Art. 40 – Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398 - aggiornato alla D. Lgs. 10 ottobre 2022, n.150)

Rapporto di causalità

Articolo 40 - codice penale

Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se l’evento dannoso o pericoloso, da cui dipende la esistenza del reato, non è conseguenza della sua azione od omissione.
Non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo.

Articolo 40 - Codice Penale

Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se l’evento dannoso o pericoloso, da cui dipende la esistenza del reato, non è conseguenza della sua azione od omissione.
Non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo.

Massime

In tema di colpa nell’attività medico-chirurgica, il meccanismo controfattuale, necessario per stabilire che, secondo un giudizio di alta probabilità logica, l’azione doverosa omessa avrebbe impedito l’evento, si deve fondare non solo su affidabili informazioni scientifiche, ma anche sulle contingenze significative del caso concreto. (Fattispecie relativa al decesso di un paziente per arresto cardiaco, in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza con la quale il giudice aveva assolto l’imputato valutando che la mancata e tempestiva diagnosi, attraverso la sottoposizione al tracciato elettrocardiografico e l’effettuazione del dosaggio degli enzimi cardiaci, della patologia cardiaca di cui soffriva l’uomo, non avrebbe evitato l’evento mortale, poiché, tenuto conto del momento del suo arrivo al pronto soccorso, del tempo necessario per eseguire gli esami strumentali e diagnostici, nonché della distanza chilometrica con il più vicino centro sanitario attrezzato, l’intervento coronarico percutaneo necessario ad evitare l’insorgenza dell’aritmia fatale avrebbe comunque avuto luogo in epoca significativamente successiva a quella richiesta per avere un effetto salvifico). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 33230 del 26 novembre 2020 (Cass. pen. n. 33230/2020)

In tema di colpa medica omissiva, è destinatario degli obblighi di protezione nei confronti del paziente il sanitario che, pur in mancanza di una formale investitura, abbia partecipato in fatto all’atto chirurgico, esercitando le funzioni dei garanti tipici ed assumendo i relativi rischi. (Fattispecie relativa al decesso di un paziente a seguito di toracentesi, in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità del medico pneumologo che aveva partecipato all’intervento, pur limitandosi a sostenere il paziente per fargli assumere la posizione più idonea, condividendo comunque le modalità operative dei chirurghi che avevano deciso di intervenire senza una guida ecografica). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 28316 del 12 ottobre 2020 (Cass. pen. n. 28316/2020)

In materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il direttore tecnico dell’impresa esecutrice dei lavori, essendo tenuto a vigilare affinché l’opera sia eseguita in maniera conforme alla normativa vigente, è garante della sicurezza dei fruitori della stessa anche una volta che questa sia ultimata, ove non siano stati rispettati i corretti canoni di costruzione. (Fattispecie in tema di omicidio colposo, in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza di condanna del direttore tecnico dell’impresa esecutrice delle opere per il decesso di un bambino precipitato dal balcone di un albergo, a causa della ridotta altezza del parapetto e della presenza in esso di plurimi appigli vietati e di aperture di dimensioni superiori a quelle consentite). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 27574 del 6 ottobre 2020 (Cass. pen. n. 27574/2020)

In tema di reati colposi omissivi impropri, l’effetto interruttivo del nesso causale può essere dovuto a qualunque circostanza che introduca un rischio nuovo o comunque radicalmente esorbitante rispetto a quelli che il garante è chiamato a governare. (Fattispecie in tema di omicidio colposo, in cui la Corte ha escluso l’interruzione del nesso causale tra la condotta del direttore e del commissario di tiro di un poligono – che avevano omesso di adottare le cautele atte a prevenire il rischio di incendio del poligono stesso, e quella di un tiratore, che, rientrato nel locale in fiamme per recuperare il fucile, era deceduto per le lesioni riportate). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 22691 del 28 luglio 2020 (Cass. pen. n. 22691/2020)

In tema di gestione dei rifiuti, è consentita la delega di funzioni a condizione che la stessa : a) sia puntuale ed espressa, con esclusione di poteri residuali in capo al delegante; b) riguardi, oltre alle funzioni, anche i correlativi poteri decisionali e di spesa; c) la sua esistenza sia giudizialmente provata con certezza; d) il delegato sia tecnicamente idoneo e professionalmente qualificato allo svolgimento dei compiti affidatigli; e) il trasferimento delle funzioni sia giustificato dalle dimensioni o dalle esigenze organizzative dell’impresa, ferma restando la persistenza di un obbligo di vigilanza del delegante in ordine al corretto espletamento, da parte del delegato, delle funzioni trasferite. (In motivazione, la Corte ha precisato che tale obbligo di vigilanza non comporta il controllo continuativo delle modalità di svolgimento delle funzioni trasferite, richiedendosi la mera verifica della correttezza della complessiva gestione del delegato). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 15941 del 27 maggio 2020 (Cass. pen. n. 15941/2020)

Il bagnino addetto ad un impianto di piscina è titolare, ai sensi dell’articolo 40, comma secondo, cod. pen., di una posizione di garanzia in forza della quale egli è tenuto a sorvegliare gli utenti della stessa per garantirne l’incolumità fisica. (Nella fattispecie la Corte ha ritenuto immune da censure la affermazione di responsabilità del bagnino per il reato di omicidio colposo in relazione all’annegamento di una minore, per non avere prestato la dovuta attenzione e averla soccorsa solo alcuni minuti dopo il suo inabissamento). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 13848 del 7 maggio 2020 (Cass. pen. n. 13848/2020)

In tema di bancarotta per distrazione, non è configurabile nei confronti dei componenti del collegio sindacale di una società diversa dalla fallita, la responsabilità nel reato proprio, ex art. 40, comma secondo, cod. pen., la quale, integrata dalla posizione di garanzia che essi ricoprono esclusivamente a tutela della società presso cui operano, è invocabile solo con riferimento all’obbligo di controllo dell’operato degli amministratori di tale società e non può invece estendersi ad atti di bancarotta compiuti da amministratori di società terze, in relazione ai quali possono concorrere solo attraverso una condotta attiva. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 11936 del 10 aprile 2020 (Cass. pen. n. 11936/2020)

Si configura il delitto di omicidio colposo mediante omissione ai sensi dell’art. 40, comma secondo, cod. pen., e non quello, meno severamente sanzionato, di omissione di soccorso aggravato ai sensi dell’art. 593, comma terzo, cod. pen., qualora, in capo all’agente, ricorra, non già un generico obbligo di attivazione, ma una specifica posizione di garanzia avente fondamento in una legge extra-penale o in altra fonte, anche contrattuale, produttiva di obblighi giuridici, che gli attribuisca adeguati poteri per l’impedimento di eventi lesivi di altrui beni in ragione dell’incapacità del titolare di provvedervi autonomamente. (Fattispecie in tema di omicidio, con riferimento alla quale la Corte ha ritenuto che gli imputati avessero volontariamente assunto un dovere di protezione – con conseguente obbligo di impedire l’evento – nei confronti di un giovane di cui si erano presi cura nell’apprezzabile intervallo di tempo durante il quale il medesimo era sopravvissuto dopo essere stato attinto da un colpo d’arma da fuoco esploso accidentalmente da uno dei predetti mentre, trovandosi nella loro abitazione per ragioni di familiarità, era intento a farsi la doccia). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 9049 del 6 marzo 2020 (Cass. pen. n. 9049/2020)

Il costruttore risponde, in quanto titolare di una posizione di garanzia, per gli eventi dannosi causalmente ricollegabili ai difetti strutturali dei macchinari messi in commercio, a meno che l’utilizzatore abbia compiuto sulla macchina trasformazioni di natura ed entità tali da poter essere considerate causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento. (Nella fattispecie la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza che aveva riconosciuto la responsabilità, a titolo di omicidio colposo, del costruttore di una macchina, il cui difetto di costruzione aveva cagionato, sei anni dopo la messa in commercio della macchina ed in assenza di cause alternative, il decesso di un lavoratore). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 5541 del 12 febbraio 2020 (Cass. pen. n. 5541/2020)

In tema di reati tributari, l’amministratore di fatto risponde, quale autore principale, del delitto di indebita compensazione di cui all’art. 10-quater d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, in quanto titolare effettivo della gestione sociale e, pertanto, nelle condizioni di poter compiere l’azione dovuta, mentre l’amministratore di diritto, come mero prestanome, è responsabile del medesimo reato a titolo di concorso per omesso impedimento dell’evento, ai sensi degli artt. 40, comma secondo, cod. pen. e 2932 cod. civ., a condizione che ricorra l’elemento soggettivo richiesto dalla norma incriminatrice. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza con la quale è stata affermata la sussistenza del dolo eventuale dell’amministratore di diritto, desumendola, oltre che dall’accettazione della carica, da una pluralità di elementi fattuali convergenti, che ne comprovavano la consapevolezza delle criticità gestionali della società e lo svolgimento di un ruolo attivo in ambito societario, con conseguente accettazione del rischio relativo alla commissione di reati da parte dell’amministratore di fatto). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 1722 del 17 gennaio 2020 (Cass. pen. n. 1722/2020)

L’infermiere, come tutti gli operatori di una struttura sanitaria, è “ex lege” portatore di una posizione di garanzia, espressione dell’obbligo di solidarietà costituzionalmente imposto ex artt. 2 e 32 Cost., nei confronti dei pazienti, la cui salute deve tutelare contro qualsivoglia pericolo che ne minacci l’integrità, per l’intero tempo del turno di lavoro. (In applicazione del principio la Corte ha ritenuto immune da censure il riconoscimento di responsabilità operato dalla sentenza impugnata, a titolo di omicidio colposo, di un’infermiera in servizio presso una residenza assistita, per avere omesso di eseguire ed attivare le dovute ricerche di una paziente disabile, notoriamente dedita all’uso di sostanze alcoliche, che, non rientrata in camera da letto dopo cena, era morta nella notte per assideramento, dopo essere caduta a terra nel tragitto tra un padiglione e l’altro della struttura). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 39256 del 25 settembre 2019 (Cass. pen. n. 39256/2019)

In tema di reati omissivi colposi, la posizione di garanzia – che può essere generata da investitura formale o dall’esercizio di fatto delle funzioni tipiche delle diverse figure di garante – deve essere individuata accertando in concreto la effettiva titolarità del potere – dovere di protezione dello specifico bene giuridico che necessita di protezione, e di gestione della specifica fonte di pericolo di lesione di tale bene, alla luce delle specifiche circostanze in cui si è verificato il sinistro. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza impugnata che, in relazione al decesso di un bambino folgorato da una scossa elettrica cagionata dal vizio di montaggio di un faretto, incassato nel suolo, dell’impianto di illuminazione pubblica, aveva ravvisato la posizione di garanzia, a tutela della pubblica incolumità, in capo al dirigente dell’ufficio tecnico comunale che aveva affidato a una ditta il compito di sostituire tale faretto, e che, anche nella sua veste di direttore dei lavori, aveva erroneamente attestato la regolare esecuzione degli stessi). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 38624 del 19 settembre 2019 (Cass. pen. n. 38624/2019)

In tema di morte quale conseguenza di altro delitto, sussiste il nesso di causalità tra le condotte estorsive e il suicidio della vittima quando questo non sia espressione della libera scelta del soggetto, bensì venga ritenuto quale unica alternativa percorribile a fronte dell’impossibilità di sottrarsi alle condotte estorsive degli imputati. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto sussistente la prevedibilità in concreto del rischio dell’evento suicidiario, in ragione della fragilità psichica della giovane vittima degli estorsori, dello stato di tossicodipendenza e della profonda prostrazione determinata dalle gravi e reiterate minacce, nonché del fatto che il suicidio si era verificato a distanza di poche ore dall’ultima telefonata estorsiva). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 38060 del 13 settembre 2019 (Cass. pen. n. 38060/2019)

In tema di infortuni sul lavoro, in presenza di una prassi dei lavoratori elusiva delle prescrizioni volte alla tutela della sicurezza, non è ravvisabile la colpa del datore di lavoro, sotto il profilo dell’esigibilità del comportamento dovuto omesso, ove non vi sia prova della sua conoscenza, o della sua colpevole ignoranza, di tale prassi. (In applicazione di tale principio la Corte ha annullato senza rinvio, “perché il fatto non costituisce reato”, la sentenza di condanna del legale rappresentante di una società di raccolta rifiuti per l’omicidio colposo di un lavoratore deceduto perché, dopo aver ritirato l’ultimo sacchetto di rifiuti, anziché salire nella cabina del camion, si era aggrappato dietro allo stesso, rilevando che la vigilanza che i veicoli venissero utilizzati in maniera conforme alle prescrizioni contenute nel documento di valutazione dei rischi era stata delegata ai capisquadra presenti sui mezzi, e che era impossibile una diuturna vigilanza su mezzi circolanti ininterrottamente).

In tema di infortuni sul lavoro, nel caso di morte di un lavoratore addetto alla raccolta dei rifiuti, a seguito di caduta in terra per essere salito in piedi sul retro del veicolo in movimento nonostante la mancanza delle apposite pedane esterne e delle relative maniglie, non è configurabile la responsabilità del datore di lavoro per avere omesso la formazione e informazione circa il corretto uso del mezzo, difettando, in tal caso, il necessario requisito della causalità della colpa ovvero la riconducibilità dell’evento alla violazione della norma cautelare, a fronte di manovra pericolosa immediatamente percepibile da chiunque senza necessità di formazione alcuna. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 32507 del 22 luglio 2019 (Cass. pen. n. 32507/2019)

In tema di prevenzione di infortuni sul lavoro, nel caso in cui la lavorazione comporti un numero elevato di azioni ripetitive, è obbligo del datore di lavoro, quale titolare della posizione di garanzia, prevenire il concretizzarsi di rischi riguardanti la verificazione anche di un “evento raro” la cui realizzazione non sia però ignota all’esperienza e alla conoscenza della scienza tecnica e, una volta individuato il rischio, predisporre le misure precauzionali e procedimentali, ove necessarie, per impedire l’evento. (Fattispecie in tema di omessa valutazione del rischio di esplosione verificatasi per l’omessa adozione di procedimento da seguire durante l’operazione, svolta quotidianamente e sempre con le medesime modalità, di pulitura di una pressa ad iniezione, necessitata, nel caso di specie, dalla formazione di un grumo di materiale plastico all’interno che aveva occluso sia un ugello, sia il foro di ingresso del materiale, evenienza, quest’ultima, rara, ma non straordinaria in quanto verificatasi, altrove, sul medesimo macchinario, almeno altre due volte negli ultimi trent’anni). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 27186 del 19 giugno 2019 (Cass. pen. n. 27186/2019)

In tema di reati omissivi colposi, la posizione di garanzia può derivare, oltre che da una fonte normativa, sia di diritto pubblico che di natura privatistica, anche da una situazione di fatto, cioè dall’esercizio delle funzioni tipiche del garante, mediante un comportamento concludente consistente nella presa in carico del bene protetto. (Fattispecie di affermata sussistenza della posizione di garanzia in capo ai medici sportivi di due squadre di calcio, estranei all’apparato di soccorso presente sul campo e tuttavia intervenuti durante una partita in soccorso di un giocatore colpito da malore, in ragione della materiale instaurazione della relazione terapeutica consistita nel prestare i primi soccorsi ripristinando la pervietà delle vie aeree). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 24372 del 31 maggio 2019 (Cass. pen. n. 24372/2019)

In tema di omicidio colposo plurimo, nel sistema delineato dalla legge 24 febbraio 1992, n. 225 (istituzione del servizio nazionale della protezione civile), la gestione dell’emergenza provocata da eventi naturali o connessi con l’attività dell’uomo compete al sindaco quale autorità locale di protezione civile e nell’ambito del territorio comunale. (In motivazione la Corte ha precisato che tale ruolo può essere in concreto esercitato dal sindaco, indipendentemente dal personale possesso di cognizioni tecniche, grazie al supporto tecnico del centro operativo comunale previsto dalla Direttiva della Presidenza del Consiglio dei ministri 3 dicembre 2008, concernente gli indirizzi operativi per la gestione delle emergenze). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 22214 del 22 maggio 2019 (Cass. pen. n. 22214/2019)

Ai fini dell’operatività della così detta “clausola di equivalenza” di cui all’art. 40, secondo comma, cod. pen., non è necessario che il titolare della posizione di garanzia sia direttamente dotato dei poteri atti ad impedire la lesione del bene garantito, essendo sufficiente che egli disponga dei mezzi idonei a sollecitare gli interventi necessari ad impedire l’evento dannoso. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza impugnata che aveva affermato – in relazione alla morte di cinque persone dovuta all’esplosione di una bombola posizionata nei pressi della zona cottura degli alimenti da somministrare nel corso di una sagra – la responsabilità di un agente di polizia municipale a titolo di omicidio colposo, in ragione dell’omessa segnalazione dell’impiego di bombole in evidente stato di deterioramento al soggetto titolare del potere deliberativo relativo al rilascio di licenza temporanea). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 47794 del 19 ottobre 2018 (Cass. pen. n. 47794/2018)

La titolarità di una posizione di garanzia non comporta, in presenza del verificarsi dell’evento, un automatico addebito di responsabilità colposa a carico del garante, imponendo il principio di colpevolezza la verifica in concreto sia della sussistenza della violazione – da parte del garante – di una regola cautelare (generica o specifica), sia della prevedibilità ed evitabilità dell’evento dannoso che la regola cautelare violata mirava a prevenire (cosiddetta concretizzazione del rischio), sia della sussistenza del nesso causale tra la condotta ascrivibile al garante e l’evento dannoso. (Fattispecie relativa al crollo di un immobile a seguito di una perdita di gas, in cui la S.C. ha annullato la sentenza impugnata che aveva ritenuto la responsabilità degli imputati per il solo fatto di essere l’una proprietaria dell’immobile, ed aver permesso la realizzazione di un impianto del gas non a norma, e l’altro utilizzatore del locale, e dunque gestore di fatto di tale impianto). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 32216 del 13 luglio 2018 (Cass. pen. n. 32216/2018)

Si configura un’ipotesi di concorso del locatore nel fatto del conduttore che, dando alloggio a stranieri privi di permesso di soggiorno al fine di trarne profitto, si renda responsabile del reato di cui all’art. 12, comma 5-bis, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, soltanto qualora il primo partecipi al profitto realizzato dal secondo, non essendo sufficiente che abbia semplicemente consapevolezza dell’illecita destinazione dell’immobile. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 29829 del 3 luglio 2018 (Cass. pen. n. 29829/2018)

In tema di responsabilità da sinistri stradali, il conducente favorito dal diritto di precedenza deve comunque non abusarne, non trattandosi di un diritto assoluto e tale da consentire una condotta di guida negligente e pericolosa per gli altri utenti della strada, anche se eventualmente in colpa; ne deriva che anche nelle ipotesi in cui il semaforo verde consente la marcia, l’automobilista deve accertarsi della eventuale presenza, seppur colpevole, di pedoni che si attardino nell’attraversamento, ed è tenuto a moderare la velocità per essere in grado di affrontare l’eventualità del mancato rispetto della precedenza da parte di terzi. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 27404 del 14 giugno 2018 (Cass. pen. n. 27404/2018)

In tema di accertamento del rapporto di causalità tra esposizione ad amianto e morte del lavoratore, per affermare la responsabilità dell’imputato fondata sull’effetto acceleratore sul mesotelioma della esposizione ad amianto anche nella fase successiva a quella dell’insorgenza della malattia, il giudice, avendo la relativa legge scientifica di copertura natura probabilistica, deve verificare se l’abbreviazione della latenza della malattia si sia verificata effettivamente nei singoli casi al suo esame, essendo a tal fine necessarie informazioni cronologiche che consentano di affermare che il processo patogenetico si è sviluppato in un periodo significativamente più breve rispetto a quello richiesto nei casi in cui all’iniziazione non segua un’ulteriore esposizione e dovendo altresì essere noti e presenti nella concreta vicenda processuale i fattori che nell’esposizione protratta accelerano il processo. (In applicazione del principio la Corte ha annullato con rinvio la sentenza che aveva ritenuto la sussistenza dell’effetto acceleratore, in base al criterio della esclusione delle cause alternative, ritenuto inidoneo dalla S.C.).

