti in un comportamento esteriore che arrechi un contributo apprezzabile alla commissione del reato, mediante il rafforzamento del proposito criminoso o l’agevolazione dell’opera degli altri concorrenti e, in sostanza, che il partecipe per effetto della sua condotta, idonea a facilitarne l’esecuzione, abbia aumentato la possibilità della produzione del reato, perché in forza del rapporto associativo diventano sue anche le condotte degli altri concorrenti. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 7513 del 12 luglio 1991 (Cass. pen. n. 7513/1991)
Nel caso di concorso di soggetti non qualificati nella commissione di un reato proprio non è indispensabile che proprio l’intraneo sia l’esecutore dell’azione tipica, che può materialmente essere realizzata da altro concorrente, purché quello qualificato dia, secondo le regole generali, il suo contributo efficiente, in qualsiasi forma, compresa, quindi, quella omissiva della volontaria e concertata astensione dall’obbligo di impedire l’evento. Nei reati propri cosiddetti esclusivi (o di propria mano) occorre invece che il soggetto qualificato (o intraneo), concorrente con altri, sia il personale esecutore del fatto tipico (ad esempio, nel reato di incesto), essendo questa l’indispensabile condizione per la sussistenza del reato proprio, prospettandosi, in difetto, reato comune ovvero nessun reato. Soltanto in tali ipotesi si esige dunque la personale realizzazione della fattispecie tipica ad opera dell’intraneo, e tale condizione va ricavata dalla descrizione letterale della condotta materiale o dalla natura del bene o interesse giuridicamente protetto o da altri elementi significativi – ad esempio, particolari rapporti tra autore e soggetto passivo. (Nella specie la Cassazione ha escluso che il reato di cosiddetto «contrabbando militare», previsto dalla prima parte dell’art. 3 della L. 9 dicembre 1941, n. 1383, appartenga al novero dei reati propri «esclusivi»). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 4820 del 30 aprile 1991 (Cass. pen. n. 4820/1991)
Per aversi concorso di persone nel reato non basta la semplice adesione morale ad un programma criminoso poiché occorre comunque un apporto che produca un rafforzamento dell’attività criminosa dell’agente o un aiuto all’attività di costui. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 14368 del 2 novembre 1990 (Cass. pen. n. 14368/1990)
Il contributo alla realizzazione collettiva del fatto criminoso, come previsto dall’art. 110 c.p., è concepito come una struttura unitaria, nella quale confluiscono tutti gli atti dei compartecipi, sicché questi sono al tempo stesso loro propri e comuni anche agli altri, allorché sussista in ciascuno dei partecipi la consapevolezza del collegamento finalistico dei vari atti, e cioè la coscienza e volontà di apportare il proprio contributo materiale o psicologico alla realizzazione dell’evento perseguito da tutti. (Nella specie si è precisato che, in caso di concorso in reati propri del pubblico funzionario, il concorso può configurarsi solo come morale e deve per necessità estrinsecarsi in un comportamento esteriore diretto alla determinazione e al rafforzamento dell’altrui proposito criminoso). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 2296 del 11 settembre 1990 (Cass. pen. n. 2296/1990)
La concezione unitaria del concorso di più persone nel reato, recepita nell’art. 110 c.p., consente di ritenere che l’attività costitutiva della partecipazione può essere rappresentata da qualsiasi contributo, di carattere materiale o psichico, non esauribile necessariamente nella fase terminale dell’esecuzione. (Nella fattispecie è stato ritenuto che — rientrando nella stessa attività materiale di esecuzione di un reato qualsiasi apporto alla sua preparazione — la prova positiva dell’assenza del coimputato dal luogo del delitto nel momento in cui questo veniva realizzato era insufficiente ad escludere anche la sua materiale partecipazione). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 7961 del 31 maggio 1990 (Cass. pen. n. 7961/1990)
Perché possa parlarsi di concorso di persone nel reato è necessario, sotto l’aspetto soggettivo, che esista nei compartecipi la coscienza e volontà di concorrere con gli altri nella realizzazione del reato, essendo ravvisabile il concorso anche se in alcuni dei soggetti non vi sia la consapevolezza reciproca dell’altrui contributo, purché sussista in quel soggetto la consapevolezza che vi sia la coordinazione delle forze anche da parte di un solo concorrente; sotto il profilo oggettivo è necessario che il soggetto abbia apportato un contributo di ordine materiale o anche solo psicologico idoneo, con un giudizio di prognosi postumo, alla realizzazione della condotta tipica di un reato posta in essere da un numero di soggetti superiore a quello che la legge ritiene necessario per la esistenza del reato stesso. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 5449 del 13 aprile 1990 (Cass. pen. n. 5449/1990)
