Nel caso di annullamento, per difetto di motivazione rafforzata, della sentenza di appello che abbia condannato l’imputato in riforma della pronuncia assolutoria di primo grado, la declaratoria di estinzione del reato conseguente alla prescrizione nel frattempo maturata non prevale sul giudizio di assoluzione dell’imputato nel merito, non adeguatamente confutato. (In motivazione, la Corte ha precisato che quando, come nella specie, l’annullamento del capo della sentenza concernente l’azione civile derivi dalla fondatezza del ricorso dell’imputato agli effetti penali, deve essere disposto l’annullamento senza rinvio della pronuncia impugnata, con revoca delle statuizioni civili). Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 18182 del 15 giugno 2020 (Cass. pen. n. 18182/2020)
In tema di ricorso per cassazione, la sentenza d’appello pronunciata “de plano” in violazione del contradditorio tra le parti, che, in riforma della decisione di condanna di primo grado, dichiari l’estinzione del reato per prescrizione, va annullata senza rinvio, con trasmissione degli atti al giudice d’appello, allorché l’imputato rinunci alla prescrizione (nella specie, contenuta nella procura speciale conferita al difensore per il giudizio di legittimità) allegando, così, un interesse concreto ed attuale alla celebrazione del giudizio di appello da lui promosso. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 15758 del 25 maggio 2020 (Cass. pen. n. 15758/2020)
Il decorso del termine di prescrizione prima della remissione della querela determina l’estinzione del reato per tale causa, prevalendo, nel concorso tra cause estintive del reato, quella intervenuta in precedenza. (In applicazione del principio la Corte ha annullato con rinvio la sentenza impugnata che aveva dichiarato l’improcedibilità per remissione della querela in ordine ai reati contestati, condannando l’imputato al pagamento alle spese, nonostante fosse già maturato il termine massimo di prescrizione dei reati medesimi). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 15109 del 14 maggio 2020 (Cass. pen. n. 15109/2020)
Il reato di cui all’art. 437, primo comma, cod. pen., ove la condotta consista nell’omissione di cautele contro infortuni sul lavoro, ha natura permanente sicché, nel caso in cui l’imputazione indichi il “tempus commissi delicti” con l’indicazione della data della cessazione della condotta illecita, il termine di prescrizione decorre da tale data, e non da quella di emissione della sentenza di primo grado, ferma la necessità di verificare se la permanenza sia cessata in epoca anteriore perché il dispositivo omesso sia stato collocato o non più utilmente collocabile ovvero, trattandosi di reato proprio, perché sia stata dismessa la posizione di garanzia. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 7564 del 26 febbraio 2020 (Cass. pen. n. 7564/2020)
In tema di concordato in appello ex art. 599-bis cod. proc. pen., è inammissibile il ricorso per cassazione volto a contestare l’omessa declaratoria di estinzione di alcuni dei reati ascritti in continuazione, quando ciò non abbia inciso sulla legalità complessiva della pena concordata, in quanto conforme alla volontà delle parti e non esorbitante i limiti edittali previsti per i reati in relazione ai quali non è decorso il termine di prescrizione alla data della pronuncia impugnata.(In motivazione, la Corte ha altresì evidenziato che le uniche doglianze proponibili contro una sentenza emanata all’esito del concordato ex art. 599-bis cod. proc. pen. sono quelle relative ad eventuali vizi della sentenza rispetto alla volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta, al contenuto difforme della pronuncia e all’applicazione della pena illegale). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 4709 del 4 febbraio 2020 (Cass. pen. n. 4709/2020)
In tema di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, il termine di prescrizione decorre dal compimento dell’ultimo atto antigiuridico, in quanto, attesa la natura eventualmente abituale dei reati, solo in questo momento cessa il pericolo di lesione dei beni tutelati dalla norma incriminatrice. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 43255 del 22 ottobre 2019 (Cass. pen. n. 43255/2019)
Nei rapporti di estradizione regolati dalla Convenzione europea del 13 dicembre 1957, l’avvenuta prescrizione del reato è causa ostativa all’accoglimento della domanda, secondo la legislazione della parte richiedente o della parte richiesta (ex art. 10 legge 30 gennaio 1963, n. 300), unicamente nell’ambito delle cd. estradizioni processuali, relative cioè all’esercizio dell’azione penale o comunque a un procedimento in corso di svolgimento, non ancora esaurito con sentenza definitiva, e non anche nell’ambito delle estradizioni avviate per finalità di esecuzione penale (cd. esecutive). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 41992 del 11 ottobre 2019 (Cass. pen. n. 41992/2019)
Ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere, nei casi di delitti puniti, nel massimo, con la pena inferiore a sei anni di reclusione, ove sia contestata una circostanza ad effetto speciale, l’aumento per detta aggravante va operato sulla pena massima stabilita per il reato consumato o tentato e non sul termine dei sei anni previsto dall’art. 157, comma 1, cod. pen. (Fattispecie relativa al reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, con contestata recidiva reiterata). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 26868 del 18 giugno 2019 (Cass. pen. n. 26868/2019)
Il termine di prescrizione del delitto di appropriazione indebita, nel caso di mandato a vendere, comincia a decorrere dal momento in cui il mandatario rifiuta, senza alcuna giustificazione, di dar seguito alla richiesta del mandante di trasferimento del denaro ricevuto dal compratore, poiché è in questo momento che egli manifesta la volontà di detenere “uti dominus” il bene sul quale non ha più alcun diritto. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 46744 del 15 ottobre 2018 (Cass. pen. n. 46744/2018)
In tema di prescrizione, in relazione ai reati divenuti perseguibili a querela per effetto del d.lgs. 10 aprile 2018, n. 36, durante il tempo necessario all’espletamento della procedura di informativa alla persona offesa della facoltà di proporre querela, prevista dalla disciplina transitoria di cui all’art. 12, comma 2, del predetto decreto, non opera la sospensione del corso della prescrizione del reato, non potendo gravare sull’imputato l’impiego di un termine per consentire alla persona offesa di esprimersi, con la possibilità di far proseguire il processo pendente. Cassazione penale, Sez. Unite, sentenza n. 40150 del 7 settembre 2018 (Cass. pen. n. 40150/2018)
In tema di reati di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, il termine di prescrizione decorre da ciascuna singola condotta di per sé idonea ad integrare il reato e non dall’ultima di queste. (In motivazione, la Corte ha precisato che per la consumazione del reato eventualmente abituale – quali sono le fattispecie in oggetto – è sufficiente il compimento della condotta tipica anche una sola volta, sicchè la reiterazione della medesima condotta, sorretta da un’unitaria volizione delittuosa, dà luogo ad un unico reato, pur aggravandone il disvalore penale). Cassazione penale, Sez. VII, sentenza n. 27582 del 15 giugno 2018 (Cass. pen. n. 27582/2018)
I reati attribuiti alla competenza del giudice di pace, commessi dopo l’entrata in vigore della legge 5 dicembre 2005, n. 251, sono sottoposti al termine ordinario di prescrizione di cui all’art. 157, comma primo, cod. pen., come novellato dalla legge citata (quattro anni per le contravvenzioni e di sei anni per i delitti), non essendo ad essi applicabile il minor termine previsto dal comma 5 della medesima disposizione. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 25532 del 6 giugno 2018 (Cass. pen. n. 25532/2018)