In tema di nesso causale, in presenza di patologie riconducibili a più fattori causali diversi e alternativi tra loro, qualora la rilevanza causale della condotta omissiva sull’evento patologico sia caratterizzata da una mera probabilità statistica, la ricostruzione del nesso eziologico impone la sicura esclusione di fattori causali alternativi. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio la sentenza impugnata escludendo la possibilità di affermare con certezza, sulla base degli elementi acquisiti, la dipendenza eziologica del tumore polmonare dall’esposizione ad amianto di un lavoratore tabagista). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 16715 del 16 aprile 2018 (Cass. pen. n. 16715/2018)

In tema di colpa professionale medica, l’instaurazione del rapporto terapeutico tra medico e paziente è fonte della posizione di garanzia che il primo assume nei confronti del secondo, e da cui deriva l’obbligo di attivarsi a tutela della salute e della vita. (Fattispecie in cui l’imputato quale medico neurologo aveva omesso di prescrivere necessari esami di base che avrebbero consentito l’esatta dignosi di una cardiopatia aritmogena maligna che aveva causato la morte della paziente). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 15178 del 5 aprile 2018 (Cass. pen. n. 15178/2018)

Ai fini dell’operatività della così detta “clausola di equivalenza” di cui all’art. 40, secondo comma, cod. pen., non è necessario che il titolare della posizione di garanzia sia direttamente dotato dei poteri atti ad impedire la lesione del bene garantito, essendo sufficiente che egli disponga dei mezzi idonei a sollecitare gli interventi necessari ad impedire l’evento dannoso. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza impugnata che aveva affermato – in relazione alla morte di due studentesse, travolte da un masso distaccatosi da una parete rocciosa – la responsabilità di due sindaci di un Comune a titolo di omicidio colposo, in ragione dell’omessa comunicazione, all’ Autorità di bacino regionale, di un precedente evento franoso verificatosi nella stessa zona). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 14550 del 29 marzo 2018 (Cass. pen. n. 14550/2018)

Integra il concorso per omissione nel delitto di maltrattamenti in famiglia la condotta della referente del Comune presso un asilo nido che ometta di intervenire pur avendo conoscenza dei maltrattamenti consumati nella struttura. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 10763 del 9 marzo 2018 (Cass. pen. n. 10763/2018)

In materia di rifiuti, non è configurabile in forma omissiva il reato di cui all’art. 256, comma secondo, D.Lgs. n. 152 del 2006, nei confronti del comproprietario di un terreno sul quale il coniuge abbia abbandonato o depositato rifiuti in modo incontrollato, anche nel caso in cui non si attivi per la rimozione dei rifiuti. (In motivazione, la Corte ha affermato che tale responsabilità sussiste solo in presenza di un obbligo giuridico di impedire la realizzazione o il mantenimento dell’evento lesivo, che il proprietario può assumere solo ove compia atti di gestione o movimentazione dei rifiuti e che non può invece fondarsi sull’esistenza del rapporto di coniugio). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 28704 del 9 giugno 2017 (Cass. pen. n. 28704/2017)

In tema di reati omissivi colposi, la posizione di garanzia – che può essere generata da investitura formale o dall’esercizio di fatto delle funzioni tipiche delle diverse figure di garante – deve essere individuata accertando in concreto la effettiva titolarità del potere dovere di gestione della fonte di pericolo, alla luce delle specifiche circostanze in cui si è verificato il sinistro. (Fattispecie in cui la S.C. ha annullato con rinvio la decisione che aveva ritenuto la responsabilità di un parroco per il reato di omicidio colposo ai danni di un minore rimasto schiacciato, durante una festa, sotto la porta del campo di calcetto ubicato all’interno della parrocchia, omettendo di valutare e chiarire la posizione di altri soggetti titolari, al momento del fatto, di poteri di disposizione e gestione dell’area ricreativa). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 19029 del 20 aprile 2017 (Cass. pen. n. 19029/2017)

In tema di prevenzione antinfortunistica, perché la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l’evento lesivo, è necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia. (Fattispecie in cui la S.C. ha escluso l’abnormità della condotta di due lavoratori che erano deceduti, per mancanza di ossigeno, all’interno di una cisterna in cui si erano calati per svolgere le proprie mansioni, ma senza attendere l’arrivo del responsabile della manutenzione e senza utilizzare dispositivi di protezione). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 15124 del 27 marzo 2017 (Cass. pen. n. 15124/2017)

In tema di nesso di causalità in delitti colposi, qualora siano state poste in essere, in successione temporale tra loro, condotte colpose da parte di soggetti diversi, ciascuno dei quali investito di autonoma posizione di garanzia, l’evento non può essere causalmente ricondotto anche alla prima di tali condotte quando la seconda sia stata, da sola, determinante. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha annullato senza rinvio la sentenza di merito che, in un caso in cui si era verificato il decesso di un paziente a causa della mancata, previa rilevazione di condizioni che avrebbero dovuto imporre particolari modalità nella sottoposizione del medesimo ad anestesia, in vista di un intervento operatorio, aveva ritenuto responsabile dell’evento anche il primo dei due anestesisti dai quali il paziente era stato visitato, senza considerare che il secondo, pur reso edotto delle valutazioni operate dal collega, aveva proceduto ad una nuova e completa visita, incorrendo nello stesso errore nel quale era incorso il primo). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 3312 del 23 gennaio 2017 (Cass. pen. n. 3312/2017)

In tema di responsabilità medica, l’obbligo di diligenza che grava su ciascun componente dell’equipe medica concerne non solo le specifiche mansioni a lui affidate, ma anche il controllo sull’operato e sugli errori altrui che siano evidenti e non settoriali, in quanto tali rilevabili con l’ausilio delle comuni conoscenze del professionista medio. (Fattispecie in cui la Corte ha confermato la sentenza di condanna per il reato di omicidio colposo nei confronti, oltre che del ginecologo, anche delle ostetriche, ritenendo che l’errore commesso dal ginecologo nel trascurare i segnali di sofferenza fetale non esonerava le ostetriche dal dovere di segnalare il peggioramento del tracciato cardiotocografico, in quanto tale attività rientrava nelle competenze di entrambe le figure professionali operanti in equipe). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 53315 del 15 dicembre 2016 (Cass. pen. n. 53315/2016)

Nella ipotesi del decesso dell’inquilino di un immobile, conseguente alle letali esalazioni di una caldaia non a norma di legge, è configurabile il reato di omicidio colposo nei confronti del comodatario dell’immobile, titolare, unitamente al proprietario, di una posizione di garanzia nei confronti del conduttore, a condizione che siano accertati poteri di gestione e di ingerenza sull’immobile medesimo.(Fattispecie in cui la Corte ha rigettato il ricorso dell’imputato ritenendo che la stipula del contratto di locazione e l’incasso del canone, da parte del comodatario, costituissero prova dell’ingerenza di quest’ultimo nella gestione dell’immobile). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 43861 del 17 ottobre 2016 (Cass. pen. n. 43861/2016)

Il medico psichiatra è titolare di una posizione di garanzia nei confronti del paziente, anche se questi non sia sottoposto a ricovero coatto, ed ha, pertanto, l’obbligo – quando sussista il concreto rischio di condotte autolesive, anche suicidiarie – di apprestare specifiche cautele. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la pronuncia che aveva affermato la responsabilità di un medico del reparto di psichiatria di un ospedale pubblico per il suicidio di una paziente, ricoverata con diagnosi di disturbo bipolare in fase depressiva, nei confronti della quale aveva omesso di assicurare una stretta e continua sorveglianza, sebbene le notizie anamnestiche e la diagnosi di accettazione avessero reso evidente il rischio suicidiario). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 33609 del 1 agosto 2016 (Cass. pen. n. 33609/2016)

È configurabile il concorso per omissione, ex art. 40, comma secondo, cod. pen., nel reato di frode nelle pubbliche forniture, posto che la responsabilità da causalità omissiva é ipotizzabile anche nei riguardi dei reati di mera condotta, a forma libera o vincolata, e che, nell’ambito della fattispecie concorsuale, la condotta commissiva può costituire sul piano eziologico il termine di riferimento che l’intervento omesso del concorrente avrebbe dovuto scongiurare. (In applicazione del principio indicato, la Corte ha precisato che, in tanto può ascriversi una corresponsabilità in capo al responsabile del procedimento, in quanto sia ravvisabile un suo previo concerto con il soggetto tenuto alla prestazione, ovvero vi sia stata la sua consapevole e volontaria violazione di un obbligo di verifica e controllo che abbia propiziato la prestazione in frode). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 28301 del 7 luglio 2016 (Cass. pen. n. 28301/2016)

In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il committente, anche nel caso di affidamento dei lavori ad un’unica ditta appaltatrice (c.d. cantiere “sotto – soglia”), è titolare di una posizione di garanzia idonea a fondare la sua responsabilità per l’infortunio, sia per la scelta dell’impresa – essendo tenuto agli obblighi di verifica imposti dall’art. 3, comma ottavo, D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 494 – sia in caso di omesso controllo dell’adozione, da parte dell’appaltatore, delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro. (In applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza impugnata, che aveva riconosciuto la responsabilità a titolo di omicidio colposo del committente, il quale aveva omesso non solo di verificare l’idoneità tecnico professionale della ditta appaltatrice, in relazione alla entità e tipologia dell’opera, ma anche di attivare i propri poteri di inibizione dei lavori, a fronte della inadeguatezza dimensionale dell’impresa e delle evidenti irregolarità del cantiere). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 23171 del 1 giugno 2016 (Cass. pen. n. 23171/2016)

In tema di causalità, la dipendenza di un evento da una determinata condotta deve essere affermata anche quando le prove raccolte non chiariscano ogni passaggio della concatenazione causale e possano essere configurate sequenze alternative di produzione dell’evento, purché ciascuna tra esse sia riconducibile all’agente e possa essere esclusa l’incidenza di meccanismi eziologici indipendenti. (Fattispecie relativa al decesso di un lavoratore in conseguenza dell’abbattimento di un albero, in cui – nel dubbio sull’esatta dinamica del sinistro – è stata, comunque, assegnata rilevanza causale alla condotta del datore di lavoro che aveva omesso di fornire ai propri dipendenti le attrezzature necessarie per l’esecuzione in sicurezza dei tagli, di formarli ed informarli sui rischi connessi a quella lavorazione e di vigilare adeguatamente sul cantiere). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 22147 del 26 maggio 2016 (Cass. pen. n. 22147/2016)

È configurabile il reato di omicidio colposo nella condotta del dirigente del Dipartimento della Protezione civile che, a fronte di uno sciame sismico in atto, rendendo agli organi di informazione, in assenza di adeguati riscontri scientifici, dichiarazioni rassicuranti circa i futuri sviluppi dell’attività sismica, affermandone la limitata pericolosità, abbia condizionato la condotta degli abitanti delle zone interessate, inducendoli ad abbandonare i comportamenti autoprottettivi in precedenza adottati – consistiti nell’allontanarsi dalle abitazioni al verificarsi delle prime scosse sismiche – e a trattenersi all’interno degli edifici, così rimanendo travolti dal crollo degli stessi a seguito di una successiva scossa avente efficacia distruttiva. (In motivazione la Corte ha precisato che il nesso di causalità è configurabile anche allorquando sussista un diretto legame di derivazione causale tra la condotta dell’agente e la successiva condotta della persona offesa, indotta ad agire in forza del condizionamento subito). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 12478 del 24 marzo 2016 (Cass. pen. n. 12478/2016)

È configurabile l’interruzione del nesso causale tra condotta ed evento quando la causa sopravvenuta innesca un rischio nuovo e incommensurabile, del tutto incongruo rispetto al rischio originario attivato dalla prima condotta. (Nella fattispecie la S.C. ha escluso il nesso causale tra l’errore nell’originaria diagnosi dell’entità della patologia, dovuta al mancato espletamento dei necessari accertamenti strumentali, ed il decesso del paziente, giacché l’evento letale era stato determinato da un gravissimo errore dell’anestesista, qualificato dalla Corte “rischio nuovo e drammaticamente incommensurabile”, rispetto a quello innescato dalla prima condotta). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 33329 del 28 luglio 2015 (Cass. pen. n. 33329/2015)

La titolarità di una posizione di garanzia non comporta, in presenza del verificarsi dell’evento, un automatico addebito di responsabilità colposa a carico del garante, imponendo il principio di colpevolezza la verifica in concreto sia della sussistenza della violazione – da parte del garante – di una regola cautelare (generica o specifica), sia della prevedibilità ed evitabilità dell’evento dannoso che la regola cautelare violata mirava a prevenire (cosiddetta concretizzazione del rischio), sia della sussistenza del nesso causale tra la condotta ascrivibile al garante e l’evento dannoso. (In applicazione del principio la Corte ha escluso che la circolazione di un autoarticolato lungo la Costiera Amalfitana in giorno festivo, avvenuta in violazione del divieto specifico dettato dalla normativa di settore, potesse determinare la configurabilità del delitto di omicidio colposo a carico del guidatore di detto mezzo, atteso che la disposizione regolamentare sopra richiamata era diretta a tutelare le esigenze del traffico veicolare e non espressamente a prevenire eventuali sinistri). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 24462 del 8 giugno 2015 (Cass. pen. n. 24462/2015)

L’estetista professionale è titolare, ai sensi dell’art. 40, comma secondo, c.p. di una posizione di garanzia a tutela della incolumità di coloro che si sottopongono al trattamento estetico, in virtù sia del principio del “neminem laedere”, sia della sua qualità di custode degli apparecchi elettromagnetici utilizzati per detto trattamento, il cui uso, anche unitamente a prodotti cosmetici, potrebbe dar luogo ad attività da qualificarsi pericolosa ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 2050 c.c., di talché è in astratto configurabile la sua responsabilità per le lesioni causate dai trattamenti estetici praticati in violazione delle regole cautelari di settore. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 22835 del 28 maggio 2015 (Cass. pen. n. 22835/2015)

Integra il delitto colposo di interruzione della gravidanza (art. 17, comma primo, della legge n. 194 del 1978), la condotta dell’ostetrica che, incaricata di eseguire un ‘tracciato cardiotocograficò all’esito del quale si evidenzi un’anomalia cardiaca del feto, ometta di informare tempestivamente il medico di turno, in quanto la violazione della regola cautelare, consistente nella richiesta di intervento immediato del sanitario, ha cagionato o contribuito significativamente a cagionare l’evento morte. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 20063 del 14 maggio 2015 (Cass. pen. n. 20063/2015)

In materia di infortuni sul lavoro, gli obblighi di prevenzione, assicurazione e sorveglianza gravanti sul datore di lavoro, possono essere trasferiti con conseguente subentro del delegato nella posizione di garanzia che fa capo al delegante, a condizione che il relativo atto di delega ex art. 16 del D.Lgs. n. 81 del 2008 riguardi un ambito ben definito e non l’intera gestione aziendale, sia espresso ed effettivo, non equivoco ed investa un soggetto qualificato per professionalità ed esperienza che sia dotato dei relativi poteri di organizzazione, gestione, controllo e spesa.

In tema di infortuni sul lavoro, il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, pur svolgendo all’interno della struttura aziendale un ruolo non gestionale ma di consulenza, ha l’obbligo giuridico di adempiere diligentemente l’incarico affidatogli e di collaborare con il datore di lavoro, individuando i rischi connessi all’attività lavorativa e fornendo le opportune indicazioni tecniche per risolverli, all’occorrenza disincentivando eventuali soluzioni economicamente più convenienti ma rischiose per la sicurezza dei lavoratori, con la conseguenza che, in relazione a tale suo compito, può essere chiamato a rispondere, quale garante, degli eventi che si verifichino per effetto della violazione dei suoi doveri. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto penalmente rilevante la condotta del responsabile del servizio che aveva redatto il documento di valutazione dei rischi con indicazione di misure organizzative inappropriate, sottovalutando il pericolo di incendio e omettendo di indicare ai lavoratori le opportune istruzioni per salvaguardare la propria incolumità).

In tema di prevenzione degli infortuni, il datore di lavoro, avvalendosi della consulenza del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, ha l’obbligo giuridico di analizzare e individuare, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all’interno dell’azienda e, all’esito, deve redigere e sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall’art. 28 del D.Lgs. n. 81 del 2008, all’interno del quale è tenuto a indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori. (Fattispecie in cui la Corte ha confermato il giudizio di colpevolezza dell’amministratore delegato, dei dirigenti aziendali e del responsabile del servizio di prevenzione e protezione per la morte di alcuni dipendenti provocata dalla mancata adozione di efficaci misure antincendio sottovalutate nel documento di valutazione dei rischi). Cassazione penale, Sez. Unite, sentenza n. 38343 del 18 settembre 2014 (Cass. pen. n. 38343/2014)

La guida di un gruppo di escursionisti subacquei è titolare di una posizione di garanzia, in ragione della quale egli è tenuto: a) a verificare la presenza nei partecipanti all’escursione dei brevetti attestanti i livelli di esperienza e di capacità acquisiti e la compatibilità degli stessi con le caratteristiche ed i livelli di rischio dell’escursione programmata; b) a scegliere il percorso più adeguato per raggiungere la meta concordata, in rapporto, non solo, alle capacità tecniche degli escursionisti ma, anche, alle effettive condizioni del mare ed ambientali, con la conseguente necessità di modificare la programmazione iniziale ove esse subiscano dei mutamenti. (Nella fattispecie la Corte ha confermato la sentenza di condanna della guida per il decesso di due sub, dotati di apprezzabile esperienza, verificatosi nel corso di un’immersione in grotta, avvenuta nonostante le peggiorate condizioni climatiche che rendevano l’accesso alla meta particolarmente pericolosa). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 27964 del 27 giugno 2014 (Cass. pen. n. 27964/2014)

In tema di rapporto di causalità, l’individuazione della cosiddetta legge scientifica di copertura sul collegamento tra la condotta e l’evento presuppone una documentata analisi della letteratura scientifica universale in materia con l’ausilio di esperti qualificate ed indipendenti. (In applicazione del principio la Corte ha annullato la sentenza che aveva escluso la sussistenza dell’effetto acceleratore sul mesotelioma derivante dalla prolungata esposizione ad amianto anche nella fase successiva a quella dell’insorgenza, seppur latente, della malattia, osservando che il giudice di merito aveva elaborato un proprio originale punto di vista scientifico non sorretto da basi sufficientemente chiare e ponderose). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 18933 del 8 maggio 2014 (Cass. pen. n. 18933/2014)

L’amministratore di una società risponde del reato omissivo contestatogli quale diretto destinatario degli obblighi di legge, anche quando altri soggetti abbiano agito come amministratori di fatto, atteso che la semplice accettazione o il semplice mantenimento della carica attribuiscono allo stesso specifici doveri di vigilanza e controllo, la cui violazione comporta una responsabilità penale diretta a titolo di dolo generico, per la consapevolezza che dalla condotta omissiva possano scaturire gli eventi tipici del reato, o, comunque, a titolo di dolo eventuale, per la semplice accettazione del rischio che questi si verifichino. (In applicazione del principio la Corte ha affermato la responsabilità dell’amministratore di diritto di una società, che aveva delegato a terzi la gestione della stessa, con riferimento al reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 14432 del 27 marzo 2014 (Cass. pen. n. 14432/2014)

Nel caso di morte degli occupanti di un immobile determinato dalle esalazioni di monossido di carbonio prodotte da una stufa a gas priva di idonei dispositivi di sicurezza, la responsabilità per omicidio colposo del proprietario può sussistere anche se non sia stato stipulato un contratto di locazione in forma scritta (forma richiesta “ad substantiam” dall’art. 1 della legge n. 431 del 1998), qualora sia provata l’instaurazione per fatti concludenti di un rapporto di comodato gratuito, anticipatore degli effetti della futura locazione. (Nel caso di specie, l’inquilino aveva ricevuto dal proprietario le chiavi dell’immobile, aveva intrapreso lavori di imbiancatura delle pareti e aveva allacciato le utenze a suo nome). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 1508 del 15 gennaio 2014 (Cass. pen. n. 1508/2014)

In tema di causalità, non può parlarsi di affidamento quando colui che si affida sia in colpa per avere violato determinate norme precauzionali o per avere omesso determinate condotte e, ciononostante, confidi che altri, che gli succede nella stessa posizione di garanzia, elimini la violazione o ponga rimedio alla omissione, con la conseguenza che qualora, anche per l’omissione del successore, si produca l’evento che una certa azione avrebbe dovuto e potuto impedire, esso avrà due antecedenti causali, non potendo il secondo configurarsi come fatto eccezionale, sopravvenuto, sufficiente da solo a produrre l’evento. (In applicazione del principio, la Corte ha confermato la sentenza di condanna per omicidio colposo di due medici ospedalieri che, succedendosi temporalmente nel turno ospedaliero, avevano entrambi disposto esami cardiologici su di una donna in stato di gravidanza avanzata, ricoveratasi a seguito di rottura prematura delle membrane, ed, avendo verificato valori che dimostravano una sofferenza del feto, e non avevano provveduto ad effettuare un tempestivo parto cesareo ed avevano, quindi, cagionato il decesso del neonato per sofferenza anossica cerebrale). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 692 del 10 gennaio 2014 (Cass. pen. n. 692/2014)

La fonte dell’obbligo giuridico di impedire l’evento può consistere anche in un’assunzione volontaria ed unilaterale dei compiti di tutela fondata su un comportamento concludente dell’agente, consistente nella presa in carico del bene protetto. (In applicazione del principio la Corte ha ritenuto configurabile il delitto di lesioni colpose a carico di un soggetto che non si era opposto alla presenza dei figli del suo vicino di casa nel cortile antistante la propria abitazione, considerando che in tal modo fosse sorta una posizione di garanzia sui minori, attraverso l’implicita assunzione di un obbligo di sorveglianza sugli stessi). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 50606 del 16 dicembre 2013 (Cass. pen. n. 50606/2013)

In tema di reati tributari, il prestanome non risponde dei delitti in materia di dichiarazione previsti dal D.Lgs. n. 74 del 2000, solo se è privo di qualunque potere o possibilità di ingerenza nella gestione della società. (Nella specie, la Corte ha annullato la sentenza impugnata che aveva assolto il legale rappresentante di una società, trascurando la circostanza che lo stesso era a conoscenza della dubbia regolarità della gestione societaria da parte dell’amministratore di fatto). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 47110 del 27 novembre 2013 (Cass. pen. n. 47110/2013)

In tema di disciplina penale dei prodotti alimentari, la delega di funzioni può operare quale limite della responsabilità penale del legale rappresentante della impresa solo laddove le dimensioni aziendali siano tali da giustificare la necessità di decentrare compiti e responsabilità, ma non anche in caso di organizzazione a struttura semplice. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto corretta la decisione del giudice di merito che aveva escluso la rilevanza esimente di una delega di funzioni, conferita dal legale rappresentante di società che gestiva unicamente tre supermercati dislocati in un medesimo e ristretto ambito territoriale, con riguardo al reato di detenzione per la vendita di alimenti in cattivo stato di conservazione). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 46710 del 22 novembre 2013 (Cass. pen. n. 46710/2013)

