Non vi è contraddizione tra il diniego della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto e il riconoscimento delle attenuanti generiche, atteso che i parametri di valutazione previsti dall’art. 131-bis, comma primo, cod. pen. hanno natura e struttura oggettive (pena edittale, modalità e particolare tenuità della condotta, esiguità del danno), mentre quelli da valutare ai fini della concessione delle circostanze attenuanti generiche sono prevalentemente collegati ai profili soggettivi del reo. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 17246 del 5 giugno 2020 (Cass. pen. n. 17246/2020)
E’ legittima la pronuncia di diniego implicito della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, anche nel caso di concessione della sospensione condizionale della pena e di riconoscimento delle attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulle contestate aggravanti, quando il giudice, tenuto conto della gravità delle condotte e degli altri elementi di valutazione indicati dall’art. 133 cod. pen., ritenga che l’imputato non possa usufruire di ulteriori benefici. (Fattispecie in tema di rapina in concorso di quattro pizze e quattro lattine di coca-cola). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 11992 del 10 aprile 2020 (Cass. pen. n. 11992/2020)
In tema di circostanze, il giudice può legittimamente trarre elementi di valutazione per escludere la concessione delle attenuanti generiche anche da reati contestati come commessi in esecuzione del medesimo disegno criminoso, che, pur accertati, sono stati dichiarati prescritti, in quanto, con l’estinzione del reato, viene meno il rapporto penale, ma non il fatto storico che lo costituisce. (Fattispecie in cui la Corte ha confermato la decisione del giudice di merito che, nel determinare la pena per bancarotta fraudolenta, aveva escluso le circostanze attenuanti generiche anche sul presupposto che all’imputato erano state contestate numerose ipotesi di utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti, estinte per prescrizione). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 10977 del 1 aprile 2020 (Cass. pen. n. 10977/2020)
Le circostanze attenuanti generiche hanno lo scopo di estendere le possibilità di adeguamento della pena in senso favorevole all’imputato, in considerazione di situazioni e circostanze che effettivamente incidano sull’apprezzamento dell’entità del reato e della capacità a delinquere del reo, sicché il riconoscimento di esse richiede la dimostrazione di elementi di segno positivo. (Nella specie la Corte ha ritenuto lacunosa e contraddittoria la motivazione con la quale le circostanze erano state riconosciute sulla base dell’imprecisato riferimento ai rapporti familiari e ai rapporti con il sesso femminile dell’imputato che, gravato da precedente condanna per omicidio, aveva agito con dolo connotato da particolare intensità). Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 9299 del 4 marzo 2019 (Cass. pen. n. 9299/2019)
In tema di commisurazione della pena, l’esclusione della recidiva non è incompatibile con il diniego della concessione delle attenuanti generiche nella misura massima possibile a causa dei precedenti penali dell’imputato, in quanto i predetti precedenti rilevano sia ai fini della commisurazione della pena, sia al fine della valutazione della persistente pericolosità dell’imputato. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 45528 del 10 ottobre 2018 (Cass. pen. n. 45528/2018)
In tema di attenuanti generiche, la meritevolezza dell’adeguamento della pena, in considerazione di peculiari e non codificabili connotazioni del fatto o del soggetto, non può mai essere data per presunta, ma necessita di apposita motivazione dalla quale emergano, in positivo, gli elementi che sono stati ritenuti atti a giustificare la mitigazione del trattamento sanzionatorio. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 46568 del 11 ottobre 2017 (Cass. pen. n. 46568/2017)
In tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione. (Nella specie, la Corte ha ritenuto sufficiente, ai fini dell’esclusione delle attenuanti generiche, il richiamo in sentenza ai numerosi precedenti penali dell’imputato). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 43952 del 22 settembre 2017 (Cass. pen. n. 43952/2017)
In materia di attenuanti generiche, tra gli elementi positivi che possono suggerire la necessità di attenuare la pena comminata per il reato, rientra la confessione spontanea, potendo, tuttavia, il giudice di merito escluderne la valenza, quando essa sia contrastata da altri specifici elementi di disvalore emergenti dagli atti o si sostanzi nel prendere atto della ineluttabilità probatoria dell’accusa ovvero sia volta esclusivamente all’utilitaristica attesa della riduzione della pena e la collaborazione giudiziaria o processuale sia comunque probatoriamente inerte o neutra, nel senso che non abbia neppure agevolato il giudizio di responsabilità di coimputati, per essere questi già confessi o per altro plausibile motivo. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 42208 del 15 settembre 2017 (Cass. pen. n. 42208/2017)
Il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell’art. 62-bis, disposta con il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modifiche nella legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non è più sufficiente il solo stato di incensuratezza dell’imputato. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 39566 del 30 agosto 2017 (Cass. pen. n. 39566/2017)
La concessione delle attenuanti generiche deve essere fondata sull’accertamento di situazioni idonee a giustificare un trattamento di speciale benevolenza in favore dell’imputato; ne consegue che, quando la relativa richiesta non specifica gli elementi e le circostanze che, sottoposte alla valutazione del giudice, possano convincerlo della fondatezza e legittimità dell’istanza, l’onere di motivazione del diniego dell’attenuante è soddifsato con il solo richiamo alla ritenuta assenza dagli atti di elementi positivi su cui fondare il riconoscimento del beneficio. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 9836 del 9 marzo 2016 (Cass. pen. n. 9836/2016)
