Art. 133 bis – Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398 - aggiornato alla D. Lgs. 10 ottobre 2022, n.150)

Condizioni economiche del reo; valutazione agli effetti della pena pecuniaria

Articolo 133 bis - codice penale

(1) (2) (3) (4)Nella determinazione dell’ammontare della multa o dell’ammenda il giudice deve tener conto, oltre che dei criteri indicati dall’articolo precedente, anche delle condizioni economiche e patrimoniali del reo.
Il giudice può aumentare la multa o l’ammenda stabilite dalla legge sino al triplo o diminuirle sino ad un terzo quando, per le condizioni economiche e patrimoniali del reo, ritenga che la misura massima sia inefficace ovvero che la misura minima sia eccessivamente gravosa.

Articolo 133 bis - Codice Penale

(1) (2) (3) (4)Nella determinazione dell’ammontare della multa o dell’ammenda il giudice deve tener conto, oltre che dei criteri indicati dall’articolo precedente, anche delle condizioni economiche e patrimoniali del reo.
Il giudice può aumentare la multa o l’ammenda stabilite dalla legge sino al triplo o diminuirle sino ad un terzo quando, per le condizioni economiche e patrimoniali del reo, ritenga che la misura massima sia inefficace ovvero che la misura minima sia eccessivamente gravosa.

Note

(1) Il presente articolo aggiunto dall’art. 100, L. 24.11.1981, n. 689, è stato così modificato dall’art. 1, comma 1, lett. d), D.Lgs. 10.10.2022, n. 150 con decorrenza dal 30.12.2022.
(2) La denominazione del Titolo Quinto sotto cui è rubricato il presente articolo è stata così modificata dall’art. 1, D.Lgs. 16.03.2015, n. 28 con decorrenza dal 02.04.2015.
(3) La denominazione del Capo Primo sotto cui è rubricato il presente articolo è stata così modificata dall’art. 1, D.Lgs. 16.03.2015, n. 28 con decorrenza dal 02.04.2015.
(4) La rubrica del presente articolo è stata così modificata dall’art. 1, comma 1, lett. d), D.Lgs. 10.10.2022, n. 150 con decorrenza dal 30.12.2022.

Massime

L’eccessiva gravosità della sanzione pecuniaria rispetto alle capacità economiche del soggetto, quale presupposto dell’applicazione della circostanza attenuante di cui all’art. 133-bis cod. pen., deve comportare una vera e propria impossibilità, o quantomeno un’estrema difficoltà, di soddisfare la pena che la faccia apparire meritevole di riduzione. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 56297 del 18 dicembre 2017 (Cass. pen. n. 56297/2017)

Ai sensi dell’art. 133 bis cod.pen. l’aumento sino al triplo o la diminuzione di un terzo della pena per adeguarla alla capacità economica del reo segue la determinazione della pena pecuniaria che va effettuata tenendo conto esclusivamente della gravità del reato e della capacità a delinquere dell’imputato, non potendo le condizioni economiche del reo formare oggetto di duplice valutazione. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 29878 del 11 settembre 2006 (Cass. pen. n. 29878/2006)

Ai fini della determinazione della pena pecuniaria (art. 133 bis c.p.) con il possibile aumento fino al triplo o diminuzione fino ad un terzo, le condizioni economiche del reo non hanno natura di circostanze aggravanti ex art. 101 legge n. 689 del 1981, e pertanto non debbono essere contestate preventivamente, con la conseguenza che le parti processuali hanno l’onere di provare le proprie deduzioni sulle condizioni patrimoniali e il giudice ha il dovere di motivare il proprio convincimento. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 45482 del 24 novembre 2004 (Cass. pen. n. 45482/2004)

Per ottenere la riduzione della pena pecuniaria ai sensi dell’art. 133 bis c.p. è necessario che l’imputato alleghi l’indispensabile documentazione atta a chiarire la sua posizione economica. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 2558 del 1 marzo 2000 (Cass. pen. n. 2558/2000)