In tema di reati edilizi, la responsabilità del proprietario non committente non può essere oggettivamente dedotta dal diritto sul bene né può essere configurata come responsabilità omissiva per difetto di vigilanza, attesa l’inapplicabilità dell’art. 40, secondo comma, cod. pen., ma dev’essere dedotta da indizi ulteriori rispetto all’interesse insito nel diritto di proprietà, idonei a sostenere la sua compartecipazione, anche morale, al reato. (Fattispecie in cui a Corte ha annullato la sentenza di condanna del proprietario non committente per non essere stati valutati gli elementi emersi dall’istruttoria, quale la stabile residenza dell’imputato in luogo distante da quello interessato dall’opera abusiva, l’assenza durante il periodo della costruzione di cui si erano occupati i genitori, l’indisponibilità di risorse economiche compatibili con l’attività edilizia). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 44202 del 29 ottobre 2013 (Cass. pen. n. 44202/2013)

Le cause sopravvenute idonee a escludere il rapporto di causalità sono sia quelle che innescano un percorso causale completamente autonomo rispetto a quello determinato dall’agente, sia quelle che, pur inserite in un percorso causale ricollegato alla condotta (attiva od omissiva) dell’agente, si connotino per l’assoluta anomalia ed eccezionalità, sì da risultare imprevedibili in astratto e imprevedibili per l’agente. (Fattispecie di omicidio colposo per l’annegamento di un bambino di età inferiore ai tre anni, addebitato al gestore di una piscina con acquascivolo che non aveva dotato la struttura di adeguata recinzione né di un efficiente servizio di sorveglianza, per cui la Corte ha ritenuto che non potessero essere qualificate come evenienze eccezionali e imprevedibili né la sottrazione del minore al controllo dei genitori, né il colpevole difetto di sorveglianza di questi ultimi). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 43168 del 22 ottobre 2013 (Cass. pen. n. 43168/2013)

In materia di rifiuti, non è sufficiente ad integrare il reato di gestione o realizzazione di discarica abusiva la mera consapevolezza da parte del proprietario del fondo dell’abbandono sul medesimo di rifiuti da parte di terze persone. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 36406 del 5 settembre 2013 (Cass. pen. n. 36406/2013)

Non è invocabile il principio di affidamento nel comportamento altrui, con conseguente esclusione di responsabilità, da parte di chi sia già in colpa per avere violato norme precauzionali o avere omesso determinate condotte e, ciononostante, confidi che colui che gli succede nella posizione di garanzia elimini la violazione o ponga rimedio alla omissione, in quanto la seconda condotta non si configura come fatto eccezionale sopravvenuto, da solo sufficiente a produrre l’evento. (In applicazione del principio, è stata ritenuta corretta la condanna per omicidio colposo, in relazione ad un infortunio sul lavoro, del coordinatore per la progettazione che aveva predisposto un piano di sicurezza assolutamente generico, e che aveva invocato come esimente la mancanza, di fatto, del coordinatore per l’esecuzione dei lavori). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 35827 del 30 agosto 2013 (Cass. pen. n. 35827/2013)

In tema di omicidio colposo in danno di lavoratori esposti ad amianto, non è sufficiente per ritenere sussistente il nesso di causalità affermare che l’esposizione a polveri di amianto viene indicata da leggi scientifiche universali e probabilistiche come causa dell’asbestosi, del tumore polmonare, del mesoltelioma pleurico e delle placche pleuriche, essendo, invece necessario accertare che la malattia che ha afflitto il singolo lavoratore sia insorta, si sia aggravata o si sia manifestata in un più breve periodo di latenza per effetto dell’esposizione a rischio, così come verificata. (Nella specie, la Corte ha confermato la sentenza di assoluzione di un dirigente di un’azienda per non essere stato provato il nesso di causalità tra la sua condotta, omissiva delle misure a tutela dei lavoratori esposti ad amianto, e l’evento morte di un operaio, avendo il predetto dirigente assunto la posizione di garanzia per appena sei mesi ed in un periodo in cui vi era anche stata contrazione dell’orario di lavoro, rispetto alla durata complessiva dell’esposizione alle polveri di amianto del lavoratore deceduto). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 30206 del 12 luglio 2013 (Cass. pen. n. 30206/2013)

Il titolare dell’azienda che, con la propria condotta, abbia determinato nell’esecuzione abusiva di lavori l’insorgere di una fonte di pericolo, è titolare di una posizione di garanzia che gli impone di fornire precise direttive al personale dipendente per avvertire i terzi dell’esistenza di situazioni di rischio. (Fattispecie nella quale è stata affermata la responsabilità del proprietario di un vivaio per il decesso del conducente di un autocarro, che, a causa dell’innalzamento del piano stradale realizzato senza rispettare le distanze, rimaneva folgorato per il contatto delle piante trasportate con la linea elettrica). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 27591 del 24 giugno 2013 (Cass. pen. n. 26239/2013)

In tema di colpa omissiva, l’obbligo giuridico di attivarsi gravante sull’agente può originare anche dall’esercizio di attività pericolose, dovendosi intendere per tali non solo quelle così identificate dalle leggi di pubblica sicurezza o da altre leggi speciali, bensì ogni attività che per sua stessa natura o per le caratteristiche di esercizio comporti una rilevante possibilità del verificarsi di un danno. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 26239 del 14 giugno 2013 (Cass. pen. n. 26239/2013)

In tema di prevenzione degli infortuni, il “sorvegliante di cava”, la cui posizione è assimilabile a quella del preposto, assume la qualità di garante dell’obbligo di assicurare la sicurezza del lavoro, in quanto sovraintende alle attività, impartisce istruzioni, dirige gli operai, attua le direttive ricevute e ne controlla l’esecuzione, sicché egli risponde delle lesioni occorse ai dipendenti. (Fattispecie nella quale è stata ritenuta la responsabilità di un “sorvegliante di cava” per aver consentito ad un dipendente inesperto di movimentare blocchi di marmo, la cui caduta provocava a quest’ultimo lo schiacciamento e la successiva amputazione di una gamba). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 24764 del 5 giugno 2013 (Cass. pen. n. 24764/2013)

In tema di omicidio, sussiste il nesso di causalità tra l’omessa adozione da parte del medico specialistico di idonee misure atte a rallentare il decorso della patologia acuta, colposamente non diagnosticata, ed il decesso del paziente, quando risulta accertato, secondo il principio di contrafattualità, condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica, universale o statistica, che la condotta doverosa avrebbe inciso positivamente sulla sopravvivenza del paziente, nel senso che l’evento non si sarebbe verificato ovvero si sarebbe verificato in epoca posteriore o con minore intensità lesiva. (Fattispecie nella quale il sanitario di turno presso il pronto soccorso non aveva disposto gli accertamenti clinici idonei ad individuare una malattia cardiaca in corso e, di conseguenza, non era intervenuto con una efficace terapia farmacologica di contrasto che avrebbe rallentato significativamente il decorso della malattia, così da rendere utilmente possibile il trasporto presso struttura ospedaliera specializzata e l’intervento chirurgico risolutivo) Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 18573 del 24 aprile 2013 (Cass. pen. n. 18573/2013)

Il direttore del cantiere, l’amministratore della società appaltatrice dei lavori e il Capo dell’Ufficio tecnico comunale rispondono di omicidio colposo e lesioni colpose occorsi ai danni, rispettivamente, di due ragazzi marcianti, in una strada non ben illuminata, a bordo di un ciclomotore andato ad urtare contro un grosso blocco di calcestruzzo posto sulla carreggiata interessata da lavori di ristrutturazione dell’assetto viario e privo di adeguata segnalazione mediante catarifrangenti, essendo ognuno di essi portatore di un obbligo di garanzia il cui inadempimento è causa degli eventi descritti. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 11453 del 11 marzo 2013 (Cass. pen. n. 11453/2013)

In tema di colpa nell’attività medico-chirurgica, il meccanismo controfattuale, necessario per stabilire l’effettivo rilievo condizionante della condotta umana (nella specie: l’effetto salvifico delle cure omesse) deve fondare su affidabili informazioni scientifiche nonché sulle contingenze significative del caso concreto, dovendosi comprendere: a) qual è solitamente l’andamento della patologia in concreto accertata; b) qual è normalmente l’efficacia delle terapie; c) quali sono i fattori che solitamente influenzano il successo degli sforzi terapeutici. (Fattispecie nella quale la Corte ha annullato la sentenza di merito per carenze motivazionali in ordine all’individuazione dell’esistenza del nesso causale fra la condotta omissiva e l’evento, in quanto non era stata valutata in concreto l’efficacia salvifica delle cure omesse). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 10615 del 7 marzo 2013 (Cass. pen. n. 10615/2013)

Il rapporto di causalità tra omissione ed evento deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, sicché esso è configurabile solo se si accerti che, ipotizzandosi come avvenuta l’azione che sarebbe stata doverosa ed esclusa l’interferenza di decorsi causali alternativi, l’evento, con elevato grado di credibilità razionale, non avrebbe avuto luogo ovvero avrebbe avuto luogo in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva. (Fattispecie nella quale è stata annullata con rinvio la sentenza di appello che aveva ritenuto, ai fini civili, la responsabilità del personale infermieristico per il decesso di un paziente a seguito di caduta dal letto assegnatogli). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 9170 del 26 febbraio 2013 (Cass. pen. n. 9170/2013)

In tema di lesioni personali colpose a seguito di incidente ferroviario, sussiste la responsabilità, ex art. 40, comma secondo, cod. pen., del conduttore e manovratore di un treno di servizio che, trovandosi dinnanzi ad un passaggio a livello in avaria – e cioè con le sbarre alzate per l’interruzione dell’alimentazione dell’impianto elettromeccanico di governo e in assenza della segnaletica sostitutiva, ex art. 184 reg. es. C.d.S. – omettano di porre in essere il comportamento previsto dalle specifiche prescrizioni cautelari delle Ferrovie retiche, che impongono di fermare il convoglio prima del passaggio a livello, constatare che questo sia libero e proseguire poi lentamente. In tal caso, infatti, essi rivestono una posizione di garanzia con obblighi di controllo inerenti all’esercizio di un’attività pericolosa, a salvaguardia dell’incolumità di coloro che attraversano il predetto passaggio a livello. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 41980 del 25 ottobre 2012 (Cass. pen. n. 41980/2012)

In tema di omicidio colposo, allorquando l’obbligo di impedire l’evento ricada su più persone che debbano intervenire o intervengano in tempi diversi, il nesso di causalità tra la condotta omissiva o commissiva del titolare di una posizione di garanzia non viene meno per effetto del successivo mancato intervento da parte di un altro soggetto, parimenti destinatario dell’obbligo di impedire l’evento, configurandosi, in tale ipotesi, un concorso di cause ai sensi dell’art. 41, comma primo, c.p.. (In applicazione del principio di cui in massima la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di merito ha confermato la responsabilità dell’imputato in ordine al reato di omicidio colposo, provocato dal malfunzionamento di una caldaia installata dallo stesso imputato senza l’osservanza delle norme all’uopo previste, ritenendo che la condotta imprudente delle vittime che avevano omesso di provvedere nel corso degli anni alla manutenzione dell’impianto non costituisse fatto eccezionale ed atipico idoneo ad interrompere il nesso di causalità). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 37992 del 1 ottobre 2012 (Cass. pen. n. 37992/2012)

L’amministratore del condominio riveste una specifica posizione di garanzia, ex art. 40, comma secondo, cod. pen., in virtù del quale ha l’obbligo di attivarsi per rimuovere le situazioni di pericolo per l’incolumità di terzi (nella specie rappresentata dall’omesso livellamento della pavimentazione dell’edificio condominiale che aveva determinato la caduta di un passante). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 34147 del 6 settembre 2012 (Cass. pen. n. 34147/2012)

In tema di lesioni colpose, la posizione di garanzia assunta dal detentore di un cane impone l’obbligo di controllare e custodire l’animale adottando ogni cautela per evitare e prevenire le possibili aggressioni a terzi anche all’interno dell’abitazione. (Fattispecie nella quale sono stati ritenuti responsabili del reato di lesioni colpose gli imputati che avevano omesso di sistemare il cane in una zona dell’abitazione diversa da quella frequentata dagli ospiti). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 18814 del 16 maggio 2012 (Cass. pen. n. 18814/2012)

Nel valutare l’attendibilità della legge scientifica di copertura, il giudice deve esaminare gli studi che la sorreggono, le basi fattuali sulle quali gli approfondimenti sono stati condotti, l’ampiezza, la rigorosità e l’oggettività della ricerca, l’attitudine esplicativa dell’elaborazione teorica, il grado di consenso che la tesi raccoglie nella comunità scientifica, nonché l’identità, l’autorità, l’indipendenza e la provenienza del soggetto che ha gestito la ricerca, come pure le finalità per le quali l’indagine è stata realizzata. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 18678 del 15 maggio 2012 (Cass. pen. n. 18678/2012)

In tema di infortuni sul lavoro, l’errore sulla legittima aspettativa che non si verifichino condotte imprudenti dei lavoratori non è invocabile da parte del datore di lavoro, il quale, per la sua posizione di garanzia, risponde dell’infortunio sia a titolo di colpa diretta per non aver negligentemente impedito l’evento lesivo ed eliminato le condizioni di rischio che a titolo di colpa indiretta, per aver erroneamente invocato a sua discriminante la responsabilità altrui qualora le misure di prevenzione siano state inadeguate. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 16890 del 4 maggio 2012 (Cass. pen. n. 16890/2012)

Risponde di omicidio colposo per imperizia, nell’accertamento della malattia, e per negligenza, per l’omissione delle indagini necessarie, il primario ospedaliero che, in presenza di sintomatologia idonea a porre una diagnosi differenziale, rimanga arroccato su diagnosi inesatta, benché posta in forte dubbio dalla sintomatologia, dalla anamnesi e dalle altre notizie comunque pervenutegli, omettendo così di porre in essere la terapia più profittevole per la salute del paziente. (Fattispecie in tema di omessa prescrizione e somministrazione di terapia anticoagulante, conseguente all’omissione di semplici esami di accertamento, ritenuti doverosi in considerazione dell’esito di una radiografia toracica praticata al paziente poi deceduto). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 34729 del 26 settembre 2011 (Cass. pen. n. 34729/2011)

In tema di causalità nei reati colposi, l’agente risponde dell’evento provocato con la sua condotta colposa e non di un altro evento ipotizzato, anche se destinato a prodursi ugualmente, escludendosi la responsabilità soltanto per il caso in cui detto evento si sarebbe comunque verificato in relazione al medesimo processo causale, nei medesimi tempi e con la stessa gravità od intensità, poiché in tal caso dovrebbe ritenersi che l’evento imputato all’agente non era evitabile. (Nella specie, nel corso di un intervento di estrazione della cataratta, si era verificata un’emorragia espulsiva con perdita di tessuto oculare che aveva determinato la perdita della vista all’occhio destro della paziente: la Suprema Corte ha ritenuto priva di rilievo la circostanza che, se fosse stata praticata l’anestesia loco-regionale o generale che si imputava al medico agente di non aver praticato, non sarebbe stato comunque evitato l’evento lesivo, poiché l’intubazione che doveva necessariamente essere praticata per l’anestesia, era idonea a provocare ugualmente l’effetto espulsivo in concreto verificatosi). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 28782 del 19 luglio 2011 (Cass. pen. n. 28782/2011)

Il dipendente dell’impresa di gestione degli impianti sciistici risponde colposamente delle lesioni provocate ad uno sciatore il quale, avendo tracciato a bordo del suo “snowboard” una anomala traiettoria sulla pista lasciata semideserta a fine giornata, non sia riuscito ad evitare l’impatto con la motoslitta guidata dal dipendente dell’impresa di gestione nonostante la segnalazione acustica da questi operata, atteso che il comportamento dello sciatore non è sufficiente a determinare l’interruzione del nesso causale e che incombe comunque sul dipendente un obbligo di garanzia avente ad oggetto l’incolumità dei fruitori degli impianti. (Nella specie, la S.C., annullando la sentenza assolutoria, ha osservato come il guidatore della motoslitta fosse tenuto, a maggior ragione in presenza di sciatori, ad impiegare la massima prudenza ed attenzione al fine di evitare incidenti, tenendosi pronto a porre in essere, anche in virtù delle condizioni climatiche e delle condizioni del terreno innevato, tutte le manovre di emergenza idonee ad evitare lo scontro). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 25654 del 27 giugno 2011 (Cass. pen. n. 25654/2011)

L’assunzione di fatto di una posizione di garanzia può prescindere dalla presenza di un rapporto gerarchico tra il garante di fatto ed il soggetto garantito. (Fattispecie nella quale un dipendente comunale aveva impartito ad altro dipendente comunale – invalido al 50 % per schizofrenia – disposizioni di salire a bordo di un motoveicolo per procedere alla potatura di siepi alte, in luogo di utilizzare i ponteggi fissi in dotazione, ed aveva poi messo in movimento il motoveicolo senza controllare che il tagliasiepi fosse spento: il secondo aveva perso l’equilibrio, ed entrando in contatto con la lama dell’attrezzo si era tagliato un dito). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 24544 del 20 giugno 2011 (Cass. pen. n. 24544/2011)

Ai fini del giudizio di imputazione causale dell’evento, il giudice deve sviluppare un ragionamento esplicativo che si confronti adeguatamente con le particolarità del caso concreto, chiarendo che cosa sarebbe accaduto se fosse stato posto in essere il comportamento richiesto dall’ordinamento. (La Corte ha anche precisato che nell’indagine causale, da effettuarsi “ex post”, assumono rilievo le basi nomologiche note al momento del giudizio, mentre nell’indagine sulla colpa, da effettuarsi “ex ante”, occorre valutare il comportamento posto in essere dall’agente, e, pertanto, assumono rilievo unicamente le basi nomologiche note all’agente nel momento di realizzazione della condotta). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 21028 del 26 maggio 2011 (Cass. pen. n. 21028/2011)

Il datore di lavoro che, con una propria condotta, abbia determinato l’insorgere di una fonte di pericolo, è titolare di una posizione di garanzia inerente ai danni provocati non soltanto ai propri dipendenti, ma anche ai terzi che frequentano le strutture aziendali. (Fattispecie in tema di esposizioni ad amianto).

La responsabilità per gli eventi dannosi legati all’inalazione di polveri di amianto, pur in assenza di dati certi sull’epoca di maturazione della patologia (nella specie: asbestosi), va attribuita causalmente alla condotta omissiva dei soggetti responsabili della gestione aziendale, anche se per una parte soltanto del periodo di tempo di esposizione delle persone offese, in quanto tale condotta, con riguardo alle patologie già insorte, ha ridotto i tempi di latenza della malattia, ovvero, con riguardo alle affezioni insorte successivamente, ha accelerato i tempi di insorgenza.

Nella valutazione della sussistenza del nesso di causalità, quando la ricerca della legge di copertura deve attingere al sapere scientifico, la funzione strumentale e probatoria di quest’ultimo impone al giudice di valutare dialetticamente le specifiche opinioni degli esperti e di ponderare la scelta ricostruttiva della causalità ancorandola ai concreti elementi scientifici raccolti. (La Corte ha precisato che una opzione ricostruttiva fondata sulla mera opinione del giudice, attribuirebbe a questi, in modo inaccettabile, la funzione di elaborazione della legge scientifica e non, invece, come consentito, della mera sua utilizzazione).

Si delinea una posizione di garanzia a condizione che: (a) un bene giuridico necessiti di protezione, poiché il titolare da solo non è in grado di proteggerlo; (b) una fonte giuridica – anche negoziale – abbia la finalità di tutelarlo; (c) tale obbligo gravi su una o più persone specificamente individuate; (d) queste ultime siano dotate di poteri atti ad impedire la lesione del bene garantito, ovvero che siano ad esse riservati mezzi idonei a sollecitare gli interventi necessari ad evitare che l’evento dannoso sia cagionato. (La Corte ha anche precisato che un soggetto può dirsi titolare di una posizione di garanzia, se ha la possibilità, con la sua condotta attiva, di influenzare il decorso degli eventi, indirizzandoli verso uno sviluppo atto ad impedire la lesione del bene giuridico garantito). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 38991 del 4 novembre 2010 (Cass. pen. n. 38991/2010)

La responsabilità penale per omesso impedimento dell’evento può qualificarsi anche per il solo dolo eventuale, a condizione che sussista, e sia percepibile dal soggetto, la presenza di segnali perspicui e peculiari dell’evento illecito caratterizzati da un elevato grado di anormalità. (Fattispecie in cui la Corte, nell’accogliere il ricorso del P.G., ha ritenuto configurabile, a carico del Rettore di una comunità di accoglienza giovanile, la responsabilità per omesso impedimento dell’evento, costituito da reiterate condotte di abuso sessuale ai danni di alcuni giovani ospiti, poste in essere dal responsabile dell’annesso convitto). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 28701 del 21 luglio 2010 (Cass. pen. n. 28701/2010)

La posizione di garanzia in capo agli addetti al servizio scolastico nei confronti dei soggetti affidati alla scuola si configura diversamente a seconda, da un lato, dell’età e del grado di maturazione raggiunto dagli allievi oltre che delle circostanze del caso concreto, e, dall’altro, degli specifici compiti di ciascun addetto, ma si caratterizza in generale per l’esistenza di un obbligo di vigilanza nei confronti degli alunni, al fine di evitare che gli stessi possano recare danno a terzi o a sé medesimi, o che possano essere esposti a prevedibili fonti di rischio o a situazioni di pericolo. (Fattispecie relativa all’investimento mortale di un alunno di prima media accaduto all’uscita dall’istituto scolastico ad opera di un autobus transitante sulla pubblica via, in cui la preside e l’insegnante dell’ultima ora di lezione erano state assolte in grado di appello dal reato di omicidio colposo, perché ritenute non sussistenti le rispettive posizioni di garanzia. La Corte ha annullato con rinvio la sentenza). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 17574 del 7 maggio 2010 (Cass. pen. n. 17574/2010)

Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione è una sorta di consulente del datore di lavoro ed i risultati dei suoi studi ed elaborazioni sono fatti propri dal datore di lavoro che lo ha scelto, con la conseguenza che quest’ultimo è chiamato a rispondere delle eventuali negligenze del primo. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 1841 del 15 gennaio 2010 (Cass. pen. n. 1841/2010)

In caso di infortunio sul lavoro originato dall’assenza o inidoneità delle relative misure di prevenzione, la responsabilità del datore di lavoro non è esclusa dal comportamento di altri destinatari degli obblighi di prevenzione che abbiano a loro volta dato occasione all’evento, quando quest’ultimo risulti comunque riconducibile alla mancanza od insufficienza delle predette misure e si accerti che le stesse, se adottate, avrebbero neutralizzato il rischio del verificarsi di quell’evento.