Ai fini della prescrizione del delitto di “stalking”, che è reato abituale, il termine decorre dal compimento dell’ultimo atto antigiuridico, coincidendo il momento della consumazione delittuosa con la cessazione dell’abitualità. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 9956 del 5 marzo 2018 (Cass. pen. n. 9956/2018)
La declaratoria di estinzione del reato per prescrizione non può essere pronunciata anche nei confronti del coimputato non impugnante in forza dell’effetto estensivo dell’impugnazione previsto dall’art. 587, comma 1, cod. proc. pen., se il giudicato di colpevolezza nei suoi confronti si è formato prima del verificarsi della predetta causa estintiva. (In motivazione la S.C. ha chiarito che l’opzione del coimputato impugnante di protrarre il procedimento configura una scelta processuale “esclusivamente personale” che rende perciò inoperante l’art. 587, comma 1, cod. proc. pen. con riguardo alla prescrizione). Cassazione penale, Sez. Unite, sentenza n. 3391 del 24 gennaio 2018 (Cass. pen. n. 3391/2018)
In tema di cause di estinzione del reato, il principio del “favor rei”, in base al quale, nel dubbio sulla data di decorrenza del termine di prescrizione, il momento iniziale va fissato in modo che risulti più favorevole all’imputato, opera solo in caso di incertezza assoluta sulla data di commissione del reato o, comunque, sull’inizio del termine di prescrizione, ma non quando sia possibile eliminare tale incertezza, anche se attraverso deduzioni logiche, del tutto ammissibili. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 46467 del 10 ottobre 2017 (Cass. pen. n. 46467/2017)
Ai fini del calcolo dei termini di prescrizione ai sensi degli artt. 157, comma secondo, e 161, comma secondo, cod. pen., oltre che dell’aggravamento della pena edittale, la recidiva reiterata infraquinquennale è del tutto equiparata alla recidiva specifica, reiterata ed infraquinquennale, essendo sufficiente, per la determinazione dei predetti effetti, la presenza anche di due soli elementi specializzanti rispetto alla recidiva semplice. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 22127 del 8 maggio 2017 (Cass. pen. n. 22127/2017)
In tema di ricettazione, l’ipotesi attenuata prevista dal secondo comma dell’art. 648 cod. pen. non costituisce una autonoma previsione incriminatrice, ma una circostanza attenuante speciale; ne consegue che, ai fini dell’applicazione della prescrizione, deve aversi riguardo alla pena stabilita dal primo comma del predetto articolo. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 14767 del 24 marzo 2017 (Cass. pen. n. 14767/2017)
In tema di prescrizione dei reati colposi, è legittima, in quanto non viola il principio di legalità, la contestuale applicazione della disposizione di cui all’art. 157 cod. pen., nel testo previgente alla legge 5 dicembre 2005 n.251 (in quanto legge più favorevole al reo), e la disposizione dell’art. 4 della stessa legge, che ha abolito la previsione della recidiva nei reati colposi, attesa l’autonomia degli istituti della prescrizione e della recidiva. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 6369 del 10 febbraio 2017 (Cass. pen. n. 6369/2017)
In tema di frode in danno di enti previdenziali per ricezione indebita di emolumenti periodici, è configurabile il reato di truffa c.d. a consumazione prolungata quando le erogazioni pubbliche, a versamento rateizzato, siano riconducibili ad un originario ed unico comportamento fraudolento, mentre si configurano plurimi ed autonomi fatti di reato quando, per il conseguimento delle erogazioni successive alla prima, sia necessario il compimento di ulteriori attività fraudolente; ne consegue che, ai fini della prescrizione, nella prima ipotesi il relativo termine decorre dalla percezione dell’ultima rata di finanziamento, mentre nella seconda dalla consumazione dei singoli fatti illeciti. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 53667 del 16 dicembre 2016 (Cass. pen. n. 53667/2016)
Il termine di prescrizione del reato di omessa dichiarazione, di cui all’art. 5 D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, decorre dal novantunesimo giorno successivo alla scadenza del termine ultimo stabilito dalla legge per la presentazione della dichiarazione annuale; termine che, con riferimento alla dichiarazione 2008 relativa al periodo di imposta 2007, deve essere individuato nel 30 settembre 2008, anzichè nell’ordinario 31 luglio, per effetto della proroga disposta dall’art. 3 del D.L. n. 97 del 2008, convertito con modificazioni dalla L. n. 129 del 2008. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 48578 del 17 novembre 2016 (Cass. pen. n. 48578/2016)
Nel reato di lesioni personali colpose provocate da responsabilità medica, la prescrizione inizia a decorrere dal momento dell’insorgenza della malattia “in fieri”, anche se non ancora stabilizzata in termini di irreversibilità o di impedimento permanente. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 44335 del 19 ottobre 2016 (Cass. pen. n. 44335/2016)
Il raddoppio dei termini di prescrizione di cui all’art. 157, comma sesto, cod. pen., introdotto (anche) per il reato di cui all’art. 609-bis cod. pen. dall’art. 4, comma primo, legge 1 ottobre 2012, n. 172, non è applicabile a fatti di violenza sessuale arrestatisi sulla soglia del tentativo. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 35404 del 24 agosto 2016 (Cass. pen. n. 35404/2016)
In tema di riciclaggio, ove più siano le condotte consumative del reato, attuate in un medesimo contesto fattuale e con riferimento ad un medesimo oggetto, si configura un unico reato a formazione progressiva e consumazione prolungata, che viene a cessare con l’ultima delle operazioni poste in essere. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza che aveva escluso che la decorrenza del termine di prescrizione dovesse essere valutata in relazione alle singole condotte di “sostituzione” del danaro provento di reato, attuate attraverso operazioni su conti correnti bancari). Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 29869 del 14 luglio 2016 (Cass. pen. n. 29869/2016)
In tema di contravvenzioni, la disciplina della prescrizione introdotta dalla L. 5 dicembre 2005, n. 251 non trova applicazione ai procedimenti od ai processi in corso alla data della sua entrata in vigore e relativi ai reati contravvenzionali, in quanto, per i predetti reati, i termini di prescrizione previsti dalla nuova disciplina sono sempre maggiori rispetto a quella previgente, sia per la prescrizione ordinaria che per quella massima Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 29627 del 13 luglio 2016 (Cass. pen. n. 29627/2016)
Il giudice di appello che, nel pronunciare declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, accerti che la prescrizione del reato è maturata prima della sentenza di primo grado deve contestualmente revocare le statuizioni civili in essa contenute, con la conseguenza che è illegittima, in tal caso, la condanna dell’imputato al risarcimento dei danni in favore della parte civile. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 44826 del 27 ottobre 2014 (Cass. pen. n. 44826/2014)
In tema di prescrizione del reato, nell’ipotesi di imputazione plurima, il principio che impone l’applicazione integrale della disciplina più favorevole tra quella introdotta dalla legge 5 dicembre 2005, n. 251 e quella precedente trova applicazione con riferimento a ogni singolo fatto di reato, ben potendo darsi il caso che per un reato sia più favorevole il vecchio regime prescrizionale e per un altro, pur contestualmente contestato, sia più favorevole il nuovo.