In tema di valutazione delle condizioni economiche del reo ai fini della determinazione della pena pecuniaria (art. 133 bis c.p.), il giudice ha l’onere innanzitutto di individuare la pena base e quindi di procedere alle correzioni necessarie per renderla efficace o meno gravosa, giustificando l’esercizio di tale potere con una motivazione ancorata a dati oggettivi e con giudizio ponderato sulla situazione economica del soggetto interessato, che deve consistere non già in generiche affermazioni sulla professione da lui svolta, dalla quale far presuntivamente discendere la sussistenza delle condizioni agiate, bensì nella valutazione di un insieme di elementi dai quali dedurre la sussistenza di una condizione economica superiore allo standard medio di un determinato periodo. (In applicazione di tale principio la Corte ha annullato la determinazione della pena pecuniaria irrogata al consigliere delegato di una società ed al direttore di uno stabilimento, condannati per inquinamento atmosferico, fondata sulla generica considerazione della professione esercitata, senza che venisse indicato alcun diverso elemento concreto di riferimento). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 11836 del 18 dicembre 1997 (Cass. pen. n. 11836/1997)

Ai fini dell’applicabilità dell’art. 133 bis c.p. circa le condizioni economiche del reo — aumento fino al triplo e/o diminuzione fino ad un terzo della pena pecuniaria — le dette condizioni non debbono essere previamente contestate all’imputato come «circostanza», poiché, a seguito della modifica apportata dall’art. 101 legge 24 novembre 1981, n. 689, agli artt. 24 e 26 c.p., le condizioni economiche del reo sono state eliminate dal titolo II del codice penale ed inserite nell’art. 133 bis stesso codice fra i criteri di applicazione della pena. Tale diversa collocazione ha comportato l’eliminazione del carattere di «circostanza» di dette condizioni economiche e la configurazione di esse come parametro di riferimento ai fini della determinazione della pena. Pertanto l’imputato, tratto a giudizio per rispondere di un reato punibile con pena — solo o anche — pecuniaria, deve svolgere ogni difesa anche in relazione al possibile aumento fino al triplo del massimo della pena edittale, mentre alla accusa spetta l’onere di fornire prova della particolarmente elevata consistenza patrimoniale del reo ed al giudice l’obbligo di svolgere un ponderato e completo apprezzamento della detta situazione economico-patrimoniale, dando adeguata e congrua motivazione delle scelte al riguardo operate nonché degli elementi sui quali ha fondato il proprio convincimento. (Fattispecie relativa ad annullamento con rinvio di sentenza di condanna, a pene quantificate nel massimo edittale ed aumentate del triplo, corredata da motivazione inadeguata e insoddisfacente). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 9575 del 8 novembre 1996 (Cass. pen. n. 9575/1996)

Poiché la circostanza attenuante prevista dall’art. 133 bis c.p. può trovare applicazione solo in caso di manifesta sproporzione per eccessiva gravosità della sanzione pecuniaria rispetto alle capacità economiche del soggetto, tale eccessiva gravosità deve comportare una vera e propria impossibilità, o quantomeno un’estrema difficoltà, a soddisfare la pena pecuniaria inflitta, che faccia apparire questa meritevole di riduzione. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 5484 del 12 maggio 1994 (Cass. pen. n. 5484/1994)

In tema di impugnazioni, il semplice riferimento, nell’atto di appello, all’art. 133 bis c.p., senza indicazioni né generiche né specifiche degli elementi dai quali il giudice dell’appello dovrebbe desumere che la pena pecuniaria inflitta dal primo giudice sia eccessivamente gravosa, non obbliga il giudice di appello all’esame del motivo e tale omesso esame non costituisce vizio che comporti annullamento in sede di legittimità.

La norma di cui all’art. 133 bis c.p., diretta ad adeguare la commisurazione della pena pecuniaria alle condizioni economiche dell’imputato, non esime la parte impugnante dall’osservanza delle regole che sono proprie dell’impugnazione proposta, tra cui quella di esporre, a pena di inammissibilità, in modo specifico le ragioni di fatto e di diritto che sono alla base della doglianza. (Nella specie la Corte ha ritenuto che il riferimento alla qualità di tossicodipendente, contenuto nell’atto di appello, non appare di per sé rilevante ai fini dell’applicazione dell’attenuante di cui all’art. 133 bis c.p.). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 4066 del 7 aprile 1994 (Cass. pen. n. 4066/1994)

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