In tema di circostanze del reato, la ritenuta prevalenza delle circostanze attenuanti sulle aggravanti all’esito del giudizio di comparazione, influendo solo sulla determinazione della pena e non anche sulla connotazione giuridica della condotta delittuosa, non rende il reato perseguibile a querela di parte, ove questa sia prevista per l’ipotesi non circostanziata. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 44555 del 4 novembre 2015 (Cass. pen. n. 44555/2015)
Il giudice d’appello può legittimamente riconoscere le attenuanti generiche anche “ex officio”, ma il mancato esercizio di tale potere, eccezionalmente riconosciuto dall’art. 597, comma quinto, cod. proc. pen., non è censurabile in cassazione, nè è configurabile in proposito un obbligo di motivazione, in assenza di specifica richiesta nei motivi di appello, o nel corso del giudizio di secondo grado. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 37569 del 16 settembre 2015 (Cass. pen. n. 37569/2015)
Il giudice di appello non è tenuto a motivare il diniego delle circostanze attenuanti generiche sia quando nei motivi di impugnazione si ripropongano, ai fini del riconoscimento, gli stessi elementi già sottoposti alla attenzione del giudice di primo grado e da quest’ultimo disattesi sia quando si insista per quel riconoscimento senza addurre alcuna particolare ragione. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 5875 del 9 febbraio 2015 (Cass. pen. n. 5875/2015)
La disposizione che vieta la concessione delle circostanze attenuanti generiche sul solo presupposto dello stato di incensuratezza, introdotta dal d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito in legge 24 luglio 2008, n. 125, e che si applica ai reati commessi dopo la sua entrata in vigore, opera con riguardo ai reati permanenti nei quali la condotta, iniziata in epoca precedente, sia giunta a consumazione in epoca successiva. (Fattispecie relativa a reato di concorso esterno ad associazione di tipo mafioso). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 26093 del 13 giugno 2013 (Cass. pen. n. 26093/2013)
La motivazione cumulativa di diniego delle attenuanti generiche a più coimputati consociati non difetta di genericità ove riferita alla gravità del fatto e della pericolosità dei soggetti, desunta, quest’ultima, dalla gravità del reato e dal quadro di ambiente. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 21690 del 21 maggio 2013 (Cass. pen. n. 21690/2013)
Ai fini del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, il pieno esercizio del diritto di difesa, se faculta l’imputato al silenzio e persino alla menzogna, non lo autorizza, per ciò solo, a tenere comportamenti processualmente obliqui e fuorvianti, in violazione del fondamentale principio di lealtà processuale che deve comunque improntare la condotta di tutti i soggetti del procedimento, e la cui violazione è indubbiamente valutabile da parte del giudice di merito. (Fattispecie nella quale il diniego delle predette circostanze attenuanti era stato motivato evidenziando il censurabile comportamento processuale dell’imputato, improntato a reticenza ed ambiguità). Cassazione penale, Sez. Unite, sentenza n. 36258 del 20 settembre 2012 (Cass. pen. n. 36258/2012)
È legittimo il diniego delle attenuanti generiche motivato con la esplicita valorizzazione negativa dell’ammissione di colpevolezza laddove quest’ultima sia stata dettata non da effettiva resipiscenza ma da intento utilitaristico. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 11732 del 28 marzo 2012 (Cass. pen. n. 11732/2012)
In tema di reato continuato, se il giudice non ha espressamente indicato le imputazioni in relazione alle quali sono state riconosciute le circostanze attenuanti (nella specie, le attenuanti generiche ed il vizio parziale di mente), queste devono intendersi riferite a tutti i reati in contestazione, non solo per la mancanza di una specifica indicazione di segno contrario, ma anche per il principio del “favor rei” e per la natura stessa di tali circostanze, basate su considerazioni attinenti alla personalità dell’imputato e pertanto concedibili in relazione a tutti i fatti addebitatigli. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 12414 del 28 marzo 2011 (Cass. pen. n. 12414/2011)
Il giudizio circa la sussistenza delle circostanze attenuanti generiche va operato, in caso di reato continuativo, avendo riferimento ai singoli episodi criminosi e non globalmente, in quanto dev’essere effettuato considerando le caratteristiche di ciascun episodio. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 1810 del 20 gennaio 2011 (Cass. pen. n. 1810/2011)
Ai fini della concessione delle circostanze attenuanti generiche, possono assumere rilievo anche le disagiate condizioni di vita in cui versa l’imputato. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 22212 del 10 giugno 2010 (Cass. pen. n. 22212/2010)
Non è ravvisabile il vizio di contraddittorietà della motivazione nel caso in cui il giudice, pur ritenendo le circostanze attenuanti generiche prevalenti sulle contestate aggravanti in sede di giudizio di bilanciamento, non operi la riduzione di pena nella massima misura possibile in ragione della sussistenza delle aggravanti che continuano a costituire elementi di qualificazione della gravità della condotta. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 13210 del 8 aprile 2010 (Cass. pen. n. 13210/2010)
È legittima la decisione con cui il giudice di appello determini la pena base nel massimo edittale e contestualmente conceda le attenuanti generiche, in quanto non sussiste un rapporto di necessaria interdipendenza tra le due statuizioni, le quali – pur richiamandosi entrambe astrattamente ai criteri fissati dall’art. 133 c.p. – si fondano su presupposti diversi. Ne consegue che l’applicazione delle attenuanti generiche non implica necessariamente un giudizio di non gravità del fatto reato. (La S.C. ha ritenuto legittima la decisione con cui il giudice di merito ha riconosciuto all’imputato le attenuanti generiche in virtù di un corretto comportamento processuale, pur fissando la pena base nel massimo edittale per la particolare gravità del caso: tassista che pretendendo di effettuare un servizio di trasporto per il quale era stata prenotata altra autovettura colpisce al volto il dipendente dell’albergo che aveva effettuato la prenotazione arrecandogli lesioni e con un pugno alla testa l’autista del taxi prenotato, il quale, caduto a terra, riportava un ematoma cerebrale e decedeva dopo sette giorni). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 12049 del 29 marzo 2010 (Cass. pen. n. 12049/2010)