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In tema di prescrizione del reato, la Corte di cassazione può procedere all’immediata declaratoria dell’estinzione del reato solo in presenza di riferimenti temporali che siano di per sé sufficientemente univoci o di riferimenti temporali la cui incertezza sia insanabile; diversamente, si rende necessario l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, per consentire al giudice di merito una nuova valutazione sul punto. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 45158 del 8 novembre 2013 (Cass. pen. n. 45158/2013)
In materia di prescrizione, nel caso in cui tra un atto interruttivo ed il successivo non sia interamente decorso il termine ordinario di cui all’art. 157 cod. pen., la prescrizione non matura prima della decorrenza del termine massimo di cui al comma secondo dell’art. 161 cod.pen. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 28290 del 28 giugno 2013 (Cass. pen. n. 28290/2013)
Il raddoppio dei termini prescrizionali previsto dall’art. 157, comma sesto, c.p. è applicabile esclusivamente alle ipotesi di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme sulla circolazione stradale (art. 589, commi secondo e terzo, c.p.) o sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro. (Fattispecie nella quale è stato ritenuto inapplicabile l’aumento dei termini di prescrizione all’ipotesi di concorso formale di più omicidi colposi). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 23944 del 3 giugno 2013 (Cass. pen. n. 23944/2013)
In tema di prescrizione, nel caso di sospensione del procedimento a seguito di trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la risoluzione di una questione di legittimità costituzionale, la data di cessazione dell’effetto sospensivo e, pertanto, la data finale del periodo di sospensione del termine prescrizionale coincide con quella in cui gli atti sono restituiti al giudice remittente. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 7553 del 15 febbraio 2013 (Cass. pen. n. 7553/2013)
Ai fini dell’operatività delle disposizioni transitorie della nuova disciplina della prescrizione, la pronuncia della sentenza di primo grado, indipendentemente dall’esito di condanna o di assoluzione, determina la pendenza in grado d’appello del procedimento, ostativa all’applicazione retroattiva delle norme più favorevoli. Cassazione penale, Sez. Unite, sentenza n. 15933 del 24 aprile 2012 (Cass. pen. n. 15933/2012)
Non deve tenersi conto, ai fini del calcolo dei termini di prescrizione del reato, della circostanza aggravante di cui all’art. 7 D.L. n. 152 del 1991, conv. nella L. n. 203 del 1991, una volta riconosciuta all’imputato l’attenuante dell’art. 8, comma primo, del medesimo D.L. (Nella specie la Corte ha ritenuto che il riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 8 D.L. n. 152 del 1991 abbia come effetto l’elisione automatica della circostanza aggravante di cui all’art. 7 del medesimo D.L.) Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 26826 del 8 luglio 2011 (Cass. pen. n. 26826/2011)
La causa estintiva della prescrizione, una volta dichiarata con sentenza, non può essere oggetto di rinuncia nei gradi successivi. (In motivazione la Corte ha precisato che, ove ciò avvenisse, sarebbe violato il divieto di “reformatio in peius”). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 20832 del 25 maggio 2011 (Cass. pen. n. 20832/2011)
È manifestamente infondata, in riferimento all’art. 117 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell’art. 10, comma terzo, L. n. 251 del 2005, nella parte in cui esclude l’applicazione dei nuovi termini di prescrizione, se più brevi, ai processi già pendenti in grado di appello o avanti alla Corte di cassazione. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 12400 del 28 marzo 2011 (Cass. pen. n. 12400/2011)
La disciplina della prescrizione del reato introdotta con la novella codicistica apportata con la L. n. 251 del 2005 non trova applicazione, seppure i termini di prescrizione risultino per i reati per cui si procede più brevi, nei processi in cui già prima dell’entrata in vigore della indicata legge di modifica era stata emessa la sentenza di primo grado, e ciò pur quando il processo sia successivamente regredito a seguito della dichiarazione di nullità della sentenza medesima. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 10725 del 16 marzo 2011 (Cass. pen. n. 10725/2011)
La prescrizione maturata prima della sentenza di patteggiamento può essere fatta valere con ricorso per cassazione, in quanto la rinuncia alla prescrizione richiede una dichiarazione di volontà espressa e specifica che non ammette equipollenti. Ne deriva che la richiesta di applicazione di una pena concordata ai sensi dell’art. 444 del codice di rito, non costituisce ipotesi di rinuncia alla prescrizione non più revocabile. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 45023 del 22 dicembre 2010 (Cass. pen. n. 45023/2010)
In tema di prescrizione del reato, quando il giudice abbia escluso la circostanza aggravante facoltativa della recidiva qualificata (art. 99, comma quarto, c.p.), non ritenendola in concreto espressione di una maggiore colpevolezza o pericolosità sociale dell’imputato, la predetta circostanza deve ritenersi ininfluente anche ai fini del computo del tempo necessario a prescrivere il reato. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 43771 del 11 dicembre 2010 (Cass. pen. n. 43771/2010)
In tema di prescrizione, non è consentita l’applicazione simultanea di disposizioni introdotte dalla L. 5 dicembre 2005, n. 251 e di quelle precedenti, secondo il criterio della maggiore convenienza per l’imputato, occorrendo applicare integralmente l’una o l’altra disciplina. (Fattispecie in cui la S.C. ha ritenuto applicabili le nuove norme sulla prescrizione, in quanto la sentenza di condanna di primo grado era stata pronunciata dopo l’entrata in vigore della L. n. 251 del 2005). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 43343 del 6 dicembre 2010 (Cass. pen. n. 43343/2010)
Ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere, deve aversi riguardo, in caso di concorso di circostanze aggravanti ad effetto speciale, all’aumento di pena così come determinato in forza dell’art. 63. comma quarto, c. p.. (In motivazione, la S.C. ha affermato che il principio di cui in massima trova applicazione anche nel vigore della disciplina introdotta dalla L. 5 dicembre 2005, n. 251).