La sussistenza del concorso di persone nel reato — di cui all’art. 110 c.p. — nelle sue componenti di contributo causale — materiale o morale — e di cosciente e volontaria partecipazione, postula che il contributo del partecipe sia tale da costituire il supporto necessario alla realizzazione criminosa, conosciuto ed apprezzato dall’autore del reato, sicché i partecipi siano consapevoli della situazione di fatto in cui operano e vogliano contribuire, ciascuno per la propria parte, alla realizzazione dell’evento antigiuridico. (Fattispecie in cui taluno era stato ritenuto colpevole, in concorso, di detenzione di sostanze stupefacenti sulla circostanza di essersi trovato in una autovettura nella quale il conducente-proprietario aveva nascosto droga all’insaputa dell’occasionale accompagnatore). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 3552 del 14 marzo 1990 (Cass. pen. n. 3552/1990)
I delitti associativi si distinguono dal concorso di persone per il fatto che, mentre in quest’ultimo gli accordi tra gli imputati sono diretti alla commissione di uno o più reati determinati con la cui consumazione l’intesa si esaurisce, nell’associazione l’accordo, pur mirando all’attuazione di un più vasto programma criminoso, rimane autonomo rispetto alle particolari intese che danno luogo alla commissione dei singoli reati proprio perché da esso viene a generarsi una sia pur elementare struttura organizzativa destinata a sopravvivere alle singole vicende criminose che costituiscono l’esecuzione di quel programma. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 1801 del 10 febbraio 1990 (Cass. pen. n. 1801/1990)
In tema di concorso di persone nel reato si può parlare di azione unica posta a carico di tutti i concorrenti se l’azione compiuta da ciascuno rientri anche in senso lato nell’attuazione dell’impresa concordata. Ne consegue che la sola presenza sul luogo del delitto può costituire concorso allorchè l’agente correo abbia la coscienza e la volontà dell’evento cagionato da altro o altri coimputati ed abbia in qualche modo partecipato all’azione o comunque facilitato consapevolmente la esecuzione della stessa. In tal caso risponde del fatto illecito collettivo anche se la sua condotta esecutiva si sia arrestata in un momento anteriore alla produzione diretta dell’evento, evento poi direttamente causato da atti compiuti dai correi, in quanto in tal caso l’evento non è che la protrazione della condotta criminosa precedentemente posta in essere insieme e d’accordo con tali correi. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 112 del 12 gennaio 1990 (Cass. pen. n. 112/1990)
Ai fini della configurabilità del concorso nel reato «proprio» di concussione di un extraneus è necessario che questi, con la propria condotta o concorra materialmente con il pubblico ufficiale a coartare, con le minacce o con altri mezzi fraudolenti, la volontà del soggetto passivo per indurlo alla indebita promessa, ovvero concorra moralmente con il pubblico ufficiale mediante qualsiasi attività che agendo sulla volontà di quest’ultimo faccia sorgere o rafforzi il proposito delittuoso, ed in tal senso deve ritenersi che costituisca atto di concorso morale nel reato la promessa d’aiuto da prestarsi successivamente alla perpetrazione del reato, allorché abbia fatto sorgere o rafforzato il proposito delittuoso dell’agente. (Nella fattispecie, in applicazione di tale principio, è stato escluso il concorso nel delitto di concussione, ravvisando invece, nella condotta dell’imputato tutti gli elementi oggettivi e soggettivi del delitto di favoreggiamento reale ex art. 379, c.p.). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 16058 del 18 novembre 1989 (Cass. pen. n. 16058/1989)
Qualora venga cagionata da uno dei concorrenti nel delitto di sequestro di persona la morte del sequestrato, di essa rispondono anche gli altri concorrenti che non hanno partecipato alla causazione del decesso. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 4768 del 5 aprile 1989 (Cass. pen. n. 4768/1989)
Rientra nell’attività costitutiva del concorso nel reato non solo quella che si concretizza nella partecipazione all’esecuzione materiale del reato stesso, ma anche quella morale che esplicandosi, sotto il profilo soggettivo, nella consapevole opera di determinazione, istigazione o rafforzamento della volontà di un determinato reato nell’autore (o negli autori) materiale di esso, ne costituisca, sotto il profilo oggettivo, adeguata concausa efficiente. Pertanto in caso di un accordo preventivo alla commissione del delitto di rapina (delitto presupposto) tra l’autore (o gli autori) materiale di tale delitto, e colui che promette un’attività di assistenza ed aiuto post delictum, consapevolmente determinatrice, istigatrice o rafforzatrice della volontà criminosa del terzo e con rilevanza causale rispetto alla rapina, si configura appunto un’ipotesi di concorso morale in tale delitto, con esclusione della configurabilità di una responsabilità per ricettazione. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 9612 del 1 ottobre 1988 (Cass. pen. n. 9612/1988)
Il concorso di persone nel medesimo reato, secondo il combinato disposto degli artt. 110, 114 e 115 c.p., si configura ogni qualvolta l’imputato con un comportamento materiale, commissivo od omissivo e/o anche soltanto psichico contribuisce alla realizzazione dell’evento tipico della fattispecie incriminatrice. Il contributo, pertanto, alla realizzazione collettiva del fatto criminoso — sia a livello ideativo o esecutivo, morale o materiale — deve estrinsecarsi in un comportamento esteriore che, nella partecipazione psichica, deve consistere nella determinazione o nel rafforzamento del proposito criminoso. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 8193 del 19 luglio 1988 (Cass. pen. n. 5797/1988)