Il limite alla concessione delle circostanze attenuanti generiche introdotto nella nuova disposizione di cui all’art. 62-bis, comma terzo, c.p., a seguito dell’art. 1 lett. f-bis L. 24 luglio 2008, n. 125, secondo cui ” l’assenza di precedenti condanne per altri reati a carico del condannato non può essere, per ciò solo, posta a fondamento della concessione delle circostanze di cui al primo comma”, non è applicabile ai reati commessi in epoca anteriore alla sua entrata in vigore. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 10646 del 10 marzo 2009 (Cass. pen. n. 10646/2009)
Qualora, nel vigore della L. 24 luglio 2008 n. 125, di conversione, con modificazioni, del D.L. 23 maggio 2008 n. 92 (misure urgenti in materia di sicurezza pubblica), la quale ha modificato l’art. 62-bis c.p. nel senso che non possono essere concesse all’imputato le circostanze attenuanti generiche per il solo fatto che egli non abbia in precedenza riportato condanne penali, il riconoscimento di tali circostanze venga motivato con lo stato di incensuratezza dell’imputato, la relativa disposizione di sentenza è annullata senza rinvio dalla Corte di cassazione, che ridetermina la pena, escludendo la diminuzione cui abbia dato luogo la concessione di quelle attenuanti. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 8635 del 26 febbraio 2009 (Cass. pen. n. 8635/2009)
La sussistenza di circostanze attenuanti rilevanti ai fini dell’art. 62-bis c.p. è oggetto di un giudizio di fatto e può essere esclusa dal giudice con motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione, non sindacabile in sede di legittimità, purchè non contraddittoria e congruamente motivata, neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 42688 del 14 novembre 2008 (Cass. pen. n. 42688/2008)
L’applicazione delle circostanze attenuanti generiche non può fondarsi sulla scelta da parte dell’imputato del rito abbreviato, che implica ex lege l’applicazione di una prederminata riduzione della pena, poichè in caso contrario la stessa circostanza comporterebbe due distinte determinazioni favorevoli all’imputato. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 17537 del 30 aprile 2008 (Cass. pen. n. 17537/2008)
La concessione o meno delle attenuanti generiche è un giudizio di fatto lasciato alla discrezionalità del giudice, che deve motivare nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente la sua valutazione circa l’adeguamento della pena concreta alla gravità effettiva del reato e alla personalità del reo. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 46954 del 2 dicembre 2004 (Cass. pen. n. 46954/2004)
Non esiste contraddizione tra il diniego della circostanza attenuante comune di cui all’art. 62 bis c.p. e la concessione della circostanza attenuante speciale prevista dall’art. 5 della legge 2 ottobre 1967, n. 895 in quanto, pur essendo entrambe circostanze attenuanti facoltative, tuttavia sono autonome e si basano su differenti elementi caratterizzanti. Invero, mentre la circostanza speciale fa riferimento alla lieve entità del fatto correlata alla qualità e quantità delle armi, condizione necessaria, anche se non sufficiente per l’esercizio del potere discrezionale del giudice di merito, la circostanza comune di cui all’art. 62 bis c.p., invece, resta interamente affidata al potere discrezionale del Giudice di merito, al fine di adeguare la pena alla concreta entità del fatto ed alla personalità del reo, qualora lo stesso giudice ritenga l’esistenza di circostanze diverse da quelle previste da altre disposizioni attenuatrici della pena, che rendano l’imputato meritevole di clemenza. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 1661 del 21 gennaio 2004 (Cass. pen. n. 1661/2004)
In tema di concessione delle attenuanti generiche, il giudice può valutare la gravità del fatto e la personalità dell’imputato, già presi in considerazione ai fini della determinazione della pena ai sensi dell’art. 133 c.p., in quanto legittimamente lo stesso elemento può essere rivalutato in vista di una diversa finalità. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 35930 del 25 ottobre 2002 (Cass. pen. n. 35930/2002)
Tra gli elementi di valutazione che il giudice può utilizzare ai fini dell’applicabilità delle circostanze attenuanti generiche di cui all’art. 62 bis c.p. si pongono anche quelli relativi alla gravità del reato e alla capacità a delinquere del reo indicati dall’art. 133 c.p., con il solo limite che una stessa circostanza specifica non può essere valutata due volte. Ne consegue che legittimamente il giudice può determinare la pena, tenendo distinta la valutazione della gravità del reato, eseguita considerando l’aspetto oggettivo della condotta criminosa, da quella concernente il riconoscimento delle attenuanti generiche, concesse in base all’assenza di precedenti giudiziari, ancorché questi ultimi siano considerati dall’art. 133 comma 2 n. 2 c.p. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 20818 del 28 maggio 2002 (Cass. pen. n. 20818/2002)
Le attenuanti generiche previste dall’art. 62 bis c.p. sono state introdotte con la funzione di mitigare la rigidità dell’originario sistema di calcolo della pena nell’ipotesi di concorso di circostanze di specie diversa, e tale funzione, ridotta a seguito della modifica del giudizio di comparazione delle circostanze concorrenti, ha modo di esplicarsi efficacemente solo per rimuovere il limite posto al giudice con la fissazione del minimo edittale, allorché questi intenda determinare la pena al di sotto di tale limite. Pertanto ove questa situazione non ricorra, perché il giudice valuta la pena da applicare al di sopra del limite, il diniego della prevalenza delle generiche diviene solo elemento di calcolo e non costituisce mezzo di determinazione della sanzione, e non può, quindi, dar luogo né a violazione di legge, né al corrispondente difetto di motivazione. Cassazione penale, Sez. III, ordinanza n. 369 del 5 giugno 2000 (Cass. pen. n. 369/2000)