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Ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere, l’aumento di pena per la circostanza aggravante è valutabile anche se la stessa sia stata oggetto di contestazione suppletiva dopo la decorrenza del termine di prescrizione previsto per il reato non aggravato, purché la contestazione abbia preceduto la pronuncia della sentenza. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 33871 del 17 settembre 2010 (Cass. pen. n. 33871/2010)
La disciplina della prescrizione più favorevole in riferimento ai reati di usura commessi prima dell’entrata in vigore della L. n. 251 del 2005, la quale ha contestualmente modificato i termini di prescrizione dei reati in generale ed ha aumentato la pena detentiva edittale massima per il reato di usura portandola da sei a dieci anni, è quella contenuta nell’indicata novella. (La Corte ha escluso in motivazione che l’applicazione del nuovo più breve termine prescrizionale parametrato alla pregressa più lieve pena si risolva nella indebita creazione di una “tertia lex” ). Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 26312 del 9 luglio 2010 (Cass. pen. n. 26312/2010)
Non è manifestamente infondata, in riferimento all’art. 117 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 10, comma terzo, della legge n. 251 del 2005, nella parte in cui esclude l’applicazione dei nuovi termini di prescrizione, se più brevi, ai processi già pendenti in grado di appello o avanti alla Corte di cassazione. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 22357 del 11 giugno 2010 (Cass. pen. n. 22357/2010)
La determinazione del termine di prescrizione del reato va effettuata secondo il calendario comune con decorrenza dal giorno successivo al verificarsi del fatto e senza tenere conto dei giorni effettivi di cui è composto l’anno o il mese. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 21947 del 8 giugno 2010 (Cass. pen. n. 21947/2010)
Non rientra nei poteri del giudice dell’esecuzione la dichiarazione di estinzione per prescrizione del reato oggetto della sentenza definitiva di condanna, pur se la prescrizione sia maturata prima del passaggio in giudicato della sentenza, in ragione della immodificabilità, in sede esecutiva, del giudicato. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 20567 del 1 giugno 2010 (Cass. pen. n. 20567/2010)
La prescrizione del reato maturata anteriormente alla rinuncia all’appello proposto dal solo P.M. avverso sentenza di condanna dell’imputato va dichiarata dalla Corte di cassazione, qualora non vi abbia provveduto il giudice di secondo grado che erroneamente abbia dichiarato inammissibile l’impugnazione, sempre che non emergano elementi certi per un proscioglimento dell’imputato nel merito. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 6306 del 16 febbraio 2010 (Cass. pen. n. 6306/2010)
In tema di prescrizione, ai fini dell’applicabilità retroattiva del termine prescrizionale più favorevole, di cui all’art. 10, comma terzo, L. 7 dicembre 2005, n. 251, è rilevante il “tempus commissi delicti” e non già la formale pendenza del procedimento penale, connessa alla data di iscrizione del reato nel registro previsto dall’art. 335 c.p.p.. (Nella fattispecie, il P.M. ricorrente aveva sostenuto che doveva essere applicato il più lungo periodo prescrizionale previsto dalla nuova normativa, in quanto, benchè il reato risultasse consumato nel gennaio 2005, alla data dell’entrata in vigore della L. 251 del 2005 non era stata effettuata la relativa iscrizione nel registro delle notizie di reato) della disciplina transitoria di cui all’art. 10, L. 7 dicembre 2005, n. 251. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 3368 del 26 gennaio 2010 (Cass. pen. n. 3368/2010)
In tema di prescrizione dei reati è consentita la simultanea applicazione della disciplina del termine di prescrizione anteriore alla L. 5 dicembre 2005, n. 251, se più favorevole all’imputato, e della disciplina relativa alla durata massima della sospensione del medesimo termine dettata dall’art. 159, comma primo, n. 3 c.p., come modificato dalla legge indicata, qualora all’entrata in vigore di quest’ultima il procedimento non risulti pendente in grado di appello non essendo stata pronunciata la sentenza di condanna di primo grado. (In motivazione la S.C. ha affermato che dal secondo e dal terzo comma dell’art. 10 L. n. 251 del 2005 deve trarsi l’implicazione che il criterio ispiratore della disciplina dell’istituto è quello del “favor rei”, come è reso evidente dall’espresso richiamo all’art. 2 c.p.). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 48042 del 16 dicembre 2009 (Cass. pen. n. 48042/2009)
L’esclusione della prescrizione dei delitti per i quali la legge prevede la pena dell’ergastolo, quantunque oggetto di formalizzazione con L. 5 dicembre 2005 n. 251 (modifiche al c.p. e alla L. 26 luglio 1975 n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), è antecedente ad essa. Ne consegue che il reato punito con detta pena commesso prima dell’entrata in vigore della citata legge è imprescrittibile pur senza una specifica disposizione in tal senso. (Fattispecie concernente misura cautelare personale disposta in relazione a delitto di omicidio volontario aggravato, ritenuta dall’imputato illegittima per l’intervenuta prescrizione del reato). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 41964 del 30 ottobre 2009 (Cass. pen. n. 41964/2009)
In tema di prescrizione del reato, ai fini del meccanismo di calcolo delle circostanze attenuanti speciali, deve ritenersi che, a seguito della disciplina transitoria prevista dall’art. 10, comma terzo, L. 5 dicembre 2005, n. 251, nella parte in cui esclude per i processi già pendenti l’applicabilità dei termini che risultino più brevi per effetto delle nuove disposizioni, continui ad applicarsi ai medesimi anche la previgente disposizione di cui all’art. 157, comma secondo, c.p., con la conseguenza che alla diminuzione minima corrisponde il massimo della pena edittale autonomamente stabilita per questo tipo di attenuanti rispetto alla pena ordinaria del reato. (Fattispecie relativa all’attenuante di cui all’art. 73, comma quinto, D.P.R. n. 309 del 1990). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 13523 del 26 marzo 2009 (Cass. pen. n. 13523/2009)
Gli effetti della rinuncia alla prescrizione non sono limitati alla fase processuale nella quale è intervenuta (nel caso di specie, il giudizio di primo grado). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 12374 del 19 marzo 2009 (Cass. pen. n. 12374/2009)
In tema di prescrizione, ai fini dell’applicazione delle disposizioni transitorie previste dall’art. 10, comma terzo, della L. 5 dicembre 2005, n. 251, quando il giudizio di primo grado si sia concluso con una sentenza di assoluzione, il momento determinante per stabilire la pendenza del procedimento in appello va individuato nell’emissione del decreto di citazione per il giudizio ex art. 601 c.p.p.. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 7112 del 18 febbraio 2009 (Cass. pen. n. 7112/2009)
Il reato di omicidio colposo plurimo non è configurabile come reato unico ma come concorso formale di più reati, unificati soltanto “quoad poenam”, sicché il termine di prescrizione del reato va computato con riferimento a ciascun evento di morte o di lesioni, dal momento in cui ciascuno di essi si è verificato. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 47380 del 19 dicembre 2008 (Cass. pen. n. 47380/2008)
La sospensione del termine di prescrizione disposta dal giudice su accordo delle parti, ma fuori dai casi previsti dalla legge, è priva di effetti. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 43372 del 20 novembre 2008 (Cass. pen. n. 43372/2008)