Atteso il carattere unitario del reato concorsuale, l’elemento psicologico animante la condotta dell’autore materiale del reato stesso, si comunica al correo, ai sensi dell’art. 110 c.p., salvo che non risulti sicuramente dimostrato un accordo criminoso indirizzato alla esecuzione di un reato diverso e meno grave. In tale caso la responsabilità per concorso anomalo in reato più grave e diverso da quello concordato, quando legato da nesso di causalità psichica e materiale al crimine concordato, resta esclusa soltanto se l’evento maggiore derivatone, costituisca un evento atipico, cagionato da circostanze eccezionali e del tutto imprevedibili le quali spezzino il nesso di causalità in modo che l’evento non sia ricollegabile in alcun modo alla condotta ed alla volizione del compartecipe. Ma quando siavi stata volontà del correo adesiva ad un accordo per la commissione di un reato, ove sia stato poi eseguito un reato più grave di quello previsto, il reato più grave deve essere ascritto anche al compartecipe ove sia riscontrabile dolo diretto ed indiretto, ai sensi dell’art. 110. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 5797 del 10 maggio 1988 (Cass. pen. n. 5797/1988)
In tema di concorso morale la partecipazione psichica consiste nell’aver provocato o rafforzato l’altrui proposito criminoso e cioè l’attività del partecipe deve influenzare la commissione del reato o perché provoca o rafforza il proposito criminoso (istigazione) o perché ne facilita la preparazione o l’attuazione (agevolazione). Ne consegue che l’azione deve rendere più probabile l’offesa o favorirla, per cui non sussiste responsabilità allorquando il destinatario della anzidetta azione istigatrice sia già fermamente determinato a commettere il crimine e che il solo criterio della causalità materiale o oggettiva non è sufficiente, pur avendo notevole importanza, mentre è necessaria anche una valutazione di ordine psicologico. (Nella specie, la Corte ha annullato il capo della sentenza di merito con il quale si era riconosciuto il concorso morale di un imputato nel delitto di omicidio terroristico di un magistrato), ritenendo che avrebbe dovuto essere accertato se l’imputato, a titolo di concorso morale nell’omicidio stesso, avesse avuto la consapevolezza che negli ambienti da lui frequentati e di cui era l’«ideologo» l’idea da lui manifestata fosse condivisa). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 2148 del 18 febbraio 1988 (Cass. pen. n. 2148/1988)
In tema di concorso di persone nel reato, perché si abbia mera connivenza occorre che la persona non compia alcun atto di partecipazione materiale o psichica, mentre sussiste compartecipazione punibile allorquando, consapevolmente, si pone in essere un comportamento che faciliti la commissione del reato. (Nella specie, relativa ad affermazione di responsabilità dell’imputato per il reato di cui all’art. 270 c.p. — associazioni sovversive — nella forma della mera partecipazione, si è ritenuto che la raccolta di notizie funzionali all’espletamento del reato in seguito commesso rendesse tale comportamento compartecipazione attiva, e non passiva, al reato). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 2775 del 8 aprile 1986 (Cass. pen. n. 2775/1986)
La dissociazione da un accordo criminoso per essere rilevante deve essere manifestata ai correi con atti che rivelino a questi la riacquistata estraneità del dissociato prima che in conseguenza dell’accordo venga intrapresa l’attività criminosa, non valendo notoriamente nei reati concorsuali la singola desistenza volontaria a discriminare l’autore se non in quanto questi riesca ad impedire il compimento dell’azione da parte degli altri compartecipi. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 1962 del 11 marzo 1986 (Cass. pen. n. 1962/1986)
Non può ravvisarsi il concorso di più persone nel reato in caso di comportamento negativo, quale sarebbe quello di non impedire il reato, se non sussiste l’obbligo di farlo; né basta la semplice adesione morale a un programma criminoso o la speranza di utilizzare i risultati conseguenti alla realizzazione dell’illecito, essendo necessario invece un concreto apporto idoneo a produrre almeno un rafforzamento dell’altrui volontà. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 10783 del 18 novembre 1985 (Cass. pen. n. 10783/1985)
Può aversi concorso di persone nel reato e, quindi, responsabilità del partecipe anche se l’autore materiale del fatto non è imputabile o non è punibile. Nell’ipotesi di concorso di persone in un reato proprio sussiste la responsabilità dell’estraneo anche se il soggetto qualificato non sia punibile a causa di una condizione personale o per mancanza di dolo. (Fattispecie in tema di concorso di un soggetto non qualificato nel reato di bancarotta fraudolenta commesso da persona non imputabile che rivestiva la qualità prescritta). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 4418 del 17 maggio 1983 (Cass. pen. n. 4418/1983)
Nel concorso di persone nel reato, ed anche in quello anomalo, la desistenza può assumere rilevanza soltanto se consiste in un comportamento che impedisce il compimento dell’evento, voluto nel caso del concorso pieno, o soltanto prevedibile in quello anomalo. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 7624 del 30 luglio 1981 (Cass. pen. n. 7624/1981)
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