Allorché il giudice determina la pena sopra il minimo, il diniego della prevalenza delle attenuanti generiche diviene solo elemento di calcolo e non costituisce mezzo di determinazione della pena e non può, quindi, dar luogo né a violazione di legge, né al corrispondente difetto di motivazione. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 4956 del 21 aprile 2000 (Cass. pen. n. 4956/2000)
Non vi è contrasto tra il diniego in appello della sospensione condizionale della pena perché i numerosi e specifici precedenti penali dell’imputato non consentono un giudizio prognostico favorevole sul fatto che lo stesso si asterrà in futuro dalla commissione di ulteriori reati e la concessione in primo grado delle attenuanti generiche, non ostandovi l’esistenza dei precedenti penali perché non di particolare gravità. Ed invero, si tratta di valutazioni diverse e con finalità differenti, l’una volta a considerare la personalità del reo ai fini della proporzionalità e dell’adeguatezza della pena nel contesto valutativo generale proprio delle attenuanti ex articolo 62 bis c.p. e, quindi, con riguardo alla natura e alla consistenza dei precedenti penali; l’altra orientata, invece, a prevenire, in funzione condizionale e quindi disincentivante, la commissione di ulteriori attività criminose e perciò a dar rilievo al numero, oltre che alla gravità, dei precedenti in un giudizio probabilistico in cui non può essere indifferente la propensione a delinquere. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 12828 del 11 novembre 1999 (Cass. pen. n. 12828/1999)
È consentita l’acquisizione delle sentenze non definitive, quando esse debbano essere utilizzate non per recepirne valutazioni, ma per trarne informazioni, sulla base dei fatti obiettivi dalle stesse desumibili. (Fattispecie in tema di ingiuria, in cui la Corte, enunciando il principio di cui sopra, ha dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza il ricorso dell’imputato, il quale lamentava che il giudice di merito aveva negato la concessione delle attenuanti generiche e della sospensione condizionale della pena, in ragione della ritenuta intensità del dolo, dedotta dalla esistenza di sentenze non passate in giudicato e relative ad episodi analoghi a quello per il quale era in corso il giudizio). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 3540 del 1 settembre 1999 (Cass. pen. n. 3540/1999)
Le attenuanti generiche non possono essere intese come oggetto di benevola e discrezionale «concessione» del giudice ma come il riconoscimento di situazioni non contemplate specificamente, ma comprese tra le circostanze da valutare ai sensi dell’art. 133 c.p. e che presentano connotazioni tanto rilevanti e speciali da esigere una più incisiva, particolare considerazione ai fini della quantificazione della pena. Ne consegue che il diniego delle stesse può essere legittimamente fondato anche sull’apprezzamento di un solo dato negativo, oggettivo o soggettivo, che sia ritenuto prevalente rispetto ad altri elementi. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 8668 del 7 luglio 1999 (Cass. pen. n. 8668/1999)
In materia di circostanze attenuanti, l’art. 62 bis c.p. prevede il potere discrezionale del giudice di prendere in considerazione altre circostanze diverse da quelle previste nell’art. 62 dello stesso codice, qualora le ritenga tali da giustificare una diminuzione della pena. Ne consegue che il giudice di merito non è tenuto ad esaminare e valutare tutte le circostanze prospettate o prospettabili dalla difesa, e neppure è tenuto a prendere in considerazione tutti i criteri indicati nell’art. 133 c.p.; ma è sufficiente che indichi i motivi per i quali non ritiene di esercitare il potere discrezionale attribuitogli dall’art. 62 bis c.p. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 1666 del 21 febbraio 1997 (Cass. pen. n. 1666/1997)
Allorché il giudice, concessa un’attenuante, diminuisca la pena in una misura prossima al massimo consentito dalla legge, non ha l’obbligo di motivare espressamente le ragioni per le quali la pena non è stata diminuita nella misura massima. (Nella specie è stata ritenuta congrua la motivazione implicitamente contenuta nell’affermazione che le attenuanti generiche venivano concesse per la «non eccessiva gravità del fatto», in quanto la «gravità del fatto», ritenuta in una certa misura comunque sussistente, poteva sufficientemente giustificare la riduzione di pena in una misura inferiore a quella massima). Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 1490 del 8 febbraio 1996 (Cass. pen. n. 1490/1996)
Quando la concessione delle attenuanti generiche non rappresenti la risultante di una pronuncia formulata all’esito di un giudizio di cognizione, ma si ponga quale semplice elemento dell’accordo delle parti, non può valere la regola secondo cui i termini di prescrizione vanno stabiliti con riferimento al reato ritenuto in sentenza e non a quello originariamente contestato. Il procedimento di cui all’art. 444 c.p.p. (patteggiamento), invero, non può essere utilizzato per uno scopo incompatibile con la funzione che esso è chiamato ad assolvere che è quella di pervenire all’applicazione della pena: conseguentemente al giudice, ove dal programma delle convergenti volontà delle parti, scaturisca sulla base della verifica dell’integrale aspetto prospettato, l’estinzione del reato proprio in forza dell’applicazione di circostanze attenuanti (o di eventuale giudizio di prevalenza) resta precluso il potere di dichiararla dovendo necessariamente a tal fine procedere al giudizio di cognizione. D’altro canto nella scelta pattizia deve ravvisarsi da parte dell’imputato una dichiarazione legale tipica di rinuncia alla prescrizione; detta rinuncia in quanto irrevocabile preclude altresì in sede di impugnazione la possibilità di far valere la prescrizione maturatasi in conseguenza della concessione delle attenuanti generiche dopo la sentenza di patteggiamento. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 44 del 4 gennaio 1996 (Cass. pen. n. 44/1996)