Il termine di prescrizione applicabile ai reati di guida in stato d’ebbrezza commessi prima dell’entrata in vigore della L. n. 251 del 2005 in relazione a fatti sussumibili nella più favorevole fattispecie incriminatrice di cui all’art. 186, comma secondo, lett. a ), c.s., ora in vigore, è in ogni caso quello previsto dall’art. 157 c.p., nel testo precedente alle modifiche introdotte dalla legge menzionata. (In motivazione la Corte ha precisato che l’applicazione della norma incriminatrice come modificata dal D.L. n. 117 del 2007 comporta anche l’applicazione dei più lunghi termini di prescrizione introdotti per le contravvenzioni punite con la sola pena pecuniaria dalla L. n. 251 del 2005 e dunque determina un risultato meno favorevole per l’imputato ). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 38558 del 10 ottobre 2008 (Cass. pen. n. 38558/2008)
La presenza del giudizio d’appello, rilevante, secondo la normativa transitoria dettata dall’art. 10, comma 3, L. n. 251 del 2005 (come interpretato dalla Corte costituzionale a seguito della declaratoria di incostituzionalità di cui alla sentenza n. 393 del 2006), ai fini dell’applicazione delle “vecchie” o delle “nuove” norme in tema di prescrizione, ha inizio nel momento della pronunzia della sentenza di primo grado, che coincide con il momento della lettura del dispositivo e non con quello, eventualmente successivo, del deposito della motivazione. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 31702 del 29 luglio 2008 (Cass. pen. n. 31702/2008)
In tema di prescrizione, ai fini dell’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 10, comma terzo, L. n. 251 del 2005, la pendenza del grado di appello, che rileva per escludere la retroattività delle norme sopravvenute più favorevoli, ha inizio nel momento in cui è proposto l’appello. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 26101 del 30 giugno 2008 (Cass. pen. n. 26101/2008)
In tema di prescrizione del reato, il deposito dell’atto di appello segna il momento nel quale si determina la pendenza del giudizio di secondo grado, che rappresenta il discrimine temporale per l’applicazione dei termini prescrizionali più favorevoli all’imputato nei processi in corso alla data di entrata in vigore della legge 5 dicembre 2005, n. 251. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 18382 del 7 maggio 2008 (Cass. pen. n. 18382/2008)
La norma transitoria di cui all’art. 10, comma terzo, della L. n. 251 del 2005, anche come integrata con la sentenza della Corte costituzionale n. 393 del 2006, esclude la retroattività della sopravvenuta più favorevole disciplina della prescrizione in tutti i giudizi di impugnazione, incluso quello di rinvio, che non consiste nella semplice rinnovazione del giudizio conclusosi con la sentenza annullata, ma rappresenta una fase a sé stante, condizionata dalla pronuncia della Corte di cassazione.
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La norma transitoria di cui all’art. 10. comma terzo, della L. n. 251 del 2005, anche come integrata con la sentenza della Corte costituzionale n. 393 del 2006, esclude la retroattività della sopravvenuta più favorevole disciplina della prescrizione in tutti i giudizi di impugnazione, incluso quello di rinvio, che non consiste nella semplice rinnovazione del giudizio conclusosi con la sentenza annullata, ma rappresenta una fase a sé stante, condizionata dalla pronuncia della Corte di cassazione. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 16701 del 22 aprile 2008 (Cass. pen. n. 16701/2008)
In tema di prescrizione dei reati contravvenzionali non è consentita la simultanea applicazione di disposizioni introdotte dalla L. 5 dicembre 2005 n. 251 (modifiche al c.p. in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi di usura e di prescrizione) e di quelle precedenti, secondo il criterio della maggiore convenienza per l’imputato, occorrendo applicare integralmente l’una o l’altra disciplina in relazione alle previsioni della norma transitoria di cui all’art. 10, comma secondo, della legge citata. (Nella specie, il ricorrente pretendeva di applicare la disciplina previgente, quanto all’applicazione del termine di prescrizione ordinario e quella sopravvenuta quanto al computo dei periodi di sospensione del suo corso). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 2126 del 15 gennaio 2008 (Cass. pen. n. 2126/2008)
In tema di prescrizione, ai fini dell’applicazione delle norme transitorie previste dall’art. 10, comma terzo, L. n. 251 del 2005 la pendenza del grado d’appello ha inizio dopo la sentenza di primo grado, che deve ritenersi intervenuta all’atto della lettura del dispositivo. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 1574 del 11 gennaio 2008 (Cass. pen. n. 1574/2008)
In tema di prescrizione del reato, la sentenza della Corte costituzionale n. 393 del 2006 non comporta un’applicazione indistinta della previsione di cui all’art. 6 L. n. 251 del 2005, avendola limitata ai procedimenti pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore della legge. (La Corte ha precisato che, con la pronuncia della sentenza, il giudizio di primo grado è definitivamente concluso e che la proposizione dell’atto di appello determina automaticamente la competenza del giudice di appello a conoscere del processo). Cassazione penale, Sez. VII, sentenza n. 41965 del 14 novembre 2007 (Cass. pen. n. 41965/2007)
In tema di prescrizione, qualora sia stato contestato un reato di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di delitti di contrabbando di tabacchi lavorati esteri, punibile ai sensi dell’art. 416 c.p., in quanto costituito da condotta posta in essere anteriormente all’entrata in vigore della L. 19 marzo 2001 n. 92 — introduttiva, con l’art. 1, comma primo, lett. a), della specifica figura di reato di cui all’art. 291 quater D.P.R. 23 gennaio 1973 n. 43 — deve tenersi conto, ai fini dell’individuazione, ai sensi dell’art. 10, comma secondo, L. 5 dicembre 2005 n. 251, di quale sia la disciplina più favorevole, anche del raddoppio dei termini previsto dall’art. 157, comma sesto, c.p., nel testo introdotto dall’art. 6 della cit. Legge n. 251 del 2005, per il caso di delitti compresi tra quelli di cui all’art. 51, commi terzo bis e terzo quater c.p.p., tra i quali è stato inserito il delitto di cui all’art. 291 quater D.P.R. n. 43 del 1973, fermo restando che la pena da assumere a base del computo dev’essere sempre quella, meno grave, prevista dalla norma incriminatrice vigente all’epoca del fatto. (Nella specie, in applicazione di tale principio, è stato ritenuto che fossero quindi più favorevoli i termini di prescrizione previsti dall’art. 157 c.p. nel testo previgente). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 34915 del 17 settembre 2007 (Cass. pen. n. 34915/2007)
Il termine di prescrizione dei delitti di competenza del giudice di pace è quello ordinario e non quello di tre anni previsto dall’art. 157, comma quinto, c.p. in relazione ai reati per i quali la legge stabilisce pene diverse da quella detentiva e da quella pecuniaria, a nulla rilevando la circostanza che nel procedimento dinanzi al predetto giudice possano essere irrogate solo le pene pecuniarie vigenti, se esclusive, ovvero quelle paradetentive della permanenza domiciliare o del lavoro di pubblica utilità in sostituzione di quelle detentive, sole o congiunte a pene pecuniarie, in quanto le citate sanzioni paradetentive sono considerate per ogni effetto giuridico come pena detentiva della specie corrispondente a quella della pena originaria. (Fattispecie relativa a concorso dei reati di ingiuria e lesione personale) Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 28539 del 18 luglio 2007 (Cass. pen. n. 28539/2007)
La rinuncia alla prescrizione — esercitabile dall’imputato di persona ovvero con il ministero di un procuratore speciale, solo dopo la maturazione del relativo termine di legge — presuppone, ai sensi dell’art. 157 c.p., così come novellato dall’art. 6 della L. 5 dicembre 2005 n. 251, una dichiarazione di volontà espressa e specifica che non ammette equipollenti. Ne consegue che la richiesta di applicazione concordata della pena ai sensi dell’art. 444 c.p.p. non costituisce un’ipotesi tipica di rinuncia alla prescrizione non più revocabile.
