Art. 203 – Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398 - aggiornato alla D. Lgs. 10 ottobre 2022, n.150)

Pericolosità sociale

Articolo 203 - codice penale

Agli effetti della legge penale, è socialmente pericolosa la persona, anche se non imputabile (9697) o non punibile, la quale ha commesso taluno dei fatti indicati nell’articolo precedente, quando è probabile che commetta nuovi fatti preveduti dalla legge come reati.
La qualità di persona socialmente pericolosa si desume dalle circostanze indicate nell’articolo 133.

Articolo 203 - Codice Penale

Agli effetti della legge penale, è socialmente pericolosa la persona, anche se non imputabile (9697) o non punibile, la quale ha commesso taluno dei fatti indicati nell’articolo precedente, quando è probabile che commetta nuovi fatti preveduti dalla legge come reati.
La qualità di persona socialmente pericolosa si desume dalle circostanze indicate nell’articolo 133.

Massime

Ai fini della dichiarazione di abitualità ritenuta dal giudice, qualora le condanne definitive siano già sussistenti nel numero prescritto e per i reati previsti, qualsiasi comportamento o circostanza, che si aggiunga alle suddette condanne e riveli una precisa tendenza a delinquere, come una condanna non definitiva per altri reati, può essere assunta come elemento sintomatico della qualificata pericolosità sociale del soggetto, tale da giustificare la dichiarazione di abitualità nel delitto. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 13446 del 30 aprile 2020 (Cass. pen. n. 13446/2020)

Ai fini dell’applicazione della misura di sicurezza personale nei confronti dell’imputato ammesso al programma di protezione per i collaboratori di giustizia, il giudice resta, comunque, libero di operare apprezzamenti anche divergenti sul piano della pericolosità del “collaboratore”, purché fondati su specifiche e significative emergenze. (Fattispecie in cui è stata ritenuta adeguata la motivazione della pericolosità sociale in ragione della gravità del reato di omicidio commesso e delle relazioni criminali dell’imputato nell’ambito di una struttura associativa mafiosa.)  Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 43824 del 28 ottobre 2019 (Cass. pen. n. 43824/2019)

In tema di misure di sicurezza, il magistrato di sorveglianza, in sede di accertamento dell’attualità della pericolosità sociale ex art. 679 cod. proc. pen., non può applicare al condannato la misura dell’assegnazione ad una casa di lavoro o ad una colonia agricola in sostituzione di quella della libertà vigilata disposta con la sentenza e non ancora eseguita, pur quando, nelle more, siano sopravvenuti fatti indicativi di una maggiore pericolosità del predetto condannato, ostandovi la mancanza di un’espressa previsione di legge in tal senso. (In motivazione, la Corte ha precisato che siffatta sostituzione può aver luogo, ai sensi dell’art. 231 cod. pen., reso applicabile dall’art. 216, n. 3, cod. pen., soltanto nel caso di trasgressione degli obblighi della misura della libertà vigilata in corso di esecuzione). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 37843 del 12 settembre 2019 (Cass. pen. n. 37843/2019)

È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, lettere a) e b), del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, per violazione dell’art. 117 Cost. in rapporto all’art. 7 CEDU e all’art. 1 del Protocollo 1, alla luce dei principi contenuti nella sentenza della Corte EDU, Grande Camera, 23 febbraio 2017, De Tommaso c. Italia, in quanto, alla stregua dell’interpretazione della disciplina relativa alle misure di prevenzione emergente dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, l’iscrizione del proposto in una categoria criminologica tipizzata può aver luogo sulla base, non già di meri sospetti, bensì esclusivamente di un giudizio di fatto che ricostruisca le condotte materiali del medesimo, onde successivamente valutarle ai fini della verifica della sua pericolosità sociale, con la conseguenza che la legge interna non incorre in alcun difetto di chiarezza, determinatezza, precisione e prevedibilità degli esiti applicativi, integrante un vizio di qualità avente rilievo convenzionale. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 37843 del 9 gennaio 2018 (Cass. pen. n. 349/2018)

In tema di misure di prevenzione, l’attribuzione al proposto della condizione di “pericolosità” richiede il preliminare e attuale inquadramento del soggetto in una delle categorie criminologiche tipizzate negli art. 1 e 4 del D.Lgs. 6 settembre 2011,n. 159, che descrivono sia la pericolosità generica, che quella specifica, cui può seguire la “fase prognostica in senso stretto”, ossia la valutazione delle probabili future condotte della persona in chiave di offesa ai beni tutelati. (In motivazione, la Corte ha affermato che il giudizio di attualità della pericolosità sociale non si basa esclusivamente sull’ordinaria prognosi di probabile e concreta reiterabilità di qualsivoglia condotta illecita, come previsto in via generale dall’art. 203 cod. pen., ma presuppone la precedente inscrizione del soggetto in una delle categorie criminologiche tipizzate dal legislatore, richiedendo, pertanto, l’accertamento di tale specifica inclinazione del soggetto). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 54119 del 30 novembre 2017 (Cass. pen. n. 54119/2017)