Il diniego delle attenuanti generiche non è logicamente incompatibile con il riconoscimento dell’attenuante della collaborazione di cui all’art. 73, comma 7, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, in quanto sono diversi i presupposti logico-giuridici delle prime e della seconda, premiando quest’ultima una determinata condotta di un soggetto che può avere una personalità negativa, e può essersi comportato processualmente in modo tutt’altro che lineare, tanto da non meritare le circostanze previste dall’art. 62 bis c.p. (Nella fattispecie, le attenuanti generiche erano state negate all’imputato per i numerosi precedenti penali e per il comportamento processuale). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 12613 del 28 dicembre 1995 (Cass. pen. n. 12613/1995)
La mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche da parte del giudice di merito ben può essere giustificata solo con il riferimento ai precedenti penali dell’imputato qualora essi siano stati valutati quali indici della capacità a delinquere del medesimo e, dunque, della sua pericolosità sociale. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 5531 del 5 dicembre 1995 (Cass. pen. n. 5531/1995)
Ai fini dell’applicabilità della circostanza attenuante di cui all’art. 62 bis c.p. (e anche ai fini della determinazione della pena), non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti i parametri indicati nell’art. 133 stesso codice, essendo sufficiente che faccia riferimento anche a uno solo di essi, così mostrando la prevalenza di quello prescelto rispetto a tutti gli altri. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 11860 del 4 dicembre 1995 (Cass. pen. n. 11860/1995)
Le attenuanti generiche sono previste dal legislatore con riferimento a non preventivabili situazioni che incidono sull’apprezzamento della «quantità» del reato e della capacità di delinquere dell’imputato e sono finalizzate al più congruo adeguamento della pena in concreto. Possono infatti verificarsi casi in cui la fattispecie reale integra il delitto (nella specie associazione finalizzata al traffico di stupefacenti), per cui va applicata la sanzione prevista dal legislatore, ma la concretezza della vicenda (organizzazione rudimentale e non strutturata, mancanza di gerarchia interna ecc.) richiede un intervento correttivo del giudice che renda, di fatto, la pena rispettosa del principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.) e della finalità costituzionalizzata sub art. 27, comma 3 Cost., di cui la «congruità» costituisce elemento essenziale. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 7946 del 18 luglio 1995 (Cass. pen. n. 7946/1995)
Ai fini della concessione o del diniego delle attenuanti generiche il giudice può prendere in considerazione gli stessi elementi valutati per la concessione di una attenuante comune quando questi incidano non solo sull’intensità del dolo, ma sulla motivazione del delitto e sul carattere del reo tanto da indurre il convincimento di una ridotta capacità a delinquere del colpevole. La valutazione sotto due diversi profili della stessa situazione di fatto non costituisce violazione né dell’art. 133 c.p. né del principio del ne bis in idem sostanziale. (Nel caso di specie la corte, in un caso di omicidio connesso ad una situazione di forte contrasto tra due nuclei familiari, aveva concesso l’attenuante comune della provocazione in considerazione della dinamica dei fatti e quelle generiche sul presupposto della conflittualità tra le famiglie). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 9950 del 20 settembre 1994 (Cass. pen. n. 9950/1994)
La confessione circa la partecipazione al sequestro di persona ed il ruolo svolto dai coimputati non può essere valutata ai fini della concessione dell’attenuante di cui all’art. 630, comma 5, c.p., bensì solo ai fini del riconoscimento delle attenuanti generiche, quando sia intervenuta dopo che il soggetto passivo ha riacquistato la libertà e dopo che tutti i concorrenti nel reato sono stati assicurati alla giustizia. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 9449 del 2 settembre 1994 (Cass. pen. n. 9449/1994)
Se è vero che l’imputato ha diritto a tacere o anche di mentire, è anche vero che il suo comportamento processuale può essere valutato dal giudice, che può trarre da esso il convincimento di una personalità negativa, tanto più se l’imputato ha mostrato un elevato grado di insensibilità verso i familiari della vittima, fornendo dichiarazioni non veritiere sul suo conto e sul suo movente. (Fattispecie in tema di ritenuta legittimità del diniego di attenuanti generiche all’imputato che mente). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 3819 del 31 marzo 1994 (Cass. pen. n. 3819/1994)
In mancanza di resipiscenza, ancorché rilevata dal comportamento processuale, può giustificare il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche in quanto confermativa di una personalità negativa, e non in quanto espressione di scelte difensive di per sé non valutabili, siccome riconducibili all’esercizio del diritto di difesa. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 11302 del 9 dicembre 1993 (Cass. pen. n. 11302/1993)
L’applicazione di attenuanti generiche non costituisce un diritto conseguente all’assenza di elementi negativi connotanti la personalità del soggetto, ma richiede elementi di segno positivo, dalla cui assenza legittimamente deriva il diniego di concessione delle circostanze in parola. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 3529 del 2 novembre 1993 (Cass. pen. n. 3529/1993)
Nell’ipotesi in cui le ammissioni sul fatto siano rese dall’imputato per puro calcolo è legittimo il diniego delle attenuanti generiche. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 7131 del 21 luglio 1993 (Cass. pen. n. 7131/1993)