La titolarità di una posizione di garanzia non comporta, in presenza del verificarsi dell’evento, un automatico addebito di responsabilità colposa a carico del garante, imponendo il principio di colpevolezza la verifica in concreto sia della sussistenza della violazione – da parte del garante – di una regola cautelare (generica o specifica), sia della prevedibilità ed evitabilità dell’evento dannoso che la regola cautelare violata mirava a prevenire (cosiddetta concretizzazione del rischio), sia della sussistenza del nesso causale tra la condotta ascrivibile al garante e l’evento dannoso. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 43966 del 17 novembre 2009 (Cass. pen. n. 43966/2009)

In tema di reati fallimentari e societari, ai fini della affermazione della responsabilità penale degli amministratori senza delega e dei sindaci è necessaria la prova che gli stessi siano stati debitamente informati oppure che vi sia stata la presenza di segnali peculiari in relazione all’evento illecito, nonché l’accertamento del grado di anormalità di questi sintomi, giacché solo la prova della conoscenza del fatto illecito o della concreta conoscibilità dello stesso mediante l’attivazione del potere informativo in presenza di segnali inequivocabili comporta l’obbligo giuridico degli amministratori non operativi e dei sindaci di intervenire per impedire il verificarsi dell’evento illecito mentre la mancata attivazione di detti soggetti in presenza di tali circostanze determina l’affermazione della penale responsabilità avendo la loro omissione cagionato, o contribuito a cagionare, l’evento di danno. (In applicazione di questo principio la S.C. ha censurato la decisione del giudice di appello per difetto di motivazione in punto di esistenza di chiari indici rivelatori del possibile compimento di illeciti che avrebbero dovuto imporre agli amministratori senza delega di intervenire e ai sindaci di avvalersi del c.d. potere informativo). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 36595 del 22 settembre 2009 (Cass. pen. n. 36595/2009)

La persona a cui è stato affidato anche di fatto un minore, in quanto investita di una posizione di garanzia, risponde del fatto da questi commesso, avendo l’obbligo di impedire gli eventi dannosi causati dal minore. (Fattispecie relativa al delitto di lesioni colpose commesso, utilizzando uno “skateboard”, da minore infraquattordicenne ai danni di un passante). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 26033 del 22 giugno 2009 (Cass. pen. n. 26033/2009)

In tema di reati colposi, quando l’agente non viola un comando, omettendo cioè di attivarsi quando il suo intervento era necessario, bensì trasgredisce ad un divieto, agendo quindi in maniera difforme dal comportamento impostogli dalla regola cautelare, la condotta assume natura commissiva e non omissiva e pertanto, ai fini dell’accertamento della sussistenza del rapporto di causalità tra la stessa e l’evento realizzatosi, il giudizio controfattuale non va compiuto dando per avvenuta la condotta impeditiva e chiedendosi se, posta in essere la stessa, l’evento si sarebbe ugualmente realizzato in termini di elevata credibilità razionale, bensì valutando se l’evento si sarebbe ugualmente verificato anche in assenza della condotta commissiva. (Fattispecie in cui è stata riconosciuta la responsabilità per omicidio colposo dei tecnici di una società elettrica che avevano realizzato un collegamento mancante di adeguate protezioni, cui altri avevano provveduto ad allacciare un cavo in maniera scorretta determinando una dispersione di elettricità che cagionava la folgorazione della vittima del reato). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 26020 del 22 giugno 2009 (Cass. pen. n. 26020/2009)

Il responsabile della sicurezza sul lavoro, che ha negligentemente omesso di attivarsi per impedire l’evento, non può invocare, quale causa di esenzione dalla colpa, l’errore sulla legittima aspettativa che non si verifichino condotte imprudenti da parte dei lavoratori, poiché il rispetto della normativa antinfortunistica mira a salvaguardare l’incolumità del lavoratore anche dai rischi derivanti dalle sue stesse disattenzioni, imprudenze o disubbidienze, purché connesse allo svolgimento dell’attività lavorativa. (In applicazione del principio, si è ritenuto che il direttore e delegato alla sicurezza di uno stabilimento, cui era stato contestato di non avere predisposto o fatto predisporre idonee protezioni al fine di evitare cadute dall’alto degli operai che si recassero sui lucernai dello stabilimento per lavori di manutenzione dei canali di gronda, non potesse invocare a sua discolpa la condotta imprudente del lavoratore). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 18998 del 6 maggio 2009 (Cass. pen. n. 18998/2009)

Il responsabile dei lavori edili è titolare di una posizione di garanzia nei confronti dei lavoratori, ed ha, pertanto, l’obbligo di predisporre e fare osservare i presidi di sicurezza richiesti dalla legge per l’esecuzione dei predetti lavori, a nulla rilevando la compresenza di un “coordinatore della sicurezza in fase di progettazione” e di un “coadiutore della sicurezza in fase di esecuzione”, a loro volta titolari di autonome e concorrenti posizioni di garanzia. (La Corte ha anche osservato che l’eventuale carenza di specifiche capacità tecniche del garante – nella specie, si trattava di un agricoltore – non è causa di esonero da responsabilità sotto il profilo soggettivo, ma anzi evidenzia profili di colpa più intensi, poiché, in difetto di competenze “ad hoc”, il garante avrebbe dovuto astenersi dall’assumere un compito che quelle competenze richiedeva). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 17634 del 24 aprile 2009 (Cass. pen. n. 17634/2009)

In tema di colpa professionale medica, l’instaurazione della relazione terapeutica tra medico e paziente è fonte della posizione di garanzia che il primo assume nei confronti del secondo, e da cui deriva l’obbligo di attivarsi a tutela della salute e della vita. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 10819 del 11 marzo 2009 (Cass. pen. n. 10819/2009)

Il medico psichiatra è titolare di una posizione di garanzia nei confronti del paziente, anche se questi non sia sottoposto a ricovero coatto, ed ha, pertanto, l’obbligo – quando sussista il concreto rischio di condotte autolesive, anche suicidiarie – di apprestare specifiche cautele. (In applicazione del principio, la Corte ha confermato l’affermazione di responsabilità del primario e dei medici del reparto di psichiatria di un ospedale pubblico per omicidio colposo in danno di un paziente che, ricoveratosi volontariamente con divieto di uscita senza autorizzazione, si era allontanato dal reparto dichiarando all’infermiera di volersi recare a prendere un caffè al distributore automatico situato al piano superiore, ed ivi giunto si era suicidato gettandosi da una finestra). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 48292 del 29 dicembre 2008 (Cass. pen. n. 48292/2008)

In tema di rapporto di causalità nel reato omissivo, qualora il verificarsi di un evento sia determinato dalla concatenazione successiva di più cause, il fatto che quella originaria, non addebitabile all’agente, sia rimasta ignota rileva solo se ciò impedisce di riferire anche alla sua condotta la produzione dello stesso evento, ma non quando l’azione doverosa omessa risulta indifferente alla sequenza causale che l’ha preceduta, nel senso che in ogni caso la sua adozione avrebbe potuto impedire il verificarsi dell’evento. (Fattispecie relativa alla responsabilità per omicidio colposo del medico che aveva dimesso un paziente, successivamente deceduto, ricoverato per un episodio di emottisi senza procedere preventivamente ad alcun accertamento diagnostico sulle cause della stessa). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 45705 del 10 dicembre 2008 (Cass. pen. n. 45705/2008)

In tema di responsabilità per colpa medica, ai fini dell’accertamento della causalità, occorre in primo luogo verificare se esista una legge scientifica in base alla quale un dato evento è conseguenza di un determinato antecedente ; la percentuale probabilistica di tale evenienza è irrilevante, in quanto, una volta accertato che si tratta di un rischio frequente, il medico deve comunque porre in essere tutti gli accorgimenti diagnostici necessari per prevenirlo, fondando la relativa omissione l’addebito di colpa nei suoi confronti. (Nella specie, si era accertato che «la distocia di spalla si accompagna frequentemente alla microsomia»). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 23507 del 11 giugno 2008 (Cass. pen. n. 23507/2008)

In tema di reati colposi, la causalità si configura non solo quando il comportamento diligente imposto dalla norma a contenuto cautelare violata avrebbe certamente evitato l’evento antigiuridico che la stessa norma mirava a prevenire, ma anche quando una condotta appropriata avrebbe avuto significative probabilità di scongiurare il danno. (Fattispecie in tema d’omicidio colposo commesso nel corso della circolazione stradale, nella quale si è ritenuto che i giudici di merito avrebbero dovuto accertare se una condotta di guida prudente avrebbe avuto significative probabilità di scongiurare l’esito letale). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 19512 del 15 maggio 2008 (Cass. pen. n. 19512/2008)

L’amministratore «di fatto» in base alla disciplina dettata dal novellato art. 2639 c.c., è da ritenere gravato dell’intera gamma dei doveri cui è soggetto l’amministratore «di diritto» per cui, ove concorrano le altre condizioni di ordine oggettivo e soggettivo, egli assume la penale responsabilità per tutti i comportamenti penalmente rilevanti a lui addebitabili, anche nel caso di colpevole e consapevole inerzia a fronte di tali comportamenti, in applicazione della regola dettata dall’art. 40, comma secondo, c.p. (principio affermato, nella specie, con riguardo ad ipotesi di bancarotta per distrazione). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 7203 del 14 febbraio 2008 (Cass. pen. n. 7203/2008)

Il genitore esercente la potestà sui figli minori, in quanto investito di una posizione di garanzia in ordine al corretto comportamento sessuale dei figli minori, ha l’obbligo di impedire che costoro compiano atti di violenza sessuale, per cui risponde penalmente, ai sensi dell’art. 40, comma secondo, c.p., di tali atti, quando sussistano le condizioni costituite: a) dalla conoscenza o conoscibilità dell’evento; b) dalla conoscenza o riconoscibilità dell’azione doverosa incombente sul «garante»; c) dalla possibilità oggettiva di impedire l’evento. (Nella specie, in applicazione di tali principi, la Corte ha ritenuto legittima l’affermazione di responsabilità dell’imputato il quale, oltre ad avere egli stesso compiuto atti di violenza sessuale sui figli minori, aveva anche consentito che alcuni di costoro commettessero analoghi atti su altri fratelli e su estranei). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 4730 del 30 gennaio 2008 (Cass. pen. n. 4730/2008)

In caso di decesso di un paziente a causa del sovradosaggio del farmaco prescrittogli, l’attività del medico che abbia adottato una terapia errata, omettendo di somministrare quella corretta, non rientra nella causalità omissiva, bensì in quella commissiva. Una volta accertato, dunque, che l’evento è casualmente ricollegabile alla condotta attiva del medico non è pertanto necessario in tal caso verificare, secondo i canoni del giudizio controfattuale, se il mutamento della terapia avrebbe avuto efficacia salvifica, giacché qualunque fosse l’esito di tale verifica l’evento rimarrebbe comunque ricollegabile all’iniziale condotta commissiva del medico. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 840 del 10 gennaio 2008 (Cass. pen. n. 840/2008)

Il conducente di uno scuolabus ha il dovere di adottare tutte le necessarie cautele suggerite dalla ordinaria prudenza in relazione alle specifiche circostanze di tempo e di luogo al fine di garantire la sicurezza dei minori che gli sono affidati per il trasporto, non solo durante le fasi preparatorie ed accessorie di salita e discesa dal veicolo, ma altresì in quella ulteriore dell’attraversamento della strada, quando alla fermata gli stessi minori non siano presi in consegna dai genitori o da altri soggetti da loro incaricati. (Fattispecie avente ad oggetto la riconosciuta responsabilità per il delitto di lesioni colpose del conducente dello scuolabus che non aveva evitato che un minore, una volta disceso dal veicolo, attraversasse in maniera imprudente la strada, venendo così investito da un’autovettura in transito). Cassazione penale, Sez. Feriale, sentenza n. 32822 del 11 agosto 2007 (Cass. pen. n. 32822/2007)

Nei reati colposi, qualora si assuma violata una regola cautelare cosiddetta «elastica» che cioè necessiti, per la sua applicazione, di un legame più o meno esteso con le condizioni specifiche in cui l’agente deve operare – al contrario di quelle cosiddette «rigide» che fissano con assoluta precisione lo schema di comportamento – è necessario, ai fini dell’accertamento dell’efficienza causale della condotta antidoverosa, procedere ad una valutazione di tutte le circostanze del caso concreto. (Nella specie la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di condanna per omicidio colposo da incidente stradale, fondata sul generico riferimento alla inadeguatezza della velocità, senza una analitica valutazione di tutte le circostanze del fatto in grado di definire l’esatta incidenza di tale violazione nel caso concreto). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 29206 del 20 luglio 2007 (Cass. pen. n. 29206/2007)

Nei reati colposi omissivi, ai fini della sussistenza del nesso di causalità tra la condotta e l’evento, non è sufficiente l’assunzione, da parte del soggetto agente, di un obbligo di tutela, ma è necessaria la presa in carico del bene protetto. (Fattispecie nella quale è stata ritenuta la responsabilità per omicidio colposo in capo a soggetto che, assunto l’incarico di controllare il rientro notturno di alcuni slittini in un rifugio di montagna, seguendoli con una motoslitta, aveva trascurato di seguire uno di essi che aveva imboccato, a causa della neve ghiacciata e della ripidità della pista, un percorso errato, andandosi così a schiantare contro un albero). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 25527 del 4 luglio 2007 (Cass. pen. n. 25527/2007)

In materia di incidenti da circolazione stradale, l’accertata sussistenza di una condotta antigiuridica di uno degli utenti della strada con violazione di specifiche norme di legge o di precetti generali di comune prudenza non può di per sé far presumere l’esistenza del nesso causale tra il suo comportamento e l’evento dannoso, che occorre sempre provare e che si deve escludere quando sia dimostrato che l’incidente si sarebbe ugualmente verificato senza quella condotta o è stato, comunque, determinato esclusivamente da una causa diversa. (Nella specie, in cui la morte del conducente di uno dei veicoli, determinata dallo sbandamento della vettura, dall’invasione dell’opposta corsia di marcia e dallo scontro con altra vettura proveniente in senso opposto, è stato ritenuto irrilevante il superamento, da parte di quest’ultima, del limite di velocità, in quanto, pur in assenza di tale violazione, il fatto si sarebbe egualmente verificato) Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 24898 del 26 giugno 2007 (Cass. pen. n. 24898/2007)

In tema di reati societari, la previsione di cui all’art. 2381 c.c. – introdotta con il D.L.vo n. 6 del 2003 che ha modificato l’art. 2392 c.c. – riduce gli oneri e le responsabilità degli amministratori privi di delega; tuttavia, l’amministratore (con o senza delega) è penalmente responsabile, ex art. 40, comma secondo, c.p., per la commissione dell’evento che viene a conoscere (anche al di fuori dei prestabiliti mezzi informativi) e che, pur potendo, non provvede ad impedire, posto che a tal riguardo l’art. 2932 c.c., nei limiti della nuova disciplina dell’art. 2381 c.c., risulta immutato. Ne deriva, altresì, che detta responsabilità richiede la dimostrazione, da parte dell’accusa, della presenza (e della percezione da parte degli imputati) di segnali perspicui e peculiari in relazione all’evento illecito nonché l’accertamento del grado di anormalità di questi sintomi, non in linea assoluta ma per l’amministratore privo di delega, onere che qualora non sia assolto dal ricorrente, nel silenzio della sentenza impugnata, si converte nella richiesta di una ricostruzione storica del fatto, improponibile in sede di legittimità. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 23838 del 19 giugno 2007 (Cass. pen. n. 23838/2007)

In tema di disciplina della produzione e vendita di prodotti alimentari, sussiste in capo al responsabile di una struttura aziendale di carattere familiare l’onere di impedire che l’attività sia svolta in difformità alla disciplina vigente in materia, configurandosi in difetto una responsabilità ex art. 40, comma secondo, c.p. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 19716 del 22 maggio 2007 (Cass. pen. n. 19716/2007)

In tema di causalità, può pervenirsi al giudizio di responsabilità solo quando, all’esito del ragionamento probatorio, che abbia altresì escluso l’interferenza di fattori alternativi, risulti giustificata e «processualmente certa» la conclusione che la condotta omissiva dell’imputato è stata condizione necessaria dell’evento lesivo con «alto o elevato grado di credibilità razionale» o «probabilità logica». (Alla luce di questi principi, la S.C. ha ritenuto corretta la motivazione della sentenza impugnata che aveva escluso il nesso di condizionamento tra l’esposizione al cvm e i tumori al polmone che avevano colpito una particolare categoria di lavoratori – gli insaccatori -, per i quali l’incidenza riscontrata era nettamente superiore rispetto agli altri dipendenti, condividendo sul punto il ragionamento dei giudici di merito, secondo il quale lo scostamento riscontrato per questa categoria di lavoratori non consentiva di pervenire ad un giudizio causale positivo, perché lo studio di coorte richiamato dalle ricorrenti parti civili aveva analizzato congiuntamente i casi dei lavoratori dipendenti dalle imprese industriali di interesse e quelli delle cooperative che prestavano la loro attività anche in aziende diverse, e ciò non consentiva un giudizio omogeneo). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 4675 del 6 febbraio 2007 (Cass. pen. n. 4675/2007)

Nei reati colposi omissivi, l’accertamento della colpa non può prescindere dalla individuazione della «posizione di garanzia» cioè della norma che impone al soggetto, cui si imputa la colpa, di tenere quel comportamento positivo la cui omissione ha determinato il verificarsi dell’evento (da queste premesse, la Corte ha annullato senza rinvio la sentenza di condanna che aveva ritenuto il primo ufficiale di coperta di una nave responsabile per un incidente verificatosi per un’erronea manovra avvenuta nel corso delle operazioni di ormeggio, evidenziando come mancasse una precisa disposizione di legge o consuetudinaria, ovvero un ordine impartito dal comandante, che imponesse a detto soggetto di eseguire il controllo delle operazioni, che era invece affidato alla competenza del nostromo, per il quale solo, pertanto, veniva confermato il giudizio di responsabilità). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 32273 del 29 settembre 2006 (Cass. pen. n. 32273/2006)

In tema di omicidio colposo, l’istruttore di un gruppo di subacquei che organizzi un’immersione è titolare di una posizione di garanzia nei confronti dei partecipanti all’immersione, con la conseguenza che, correttamente, viene ravvisata la sua responsabilità per il decesso di uno dei partecipanti, allorché siano accertate colpevoli inosservanze delle norme cautelari generiche o specifiche. (Nella specie, era stato accertato, in sede di merito, che il subacqueo deceduto era stato coinvolto, senza adeguata assistenza e senza le necessarie cautele, in un’immersione pericolosa, in ragione della profondità che doveva essere raggiunta, avendo altresì l’istruttore omesso di verificare le modalità di risalita, per impedire quegli errori tecnici cui era risultato riconducibile l’evento letale). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 24201 del 13 luglio 2006 (Cass. pen. n. 24201/2006)

Il responsabile di una società sportiva, che ha la disponibilità di impianti ed attrezzature per l’esercizio delle attività e discipline sportive, è titolare di una posizione di garanzia, ai sensi dell’art. 40, comma secondo, c.p. ed è tenuto, anche per il disposto di cui all’art. 2051 c.c., a garantire l’incolumità fisica degli utenti ed ad adottare quindi quelle cautele idonee al fine di impedire che siano superati i limiti di rischio connaturati alla normale pratica sportiva, con la conseguente affermazione, ove tali cautele non adotti, del nesso di causalità con l’evento mortale occorso ad un utente dell’impianto sportivo. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 16998 del 18 maggio 2006 (Cass. pen. n. 16998/2006)

In tema di infortuni sul lavoro, con riferimento all’esecuzione di opere pubbliche da parte del Comune, il Sindaco assume la posizione di committente cui è collegata la sua responsabilità in quanto portatore di una posizione di garanzia – che la presenza dell’appaltatore limita ma non esclude – e che si fonda sul presupposto della conoscenza del pericolo, dell’evitabilità dell’evento lesivo, e dell’omesso intervento per l’eliminazione del pericolo medesimo. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 14180 del 21 aprile 2006 (Cass. pen. n. 14180/2006)