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L’art. 157 c.p., come modificato dall’art. 6 della legge n. 251 del 2004, prevede che la rinuncia alla prescrizione debba essere operata espressamente dall’imputato; ne consegue che è necessaria, per la sua efficacia, una dichiarazione di volontà espressa e pacifica che non ammette equipollenti, come ad esempio la proposizione della istanza di applicazione della pena. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 18391 del 15 maggio 2007 (Cass. pen. n. 18391/2007)
È legittima la decisione con cui il giudice di pace applichi — in ordine al reato di lesioni personali volontarie (art. 582 c.p.) — il termine di prescrizione triennale di cui all’art. 157, comma quinto, c.p. (nel testo novellato dalla L. n. 251 del 2005), considerato che esso ne prevede l’applicabilità per il reato per il quale «la legge stabilisce pene diverse da quelle detentive» e che, ai sensi dell’art. 18 c.p., sono pene detentive l’ergastolo, la reclusione e l’arresto. Ne deriva che le pene della permanenza domiciliare e del lavoro di pubblica utilità (applicabili nella specie) non possono essere considerate pene detentive ai fini dell’applicazione dell’art. 157, comma quinto, c.p., ancorché l’art. 58 D.L.vo n. 274 del 2000 assegni ad esse tale valenza giuridica ad ogni altro effetto di legge, sia pure in contrasto con l’art. 53, comma secondo, del suddetto D.L.vo n. 274, in virtù del quale il condannato alla permanenza domiciliare non è considerato in stato di detenzione. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 17399 del 8 maggio 2007 (Cass. pen. n. 17399/2007)
In materia di contravvenzioni, la nuova disciplina della prescrizione, introdotta con la L. 5 dicembre 2005 n. 251, è meno favorevole di quella previgente, con la conseguenza che essa non si applica ai procedimenti in corso. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 39086 del 27 novembre 2006 (Cass. pen. n. 39086/2006)
In tema di prescrizione, l’onere di provare con precisione la data di commissione del reato non grava sull’imputato ma sull’accusa, con la conseguenza che in mancanza di prova certa sulla data di consumazione, in applicazione del principio del favor rei deve essere dichiarata l’estinzione del reato per prescrizione. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 19472 del 6 giugno 2006 (Cass. pen. n. 19472/2006)
In ipotesi di subordinazione della sospensione condizionale della pena all’adempimento di un obbligo da parte del condannato, qualora questi non ottemperi all’obbligo il termine iniziale della prescrizione del reato coincide non con la data di scadenza del termine originariamente assegnato dal giudice per l’adempimento, ma con la data in cui il provvedimento di revoca del beneficio è divenuto definitivo. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 27449 del 22 luglio 2005 (Cass. pen. n. 27449/2005)
La rinuncia alla prescrizione non rientra nel novero degli atti processuali che possono essere compiuti dal difensore a norma dell’art. 99 c.p.p., in quanto costituisce, dopo la sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 157 nella parte in cui non prevedeva tale possibilità a favore dell’imputato, un diritto personalissimo dello stesso che è a lui personalmente ed esclusivamente riservato. (Fattispecie in cui la Corte di cassazione ha escluso altresì la possibilità che il silenzio dell’imputato, in presenza di una richiesta avanzata dal difensore, possa essere equiparato ad un comportamento concludente diretto a manifestare una positiva volontà alla rinuncia). Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 23412 del 21 giugno 2005 (Cass. pen. n. 23412/2005)
È inefficace la rinuncia alla prescrizione proveniente dal difensore non munito di apposita procura speciale, ancorché la relativa dichiarazione sia stata avanzata alla presenza dell’imputato. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 12380 del 1 aprile 2005 (Cass. pen. n. 12380/2005)
Il reato di omesso pagamento della somma applicata a titolo di sanzione sostitutiva, dal giudice in sede di condanna su richiesta dell’imputato (art. 83 legge 24 novembre 1981, n. 689), ha natura omissiva e l’antigiuridicità della condotta permane fino a quando permane l’interesse dello Stato all’adempimento, con la conseguenza che non inizia a decorrere il termine di prescrizione fino a quando non si adempia all’ordine di pagamento. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 6986 del 23 febbraio 2005 (Cass. pen. n. 6986/2005)
L’estinzione per prescrizione di una contravvenzione (nella specie: art. 186 codice della strada) che commini oltre alla sanzione penale anche una sanzione amministrativa, non comporta anche l’estinzione di quest’ultima, atteso che l’accertamento del fatto-reato cui consegue la sanzione amministrativa deve ritenersi effettuato anche nel caso in cui il processo si concluda con declaratoria di prescrizione. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 42557 del 29 ottobre 2004 (Cass. pen. n. 3900/2004)
In tema di prescrizione del reato (art. 157 c.p.), il diritto di rinuncia può essere esercitato solamente dopo che la prescrizione sia maturata, in quanto solo da quel momento l’interessato può valutarne gli effetti. (Contrasto segnalato con relazione n. 50 del 1999). Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 3900 del 30 gennaio 2004 (Cass. pen. n. 3900/2004)
In tema d’impedimento del difensore per concomitanza di altro impegno professionale, questi ha l’onere di prospettare, in modo tempestivo e motivato, le ragioni che gli impediscono di presenziare, nonchè di fornire specifica ragione della impossibilità di avvalersi di un sostituto ai sensi dell’art.102 c.p.p., sia nel processo a cui intende partecipare, sia in quello di cui chiede il rinvio; da parte sua il giudice deve valutare accuratamente le deduzioni documentate, bilanciando le esigenze di difesa dell’imputato con quelle dell’amministrazione della giustizia, accertando che l’impedimento non sia funzionale a manovre dilatorie (fattispecie in cui la Corte ha ritenuto motivato il diniego di rinvio dell’udienza per impedimento del difensore, oltre che per insufficiente giustificazione, anche in considerazione del fatto che il difensore aveva ottenuto in precedenza già due rinvii e che si trattava di reato prossimo alla prescrizione). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 49540 del 31 dicembre 2003 (Cass. pen. n. 49540/2003)