In tema di attenuanti generiche, posto che la ragion d’essere della relativa previsione normativa è quella di consentire al giudice un adeguamento, in senso più favorevole all’imputato, della sanzione prevista dalla legge, in considerazione di peculiari e non codificabili connotazioni tanto del fatto quanto del soggetto che di esso si è reso responsabile, ne deriva che la meritevolezza di detto adeguamento non può mai essere data per scontata o per presunta, sì da dar luogo all’obbligo, per il giudice, ove questi ritenga invece di escluderla, di giustificarne sotto ogni possibile profilo, l’affermata insussistenza. Al contrario, è la suindicata meritevolezza che necessita essa stessa, quando se ne affermi l’esistenza, di apposita motivazione dalla quale emergano, in positivo, gli elementi che sono stati ritenuti atti a giustificare la mitigazione del trattamento sanzionatorio; trattamento la cui esclusione risulta, per converso, adeguatamente motivata alla sola condizione che il giudice, a fronte di specifica richiesta dell’imputato volta all’ottenimento delle attenuanti in questione, indichi delle plausibili ragioni a sostegno del rigetto di detta richiesta, senza che ciò comporti tuttavia la stretta necessità della contestazione o della invalidazione degli elementi sui quali la richiesta stessa si fonda. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 11361 del 25 novembre 1992 (Cass. pen. n. 11361/1992)
Benché il giudice di merito nell’esercizio del suo potere discrezionale concernente la concessione o il diniego delle attenuanti generiche possa attingere a qualsiasi elemento di valutazione ancorché non esplicitamente contemplato nell’art. 133 c.p. al fine di mitigare il rigore delle pene, tuttavia, qualora un determinato elemento della condotta sia stato preso in considerazione dal giudice in quanto circostanza attenuante tipica prevista dalla legge, non può, poi, lo stesso elemento giovare una seconda volta all’imputato sotto forma di attenuanti generiche, giacché, altrimenti, si giungerebbe all’assurdo logico di ancorare ad un medesimo elemento di fatto non una ma due o più determinazioni favorevoli all’imputato. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 10376 del 29 ottobre 1992 (Cass. pen. n. 10376/1992)
In tema di attenuanti generiche, pur potendo ai fini della loro applicazione (o del loro diniego) venir presi in considerazione gli stessi elementi che a norma dell’art. 133 c.p. concorrono alla determinazione della misura della pena, occorre pur sempre che la loro rilevanza sia talmente eccezionale da giustificare il fatto che essi vengano presi in considerazione in due sedi e momenti diversi, per cui è sufficiente, ai predetti fini, che il giudice prenda in considerazione solo quello (o quelli) tra detti elementi che ritenga prevalente ed atto a consigliare o meno la concessione delle attenuanti. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 10351 del 29 ottobre 1992 (Cass. pen. n. 10351/1992)
Il giudice di merito non può negare le attenuanti generiche solo perché, indipendentemente dalla loro applicazione, considera adeguata la pena, ma deve prima stabilire se le attenuanti generiche devono essere applicate, poi, quando occorre, effettuare il giudizio di comparazione ed infine operare la determinazione della pena. (Nella specie il giudice dell’appello aveva rigettato la richiesta delle attenuanti generiche, senza considerare le ragioni addotte dall’impugnante, con la frase di stile «la pena in concreto inflitta risulta proporzionata all’entità del fatto e alla personalità del soggetto». Questa Corte ha annullato per vizio di motivazione, affermando il predetto principio). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 8072 del 17 luglio 1992 (Cass. pen. n. 8072/1992)
I precedenti penali dell’imputato, in quanto indice di pericolosità sociale, legittimano di per sé il diniego delle attenuanti generiche che è, invece, illegittimo se fondato sul semplice riferimento al pessimo comportamento processuale dell’imputato, data la genericità di una simile affermazione, priva com’è di indicazione di fatti o circostanze da cui sia tratto il convincimento del giudice. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 7872 del 9 luglio 1992 (Cass. pen. n. 7872/1992)
La concessione od il diniego delle attenuanti generiche rientra nel potere del giudice di merito. Questi quindi non è tenuto ad una analitica valutazione di tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti o ricavabili dagli atti del procedimento, ma è sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti e decisivi ai fini della concessione o del diniego di tali circostanze attenuanti, rimanendo implicitamente disattesi e superati tutti gli altri. In sede di impugnazione il giudice di secondo grado può trascurare le deduzioni specificamente esposte nei motivi di gravame quando abbia individuato, tra gli elementi di cui all’art. 133 c.p.p., quelli di rilevanza decisiva ai fini della connotazione negativa della personalità dell’imputato e le deduzioni dell’appellante siano palesemente estranee o destituite di fondamento. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 6200 del 22 maggio 1992 (Cass. pen. n. 6200/1992)
Il legislatore ha dato al giudice il potere discrezionale di valorizzare circostanze non specificamente prevedute come attenuanti ovvero elementi compresi tra quelli indicati nell’art. 133 c.p., quando si presentino con connotazioni, positivamente valutate, tanto peculiari e di tale rilevante peso da incidere in maniera particolare ed esclusiva sulla «quantità», oggettiva e soggettiva, del reato e, quindi, tali da giustificare l’attribuzione ad essi della potenzialità di concorrere, quali circostanze attenuanti generiche, alla determinazione della pena nella misura meglio adeguata ai parametri di legge. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 5808 del 15 maggio 1992 (Cass. pen. n. 5808/1992)
È illegittimo il diniego delle circostanze attenuanti generiche, fondato esclusivamente sul comportamento processuale dell’imputato rimasto contumace, poiché fa parte del diritto di difesa non presenziare al processo. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 2667 del 13 marzo 1992 (Cass. pen. n. 2667/1992)
La concessione delle attenuanti generiche non implica necessariamente un giudizio di non gravità del fatto-reato e, quindi, la determinazione della pena base in misura prossima al minimo edittale. La concessione di tale attenuante è, infatti, la risultante del riconoscimento di elementi circostanziali — nell’ambito della previsione dell’art. 133 c.p. — che, anche in relazione a fatti-reato di elevata gravità, possono giustificare una ulteriore riduzione della pena rispetto alla misura che si dovrebbe infliggere alla stregua degli ordinari canoni di valutazione della fattispecie. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 2388 del 5 marzo 1992 (Cass. pen. n. 2388/1992)