Il responsabile di una società sportiva che gestisce una piscina è titolare di una posizione di garanzia, ai sensi dell’art. 40, comma secondo, c.p., in forza della quale è tenuto a garantire l’incolumità fisica degli utenti mediante l’idonea organizzazione dell’attività, vigilando sul rispetto delle regole interne e di quelle emanate dalla Federazione italiana nuoto, le quali hanno valore di norme di comune prudenza, al fine di impedire che vengano superati i limiti del rischio connaturato alla normale pratica sportiva. (Sulla base di queste premesse, la Corte ha rigettato il ricorso avverso sentenza di condanna che aveva ravvisato la responsabilità, per la morte di un frequentatore di una piscina, nei confronti del responsabile della società che tale piscina gestiva, cui era stata contestato di avere consentito alla vittima di svolgere, nella piscina, attività subacquea pericolosa – con esercizio di apnea prolungata -, pur in assenza di assistenti-bagnanti tenuti allo specifico controllo di detta attività; e ciò tenuto conto che la normativa sportiva suindicata imponeva, per lo svolgimento di tale attività, la presenza di un assistente a bordo piscina e di un altro in acqua, in considerazione della difficoltà di controllare un soggetto in immersione in apnea prolungata). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 4462 del 3 febbraio 2006 (Cass. pen. n. 4462/2006)

In caso di comportamento omissivo, l’accertamento della responsabilità e, in particolare, la verifica della sussistenza del nesso di causalità sono sottoposti a regole identiche a quelle applicabili in caso di comportamento commissivo, essendo i due tipi di comportamento strettamente connessi, dato che, nella condotta omissiva, nel violare le regole cautelari, il soggetto non sempre è assolutamente inerte, ma non infrequentemente pone in essere un comportamento diverso da quello dovuto, cioè da quello che sarebbe stato doveroso secondo le regole della comune prudenza, perizia, attenzione. L’unica distinzione attiene soltanto alla necessità, in caso di comportamento omissivo, di fare ricorso, per verificare la sussistenza del nesso di causalità, ad un giudizio controfattuale meramente ipotetico (dandosi per verificato il comportamento invece omesso), anziché fondato sui dati della realtà; infatti, nel caso di comportamento omissivo, è solo con riferimento alle regole cautelari inosservate che può formularsi un concreto rimprovero nei confronti del soggetto e verificarsi, con giudizio controfattuale ipotetico, la sussistenza del nesso di causalità. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 3380 del 27 gennaio 2006 (Cass. pen. n. 3380/2006)

In tema di bancarotta fraudolenta, l’amministratore in carica risponde penalmente dei reati commessi dall’amministratore di fatto, dal punto di vista oggettivo ai sensi dell’art. 40 comma secondo c.p., per non avere impedito l’evento che aveva l’obbligo giuridico (art. 2392 c.c.) di impedire, e, dal punto di vista soggettivo, se sia raggiunta la prova che egli aveva la generica consapevolezza che l’amministratore effettivo distraeva, occultava, dissimulava, distruggeva o dissipava i beni sociali, esponeva o riconosceva passività inesistenti. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 853 del 12 gennaio 2006 (Cass. pen. n. 853/2006)

Il responsabile di una società sportiva che gestisce una piscina è titolare di una posizione di garanzia, ai sensi dell’art. 40, comma secondo, c.p., in forza della quale è tenuto a garantire l’incolumità fisica degli utenti mediante l’idonea organizzazione dell’attività, vigilando sul rispetto delle regole interne e di quelle emanate dalla Federazione italiana nuoto, le quali hanno valore di norme di comune prudenza, al fine di impedire che vengano superati i limiti del rischio connaturato alla normale pratica sportiva. (Sulla base di queste premesse, la Corte ha rigettato il ricorso avverso sentenza di condanna che aveva ravvisato la responsabilità, per la morte di un frequentatore di una piscina, nei confronti del responsabile della società che tale piscina gestiva, cui era stata contestato di avere consentito alla vittima di svolgere, nella piscina, attività subacquea pericolosa — con esercizio di apnea prolungata —, pur in assenza di assistenti-bagnanti tenuti allo specifico controllo di detta attività; e ciò tenuto conto che la normativa sportiva suindicata imponeva, per lo svolgimento di tale attività, la presenza di un assistente a bordo piscina e di un altro in acqua, in considerazione della difficoltà di controllare un soggetto in immersione in apnea prolungata). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 27396 del 22 luglio 2005 (Cass. pen. n. 27396/2005)

In tema di responsabilità professionale del sanitario, in linea con quanto puntualizzato dalle Sezioni unite (sentenza 10 luglio 2002, Franzese), nella ricostruzione del nesso eziologico tra la condotta omissiva del sanitario e l’evento lesivo non si può prescindere dall’individuazione di tutti gli elementi concernenti la «causa» dell’evento (morte o lesioni del paziente), giacché solo conoscendo in tutti i suoi aspetti fattuali e scientifici il momento iniziale e la successiva evoluzione della malattia è poi possibile analizzare la condotta omissiva colposa addebitata al sanitario per effettuare il giudizio controfattuale e verificare, avvalendosi delle leggi statistiche o scientifiche e delle massime di esperienza che si attaglino al caso concreto, se, ipotizzandosi come realizzata la condotta dovuta (ma omessa), l’evento lesivo «al di là di ogni ragionevole dubbio» sarebbe stato evitato o si sarebbe verificato ma in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva. (Nella specie, è stata annullata con rinvio la sentenza di condanna per omicidio colposo pronunciata nei confronti del primario di un reparto nel quale si erano verificati plurimi decessi di pazienti per epatite fulminante, sul rilievo che il giudice di merito aveva mancato di individuare con certezza la modalità di trasmissione del virus e di insorgenza della malattia risultata letale, cosicché non aveva saputo motivare in modo convincente l’addebito colposo omissivo, articolato, nella decisione di condanna, sulla pretesa omissione, riconducibile all’imputato, della condotta di vigilanza e di controllo sull’osservanza, da parte del personale del reparto, delle precauzioni universali atte a prevenire il contagio durante lo svolgimento delle pratiche assistenziali e terapeutiche). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 25233 del 12 luglio 2005 (Cass. pen. n. 25233/2005)

In materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, in caso di incidente originato dall’assenza o dalla inidoneità delle misure di sicurezza, nessuna efficacia causale può essere attribuita al comportamento del lavoratore infortunato che eventualmente abbia dato occasione all’evento, quando questo sia da ricondursi alla mancanza o insufficienza di quelle cautele che, se adottate, avrebbero neutralizzato il rischio del comportamento del lavoratore. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 23729 del 24 giugno 2005 (Cass. pen. n. 23729/2005)

In tema di responsabilità del sanitario, con riferimento all’accertamento della sussistenza del nesso di causalità tra la condotta omissiva imputata al medico e la determinazione dell’evento lesivo, il giudice deve verificare la validità del coefficiente di probabilità sulla base delle circostanze del caso concreto e della evidenza disponibile così che, all’esito del ragionamento probatorio (che abbia altresì escluso l’interferenza di fattori alternativi), risulti giustificata la conclusione che l’omissione è stata condizione necessaria dell’evento. (Nella fattispecie, relativa all’omessa prescrizione di un esame doppler agli arti inferiori ad una paziente ricoverata a seguito di incidente, – e che sarebbe poi deceduta per una trombo/embolia polmonare la quale, secondo l’accusa, avrebbe potuto essere evitata attraverso l’esame diagnostico omesso – la Corte ha precisato, annullando la sentenza di condanna di secondo grado, che sia le circostanze concrete sia l’evidenza disponibile non possono consistere nel mero accertamento della violazione di una generalizzata regola di esperienza, né tantomeno nella generica idoneità di quella violazione ad avere – nella maggior parte dei casi – incidenza causale, bensì devono consistere nell’accertamento positivo del nesso concreto di condizionamento, valutato con giudizio ex post). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 19777 del 25 maggio 2005 (Cass. pen. n. 19777/2005)

Nel caso di lesioni personali seguite da decesso della vittima dell’azione delittuosa, le eventuali omissioni dei sanitari nelle successive terapie mediche non elidono il nesso di causalità tra la condotta lesiva dell’agente e l’evento morte, con la conseguente configurabilità dell’omicidio preterintenzionale, non potendo esse costituire un fatto imprevedibile ed atipico rispetto alla serie causale precedente, della quale rappresentano uno sviluppo evolutivo, pur se non indefettibile. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 17394 del 6 maggio 2005 (Cass. pen. n. 17394/2005)

Il sovrintendente dell’impianto di risalita di una stazione sciistica è portatore di una posizione di garanzia nei confronti del pubblico che usa la seggiovia: ne consegue che l’elemento soggettivo del reato di lesioni colpose è integrato dalla mera inosservanza delle norme di prudenza e di diligenza a causa della quale resti provato l’evento dannoso. (Nella fattispecie l’imputato, che aveva fatto salire un bambino di pochi anni, aveva omesso di avvisare il suo collaboratore a monte della situazione delicata, così rendendosi responsabile dell’incidente occorso ad altro passeggero e causato dall’inesperienza del piccolo viaggiatore). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 16695 del 4 maggio 2005 (Cass. pen. n. 16695/2005)

In tema di nesso causale nei reati omissivi, non può escludersi la responsabilità del medico il quale non si attivi e non disponga il ricovero del paziente, che accusi un forte dolore toracico, nel reparto specialistico ove è attuabile un monitoraggio continuo, seguito dall’eventuale trasferimento in reparto di terapia intensiva, laddove nel giudizio controfattuale l’adozione di questa cautela avrebbe, con l’alta credibilità razionale o probabilità logica richieste ai fini della certezza penale, evitato il decesso (fattispecie in tema di morte del paziente per infarto non riconosciuto). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 11969 del 25 marzo 2005 (Cass. pen. n. 11969/2005)

È configurabile il delitto di omicidio colposo nella condotta del figlio, anche temporaneamente convivente con il padre, che per negligenza ometta di adottare tempestivamente ogni adeguata iniziativa volta ad assicurare la necessaria assistenza sanitaria all’anziano genitore malato, in presenza di un progressivo aggravamento delle sue condizioni di salute, e a prevenire il verificarsi di possibili e prevedibili eventi dannosi, sempreché sia accertato il nesso di causalità tra la condotta omissiva dell’agente e l’evento morte. (Fattispecie in cui la Corte: a) ha ritenuto non censurabile la decisione dei giudici d’appello, che avevano ravvisato profili di colpa, sotto lo specifico profilo della grave negligenza, nella condotta del figlio che, nonostante le gravi condizioni patologiche dell’anziano genitore e il progressivo aggravarsi delle sue condizioni di salute sin dal giorno antecedente il decesso, non aveva chiesto l’intervento di un medico e il giorno in cui poi si era verificata la morte lo aveva lasciato solo in casa; b) ha annullato con rinvio la pronunzia di secondo grado limitatamente all’omesso accertamento, sulla base delle concrete emergenze processuali, del nesso di causalità tra la condotta omissiva attribuita all’imputato e il decesso del padre). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 9386 del 9 marzo 2005 (Cass. pen. n. 9386/2005)

Attesa la posizione di garanzia che deve ritenersi attribuibile a chi abbia offerto al pubblico, garantendo la propria capacità tecnica, la partecipazione ad una peculiare attività sportiva, caratterizzata da aspetti di pericolosità, quale il c.d. rafting (consistente nella discesa delle rapide di un corso d’acqua, a bordo di gommoni), deve considerarsi corretta l’affermazione di penale responsabilità, a titolo di colpa, dei soggetti investiti di detta posizione (nella specie, l’organizzatore dell’attività in questione ed il conduttore del gommone), in ordine alla morte per annegamento di uno dei partecipanti, conseguita al rovesciamento del natante sul quale egli aveva preso posto, la cui conduzione era stata affidata dall’organizzatore a soggetto non dotato delle necessarie capacità, senza previa valutazione del rischio presentato dalla notevole intensità, al momento, della corrente e senza previo apprestamento di controlli da terra o dal fiume e, in genere, di accorgimenti idonei a fronteggiare situazioni di emergenza). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 3446 del 2 febbraio 2005 (Cass. pen. n. 3446/2005)

In materia di responsabilità professionale del medico operante in una struttura pubblica, è sufficiente che si instauri un rapporto sul piano terapeutico tra paziente e medico per attribuire a quest’ultimo la posizione di garanzia ai fini della causalità omissiva, cioè quella funzione di garante della vita e della salute del paziente che lo rende responsabile delle condotte colpose che abbiano cagionato una lesione di questi beni.

Sussiste la responsabilità per il reato di lesioni colpose del medico che abbia omesso di prescrivere al paziente i necessari esami emato-chimici, che avrebbero consentito di rilevare tempestivamente l’insorgere della malattia renale (nefrite interstiziale), causata dal pregresso uso di un farmaco adoperato per la cura di una preesistente patologia, farmaco di cui doveva conoscere i possibili effetti nefrotossici, e di cui avrebbe dovuto sospendere la somministrazione, impedendo l’aggravarsi della malattia stessa. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 46586 del 1 dicembre 2004 (Cass. pen. n. 46586/2004)

Se più sono i titolari della posizione di garanzia ovvero dell’obbligo di impedire l’evento, ciascuno è per intero destinatario dell’obbligo di tutela impostogli dalla legge e, in particolare, ciascuno per andare esente da responsabilità neppure può invocare neppure l’esaurimento del rapporto obbligatorio, fonte dell’obbligo di garanzia e l’eventuale subingresso in tale obbligo di terzi, ove il perdurare della situazione giuridica si riconduca alla condotta colpevole dei primi. (Alla luce di tale principio, la Corte ha annullato con rinvio la sentenza del giudice di secondo grado che, in un procedimento per omicidio colposo contestato ai prevenuti nella qualità di progettista e direttore dei lavori relativi alla costruzione dell’edificio nel cui giardino era avvenuto il decesso del minore, precipitato dentro un pozzo artesiano, aveva escluso la responsabilità degli stessi rilevando, tra l’altro, che l’adempimento della prestazione prevista dalla fonte contrattuale aveva escluso la permanenza della posizione di garanzia in capo agli stessi nella specifica qualifica e che nella posizione era subentrato altro soggetto, nella specie il responsabile dell’Ufficio tecnico del Comune, proprietario dell’immobile). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 46515 del 1 dicembre 2004 (Cass. pen. n. 46515/2004)

Il custode di un complesso immobiliare sottoposto a sequestro preventivo per reati ambientali è «garante» dell’obbligo di conservazione del bene e di assicurare nel tempo l’identità dello stesso ed in tale sua qualità ha il dovere di richiedere alla A.G. l’autorizzazione all’esecuzione delle opere necessarie alla conservazione nonché quello di rimuovere le situazioni di pericolo derivanti dal progressivo deterioramento dell’immobile. Risponde pertanto di omicidio colposo il custode quando dalla violazione dell’obbligo di garanzia sia derivata una situazione di deterioramento dell’immobile da porsi in rapporto di causalità diretta con l’evento mortale. (Principio affermato in fattispecie nella quale la Corte ha ritenuto, sia pure ai soli effetti civili, la responsabilità del Sindaco di un comune, che, in tale sua qualità, nominato custode di un compendio immobiliare sottoposto a sequestro preventivo, non aveva osservato l’obbligo di conservazione del bene e di rimozione dei pericoli derivanti dal suo deterioramento, provocando, con il suo comportamento omissivo, la morte di un minore che, penetrato nel complesso, mentre giocava sui bordi della piscina riempitasi d’acqua piovana anche per l’inerzia del custode, vi scivolava dentro annegandovi). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 36728 del 17 settembre 2004 (Cass. pen. n. 36728/2004)

Il genitore esercente la potestà sui figli minori, in quanto investito di una posizione di garanzia in ordine al corretto comportamento sessuale dei figli minori, ha l’obbligo di impedire che costoro compiano atti di violenza sessuale, per cui risponde penalmente, ai sensi dell’art. 40, comma secondo, c.p., di tali atti, quando sussistano le condizioni costituite: a) dalla conoscenza o conoscibilità dell’evento; b) dalla conoscenza o riconoscibilità dell’azione doverosa incombente sul «garante»; c) dalla possibilità oggettiva di impedire l’evento. (Nella specie, in applicazione di tali principi, la Corte ha ritenuto legittima l’affermazione di responsabilità dell’imputato il quale, oltre ad avere egli stesso compiuto atti di violenza sessuale sui figli minori, aveva anche consentito che alcuni di costoro commettessero analoghi atti su altri fratelli e su estranei). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 35118 del 26 agosto 2004 (Cass. pen. n. 35118/2004)

L’obbligo di eliminare la fonte di pericolo su una pubblica via o di apprestare adeguate protezioni, ripari, cautele ed opportune segnalazioni sorge nel momento in cui la strada presenti situazioni tali da costituire un’insidia o un trabocchetto per gli utenti, sicché venga a costituire una fonte di pericolo inevitabile con l’uso della normale diligenza; invece, qualora adottando la normale diligenza che si richiede a chi usi una strada pubblica, la situazione di pericolo sia conoscibile e superabile, la causazione di un eventuale infortunio non può che far capo esclusivamente e direttamente a chi non abbia adottato la diligenza imposta. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 32970 del 29 luglio 2004 (Cass. pen. n. 32970/2004)

In materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, quando il subappalto si realizzi nel cantiere predisposto dall’appaltante e a lui facente capo, tale affidamento parziale dei lavori ad un appaltatore, che si avvale dell’organizzazione già esistente, determina la comune responsabilità di entrambi i soggetti appaltante e appaltatore. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 32943 del 29 luglio 2004 (Cass. pen. n. 32943/2004)

In tema di successione nella posizione di garanzia, il principio di affidamento, nel caso di ripartizione degli obblighi tra più soggetti, se da un lato implica che colui il quale si affida non possa essere automaticamente ritenuto responsabile delle autonome condotte del soggetto cui si è affidato, dall’altro lato comporta anche che – qualora l’affidante ponga in essere una condotta causalmente rilevante – la condotta colposa dell’affidato non vale di per sé ad escludere la responsabilità dell’affidante medesimo. (Fattispecie relativa a responsabilità medica: la Corte ha rigettato il ricorso degli imputati contro la sentenza di merito che aveva accertato la loro responsabilità per la morte di una paziente, nonostante i sanitari ricorrenti avessero eccepito che la vittima era stata presa in cura da un’altra struttura sanitaria già un mese prima il decesso). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 25310 del 7 giugno 2004 (Cass. pen. n. 25310/2004)

In tema di infortuni sul lavoro, l’esistenza sul cantiere di un preposto – salvo che non vi sia la prova rigorosa di una delega espressamente e formalmente conferitagli, con pienezza di poteri ed autonomia decisionale, e di una sua particolare competenza – non comporta il trasferimento in capo allo stesso degli obblighi e delle responsabilità incombenti sul datore di lavoro, essendo a suo carico (peraltro, neppure in maniera esclusiva quando l’impresa sia di dimensioni molto modeste) soltanto il dovere di vigilare a che i lavoratori osservino le misure e usino i dispositivi di sicurezza e gli altri mezzi di protezione, comportandosi in modo da non creare pericolo per sè e per gli altri. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 24055 del 26 maggio 2004 (Cass. pen. n. 24055/2004)

In tema di colpa medica, ai fini della sussistenza del rapporto di causalità tra la condotta imperita e l’evento lesivo, non è sufficiente che venga accertato che un determinato comportamento, omissivo e commissivo, abbia determinato il verificarsi dell’evento, ma è necessario accertare altresì che la previsione della regola di cautela – della quale emerge la mancata osservanza – fosse predeterminata ad evitare proprio quell’evento (Nella fattispecie, relativa ad un caso di distocia del feto, la Corte ha annullato la sentenza di merito ritenendo che la motivazione non aveva chiarito se l’omessa manovra di «disincagliamento» della spalla del feto – manovra non eseguita dal sanitario – sia prevista solo per salvare la vita del feto oppure anche per evitare le conseguenze lesive verificatesi nell’ipotesi in esame). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 24051 del 26 maggio 2004 (Cass. pen. n. 24051/2004)

Nei reati colposi omissivi impropri l’accertamento della colpa non può prescindere dalla individuazione della posizione di garanzia, cioè della norma che impone al soggetto, cui si imputa la colpa, di tenere quel comportamento positivo la cui omissione ha determinato il verificarsi dell’evento (fattispecie in cui si è esclusa la responsabilità per il reato di omicidio colposo del sindaco e degli organizzatori di una manifestazione, per l’incidente occorso ad un giovane che, nel tentativo di scalare un pennone da bandiera installato nella piazza del Comune e utilizzato per lo stesso evento, cadeva procurandosi lesioni mortali, in quanto nei confronti di tali soggetti non è stata individuata alcuna condotta omissiva in rapporto causale con il decesso, nè ad essi è stato possibile imputare l’inosservanza di comportamenti positivi imposti da norme di legge o da disposizioni contrattuali ovvero una responsabilità in dipendenza di un’attività pericolosa, dal momento che solo l’uso improprio del pennone ha reso pericoloso un oggetto che nella sua naturale destinazione era del tutto innocuo). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 24030 del 26 maggio 2004 (Cass. pen. n. 24030/2004)