In tema di estinzione del reato, la declaratoria di falsità documentale, dovendo essere adeguatamente motivata, va emessa solo se le risultanze processuali siano tali da consentire di affermare che essa sia stata positivamente accertata, sulla base delle norme che regolano l’acquisizione e la valutazione della prova nel processo penale. Essa dunque non può essere fatta meccanicamente conseguire, quale inevitabile effetto della causa estintiva, la cui applicazione nulla sta a significare, né in ordine alla sussistenza del fatto, né in ordine alla colpevolezza dell’imputato. (Fattispecie in tema di prescrizione, nella quale la Suprema Corte ha annullato la statuizione di falsità documentale relativa ad una domanda di condono edilizio con riferimento ad imputati, per i quali era stata applicata, nella fase di merito, la causa estintiva). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 47437 del 11 dicembre 2003 (Cass. pen. n. 47437/2003)
L’ipotesi criminosa prevista dall’art. 368 c.p. (calunnia) si realizza anche quando il reato attribuito all’innocente è estinto per prescrizione al momento della denuncia. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 34481 del 14 agosto 2003 (Cass. pen. n. 34481/2003)
Il termine di prescrizione deve essere computato in riferimento alla specifica e concreta configurazione finale che del fatto il giudice abbia ritenuto in sentenza, avuto riguardo alla qualificazione giuridica ed agli elementi circostanziali, e ciò anche in relazione alle fasi processuali precedenti, dovendosi in base ad esso stabilire, nella verifica di eventuale estinzione del reato, l’efficacia dei fatti interruttivi o sospensivi di volta in volta intervenuti. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 25680 del 12 giugno 2003 (Cass. pen. n. 25680/2003)
L’estensione dell’impugnazione, ai sensi dell’art. 587 c.p.p., non preclude il formarsi ab initio del giudicato, con la conseguenza che l’operatività, in via di estensione, di una causa estintiva del reato derivante, come la prescrizione, dal decorso del tempo, presuppone che essa preesista alla proposizione del ricorso da parte dell’imputato non appellante, restando altrimenti preclusa la sua operatività dal passaggio in giudicato della decisione nei suoi confronti. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 23251 del 27 maggio 2003 (Cass. pen. n. 23251/2003)
Il giudice che decide sulla richiesta di applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 c.p.p., una volta escluso, sulla base degli atti, che debba essere pronunciato proscioglimento a norma dell’art. 129 c.p.p., non può successivamente dichiarare estinto per prescrizione il reato nella fase in cui valuti positivamente l’accordo concluso fra le parti in ordine al riconoscimento di attenuanti e al conseguente loro bilanciamento, accordo finalizzato alla determinazione della pena da infliggere in concreto e non già ad ottenere la dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione a seguito dell’abbreviazione del relativo termine derivante dalla riduzione della pena edittale. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 13710 del 26 marzo 2003 (Cass. pen. n. 13710/2003)
Ai fini della determinazione del tempo necessario per la prescrizione delle contravvenzioni attribuite alla cognizione del giudice di pace, punite con la pena pecuniaria o, in alternativa, con le sanzioni c.d. paradetentive, deve farsi riferimento all’art. 157 comma 1 n. 5) c.p., che per le contravvenzioni punite con la pena dell’arresto determina il termine prescrizionale in tre anni e ciò in forza della disposizione contenuta nell’art. 58, secondo cui per ogni effetto giuridico la pena dell’obbligo di permanenza domiciliare e il lavoro di pubblica utilità si considerano come pena detentiva della specie corrispondente a quella della pena originaria. (Nel caso di specie si trattava delle contravvenzioni di guida in stato di ebbrezza e di rifiuto di sottoporsi al controllo alcoolimetrico, previste dall’art. 186 commi 2 e 6 c.s.). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 7307 del 14 febbraio 2003 (Cass. pen. n. 7307/2003)
L’omessa citazione dell’imputato nel giudizio di appello nel quale sia stata dichiarata la prescrizione integra una nullità assoluta che, nonostante l’intervenuta estinzione del reato, prevale sull’obbligo di dichiarare immediatamente le cause di non punibilità ed impone l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 22648 del 1 giugno 2001 (Cass. pen. n. 22648/2001)
In materia di inquinamento atmosferico, la fattispecie punita dall’art. 25, sesto comma, del D.P.R. n. 203 del 1988, per l’omessa richiesta di autorizzazione in caso di modificazione o trasferimento dell’impianto producente emissioni, è reato a condotta mista (omissivo-commissiva) i cui effetti permanenti, consistenti nella mancata conoscenza delle caratteristiche dell’impianto e/o della relativa sua ubicazione (c.d. informazione ambientale) da parte dell’autorità amministrativa, cessano o per ottemperanza tardiva dell’agente oppure per la conoscenza che l’amministrazione ne abbia comunque avuto. (Fattispecie in materia di applicazione della prescrizione del reato a seguito di cessazione degli effetti per la sopravvenuta conoscenza da parte della P.A.). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 13992 del 6 aprile 2001 (Cass. pen. n. 13992/2001)
La prescrizione del reato, maturatasi nel corso del giudizio di secondo grado promosso da uno degli imputati, può operare, in virtù dell’effetto estensivo dell’impugnazione, anche a favore di altro imputato non appellante, solo a condizione che nei confronti di quest’ultimo la sentenza non fosse già divenuta esecutiva prima che il termine prescrizionale venisse a scadenza. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 12369 del 30 novembre 2000 (Cass. pen. n. 12369/2000)
Nel caso in cui venga pronunciata sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato, a norma dell’articolo 531 c.p.p., al giudice non è consentito inserire nel dispositivo alcuna indicazione assertiva della responsabilità penale dell’imputato essendovi incompatibilità logica fra l’affermazione di responsabilità e la statuizione di non doversi procedere; tuttavia, qualora alla declaratoria di estinzione del reato per prescrizione si giunga dopo la concessione di circostanze attenuanti, la sentenza di proscioglimento deve contenere in motivazione l’accertamento incidentale della responsabilità penale. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 12048 del 23 novembre 2000 (Cass. pen. n. 12048/2000)
Quando con l’impugnazione si faccia questione unicamente della mancata applicazione di sanzioni amministrative accessorie al reato, gli aspetti penali della regiudicanda sono intangibili in quanto coperti dal giudicato ed è pertanto irrilevante l’eventuale prescrizione del reato maturata nel frattempo. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 4146 del 6 ottobre 2000 (Cass. pen. n. 4146/2000)