Agli effetti penali la pericolosità sociale rilevante ai fini dell’applicazione di una misura di sicurezza consiste nel pericolo di commissione di nuovi reati e deve essere valutata autonomamente dal giudice che deve tener conto dei rilievi peritali sulla personalità, sugli effettivi problemi psichiatrici e sulla capacità criminale dell’imputato, nonché sulla base di ogni altro parametro desumibile dall’art. 133 c.p.. (Nella specie è stata ritenuta incongrua la motivazione del giudice di merito, riferita al pericolo di atti autolesivi, irrilevanti ai fini della prognosi prevista dalla legge, e comunque assertiva di una generica pericolosità, apoditticamente recepita dalla relazione peritale). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 40808 del 18 novembre 2010 (Cass. pen. n. 40808/2010)

La pericolosità sociale di una persona, intesa come accentuata possibilità che essa commetta in futuro altri reati, deve essere svolta sulla base dei parametri indicati dall’art. 133 c.p. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 24725 del 18 giugno 2008 (Cass. pen. n. 24725/2008)

In materia di misure di sicurezza personale, il giudice, nell’effettuare la prognosi di pericolosità sociale sotto il profilo penale, non può limitarsi a far proprio il giudizio espresso nella relazione criminologica, ma deve verificare se sussistono o meno le condizioni che individuano una persistenza della personalità dell’imputato a commettere in futuro altri reati, basandosi sull’esame della personalità, sugli effettivi problemi psichiatrici e sui fatti gravi commessi. (Fattispecie in cui la perizia psichiatrica aveva escluso la pericolosità sociale rilevando che, essendo il detenuto ricoverato in una struttura sanitaria protetta, non vi era pericolo che commettesse altri reati, e il tribunale di sorveglianza aveva ritenuto tale giudizio non idoneo ad escludere la pericolosità sociale sotto il profilo penale, non essendovi alcuna garanzia che, al di fuori della struttura penitenziaria, il soggetto fosse in grado di astenersi dal commettere altri reati). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 9847 del 8 marzo 2007 (Cass. pen. n. 9847/2007)

Al fine di accertare l’attuale pericolosità sociale del soggetto, nel momento in cui deve essere applicata in concreto una misura di sicurezza, il giudice deve tenere conto non solo della gravità del fatto-reato, ma anche dei fatti successivi, come il comportamento tenuto durante l’espiazione della pena, quale risultante ad esempio dalle relazioni comportamentali e dall’eventuale concessione di benefici penitenziari o processuali. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 24009 del 30 maggio 2003 (Cass. pen. n. 24009/2003)

In materia di misure di sicurezza personale, ai fini della prognosi di pericolosità sociale il giudice non può prendere in considerazione le sole emergenze di natura medico-psichiatrica, ma deve procedere alla verifica di tutte le circostanze di cui all’art. 133 c.p., prima fra tutte la gravità del reato commesso e deve approdare ad un giudizio globale di pericolosità non limitata ad alcuni tipi di reati. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato la decisione relativa al ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario dell’imputato assolto per vizio di mente dal reato di ricettazione di cassette musicali prive del contrassegno Siae, in quanto il giudice di appello si era limitato a riportare il giudizio del perito, concludente per una pericolosità limitata a reati della stessa specie di quello commesso, senza prendere in considerazione gli altri parametri indicati dalla legge). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 1313 del 14 gennaio 2003 (Cass. pen. n. 1313/2003)

In tema di misure di sicurezza, per l’applicazione della libertà vigilata conseguente a condanna per il reato di associazione di tipo mafioso, non è necessario – coerentemente con la presunzione posta dal comma terzo dell’art. 275 c.p.p. con riferimento alle misure cautelari – che il giudice compia in concreto alcun accertamento in ordine alla pericolosità sociale dell’imputato. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 27656 del 9 luglio 2001 (Cass. pen. n. 27656/2001)

In tema di misure di prevenzione lo stato di detenzione, anche se prolungato nel tempo, non è elemento idoneo ad escludere la pericolosità sociale, in quanto la rescissione dei legami con la associazione di appartenenza non è conseguenza diretta dell’allontanamento fisico dai luoghi ove l’attività dell’associazione si esplica. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 3811 del 6 dicembre 1997 (Cass. pen. n. 3811/1997)