In materia di infortuni sul lavoro, il coordinatore per l’esecuzione dei lavori – figura introdotta dall’art. 5 D.L.vo n. 494 del 1996 in attuazione della Direttiva 92/57/CEE sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute nei cantieri temporanei o mobili – deve assicurare, nel caso della effettuazione dei lavori, il collegamento fra impresa appaltatrice e committente al fine di realizzare la migliore organizzazione ed ha il compito di adeguare il piano di sicurezza in relazione alla evoluzione dei lavori, di vigilanza sul rispetto del piano stesso e di sospendere, in caso di pericolo grave e imminente, le singole lavorazioni. Ne consegue che egli è responsabile delle conseguenze derivanti dalla violazione di tale posizione di garanzia. (Nella fattispecie l’imputato, coordinatore dei lavori, non aveva impedito una modifica del piano di sicurezza in esito alla quale il crollo del solaio aveva determinato la morte di un operaio). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 24010 del 26 maggio 2004 (Cass. pen. n. 24010/2004)

In materia edilizia, risponde del reato di cui all’art. 20 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, ora sostituito dall’art. 44 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, il dirigente dell’area tecnica comunale che abbia rilasciato una concessione edilizia (ora permesso di costruire) illegittima, atteso che questi, in quanto incaricato in ragione del proprio ufficio del rilascio di quello specifico atto, è titolare in via diretta ed immediata della relativa posizione di garanzia che trova il proprio fondamento normativo nell’art. 40 c.p. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 19566 del 28 aprile 2004 (Cass. pen. n. 19566/2004)

Sussiste la responsabilità del direttore dei lavori della ditta incaricata della collocazione di un impianto di distribuzione di gas metano per la morte di un pedone caduto all’interno di una voragine formatasi lungo la strada, nel punto in cui sono stati effettuati i lavori per la sistemazione della conduttura di metano, in quanto l’evento è dipeso dal difettoso ripristino del manto stradale, consistito, in particolare, nell’aver sistemato le tubazioni ad una profondità di interramento inferiore a quella prevista dalla normativa vigente (D.M. 24 novembre 1984). (La Corte ha rigettato il ricorso dell’imputato ritenendo immune da vizi logici la sentenza con cui il giudice di merito aveva escluso che la pioggia abbondante, caduta al momento del fatto, potesse aver rappresentato una causa sopravvenuta, idonea ad escludere il nesso causale ai sensi dell’art. 41 comma secondo c.p., individuando nella inidonea ricopertura del manto stradale la concausa dell’apertura improvvisa della buca). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 18641 del 22 aprile 2004 (Cass. pen. n. 18641/2004)

In tema di prevenzione infortuni, il datore di lavoro deve controllare che il preposto, nell’esercizio dei compiti di vigilanza affidatigli, si attenga alle disposizioni di legge e a quelle, eventualmente in aggiunta, impartitegli; ne consegue che, qualora nell’esercizio dell’attività lavorativa si instauri, con il consenso del preposto, una prassi contra legem foriera di pericoli per gli addetti, in caso di infortunio del dipendente la condotta del datore di lavoro che sia venuto meno ai doveri di formazione e informazione del lavoratore e che abbia omesso ogni forma di sorveglianza circa la pericolosa prassi operativa instauratasi, integra il reato di lesione colposa aggravato dalla violazione delle norme antinfortunistiche. (Fattispecie di infortunio occorso all’addetto alla macchina denominata «lupa» durante l’operazione di «lisciatura» manuale effettuata durante il funzionamento della macchina stessa, secondo una prassi illegittima instaurata in fabbrica con il tacito assenso del preposto, in violazione della prescrizione ex art. 49 commi primo e terzo D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 18638 del 22 aprile 2004 (Cass. pen. n. 10430/2004)

Sussiste nesso di causalità, suscettibile di dar luogo a responsabilità penale a titolo di colpa a carico del direttore di una casa di cura per malattie mentali, tra la morte per suicidio di una paziente ivi ricoverata e la condotta del suddetto direttore costituita dall’avere egli disposto che la medesima paziente, affetta da sindrome depressiva psicotica e già reduce da precedenti tentativi di suicidio, fosse accompagnata, durante un’uscita dalla casa di cura (nel corso del quale il suicidio, mediante autoprecipitazione da una finestra, era avvenuto), da un’assistente volontaria priva di adeguata esperienza e non previamente informata dello stato mentale e delle pregresse iniziative suicidarie del soggetto, nulla rilevando in contrario, atteso il principio dell’equivalenza delle cause, che la suddetta assistente avesse a sua volta posto in essere una condotta censurabile, per aver contravvenuto, accompagnando la paziente presso la propria abitazione (ove poi era avvenuto il fatto) alle istruzioni ricevute, secondo le quali l’uscita avrebbe dovuto essere limitata ad una breve passeggiata, accompagnata dalla consumazione di un gelato. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 10430 del 4 marzo 2004 (Cass. pen. n. 10430/2004)

Il comandante della nave, in qualità di rappresentante dell’armatore, è titolare, ai sensi dell’art. 409 c.n., di una posizione di garanzia che non è limitata alle sole operazioni strettamente connesse all’imbarco o allo sbarco sulla e dalla nave, ma che si estende anche alle operazioni connesse e complementari all’ingresso dei veicoli e delle persone sulla nave, posizione che pone a suo carico l’obbligo di provvedere alla eliminazione di ogni fonte di pericolo esistente nell’area interessata dalle operazioni di ingresso, limitatamente al periodo di tempo nel quale esse hanno luogo e nello spazio portuale a questo destinato. (In applicazione di tali principi è stata affermata la responsabilità, per omicidio colposo, del comandante della nave che, ignorando le direttive della capitaneria di porto, non aveva adottato sistemi protettivi di transennamento e illuminazione della banchina, provocando la caduta in mare di un veicolo cui seguiva la morte di due passeggeri). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 7214 del 10 febbraio 2004 (Cass. pen. n. 7214/2004)

In quanto titolari di distinte posizioni di garanzia, rispondono del reato di omicidio colposo plurimo, per la morte dei pazienti avvenuta a causa del fuoco sviluppatosi all’interno della camera iperbarica in cui si trovavano per eseguire la ossigenoterapia, i due amministratori delegati della clinica, il primario del reparto di ossigenoterapia, nonché il tecnico addetto al quadro comandi della camera iperbarica, i primi due per non aver adottato un completo e coerente documento di valutazione del rischio insito nell’utilizzo della camera iperbarica e per non aver sorvegliato e controllato sull’esatto adempimento degli obblighi di sicurezza e, gli altri, per non aver predisposto ed attuato un efficace sistema di controlli per evitare che venissero introdotti nella camera iperbarica oggetti che potessero costituire una possibile causa di innesco del fuoco e per non avere adottato efficaci misure di prevenzione e di protezione per evitare il sorgere del fuoco e per consentirne l’immediato spegnimento. (La Corte ha affermato che il problema della spiegazione dell’intero meccanismo eziologico si pone soltanto nei casi in cui l’ipotesi non controllata si riferisca ad un meccanismo causale non addebitabile all’imputato, mentre nel caso di specie, avendo i giudici di merito accertato che la causa dell’accensione e del propagarsi del fuoco era dipeso, in termini di elevata probabilità razionale, da uno scaldamani che una paziente, in assenza dei necessari controlli, aveva portato con sé all’interno della camera iperbarica e, inoltre, che il sistema antincendio, collegato alla stessa camera iperbarica, non era completamente efficiente, non ha alcuna rilevanza accertare in termini scientifici il preciso meccanismo di innesco).

In tema di causalità nei reati omissivi impropri il giudice, nell’accertare se l’evento sia conseguenza dell’omissione compie una ricostruzione logica fondata, non su una concatenazione di fatti materiali esistenti nella realtà ed empiricamente verificabili, ma su ipotesi, dando luogo ad una causalità normativa, basata su un giudizio controfattuale, alla quale si fa ricorso per ricostruire una sequenza che non potrà mai avere una verifica fenomenica, verifica che invece nella causalità commissiva è spesso, ma non sempre praticabile. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 4981 del 6 febbraio 2004 (Cass. pen. n. 1484/2004)

Il soggetto che abbia volontariamente assunto il compito di condurre a casa da scuola, con il proprio autoveicolo, un minore non ancora in grado di badare adeguatamente a se stesso deve ritenersi per ciò stesso investito – indipendentemente dalla circostanza che trattisi di trasporto gratuito o a titolo di cortesia – di una posizione di garanzia (potendo questa avere una fonte normativa anche di natura privatistica), la cui cessazione postula non soltanto l’esaurimento dell’attività di trasporto, con la discesa della persona trasportata dal veicolo, ma anche il raggiungimento, per la stessa persona, di una situazione di sicurezza quale può realizzarsi mediante la sua collocazione in ambiente protetto ovvero mediante la sua consegna a persona idonea a proseguire l’attività di tutela della sua incolumità. (Nella specie, in applicazione di tali principi, la Corte ha ritenuto che correttamente fosse stata affermata la penale responsabilità, a titolo di omicidio colposo, di soggetto il quale, avendo accompagnato fino al luogo di destinazione una minore di poco meno di 12 anni, l’aveva però lasciata senza sorveglianza all’atto in cui la medesima, discesa dal veicolo, doveva effettuare il pericoloso attraversamento della sede stradale, nel corso del quale era stata investita, con esito mortale, da altro veicolo). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 1484 del 21 gennaio 2004

In tema di infortuni sul lavoro, il principio dell’affidamento – in virtù del quale ogni consociato può confidare che ciascuno si comporti secondo le regole precauzionali normalmente riferibili al modello di agente proprio dell’attività che di volta in volta viene in questione – non opera allorché il mancato rispetto da parte di terzi delle norme precauzionali di prudenza abbia la sua prima causa nell’inosservanza di tali norme di prudenza da parte di colui che invoca il suddetto principio. Ne consegue che l’imprenditore-costruttore che costruisca una macchina industriale priva dei dispositivi di sicurezza, nella specie priva del dispositivo di arresto, non può invocare il principio dell’affidamento qualora l’acquirente utilizzi la macchina ponendo in essere una condotta imprudente, in quanto tale condotta sarebbe stata innocua o, comunque, avrebbe avuto conseguenze di ben diverso spessore qualora la macchina fosse stata dotata dei presidi antinfortunistici. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 41985 del 5 novembre 2003 (Cass. pen. n. 41985/2003)

Nel reato colposo omissivo improprio il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, sicché esso è configurabile solo se si accerti che, ipotizzandosi come avvenuta l’azione che sarebbe stata doverosa ed esclusa l’interferenza di decorsi causali alternativi, la condotta omissiva è stata condizione «necessaria» dell’evento che, con elevato grado di credibilità razionale, non avrebbe avuto luogo ovvero avrebbe avuto luogo in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva. (Fattispecie in cui è stata riconosciuta l’esistenza del rapporto di causalità tra l’omissione, da parte dei responsabili del servizio sanitario delle Ferrovie dello Stato, dei controlli mirati alla prevenzione del rischio derivante dalla cronica esposizione all’amianto da parte dei lavoratori, e la morte o le lesioni verificatesi per questi ultimi come effetto di tale esposizione). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 37432 del 2 ottobre 2003 (Cass. pen. n. 37432/2003)

In tema di reati omissivi, l’accertamento del nesso di causalità richiede che, ipotizzandosi l’effettuazione dell’azione doverosa ed omessa ed esclusa l’interferenza di decorsi causali alternativi, si possa concludere, con elevato grado di credibilità razionale, che l’evento non avrebbe avuto luogo. Ne consegue che – nell’ipotesi di esposizione alle polveri di amianto protrattati per lungo tempo prima che l’imputato assumesse la posizione di garanzia – occorre accertare se il compimento dell’azione doverosa da parte dell’imputato avrebbe bloccato il processo causale sfociato nell’evento. (In applicazione di tale principio la Suprema Corte ha censurato la motivazione del giudice di merito che aveva ritenuto la sussistenza del nesso di causalità tra l’evento (morte della moglie di un lavoratore – addetto ad operazioni comportanti esposizioni ad amianto – che aveva provveduto alla pulizia degli indumenti del marito) ed omissione dell’imputato (responsabile di una ditta esercente la lavorazione dell’amianto, che aveva omesso di adottare le misure di sicurezza necessarie previste dalla legge), senza indicare le ragioni per le quali – avuto riguardo al fatto che la vittima aveva subito per un lungo periodo (circa 20 anni) esposizioni all’amianto prima che l’imputato assumesse la posizione di garanzia – si è attribuita all’esposizione successiva all’assunzione della posizione di garanzia (durata cinque anni) una significativa incidenza sulla malattia della vittima, tale da far ritenere la sussistenza del nesso causale tra omissione e decesso). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 27975 del 1 luglio 2003 (Cass. pen. n. 27975/2003)

In tema di responsabilità per colpa, l’accertamento scientificamente e giuridicamente corretto del rapporto di causalità tra la condotta e l’evento da parte del giudice è quello connotato da alto grado di probabilità, perché il giudice si sofferma su una sola condizione dell’evento, e cioè sulla condotta umana, non essendo in grado, sul piano scientifico, di ricostruire l’intero meccanismo di produzione dell’evento stesso. (Fattispecie nella quale si è ritenuta la responsabilità per omicidio colposo del medico anestesista che aveva omesso di trattenere in osservazione un paziente operato di appendicectomia il cui risveglio dalla narcosi non aveva avuto fin dall’inizio corso regolare, disponendone il trasferimento nel reparto di degenza e così cagionandone la morte che si sarebbe potuta evitare, con alto grado di probabilità, mediante tempestivo intervento diagnostico e terapeutico). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 22341 del 21 maggio 2003 (Cass. pen. n. 22341/2003)

In tema di nesso causale nei reati omissivi, non può escludersi la responsabilità del medico il quale non si attivi e non porti il paziente a conoscenza della recidiva di una malattia tumorale, anche a fronte di una prospettazione della morte ritenuta inevitabile, laddove, nel giudizio controfattuale, vi è l’altissima probabilità che il ricorso ad altri rimedi terapeutici (oltre a quello, radioterapico, già praticato all’esordio della malattia) avrebbe determinato un allungamento della vita, che è un bene giuridicamente rilevante anche se temporalmente non molto esteso. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 17379 del 14 aprile 2003 (Cass. pen. n. 17379/2003)

Il committente di lavori edili non può, per ciò solo, essere considerato responsabile della mancata osservanza, da parte dell’assuntore di detti lavori, delle norme in materia di smaltimento dei rifiuti, non essendo derivabile da alcuna fonte giuridica (legge, atto amministrativo o contratto) l’esistenza, in capo al committente, di un dovere di garanzia dell’esatta osservanza delle suindicate norme. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 15165 del 1 aprile 2003 (Cass. pen. n. 15165/2003)

In tema di colpa, nelle attività pericolose consentite, poiché la soglia della punibilità dell’evento dannoso è più alta di quanto non lo sia rispetto allo svolgimento di attività comuni, maggiori devono essere la diligenza e la perizia nel precostituire condizioni idonee a ridurre il rischio consentito quanto più possibile. Ne consegue che l’impossibilità di eliminazione del pericolo non può comportare una attenuazione dell’obbligo di garanzia, ma deve tradursi in un suo rafforzamento. (Fattispecie in tema di esercitazioni di paracadutismo). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 7026 del 13 febbraio 2003 (Cass. pen. n. 7026/2003)

In tema di individuazione dei destinatari della normativa sulla tutela delle acque dall’inquinamento, la legge n. 319 del 1976 identifica i titolari degli stabilimenti industriali, e qualora si tratti di persone giuridiche i legali rappresentanti dell’ente imprenditore. La responsabilità penale discende dalla legge e non richiede un espresso conferimento, mentre è consentito delegare formalmente ad altri soggetti tecnicamente preparati i compiti imposti dalla legge ai soggetti suindicati. Pertanto, in mancanza di formale e valida delega, non può essere esclusa la responsabilità penale dell’amministratore anche se privo di competenza tecnica. (Fattispecie nella quale l’amministratore di una società in nome collettivo, qualificatosi mero socio finanziatore, adduceva per escludere la sua responsabilità di non avere competenza tecnica e di operare nella sede della società posta lontano dal cantiere di lavoro, condizioni che avrebbero dovuto indurlo a non assumere incarichi dirigenziali ma che non valgono ad escludere la sua responsabilità). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 3077 del 22 gennaio 2003 (Cass. pen. n. 3077/2003)

Il rapporto di causalità tra una condotta (commissiva ed omissiva) ed un determinato evento è configurabile non solo quando, secondo un giudizio di altra probabilità logica, l’evento stesso non avrebbe avuto luogo se il comportamento considerato non fosse stato tenuto, ma anche nei casi in cui risulti, con elevato grado di credibilità razionale, che detto evento si sarebbe realizzato in epoca significativamente posteriore, o con minore intensità lesiva. (Fattispecie relativa al decesso di lavoratori in conseguenza dell’inalazione di polveri di amianto, ove è stata assegnata rilevanza causale alla condotta di soggetti responsabili della gestione aziendale per una parte soltanto del periodo di esposizione a rischio delle persone offese, sul presupposto che tale condotta avesse ridotto i tempi di latenza della malattia, nel caso di patologie già insorte, oppure accelerato i tempi di insorgenza, nel caso di affezioni insorte successivamente). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 988 del 14 gennaio 2003 (Cass. pen. n. 988/2003)

L’insufficienza, la contraddittorietà e l’incertezza del riscontro probatorio sulla ricostruzione del nesso causale, quindi il ragionevole dubbio, in base all’evidenza disponibile, sulla reale efficacia condizionante della condotta omissiva del medico rispetto ad altri fattori interagenti nella produzione dell’evento lesivo, comportano la neutralizzazione dell’ipotesi prospettata dall’accusa e l’esito assolutorio del giudizio.

Nel reato colposo omissivo improprio il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, sicché esso è configurabile solo se si accerti che, ipotizzandosi come avvenuta l’azione che sarebbe stata doverosa ed esclusa l’interferenza di decorsi causali alternativi, l’evento, con elevato grado di credibilità razionale, non avrebbe avuto luogo ovvero avrebbe avuto luogo in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva. (Fattispecie nella quale è stata ritenuta legittimamente affermata la responsabilità di un sanitario per omicidio colposo dipendente dall’omissione di una corretta diagnosi, dovuta a negligenza e imperizia, e del conseguente intervento che, se effettuato tempestivamente, avrebbe potuto salvare la vita del paziente).

Non è consentito dedurre automaticamente dal coefficiente di probabilità espresso dalla legge statistica la conferma, o meno, dell’ipotesi accusatoria sull’esistenza del nesso causale, poiché il giudice deve verificarne la validità nel caso concreto, sulla base delle circostanze del fatto e dell’evidenza disponibile, così che, all’esito del ragionamento probatorio che abbia altresì escluso l’interferenza di fattori alternativi, risulti giustificata e processualmente certa la conclusione che la condotta omissiva del medico è stata condizione necessaria dell’evento lesivo con «alto o elevato grado di credibilità razionale» o «probabilità logica». Cassazione penale, Sez. Unite, sentenza n. 30328 del 11 settembre 2002 (Cass. pen. n. 30328/2002)

In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, nell’ipotesi di concorso ex art. 40 c.p.v. c.p. (omissione di impedimento dello evento in dipendenza dall’obbligo di vigilanza) dell’amministratore di diritto negli illeciti commessi dall’amministratore di fatto, ad integrare il dolo del primo è sufficiente la generica consapevolezza che il secondo compia una delle condotte indicate nell’art. 216, comma 1, n. 1 L. fall., senza che sia necessario che tale consapevolezza investa i singoli episodi delittuosi. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 29896 del 20 agosto 2002 (Cass. pen. n. 29896/2002)

In tema di causalità omissiva la ricerca delle cosiddette leggi di copertura, universali o statistiche, seguita dalla necessaria verifica della loro adattabilità al caso concreto, non può portare all’affermazione della sussistenza del nesso di causalità sulla base di un giudizio di probabilità statistica, essendo invece necessaria la formulazione di un giudizio di probabilità logica, caratterizzato da una elevata credibilità razionale, in linea con i criteri di valutazione della prova previsti per tutti gli elementi costitutivi del reato e tale, quindi, da poter giustificare il convincimento che l’evento specifico sia riconducibile alla condotta dell’agente al di là di ogni ragionevole dubbio. (Fattispecie in tema di colpa professionale medica, nella quale è stata ritenuta legittimamente affermata la responsabilità dell’imputato in ordine al reato di omicidio colposo, per avere colposamente omesso di diagnosticare un tumore intestinale, non adottando, di conseguenza, i necessari interventi chirurgici e terapeutici). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 22568 del 10 giugno 2002 (Cass. pen. n. 22568/2002)

Le norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro impongono determinate cautele in funzione del luogo di lavoro nel suo complesso e non delle specifiche mansioni di ogni singolo lavoratore, rientrando nell’id quod plerumque accidit che i dipendenti siano comandati a svolgere un compito anche al di fuori del posto predeterminato ed in maniera occasionale. Pertanto, l’attuazione delle misure antinfortunistiche riguarda ogni luogo e tutti gli strumenti di cui i lavoratori possano servirsi in relazione alle incombenze varie inerenti all’attività che si svolge nel luogo di lavoro. (Fattispecie in cui a un dipendente era stato assegnato il compito di togliere dei vetri rotti dalle finestre di un capannone, compito che esulava dalle mansioni tipiche del dipendente e che per eseguire il quale si era servito di un trabattello senza inserire gli stabilizzatori. Il datore di lavoro non si era curato di informare il dipendente della necessità del loro uso per evitare lo sbilanciamento dello strumento, cosa puntualmente avvenuta e che aveva determinato la caduta e l’infortunio del lavoratore). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 16001 del 29 aprile 2002 (Cass. pen. n. 16001/2002)