La gravità concreta del fatto considerato nelle specifiche circostanze storiche e i precedenti penali, assunti come elementi indicativi della personalità dell’imputato (da soli o insieme ad altri elementi), ben possono giustificare il diniego delle attenuanti generiche, ove siano — nel quadro di un giudizio globale ex art. 133 c.p. — valutati elementi preminenti e decisivi. D’altra parte, il giudice non è tenuto in motivazione a una specifica analisi in rapporto a tutti gli elementi del parametro legale, ma deve individuare e indicare le circostanze che hanno rilevanza decisiva nell’economia del giudizio globale. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 11991 del 25 novembre 1991 (Cass. pen. n. 11991/1991)
In materia di attenuanti generiche, tra i positivi elementi che possono suggerire la necessità di attenuare la pena comminata per il reato rientrano la confessione spontanea del colpevole e il corretto comportamento processuale o la collaborazione prestata nelle indagini ed ogni altra situazione di manifesto ravvedimento, quando non sia configurabile l’attenuante del ravvedimento operoso. Tuttavia il giudice di merito può escludere la positiva valenza di tali elementi e negare l’applicazione delle attenuanti generiche, non soltanto quando essi siano contrastati da altri specifici elementi di disvalore emergenti dagli atti, ma anche quando la confessione si sostanzi nel prendere atto dell’ineluttabilità probatoria dell’accusa o sia volta esclusivamente all’utilitaristica attesa della riduzione della pena e la collaborazione giudiziaria o processuale sia comunque probatoriamente inerte o neutra, nel senso che non abbia neppure agevolato il giudizio di responsabilità di coimputati, per essere questi già confessi o per altro plausibile motivo. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 6934 del 28 giugno 1991 (Cass. pen. n. 6934/1991)
Le attenuanti generiche non costituiscono oggetto di «concessione» per meglio adeguare la pena. La determinazione della pena va operata esclusivamente in riferimento ai parametri indicati dalla legge (gravità del reato, capacità di delinquere del colpevole). Le attenuanti generiche vanno riconosciute, in quanto incidenti sulla valutazione di detti elementi, quando esistano al di fuori delle circostanze attenuanti comuni o specifiche e delle condizioni elencate nell’art. 133 c.p. (salvo che non assumano una particolare valenza, idonea ad incidere in modo del tutto speciale sugli elementi valutativi indicati nel citato art. 133 c.p.). Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 6529 del 11 giugno 1991 (Cass. pen. n. 6529/1991)
Le attenuanti generiche, negate dal primo giudice, non impongono al giudice d’appello, che le concede, di diminuire la pena precedentemente inflitta quando, nel procedere al giudizio di comparazione imposto dal concorso di circostanze di segno opposto, abbia espresso un giudizio di prevalenza delle già ritenute circostanze aggravanti. Ne può dirsi che la conferma della pena irrogata dai primi giudici, malgrado il riconoscimento del nuovo fattore di indice favorevole, abbia finito per tradursi sostanzialmente in una reformatio in pejus. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 5161 del 9 maggio 1991 (Cass. pen. n. 5161/1991)
In tema di motivazione sulla mancata concessione delle attenuanti generiche, il richiamo al comportamento processuale dell’imputato improntato al diniego è legittimo, in quanto — se è vero che il medesimo ha la facoltà di mentire — non si può negare al giudice di tener conto di tale comportamento negativo quando si tratta di concedere attenuanti che sono rimesse alla sua discrezionalità. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 3909 del 6 aprile 1991 (Cass. pen. n. 3909/1991)
Se, da una parte, l’imputato non ha il dovere di rispondere alle domande e di ammettere fatti rivelatori della sua responsabilità, dall’altra il giudice può trarre, dai suoi diversi possibili atteggiamenti di fronte alle contestazioni, le proprie conclusioni su queste, come su tutte le altre manifestazioni della di lui personalità, successive alla consumazione del reato. Ne consegue che, se la confessione dell’imputato che riveli una autentica resipiscenza può giustificare la concessione delle attenuanti generiche, la sua ostinazione nel negare l’evidenza legittima la loro negazione. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 3018 del 8 marzo 1991 (Cass. pen. n. 3018/1991)
Il comportamento dell’imputato successivo alla commissione del reato può essere preso in considerazione dal giudice per il diniego della concessione delle attenuanti generiche né è necessaria una congrua motivazione allorché la concessione di tali attenuanti sia stata richiesta dagli imputati senza addurre specifici elementi di valutazione a sostegno della stessa. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 2662 del 26 febbraio 1991 (Cass. pen. n. 2662/1991)
È legittimo il diniego delle attenuanti generiche qualora l’imputato le richieda in relazione ad una confessione che, lungi dal palesare puro e semplice ravvedimento, costituisca viceversa la manifestazione di un preciso calcolo di fronte alle inequivocabili prove esistenti a suo carico. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 16681 del 19 dicembre 1990 (Cass. pen. n. 16681/1990)
Ai fini del diniego delle circostanze attenuanti generiche, rettamente è considerato rivelatore di una spiccata capacità a delinquere il fatto di chi, trovandosi agli arresti domiciliari, commetta un delitto, indipendentemente dalla circostanza che, poi, egli venga assolto dall’accusa per la quale era in custodia cautelare. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 11898 del 29 agosto 1990 (Cass. pen. n. 11898/1990)
Il giudice di merito non è tenuto a riconoscere le circostanze attenuanti generiche, né è obbligato a motivarne il diniego, qualora in sede di conclusioni non sia stata formulata specifica istanza, non equivalendo la generica richiesta di condanna al minimo della pena a quello di concessione delle predette attenuanti. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 6943 del 15 maggio 1990 (Cass. pen. n. 6943/1990)