Ai fini della applicabilità delle misure di sicurezza personali, la pericolosità sociale — stante la sua correlazione con le circostanze indicate nell’art. 133 c.p. — non può essere confusa con la pericolosità valutata esclusivamente sul piano psichiatrico in riferimento alla natura ed alla evoluzione dello stato patologico del soggetto, sicché la valutazione indicata dall’art. 203 c.p. costituisce compito esclusivo del giudice, il quale non può abdicarvi in favore di altri soggetti né rinunciarvi, pur dovendo tener conto dei dati relativi alle condizioni mentali dell’imputato ed alle implicazioni comportamentali eventualmente indicate dal perito. (Fattispecie in tema di assoluzione per infermità totale di mente, accompagnata da valutazione di pericolosità sociale con conseguente applicazione della misura di sicurezza personale del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 8996 del 8 ottobre 1996 (Cass. pen. n. 8996/1996)

La pericolosità sociale, al cui concreto accertamento è subordinata l’applicazione della misura di sicurezza, va desunta ai sensi degli artt. 133 e 203 c.p., dovendosi ai predetti fini considerare soprattutto il reato o i reati nella loro obiettività e in ogni loro elemento principale ed accessorio. (Nella fattispecie, disattendendo la perizia di ufficio e senza disporre una nuova indagine psichiatrica, è stato formulato un giudizio di pericolosità sociale dell’imputata, per la probabile reiterazione di episodi criminosi, aderente alla personalità della stessa e alle caratteristiche della malattia mentale sofferta). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 5179 del 11 febbraio 1993 (Cass. pen. n. 5179/1993)

La pericolosità sociale, ai fini dell’applicazione di misure di sicurezza, può desumersi anche da semplici indizi, sempre che questi siano costituiti da elementi di fatto certi, dai quali sia possibile far discendere, sul piano congetturale, la formulazione del giudizio probabilistico in ordine alla futura commissione di reati. Fra gli indizi anzidetti può legittimamente ricomprendersi anche la abituale frequentazione, da parte di soggetto già condannato per gravi reati, di persone facenti parte di una associazione per delinquere di tipo mafioso. (Nella specie trattavasi di applicazione della misura di sicurezza della libertà vigilata). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 2356 del 7 luglio 1992 (Cass. pen. n. 2356/1992)

La pericolosità è una qualità, un modo di essere del soggetto, da cui si deduce la probabilità che egli commetta nuovi reati. Essa si differenzia dalla capacità criminale, che esiste sempre in misura più o meno accentuata, per il fatto stesso che il soggetto ha già commesso il reato e costituisce quindi un’attitudine soggettiva alla commissione dei reati stessi. La capacità criminale è quindi il genus e la pericolosità la specie, poiché la prima è solo possibilità, mentre la seconda è probabilità di compiere illeciti penali. La pericolosità coincide solo con la dimensione prognostico-preventiva della capacità criminale ma non con quella etico-retributiva della medesima. Ne deriva che il giudizio prognostico favorevole, indispensabile per la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, resta escluso dall’accertata pericolosità sociale. (Nella specie l’imputato minore era stato ritenuto pericoloso e gli era stato applicato il riformatorio giudiziario e contemporaneamente era stata disposta la sospensione condizionale della pena). Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 9572 del 3 luglio 1990 (Cass. pen. n. 9572/1990)

L’art. 203 c.p., nella parte in cui enuncia il principio che agli effetti della legge penale è persona socialmente pericolosa quella, anche se non imputabile o non punibile, che abbia commesso un fatto dalla legge preveduto come reato, è una norma a carattere programmatico, poiché il codice penale vigente non prevede alcuna misura di sicurezza nei confronti delle persone prosciolte perché non punibili, qualunque sia la causa di non punibilità, generale o speciale, posta a fondamento della sentenza di proscioglimento (nella specie la causa di non punibilità che veniva in rilievo era la desistenza volontaria). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 686 del 17 maggio 1990 (Cass. pen. n. 686/1990)

Nel caso in cui sia stata concessa la sospensione condizionale della pena dello straniero, condannato per reati in materia di stupefacenti, non è applicabile la misura di sicurezza dell’espulsione dal territorio dello Stato, ai sensi dell’art. 81, L. 22 dicembre 1975, n. 685. Infatti, poiché l’art. 31, L. 10 ottobre 1986, n. 663 ha abrogato l’art. 204 c.p. (pericolosità sociale presunta), disponendo altresì che tutte le misure di sicurezza personali sono ordinate previo accostamento della pericolosità sociale dell’autore del fatto, ne consegue che, riconosciuta la sospensione condizionale della pena, nella quale è sempre implicito un giudizio prognosticamente favorevole sulla personalità dell’imputato, si è esclusa la probabilità che lo stesso commetta nuovi fatti preveduti dalla legge come reato e, quindi, la sua pericolosità sociale (art. 203 c.p.), senza il cui accertamento è illegittima l’applicazione di una qualsiasi misura di sicurezza. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 6788 del 10 maggio 1990 (Cass. pen. n. 6788/1990)

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