Art. 24 – Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398 - aggiornato alla D. Lgs. 10 ottobre 2022, n.150)

Multa

Articolo 24 - codice penale

La pena della multa consiste nel pagamento allo Stato di una somma non inferiore a euro 50 (1), né superiore a euro 50.000 (2) (133 bis).
Per i delitti determinati da motivi di lucro, se la legge stabilisce soltanto la pena della reclusione, il giudice può aggiungere la multa da euro 50 a euro 25.000 (3).

Articolo 24 - Codice Penale

La pena della multa consiste nel pagamento allo Stato di una somma non inferiore a euro 50 (1), né superiore a euro 50.000 (2) (133 bis).
Per i delitti determinati da motivi di lucro, se la legge stabilisce soltanto la pena della reclusione, il giudice può aggiungere la multa da euro 50 a euro 25.000 (3).

Note

(1) Le parole: «non inferiore a euro 5» sono state così sostituite dalle attuali: «non inferiore a euro 50» dall’art. 3, comma 60, della L. 15 luglio 2009, n. 94.
(2) Le parole: «né superiore a euro 5.164» sono state così sostituite dalle attuali: «né superiore a euro 50.000» dall’art. 3, comma 60, della L. 15 luglio 2009, n. 94.
(3) Le parole: «da euro 5 a euro 2.065» sono state così sostituite dalle attuali: «da euro 50 a euro 25.000» dall’art. 3, comma 60, della L. 15 luglio 2009, n. 94.

Massime

In tema di trattamento sanzionatorio, il limite della pena della multa dettato dall’art. 24 cod. pen. non si applica alle pene pecuniarie proporzionali. (Fattispecie di condanna alla pena della multa di euro 7.500.000 per i reati di cui agli artt. 291 bis, 293 e 295 d.P.R. n. 43 del 1973 e 67 e 70 d.P.R. n. 633 del 1972, quale entità superiore al limite massimo previsto dall’art. 24 cod. pen.). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 15111 del 9 aprile 2019 (Cass. pen. n. 4718/2019)

Fino alla data del 31 dicembre 2001 ogni sanzione pecuniaria, penale o amministrativa, espressa in lire si intende espressa anche in euro, secondo il tasso di conversione fissato dal Trattato, ma solo a decorrere dall’1 gennaio 2002 ogni sanzione pecuniaria dovrà essere tradotta in euro, secondo la previsione di cui all’art. 51, comma 2, del D.L.vo 24 giugno 1998, n. 213. Ne consegue che attualmente non è possibile fissare la sanzione pecuniaria solo in euro. (Nella specie, in applicazione del principio di cui in massima, la S.C. ha rettificato la sentenza impugnata, rideterminando in lire la pena della multa che era stata espressa in euro). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 4718 del 3 novembre 1999 (Cass. pen. n. 4718/1999)

Non è legale la sanzione pecuniaria espressa in euro, sia perché le pene pecuniarie, ai sensi degli artt. 24 e 26 c.p., sono sempre indicate in lire, sia in quanto, allo stato, l’euro esiste solamente come valuta di conto, ma non anche come moneta fisica. (Nella fattispecie, la Corte, ai sensi dell’art. 619 comma 2 c.p.p., ha rettificato, convertendo in lire la pena pecuniaria, la sentenza del pretore, che aveva condannato l’imputato ad una multa in euro). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 2678 del 4 agosto 1999 (Cass. pen. n. 2678/1999)

Il principio di legalità della pena è vincolante non solo quando venga applicata una pena non prevista o diversa da quella contemplata dalla legge, ma anche quando venga applicata una pena che esula dalle singole fattispecie legali penali perché pena legale è anche quella risultante dalle varie disposizioni incidenti sul trattamento sanzionatorio, tra le quali rientrano le norme sulle circostanze aggravanti. (Affermando tale principio la Cassazione ha eliminato la pena della multa inflitta per il reato di corruzione ai sensi dell’art. 24, comma 2, c.p. che consente l’aggiunta della pena della multa per i delitti determinati da motivi di lucro puniti con la sola reclusione: all’uopo ha considerato che il reato ascritto all’epoca dei fatti era punito con la pena congiunta della reclusione e della multa e che pertanto, per il principio di legalità della pena, esso rimaneva fuori della previsione aggravatoria di cui al suddetto articolo).

L’art. 24, comma 2, c.p. nel prevedere l’aggiunta della pena della multa nei delitti determinati da motivi di lucro è applicabile non solo nei casi in cui il fine di lucro operi come uno dei motivi più o meno remoti del reato, ma altresì quando detto fine operi come motivo unico ed integrativo della fattispecie criminosa (dolo specifico) ovvero come elemento materiale del reato stesso; la contraria soluzione sarebbe in contrasto con la lettera e lo spirito della norma suddetta la quale non distingue tra tali estremi, dovendosi d’altro canto convenire che, a maggior ragione, l’aggiunta della multa trovi giustificazione quando il fine in questione sia elemento connaturato della fattispecie criminosa. (Fattispecie in tema di corruzione). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 7505 del 2 luglio 1994 (Cass. pen. n. 7505/1994)

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