In tema di nesso di causalità, non è sufficiente che il giudice accerti che, senza la condotta dell’uomo, l’evento non si sarebbe verificato soltanto con «apprezzabile probabilità», in quanto il rapporto causale richiede, invece, un più alto grado di probabilità o di credibilità razionale, vicino alla certezza. (In applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto non provato il nesso di causalità tra la mancata osservanza della normativa in materia di igiene del lavoro relativa all’esposizione a polveri di amianto e l’insorgenza di mesotelioma pleurico che aveva condotto al decesso del lavoratore). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 5716 del 13 febbraio 2002 (Cass. pen. n. 5716/2002)

In tema di responsabilità per colpa, risponde dell’evento secondo le regole ordinarie sulla causalità omissiva il soggetto cui incombe, anche contrattualmente, l’obbligo della verifica periodica di funzionalità o della manutenzione di impianto (nella fattispecie, una giostra) la cui rottura risulti dovuta a difetti di progettazione e costruzioni macroscopici (o comunque evidenti a chi sia in possesso di cognizioni tecniche), atteso che, in questo caso, egli ha l’obbligo, adempiendo alle regole di diligenza e di perizia richieste dall’attività svolta, di non autorizzare (o consentire, ove sia nei suoi poteri) l’uso dell’impianto pericoloso. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 4699 del 7 febbraio 2002 (Cass. pen. n. 4699/2002)

In tema di nesso di causalità (art. 40 c.p.), la rilevanza causale del fatto nella produzione dell’evento dannoso deve essere accertata in termini di assoluta certezza, il che è dire – in termini giudiziari – con una probabilità confinante con la certezza, non è tale una elevata probabilità anche al novanta per cento. (In applicazione di tale principio la S.C. ha censurato la motivazione del giudice di merito, il quale – nel ricostruire la dinamica di un infortunio sul lavoro avvenuto in un reparto stampaggio e consistito nella discesa improvvisa dello stampo mentre l’operaio era intento al prelievo del pezzo stampato – afferma l’esistenza del nesso di causalità, pur non sussistendo, riguardo alle cause della ripetizione del colpo esaminate dal perito, elementi di certezza ma solo di elevata probabilità, anche per la carenza di documentazione relativa alla macchina, costruita da società fallita da tempo, priva di un protocollo manutentivo chiaro). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 1585 del 16 gennaio 2002 (Cass. pen. n. 1585/2002)

In tema di responsabilità colposa per infortuni maturati nell’ambito di un cantiere edile, il comportamento del soggetto che violi con consapevolezza le cautele disposte allo specifico scopo di prevenire la presenza di persone in un’area tipicamente ed inevitabilmente pericolosa, introducendosi arbitrariamente nel fondo, comporta una interruzione del nesso causale tra l’evento ed ogni violazione di prescrizioni antinfortunistiche eventualmente riferibile all’interessato quale datore di lavoro. (In applicazione di tale principio la Corte ha escluso la responsabilità del datore di lavoro per le lesioni occorse a persona – per altro sua dipendente – precipitata nel vano destinato ad alloggiare l’ascensore di un edificio in costruzione, considerando che l’interessato, introdottosi abusivamente nel cantiere fuori dell’orario di lavoro, aveva rimosso la rudimentale staccionata predisposta nell’attesa di un presidio più adeguato). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 44206 del 10 dicembre 2001 (Cass. pen. n. 44206/2001)

In tema di colpa per omissione (nella specie ipotizzata a carico di un medico), occorre provare, ai fini dell’affermazione di responsabilità dell’imputato, che la condotta non tenuta, oltre ad essere esigibile e praticabile, sarebbe stata in grado, se attuata, di scongiurare il verificarsi dell’evento dannoso, in ciò risolvendosi, all’evidenza, la prova sul rapporto di causalità previsto, per i reati omissivi, dall’art. 40 cpv. c.p. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 36519 del 10 ottobre 2001 (Cass. pen. n. 36519/2001)

In tema di responsabilità medica, il rapporto di causalità deve essere accertato avvalendosi di una legge di copertura, scientifica o statistica, che consenta di ritenere che la condotta omissiva, con una probabilità vicina alla certezza, sia stata causa di un determinato evento. (Fattispecie nella quale si è accertato che un tempestivo ricovero in ospedale di un paziente colpito da infarto acuto del miocardio avrebbe consentito un adeguato trattamento terapeutico che, con un alto grado di probabilità – in termini di elevati coefficienti percentualistici vicino a cento o quasi cento – avrebbe migliorato notevolmente la prognosi del paziente ed evitato l’evento letale verificatosi solo dopo pochi giorni). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 14006 del 6 aprile 2001 (Cass. pen. n. 14006/2001)

In tema di causalità omissiva, è possibile ravvisare il nesso causale se l’azione doverosa omessa avrebbe impedito l’evento con alto grado di probabilità logica ovvero con elevata credibilità razionale, cioè con una probabilità vicina alla certezza che può ritenersi raggiunta quando, sulla base di una legge universale o di una legge di statistica, sia possibile effettuare il giudizio controfattuale (supponendo realizzata l’azione doverosa omessa e chiedendosi se in tal caso l’evento sarebbe venuto meno) con una percentuale vicino a cento. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 9780 del 9 marzo 2001 (Cass. pen. n. 9780/2001)

Il responsabile di attrezzature sportive e ricreative destinate all’uso di una comunità è titolare di una posizione di garanzia a protezione dell’incolumità personale di coloro che le utilizzano riconducibile alla previsione dell’art. 2051 c.c., che pone a carico del titolare della custodia di cose la responsabilità per i danni provocati dalle stesse, sulla quale non influisce l’eventuale concessione della loro utilizzazione gratuita. (In applicazione di tale principio è stata affermata la responsabilità del direttore di un oratorio che aveva messo a disposizione di una scuola un campo di calcetto attrezzato con una pesante porta metallica priva di ancoraggio al suolo, alla quale un giovane si aggrappava provocandone il ribaltamento e venendone travolto). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 5816 del 12 febbraio 2001 (Cass. pen. n. 5816/2001)

In tema di responsabilità per omissione di cautele doverose, l’esistenza del nesso di causalità e l’esigibilità della condotta non possono essere contestate sotto il profilo della differenza tra le conoscenze tecnico-scientifiche esistenti al momento del fatto e quelle, più vaste, esistenti al momento del giudizio, allorché il comportamento dell’imputato sia stato di omissione anche di quelle precauzioni minime all’epoca sicuramente possibili.

La sussistenza del nesso di causalità può essere affermata, oltre che sulla base di dati empirici o documentali di immediata evidenza, anche con ragionamento di deduzione logica purché fondato su elementi di innegabile spessore correttamente esaminati secondo le leges artis. (Fattispecie in cui è stata ritenuta corretta la diagnosi di morte per mesiotelioma pur in mancanza degli esami clinici istologico ed autoptico). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 5037 del 6 febbraio 2001 (Cass. pen. n. 5037/2001)

In tema di false comunicazioni sociali, la falsità del bilancio consolidato, come può afferire a violazioni dei principi di redazione dello stesso (falsità originaria), così può conseguire al recepimento di falsi dati contabili contenuti in uno o più bilanci delle società collegate (falsità derivata). In tal caso, gli amministratori della società controllante, non essendo titolari di alcun potere di accertamento sulla veridicità dei dati trasmessi dalle società del gruppo, non rispondono penalmente della falsità del bilancio consolidato (addebitabile agli amministratori delle società controllate, ai sensi dell’art. 48 c.p.), a condizione che la falsità del dato contabile della società controllata non emerga e sia accertata nel corso del processo di consolidamento, nel qual caso, il redattore ne risponderà ai sensi dell’art. 40 c.p., con riferimento alla posizione di garanzia della quale è investito. Egli risponderà, infine, a titolo di concorso, nel caso in cui la falsità dei dati trasmessi dalla società controllata sia già a sua conoscenza perché concordata tra gli amministratori della controllata a quelli della capo gruppo. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 191 del 10 gennaio 2001 (Cass. pen. n. 191/2001)

L’obbligo per il proprietario della strada, sia pubblica che privata quando sul suolo privato si attui un traffico indiscriminato e privo di controllo, sostanzialmente aperto al pubblico, di eliminare la fonte di pericolo ed anche di apprestare adeguate protezioni, ripari, cautele ed opportune segnalazioni sorge nel momento in cui la strada presenti situazioni tali da costituire un’insidia o un trabocchetto per gli utenti sicché venga a costituire una fonte di pericolo inevitabile con l’uso della normale diligenza. Tutte le volte in cui, invece, adottando la normale diligenza che si richiede a chi conduce un autoveicolo e più in generale a chi usi una strada pubblica, la situazione di disagevole transito sia conoscibile e superabile, la causazione di un eventuale infortunio non può che far capo esclusivamente e direttamente a chi non abbia adottato la diligenza imposta. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 12826 del 7 dicembre 2000 (Cass. pen. n. 12826/2000)

La individuazione della titolarità di una posizione di garanzia da parte di un medico nei confronti di un paziente non è subordinata alla presenza di rapporti giuridici con la struttura sanitaria ma all’effettivo esercizio dell’attività svolta, anche per atto di volontaria determinazione, che comporti conseguentemente l’assunzione degli obblighi connessi a quella posizione, direttamente scaturenti dalle funzioni di fatto esercitate. (In applicazione di tale principio è stata ritenuta irrilevante l’assenza di un rapporto di lavoro tra un medico «esterno», e la clinica dove era stata operata una donna). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 12781 del 7 dicembre 2000 (Cass. pen. n. 12781/2000)

Nell’organizzazione di una Unità sanitaria locale al direttore generale incombe non solo la legale rappresentanza dell’ente nei rapporti esterni, e quindi l’obbligo di denuncia dei fatti reato di cui venga a conoscenza, ma altresì quello di controllo interno delle attività demandate al direttore sanitario. Tale omesso controllo ne determina la responsabilità ai sensi del comma secondo dell’art. 40 c.p. per i reati omissivi quale garante della complessiva correttezza dell’azione amministrativa dell’ente. (In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto la concorrente responsabilità del direttore generale e del direttore sanitario di una Asl con quella del responsabile del settore risorse tecnologiche, il quale aveva effettuato il riempimento di bombole di ossigeno ad uso medicale presso la struttura ospedaliera, in assenza della prescritta autorizzazione). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 3408 del 29 novembre 2000 (Cass. pen. n. 3408/2000)

In presenza di una situazione di pericolosità concretamente accertata eccedente il normale livello di rischio collegato all’attività, la mancata adozione da parte dei responsabili dell’esercizio ferroviario delle misure necessarie a prevenire il verificarsi di eventi lesivi della incolumità delle persone è fonte di responsabilità penale per colpa. (Fattispecie di incidente ferroviario verificatosi in un tratto ferroviario privo di recinzione abitualmente attraversato dalla popolazione locale, in cui la colpa delle ferrovie è stata ravvisata nel non avere predisposto misure volte ad impedire l’attraversamento dei binari, né aver tenuto pulita dalla vegetazione la sede ferroviaria né aver ordinato la riduzione della velocità dei treni in transito). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 11999 del 22 novembre 2000 (Cass. pen. n. 11999/2000)

In tema di responsabilità per colpa professionale medica, l’esistenza del rapporto di causalità, tanto nel caso di reato omissivo improprio che di reato commissivo, deve essere accertata secondo i medesimi principi, e cioè in base a regole di comune esperienza, preesistenti al giudizio, che consentano di affermare che la condotta dovuta, se attuata, avrebbe impedito il verificarsi dell’evento un grado di certezza che, pur tenendo conto della regola applicata, deve in ogni caso essere molto elevato, ma non assoluto; il grado di certezza che si può pretendere nel giudizio sull’esistenza del rapporto di causalità è lo stesso per il reato commissivo proprio e per quello commissivo mediante omissione, e deve tenere conto della complessità della catena causale degli eventi naturali che si verificano, sul cui evolversi incidono una serie indefinita e indefinibile di fattori, ivi compresi la condotta umana, con la conseguente impossibilità di raggiungere la certezza assoluta. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 10780 del 20 ottobre 2000 (Cass. pen. n. 10780/2000)

Gli operatori di una struttura sanitaria, medici e paramedici, sono tutti ex lege portatori di una posizione di garanzia, espressione dell’obbligo di solidarietà costituzionalmente imposto ex artt. 2 e 32 Cost., nei confronti dei pazienti, la cui salute devono tutelare contro qualsivoglia pericolo che ne minacci l’integrità; l’obbligo di protezione perdura per l’intero tempo del turno di lavoro e, laddove si tratti di un compito facilmente eseguibile nel giro di pochi secondi, non è delegabile ad altri. (Fattispecie in cui è stato escluso che fosse giustificato il comportamento di un infermiere che, in prossimità della fine del turno di lavoro, delegava un collega per eseguire l’ordine impartitogli da un medico di chiamare un altro medico, ordine facilmente e rapidamente eseguibile attraverso un citofono). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 9638 del 13 settembre 2000 (Cass. pen. n. 9638/2000)

In tema di responsabilità dei medici ospedalieri ai sensi dell’art. 7 del D.P.R. 27 marzo 1969, n.128, il primario può, in relazione ai periodi di legittima assenza dal servizio, imporre all’aiuto l’obbligo di informarlo ed ha diritto di intervenire direttamente; tuttavia quando, avvertito, abbia dichiarato di voler assumere su di sé la decisione del caso, l’aiuto non può restare inerte in attesa del suo arrivo, ma, essendo titolare di una autonoma posizione di garanzia nei confronti dei pazienti, deve attivarsi secondo le regole dell’arte medica per rendere operativo ed efficace l’intervento del predetto primario, se del caso a quest’ultimo sostituendosi. (Nella specie la Corte ha osservato che in attesa dell’arrivo del primario che ha riservato a sé un intervento chirurgico urgente, l’aiuto non solo deve predisporre tutto l’occorrente all’operazione ma, laddove il ritardo si protragga, deve procedere all’intervento, a suo giudizio non ulteriormente procrastinabile). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 7483 del 24 giugno 2000 (Cass. pen. n. 7483/2000)

In tema di bancarotta, mentre, dal punto di vista oggettivo, non è dubbio che l’amministratore di diritto risponde unitamente all’amministratore di fatto per non avere impedito l’evento che aveva l’obbligo giuridico di impedire, dal punto di vista soggettivo, si richiede la generica consapevolezza, da parte del primo, che l’amministratore effettivo, distrae, occulta, dissimula, distrugge o dissipa i beni sociali ovvero espone o riconosce passività inesistenti, senza che sia necessario che tale consapevolezza investa i singoli episodi nei quali l’azione dell’amministratore di fatto si è estrinsecata. Tuttavia, tale consapevolezza non può essere semplicemente desunta dal fatto che il soggetto abbia acconsentito a ricoprire formalmente la carica di amministratore. (Fattispecie nella quale la carica di amministratore era stata attribuita ad una cittadina extracomunitaria. La cassazione, nell’enunciare il principio di diritto sopra riportato, ha annullato la sentenza impugnata evidenziando che il giudice di merito aveva sostanzialmente addossato alla predetta una responsabilità a titolo colposo, la quale, viceversa, può valere solo ai fini delle obbligazioni civili, correlate a determinate omissioni dell’amministratore, ma non per il delitto di bancarotta fraudolenta, per il quale è imprescindibile il dolo). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 14745 del 29 dicembre 1999 (Cass. pen. n. 14745/1999)

Il datore di lavoro non può invocare a propria scusa il principio di affidamento assumendo che l’attività del lavoratore era imprevedibile, essendo ciò doppiamente erroneo, da un lato in quanto l’operatività del detto principio riguarda i fatti prevedibili e dall’altro atteso che esso comunque non opera nelle situazioni in cui sussiste una posizione di garanzia, come certamente è quella del datore di lavoro. (Fattispecie in cui un lavoratore per sbloccare una macchina a 5/6 metri da terra anziché servirsi della apposita scala aveva fatto un uso improprio di un carrello elevatore).

Un comportamento anomalo del lavoratore per acquisire il valore di causa sopravvenuta da sola sufficiente a cagionare l’evento deve essere assolutamente estraneo al processo produttivo o alle mansioni attribuite, risolvendosi in un comportamento esorbitante rispetto al lavoro che è proprio (come nel caso che il lavoratore si dedichi ad un’altra macchina o ad un altro lavoro); un tale risultato non può invece riconoscersi al comportamento pur avventato, negligente, o disattento che il lavoratore pone in essere mentre svolge il lavoro affidatogli, trattandosi di un comportamento connesso all’attività lavorativa o da essa non esorbitante e pertanto non imprevedibile. (Fattispecie in cui è stato ritenuto comportamento avventato ma non esorbitante l’uso di un muletto, anziché di apposite scale, per farsi alzare ad una altezza di cinque metri per svolgere il lavoro affidato). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 12115 del 22 ottobre 1999 (Cass. pen. n. 12115/1999)

In tema di causalità, non può parlarsi di affidamento quando colui che si affida sia in colpa per avere violato determinate norme precauzionali o per avere omesso determinate condotte e, ciononostante, confidi che altri, che gli succede nella stessa posizione di garanzia, elimini la violazione o ponga rimedio alla omissione; sì che ove, anche per l’omissione del successore, si produce l’evento che una certa azione avrebbe dovuto e potuto impedire, l’evento stesso avrà due antecedenti causali, non potendo il secondo configurarsi come fatto eccezionale, sopravvenuto, sufficienti da solo a produrre l’evento. (Fattispecie di omicidio colposo per colpa professionale, in cui la Corte ha giudicato corretto il giudizio di responsabilità di entrambi i medici, che, avendone ciascuno autonomamente la possibilità, in successione temporale, non hanno eliminato la fonte di pericolo – emorragia – evolutasi a causa delle loro omissioni nella morte di un soggetto sottoposto a splenectomia). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 8006 del 18 giugno 1999 (Cass. pen. n. 8006/1999)

Nei reati colposi il giudizio sul rapporto di causalità deve essere formulato in base a regole giuridiche, non naturalistiche (c.d. leggi di copertura) volte a dimostrare che, al momento della condotta, si poteva oggettivamente ritenere l’evento che poi ne è scaturito quale conseguenza necessaria o probabile. In particolare, nei reati omissivi connessi ad una posizione di garanzia dell’agente, quale è quella del medico, occorre accertare se una determinata condotta, omessa, fosse capace, nel caso concreto, di impedire l’evento non voluto; se l’azione comandata dovesse risultare, sulla base del ricordato giudizio di prognosi postuma, incapace di modificare il corso degli eventi, resta escluso il nesso di causalità. (Fattispecie in cui la Corte di cassazione ha escluso il nesso di causalità tra l’omessa effettuazione di attività diagnostica, TAC, e la morte del paziente, essendo stato accertato dai giudici di merito che nel tempo necessario a predisporre tale indagine, la malattia avrebbe comunque avuto effetto letale). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 7151 del 7 giugno 1999 (Cass. pen. n. 7151/1999)

In tema di causalità, laddove si verifichi una successione temporale di medici nella struttura ospedaliera, il principio dell’affidamento di un medico nell’operato del predecessore ha efficacia scriminante nel perdurare delle stesse condizioni e non nel mutare di esse a causa dell’insorgenza di nuovi elementi sintomatici, non esistenti in precedenza – e perciò, naturalmente, non rilevati dai colleghi precedentemente intervenuti – ma insorti successivamente nell’arco di tempo garantito con la propria assistenza. (Fattispecie in cui, secondo l’accertamento di merito, i sintomi di una macrosomia fetale si erano manifestati successivamente all’operato dei precedenti medici di turno). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 2774 del 2 marzo 1999 (Cass. pen. n. 2774/1999)

In tema di omicidio colposo, il medico aiuto primario chiamato dal ginecologo di turno al capezzale di una partoriente, che, visitata all’atto del ricovero e sottoposta ad indagini strumentali, aveva presentato una situazione di notevole anomalia, ha l’obbligo di attivarsi immediatamente e direttamente anche eseguendo personalmente nuovi accertamenti per assicurarsi dello stato della partoriente e del feto, sicché, ove si sia astenuto dal disporre ed effettuare altre indagini ed abbia trattato il caso con indolenza anziché con l’urgenza imposta dallo stato del feto, egli versa in colpa addirittura più grave di quella dell’assistente per la morte del neonato. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 2440 del 25 febbraio 1999 (Cass. pen. n. 2440/1999)

Fuori dai casi di concorso o di cooperazione colposa e fuori dai particolari casi di cui agli artt. 46, 48, 54 e 86 c.p., l’imprenditore può essere ritenuto penalmente responsabile per un fatto commesso dal dipendente se con la sua condotta ha integrato gli estremi oggettivi del reato e quindi se ha causato o ha concorso a causare l’evento ovvero se non lo ha impedito pur avendone l’obbligo giuridico. Ricorre la prima ipotesi quando il dipendente commette il fatto in esecuzione di ordini o istruzioni dell’imprenditore o in conseguenza di sue intromissioni o interferenze o di sue scelte di politica aziendale. La seconda ipotesi ricorre quando l’imprenditore delega al dipendente il compito di osservare il precetto che la norma penale pone a suo carico, perché in tal caso l’obbligo originario si trasforma in dovere di garanzia, oppure quando sussiste a suo carico un dovere di garanzia espressamente previsto da una norma penale o extrapenale. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 6152 del 26 maggio 1998 (Cass. pen. n. 6152/1998)