Il giudice di merito ha il dovere di prendere in esame tutte le istanze difensive e di specificare le ragioni in base alle quali esse vengono accolte ovvero respinte. Pertanto la sentenza deve essere annullata sul relativo capo se il giudice di merito abbia omesso di motivare la mancata concessione di una circostanza attenuante espressamente indicata dalla difesa con istanza né generica, né manifestamente infondata. (Fattispecie di omessa motivazione su istanza di concessione delle circostanze attenuanti generiche basata su espressi elementi di natura soggettiva ed oggettiva). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 5917 del 23 aprile 1990 (Cass. pen. n. 5917/1990)
I precedenti penali dell’imputato, per quanto non siano di per sé ostativi alla concessione delle attenuanti generiche, possono tuttavia essere valutati come elementi negativi a tal fine, in quanto indicativi della sua pericolosità sociale. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 4525 del 2 aprile 1990 (Cass. pen. n. 4525/1990)
In tema di attenuanti, le circostanze generiche, di cui all’art. 62 bis c.p., vanno riferite a quanto in concreto il legislatore non ha potuto prevedere, ai fini della individuazione e della personalizzazione della pena, stante la impossibilità di ricomprendere in una formula di portata generale e astratta l’immensa varietà delle vicende umane. Per ciò, con riguardo ai criteri indicati nell’art. 133 c.p., ha attribuito al giudice, nella concretezza del fatto – reato, la facoltà di cogliere nei motivi che lo hanno determinato, nelle circostanze che lo hanno accompagnato, nel danno effettivo che ha cagionato, quegli elementi che possono suggerire il ricorrere della necessità di attenuare la pena dal legislatore comminata in relazione a quel determinato reato. Pertanto, ai fini dell’applicabilità o meno delle attenuanti generiche ben può il giudice riconoscere alla natura ed alla gravità del fatto – reato l’attitudine ad integrare quegli elementi di disvalore che possono giustificarne il diniego. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 3042 del 3 marzo 1990 (Cass. pen. n. 3042/1990)
Le attenuanti di cui all’art. 62 bis c.p. possono essere negate anche sulla base dei soli precedenti penali dell’imputato. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 2497 del 22 febbraio 1990 (Cass. pen. n. 2497/1990)
Il diniego delle attenuanti, specificamente richieste dall’imputato nei motivi di impugnazione, deve essere sorretto da congrua motivazione. (Nella fattispecie la corte ha annullato la sentenza del giudice di merito per avere affermato in modo apodittico non si ravvisano estremi per la concessione delle richieste attenuanti ). Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 275 del 15 gennaio 1990 (Cass. pen. n. 275/1990)
La condotta menzognera dell’imputato legittima la negazione delle attenuanti generiche. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 11589 del 7 settembre 1989 (Cass. pen. n. 11589/1989)
La concessione o il diniego di circostanze attenuanti generiche rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale è tenuto a giustificare il corretto uso di tale potere, al fine di dimostrare che non sia trasmodato in arbitrio. Quindi non è necessaria una analitica valutazione di tutti gli elementi, favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, essendo sufficiente la indicazione degli elementi ritenuti decisivi e rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri. In sede di impugnazione, tuttavia, il giudice di appello non può totalmente trascurare le deduzioni specificamente esposte nei motivi di gravame, tranne che non si tratti di deduzioni inconsistenti e manifestamente infondate. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 10238 del 19 ottobre 1988 (Cass. pen. n. 10238/1988)
Il riconoscimento delle attenuanti generiche non è incompatibile con la determinazione della pena oltre il minimo edittale, in quanto il beneficio dell’art. 62 bis c.p. ha una sua ragione autonoma, ravvisabile in situazioni atipiche o nelle stesse molteplici circostanze previste dall’art. 133 c.p. che meritino, nel caso concreto, una particolare considerazione per la specificità della vicenda, o della personalità o del vissuto dell’imputato o altro. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 4508 del 12 aprile 1988 (Cass. pen. n. 4508/1988)
Le circostanze attenuanti generiche ben possono essere concesse per un reato e negate per gli altri, senza che sussista necessariamente contraddittorietà della motivazione. La diversità dei giudizi può corrispondere, infatti, ad una diversa valutazione della gravità dei fatti rispettivamente contestati e delle relativa capacità a delinquere denominata all’imputato. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 1177 del 11 febbraio 1984 (Cass. pen. n. 1177/1984)
Nell’esercizio dei poteri discrezionali attribuitigli dalla legge ai fini della concessione delle attenuanti generiche e dei benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, il giudice non è tenuto, applicati i predetti benefici, a concedere all’imputato anche le attenuanti generiche, poiché il fondamento giuridico dei benefici è diverso da quello delle attenuanti. (Fattispecie in tema di pretesa contraddittorietà di motivazione). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 2221 del 18 marzo 1983 (Cass. pen. n. 2221/1983)
Nell’ipotesi di più reati ascritti ad un solo imputato, non si pone un problema d’inconciliabilità fra il diniego delle attenuanti generiche per uno o più reati e la contemporanea concessione delle medesime per altro o altri reati. Le circostanze generiche rappresentano quanto in concreto il legisaltore non ha potuto prevedere, al fine della individuazione della pena, data l’impossibilità di concretare in una formula di diritto l’immensa varietà delle vicende umane. Conseguentemente spetta al giudice di cogliere nella concretezza di ciascun fatto, nei motivi che lo hanno determinato, nelle circostanze che lo hanno accompagnato, con speciale riguardo ai danni effettivi, quegli elementi che possono suggerire il ricorrere della necessità di attenuare la pena, dal legislatore comminata. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 512 del 24 marzo 1971 (Cass. pen. n. 512/1971)