In tema di personalità della responsabilità penale, in riferimento agli artt. 27 Cost. e 40 c.p. l’amministratore o il legale rappresentante di un ente non può essere automaticamente ritenuto responsabile, a causa della carica ricoperta, di tutte le infrazioni penali verificatesi nella gestione dell’ente. A maggior ragione quando trattasi di ente pubblico, richiedendosi in tal caso che l’attività funzionale sia stata preventivamente suddivisa in settori, rami o servizi, e che a ciascuno di essi siano in concreto preposti soggetti qualificati ed idonei, dotati della necessaria autonomia e dei poteri indispensabili per la gestione completa degli affari di quel servizio. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 5889 del 19 maggio 1998 (Cass. pen. n. 5889/1998)

In tema di nesso causale nel reato omissivo improprio, poiché non può essere accertato un rapporto naturalistico di causazione tra la condotta (carente) e l’evento, il giudice, una volta accertato sulla base di criteri probabilistici che l’evento è ricollegabile all’omissione, nel senso che esso non si sarebbe verificato se l’agente che si trova in posizione di garante avesse posto in essere la condotta impostagli dagli obblighi, nessun’altra indagine è tenuto a compiere. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 3131 del 11 marzo 1998 (Cass. pen. n. 3131/1998)

In relazione all’assetto del territorio comunale, qualora si ravvisi una situazione obiettiva potenzialmente lesiva cui si aggiunga l’elemento subiettivo della imprevedibilità e cioè della impossibilità di evitarla con l’uso della normale diligenza, il Sindaco è tenuto a porre rimedio alla situazione di pericolo eliminandone la fonte od anche apprestando adeguate protezioni, ripari, cautele ed opportune segnalazioni fino ad interdire l’uso di strade o di altri spazi con l’esercizio dei poteri ordinatori in via contingibile ed urgente. (Sulla base di tale principio la Corte di cassazione ha escluso la responsabilità di un Sindaco per omicidio colposo, in relazione alla morte di persona anziana che, sedutasi su di un muretto privo di inferriata, aveva perduto l’equilibrio ed era precipitata nella sottostante via riportando lesioni mortali). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 478 del 16 gennaio 1998 (Cass. pen. n. 478/1998)

Anche per i reati imputati ai sensi dell’art. 40 cpv. l’elemento psicologico si configura secondo i principi generali, sicché è sufficiente che il «garante» abbia conoscenza dei presupposti fattuali del dovere di attivarsi per impedire l’evento e si astenga, con coscienza e volontà, dall’attivarsi, con ciò volendo o prevedendo l’evento (nei delitti dolosi) o provocandolo per negligenza, imperizia, imprudenza o violazione di norme (nei delitti colposi e nelle contravvenzioni in genere). (Nella specie la Suprema Corte ha ritenuto priva di fondamento giuridico la tesi secondo cui l’imputato doveva essere assolto perché difettava il dolo nei delitti e la colpa nelle contravvenzioni, osservando che non v’era dubbio che l’amministratore titolare conosceva i suoi doveri giuridici di vigilare sul comportamento dell’amministratore di fatto e aveva coscientemente omesso di esercitarli, con ciò accettando il rischio che l’amministratore effettivo commettesse i reati tributari che egli aveva il dovere di impedire). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 6208 del 26 giugno 1997 (Cass. pen. n. 6208/1997)

Nel reato di bancarotta fraudolenta l’amministratore della società che abbia assunto la carica quale prestanome di altri soggetti, che hanno agito come amministratori di fatto, risponde dei reati contestati a titolo di omissione poiché la semplice accettazione della carica da parte della c.d. testa di legno (o uomo di paglia) attribuisce a questi doveri di vigilanza e controllo la cui violazione comporta responsabilità. La sola consapevolezza che dalla propria condotta omissiva possono scaturire gli eventi tipici del reato (dolo generico) o l’accettazione del rischio che questi si verifichino (dolo eventuale) sono infatti sufficienti per l’affermazione di responsabilità. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 4892 del 23 maggio 1997 (Cass. pen. n. 4892/1997)

Ai fini della configurabilità di penale responsabilità, a titolo di concorso, in ordine al reato di detenzione illegale di un’arma, è necessaria la coscienza e la volontà di contribuire con il proprio operato alla perpetrazione dell’illecito: ove l’apporto dato dal concorrente si estrinsechi in una omissione, questa assume la valenza necessaria a concretare la compartecipazione soltanto allorché si traduca nella violazione di un obbligo giuridico incombente sul soggetto (art. 40 c.p.), non bastando l’assenza di atteggiamenti di generico dissenso che è più propriamente inquadrabile nella nozione di connivenza. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 4800 del 22 maggio 1997 (Cass. pen. n. 4800/1997)

L’obbligo giuridico di impedire l’evento, contemplato dall’art. 40, c.p., non può ritenersi non adempiuto qualora il pubblico ufficiale non si sia attivato dopo aver avuto conoscenza di un’attività in corso relativa alla consegna della cosa oggetto di un accordo corruttivo già intervenuto tra gli altri soggetti, in quanto la conoscenza della fase esecutiva del pactum sceleris viene a incidere su un disvalore già esaurito, rappresentando la consegna della res oggetto dell’accordo corruttivo null’altro che un’attività riproduttiva di un reato ormai consumato. (Fattispecie in cui un appartenente al Corpo di polizia penitenziaria aveva appreso che nell’istituto penitenziario ove prestava servizio era stato recapitato un pacco contenente una pelliccia oggetto di un accordo corruttivo tra un detenuto e il direttore dell’istituto). Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 9121 del 15 ottobre 1996 (Cass. pen. n. 9121/1996)

Ai sensi della normativa contenuta nel D.L.vo 30 dicembre 1992 n. 502 (come modificato dal D.L.vo 7 dicembre 1993, n. 517), recante disposizioni di riordino della disciplina in materia sanitaria, ed in particolare con riferimento alle attribuzioni conferitegli dall’art. 3 del medesimo decreto, il direttore generale dell’Unità sanitaria locale è investito di tutti i poteri di gestione e di controllo ed è pertanto costituito garante della complessiva correttezza dell’azione amministrativa riferibile all’ente che dirige, sicché, ove abbia notizia che nello svolgimento di questa siano compiute attività illecite, incombe su di lui il dovere di inibirle ed impedire la commissione di reati, dei quali, nell’ipotesi di omesso esercizio dei poteri di accertamento e sanzione spettantigli, è chiamato a rispondere ai sensi dell’art. 40, secondo comma, c.p. Cassazione penale, Sez. Unite, sentenza n. 16 del 19 giugno 1996 (Cass. pen. n. 16/1996)

In tema di bancarotta fraudolenta, l’amministratore in carica risponde penalmente dei reati commessi dall’amministratore di fatto, sia se abbia agito di comune accordo con questi, sia in virtù dei principi generali che regolano la responsabilità penale. Da un canto, infatti, l’art. 40, comma 2 c.p. stabilisce che «non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo», dall’altro l’art. 2392 c.c. fa carico agli amministratori del dovere di vigilare sul generale andamento della gestione, nonché di quello di fare quanto in loro potere per impedire il compimento di atti pregiudizievoli, ovvero di eliminare o attenuarne le conseguenze dannose. (Fattispecie nella quale la S.C. ha respinto l’argomentazione del ricorrente, che aveva rivestito la carica di amministratore unico di una srl, secondo la quale alcuna responsabilità gli si poteva attribuire, in difetto della concreta esplicazione dei poteri riconducibili alla carica). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 580 del 18 aprile 1996 (Cass. pen. n. 580/1996)

In tema di reato colposo, qualora un ente pubblico, nella specie un comune, abbia dato in concessione un suo impianto sportivo ad una società ovvero ad una persona privata che si presenti e risulti essere qualificata per lo svolgimento dell’attività collegata alla gestione dell’impianto stesso ed abbia imposto alla concessionaria oneri ed obblighi, tra l’altro addossandole ogni responsabilità per danni verso terzi verificatisi nel corso dell’attività programmata dalla stessa, l’ente pubblico può e deve confidare, in virtù del principio dell’affidamento, che la concessionaria si comporti adottando le regole precauzionali normalmente riferibili al modello di agente proprio dell’attività in questione. (Nella fattispecie il comune aveva concesso la gestione di una piscina di sua proprietà ad una società polisportiva, l’amministratore di fatto e il presidente della quale erano stati condannati per il reato di omicidio colposo nei confronti di un ragazzo, annegato nella piscina. La colpa degli imputati era stata ravvisata nell’avere essi omesso misure di sorveglianza della piscina, per mancanza di bagnini. La corte di appello aveva escluso la responsabilità civile del comune che era stata, invece, ritenuta in primo grado. La Corte di cassazione ha rigettato il ricorso della parte civile secondo la quale il comune era tenuto a controllare gli impianti rilevando che dall’albo di concessione emergeva che l’ente pubblico non si era riservato il controllo dell’attività svolta dalla società concessionaria ma unicamente il diritto di accedere in ogni e qualsiasi momento agli impianti con i suoi funzionari e i suoi tecnici, al fine di esercitare come fossero tenuti e, quindi, di appurare se la società detta si attenesse alle norme scritte nell’albo di concessione). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 3493 del 5 aprile 1996 (Cass. pen. n. 3493/1996)

Il comproprietario di un’area non ha alcun obbligo giuridico (nel senso di cui all’art. 40, comma 2, c.p.) di impedire la costruzione abusiva nell’area medesima da parte di altro comproprietario poiché la contitolarità di un bene non comporta, ex se, l’obbligo di garantirne la protezione contro l’abuso dei terzi contitolari. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 300 del 12 gennaio 1996 (Cass. pen. n. 300/1996)

Nel reato omissivo, oltre al nesso di causalità diretta tra l’omissione e l’evento, è necessario che la condotta sia cosciente e volontaria e che l’evento sia preveduto e voluto dal soggetto attivo (nei delitti dolosi) ovvero sia dovuto a sua negligenza, imprudenza e imperizia (nei delitti colposi) è necessario perciò che gli eventi che l’agente non si adopera ad impedire siano entrati nella sua sfera di percezione psichica. (Nel caso di specie la Corte ha ritenuto che non fosse possibile affermare la responsabilità per omissione in ordine ai delitti di atti di libidine e maltrattamenti commessi su una minore a carico della madre non essendo essi avvenuti con la dolosa complicità omissiva di questa). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 10556 del 24 ottobre 1995 (Cass. pen. n. 10556/1995)

Qualora siano prospettabili diverse ipotesi alternative in ordine alla ricostruzione del processo causale dell’evento, non è censurabile la sentenza che affermi la sussistenza del nesso causale tra la condotta e l’evento e con essa la responsabilità dell’imputato, senza precisare quale tra esse si sia realmente verificata qualora identiche siano le conseguenze giuridiche dall’una e dall’altra derivanti. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 2650 del 15 marzo 1995 (Cass. pen. n. 2650/1995)

In materia di concorso di persone nel reato, la condotta consistente nel non impedire l’evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire deve essere accompagnata dal dolo che caratterizza il concorso stesso, da ravvisarsi nella coscienza e volontà di concorrere con altri nella realizzazione di un reato comune, evidentemente prima della sua realizzazione. Il comportamento successivo al delitto tenuto dal soggetto che omette i controlli di sua competenza, può costituire un elemento significativo di prova della volontà criminosa, ma il giudice deve chiarire come e perché sia dimostrativo dell’originario intento di concorrere con gli altri responsabili. (Fattispecie in tema di concorso in peculato per omesso controllo del ragioniere del comune su appropriazioni dell’esattore del servizio di cassa e tesoreria. La corte ha annullato con rinvio perché il giudice valutasse se attraverso l’omissione, o la sua programmazione, l’imputato avesse apportato un contributo causale e psicologico alla commissione delle illecite appropriazioni, anche, eventualmente, come contributo unilaterale e senza concerto col principale imputato). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 10813 del 21 ottobre 1994 (Cass. pen. n. 10813/1994)

Colui che ha creato una fonte di pericolo è tenuto a quella particolare forma di garanzia, chiamata di controllo, la quale, insieme con l’altra, definita di protezione, costituisce il contenuto dell’art. 40, secondo comma, c.p., che detta la disciplina del reato omissivo improprio. (Nella fattispecie, relativa ad omicidio colposo in danno di persona entrata nella vigna di proprietà dell’imputato per recuperare il bestiame ed annegata in una pozza d’acqua artificialmente creata, è stato ritenuto che quest’ultimo, avendo posto in essere una fonte di pericolo per l’altrui incolumità si fosse collocato, rispetto ad essa, in una posizione di controllo, concretantesi nell’obbligo di evitare che la stessa potesse recare danni a terzi mediante la predisposizione di adeguate cautele). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 11356 del 13 dicembre 1993 (Cass. pen. n. 11356/1993)

In tema di reati fallimentari è configurabile il concorso ex art. 40 cpv., c.p. tutte le volte in cui l’amministratore di una società, investito ufficialmente della carica, violando l’obbligo di vigilanza e quello di attivarsi in presenza di atti pregiudizievoli, abbia consentito ad altri soggetti – che di fatto si siano ingeriti nella amministrazione della società – di compiere atti penalmente sanzionati. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 8419 del 6 settembre 1993 (Cass. pen. n. 8419/1993)

Rettamente è affermata la responsabilità a titolo di colpa per la morte di un paziente, dovuta a peritonite non curata, di un medico che, pur avendo più volte visitato nella stessa giornata (e da ultimo essendo fuori servizio, avendo fatto rientro in ospedale per ragioni personali) detto paziente, le cui condizioni di salute si erano aggravate ed erano tali da non consentire dubbi sull’erroneità della iniziale diagnosi di pancreatite, invece di dare l’allarme, abbia riferito al collega che aveva preso il suo posto che tutto procedeva secondo le prospettive terapeutiche deducibili dalla (errata) diagnosi iniziale ed abbia creato, quindi, una delle condizioni della condotta imprudente e negligente di quest’ultimo da porsi in nesso causale con il successivo decesso del paziente. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 7650 del 6 agosto 1993 (Cass. pen. n. 7650/1993)

In tema di responsabilità per colpa professionale medica, sussiste rapporto di causalità anche quando l’opera del sanitario, ove correttamente e tempestivamente intervenuta, avrebbe solo avuto seria ed apprezzabile probabilità di successo, potendosi al criterio della certezza degli effetti della condotta sostituire quello della probabilità, anche limitata, e dell’idoneità della stessa a produrli. (Fattispecie in tema di omicidio colposo consegnata e mancato tempestivo ricovero di paziente visitato superficialmente nel reparto di pronto soccorso). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 6683 del 7 luglio 1993 (Cass. pen. n. 6683/1993)

La negligenza o l’imperizia dei sanitari non esclude il rapporto di causalità tra la condotta lesiva dell’agente e l’evento morte, perché la colpa dei medici non può ritenersi del tutto indipendente, ossia causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l’evento, rispetto al comportamento dell’agente che, provocando il fatto lesivo, ha dato luogo al necessario intervento operatorio. La suddetta negligenza od imperizia, infatti, non è avvenimento eccezionale ed atipico rispetto alla serie causale precedente di cui costituisce anzi un normale sviluppo evolutivo. (Fattispecie in tema di omicidio preterintenzionale). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 3908 del 26 aprile 1993 (Cass. pen. n. 3908/1993)

In tema di responsabilità per colpa professionale del medico, nella ricerca del nesso di causalità tra la condotta dell’imputato e l’evento, trova applicazione non il criterio della certezza, ma quello della probabilità degli effetti della condotta. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 1594 del 22 febbraio 1993 (Cass. pen. n. 1594/1993)

Il capoverso dell’art. 40, del codice penale, prescrive le equivalenze tra il «non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire» e il «cagionare (l’evento stesso)». Tale disposizione ha inteso estendere la punibilità della condotta illecita a carico di determinati soggetti per eventi che colpiscono altre persone e che non siano da loro procurati, perché conseguenti all’azione di terzi o di altri fattori anche di natura accidentale, ma che pure si sarebbero evitati se fosse stato posto in essere un intervento teso ad eliminare la lesione del bene posto in pericolo, intervento richiesto come doveroso da una norma che imponga a tali soggetti l’obbligo di attivarsi. Nel caso dei genitori di figli minori la norma che fa carico ai primi di evitare che la prole procreata dai secondi venga a morte è costituita dall’art. 2048 c.c. che prevede la responsabilità dei genitori per i danni compiuti dai figli minori con l’unico limite del «non aver potuto impedire l’evento». In tal caso, però, per la ravvisabilità della penale responsabilità dei genitori è necessaria la sussistenza anche dei seguenti ulteriori elementi: 1) conoscenza o riconoscibilità della situazione di pericolo; 2) conoscenza o riconoscibilità dell’azione doverosa; 3) conoscenza o riconoscibilità dei mezzi necessari al raggiungimento del fine; 4) possibilità oggettiva di agire. (Fattispecie di infanticidio ex art. 578 c.p. contestato anche ai genitori della figlia minore). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 9901 del 16 ottobre 1992 (Cass. pen. n. 9901/1992)

Ai fini del giudizio di prevedibilità dell’evento deve aversi riguardo alla potenziale idoneità della condotta a dar vita ad una situazione di danno e non anche alla specifica rappresentazione ex ante dell’evento dannoso, quale si è concretamente verificato in tutta la sua gravità ed estensione. (Fattispecie in tema di crollo di edificio per omesso puntellamento).

In tema di rapporto di causalità e di successione causale dei fatti, il giudice di merito è tenuto ad accertare con rigore se l’evento in concreto (nel caso di specie: crollo di un immobile) sia stato l’effetto di una determinata o di determinate condotte, senza porsi l’ulteriore, irrilevante, oltre che difficile, se non impossibile, soluzione del problema del perché quell’evento (crollo) si sia verificato in un momento piuttosto che in un altro (nel caso di specie: sisma verificatosi in precedenza), che si sarebbe potuto pensare più propizio. (Nella specie omessa rilevazione da parte dell’ingegnere collaudatore della difettosa costruzione di un edificio).

La causalità nel reato omissivo improprio non è una causalità reale, quale è quella nel rapporto azione-evento, ma una causalità ipotetica, sicché accertare l’esistenza del rapporto di causalità in questo reato significa esprimere non quel giudizio di certezza che è richiesto di norma nell’accertamento del nesso causale nei reati d’azione, ma quel giudizio secondo il quale l’azione doverosa, ove fosse stata compiuta, sarebbe stata idonea ad impedire l’evento con una probabilità vicina alla certezza. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 5919 del 19 maggio 1992 (Cass. pen. n. 5919/1992)

Ai sensi dell’art. 40 c.p. l’equiparazione tra non impedire un evento, che si abbia l’obbligo giuridico di impedire, ed il cagionarlo, consente di configurare la stessa equiparazione fra le fattispecie commissive e le fattispecie omissive improprie, ogni qualvolta l’ordinamento giuridico ponga in capo al soggetto (attivo dell’illecito) il dovere di assicurare il rispetto del bene penalmente protetto. In tale ultimo caso la inosservanza dell’obbligo di garantire la protezione del bene determina una situazione giuridica di parificazione al comportamento di colui che lo distrugge o comunque lo danneggia. (Nella specie la Corte ha ritenuto la responsabilità del Sindaco del Comune di Napoli, per violazione dell’art. 734 c.p. per essersi rifiutato di dare esecuzione, pur sussistendo la disponibilità finanziaria, ad una delibera, che imponeva il restauro e la recinzione della Villa Comunale, luogo soggetto a protezione delle bellezze naturali. È stata affermata l’equiparazione tra l’alterazione e l’azione omessa, idonea ad impedirla). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 2685 del 14 marzo 1992 (Cass. pen. n. 2685/1992)

Il vigente codice penale, nel regolare il rapporto di causalità, ha accolto il principio dell’equivalenza delle cause o della conditio sine qua non, secondo cui le cause concorrenti che siano da sole sufficienti a determinare l’evento sono, tutte e ciascuna, causa dell’evento stesso. Ne consegue che il nesso di causalità può escludersi solo se si verifichi una causa autonoma, rispetto alla quale la precedente sia da considerare tamquam non esset e trovi, nell’attività dell’imputato, soltanto l’occasione per svilupparsi; cioè quando detta causa si trovi nella serie causale in modo eccezionale, atipico e imprevedibile; mentre il medesimo nesso non può escludersi allorché la condotta posta in essere dall’imputato abbia soltanto accelerato la produzione dell’evento destinato comunque a compiersi. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 5249 del 15 maggio 1991 (Cass. pen. n. 5249/1991)

In tema di colpa professionale dei medici, sussiste sempre il nesso di causalità, allorché il tempestivo e corretto intervento sanitario sarebbe stato idoneo a produrre serie ed apprezzabili possibilità di successo per salvare la vita del paziente, anche se non la piena certezza. (Fattispecie in tema di decesso di partoriente causato da grave patologia intestinale sovrappostasi alle doglie del parto, la cui sintomatologia era stata dal sanitario confusa con queste ultime). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 8148 del 5 giugno 1990 (Cass. pen. n. 8148/1990)

In tema di nesso di causalità, la colpa della vittima non può costituire causa unica e determinante dell’evento in una situazione di pericolo posta in essere dall’imputato; la causa sopravvenuta, infatti, può essere considerata causa esclusiva dell’evento quando, rispetto alla serie causale precedente, presenti i caratteri della assoluta anormalità o, della eccezionalità e non può dirsi eccezionale e deve riconoscersi, invece, logicamente inserita nella precedente serie, la condotta di chi, dovendo legittimamente attendersi, in una situazione data, di essere tutelato, debba prendere atto della mancata predisposizione delle misure di tutela e adotti un comportamento non in grado, magari per imprudenza o imperizia, di evitare il pericolo che altri era tenuto a non creare. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 82 del 11 gennaio 1990 (Cass. pen. n. 82/1990)

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