In tema di immediata declaratoria di una causa di non punibilità, l’accertamento della nullità del decreto di citazione a giudizio non è di ostacolo al riconoscimento degli effetti della prescrizione, nel frattempo maturata, atteso che la predetta nullità, se pur fosse dichiarata, farebbe semplicemente regredire il processo nella fase preliminare al giudizio di secondo grado, fase nella quale il giudice dovrebbe comunque prendere atto della estinzione del reato. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 9031 del 10 agosto 2000 (Cass. pen. n. 9031/2000)
Le cause di estinzione del reato che possono essere dichiarate in sede esecutiva sono esclusivamente quelle che operano successivamente al passaggio in giudicato della condanna, sicché dal novero di esse va esclusa la prescrizione del reato i cui effetti estintivi operano soltanto in relazione al decorso del tempo durante la fase di cognizione, e anteriormente al passaggio in giudicato della sentenza, mentre l’eventuale compimento del termine prescrizionale dopo tale evento non può avere effetto. Cassazione penale, Sez. II, ordinanza n. 1217 del 4 luglio 2000 (Cass. pen. n. 1217/2000)
Non rientra nei poteri del giudice dell’esecuzione penale quello di dichiarare estinti per prescrizione i reati in ordine ai quali sia intervenuta sentenza definitiva di condanna, anche se la prescrizione si fosse verificata prima del passaggio in giudicato della sentenza, nella pendenza del procedimento da essa definito. Ed invero, la decisione di condanna del giudice di merito passata in giudicato, non può essere suscettibile di alcuna modificazione in sede esecutiva, poiché ciò comporterebbe una inammissibile violazione del principio di intangibilità del giudicato penale. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 5496 del 2 marzo 2000 (Cass. pen. n. 5496/2000)
In tema di prescrizione, pur in presenza di più atti interruttivi, perché possa ritenersi non verificata la estinzione del reato, è necessario, non solo che non sia superato il termine massimo previsto dall’ultima parte del terzo comma dell’art. 160 c.p. (vale a dire il termine ordinario, più la sua metà), ma anche che, tra un atto interruttivo ed un altro, non sia superato il termine ordinario previsto, nelle sue sei ipotesi, nel comma primo dell’art. 157 stesso codice. Conseguentemente, come è indubbio che il termine prescrizionale deve ritenersi spirato se, tra la data di commissione del reato ed il primo atto potenzialmente interruttivo, sia trascorso il termine ordinario, così è altrettanto evidente che il medesimo effetto si verifica nella ipotesi in cui, dopo il compimento di un atto interruttivo, non risulti compiuto nel procedimento, entro i termini temporali normativamente prefissati dall’art. 157 c.p., alcun altro atto idoneo a determinare la interruzione. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 1018 del 31 gennaio 2000 (Cass. pen. n. 1018/2000)
In tema di patteggiamento, nel caso in cui la scelta pattizia volta all’applicazione della pena su richiesta ricada anche su una ipotesi di reato la cui prescrizione sia maturata anteriormente alla scelta stessa, deve ravvisarsi da parte dell’imputato una dichiarazione legale tipica di rinuncia alla prescrizione, non più revocabile. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 14109 del 10 dicembre 1999 (Cass. pen. n. 14109/1999)
La rinuncia alla prescrizione è consentita solo dopo il maturarsi di tale causa estintiva; invero la rinuncia presuppone che il diritto il cui esercizio essa ha ad oggetto sia già maturato, dato che, solo da quel momento, l’interessato può realmente valutarne gli effetti. (Nella fattispecie, la Corte ha annullato con rinvio la sentenza con la quale il giudice di appello, in presenza della rinuncia alla prescrizione operata dall’imputato, aveva ugualmente dichiarato la estinzione del reato ai sensi degli artt. 157-160 c.p., ritenendo che la rinuncia alla prescrizione, intervenuta dopo lo spirare del termine previsto per il suo maturare, fosse ininfluente). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 13300 del 19 novembre 1999 (Cass. pen. n. 13300/1999)
La finalità della richiesta di patteggiamento è quella di condurre alla applicazione della pena concordata; pertanto la indicazione, nell’accordo, di circostanze attenuanti ha come scopo unicamente la determinazione, in concreto, della pena e non certo quello di conseguire la estinzione del reato per prescrizione, nel qual caso il giudice deve non ratificare l’accordo delle parti. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 11945 del 19 ottobre 1999 (Cass. pen. n. 11945/1999)
Nel giudizio di legittimità non può essere dichiarata la prescrizione di un reato laddove in punto di responsabilità, ritenuta ed accertata, si sia determinato il giudicato prima del maturarsi del termine di prescrizione, sussistendo il limite del principio della formazione progressiva del giudicato, per cui la mancanza di impugnazione di quel capo della sentenza rende definitivo il relativo iter processuale sul punto. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 7018 del 3 giugno 1999 (Cass. pen. n. 7018/1999)
In tema di assegno bancario, la tesi della emissione del titolo in una data diversa da quella che appare sullo stesso deve essere rigorosamente provata, in quanto, fino a dimostrazione del contrario, avrà vigore la prova derivante dal dato formale e documentale evidenziato dal titolo e dalla disciplina sostanziale del sistema di norme che regola la materia, sistema che, imponendo rigidi requisiti formali e vietando il patto di successivo riempimento, comporta la presunzione semplice della corrispondenza della data apposta sul titolo a quella di compilazione e di effettiva traditio. (Nella fattispecie, il ricorrente aveva eccepito la prescrizione, sostenendo che il titolo era stato emesso prima della data sullo stesso apposta e denunciando che, in sede di appello, si era omessa l’assunzione di prova decisiva sul punto. La Suprema Corte, sulla base dei principi sopra esposti e rilevando che la mancata rinnovazione del dibattimento in secondo grado era da addebitarsi all’inerzia del ricorrente, in ossequio al principio dispositivo che regola il processo accusatorio, ha rigettato il ricorso). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 4383 del 8 aprile 1999 (Cass. pen. n. 4383/1999)
In tema di prescrizione del reato, il permanere dell’interesse dello Stato al perseguimento del reato resta giuridicamente rilevante solo entro le cadenze temporali indicate dal combinato disposto degli artt. 157 e 160 c.p. e pertanto si verifica la prescrizione qualora dopo un atto interruttivo non sia compiuto alcun atto del procedimento per il periodo fissato dall’art. 157 detto codice. (Fattispecie in cui è stato ritenuto prescritto il reato di falsa testimonianza commesso il 31 maggio 1991, per il quale era stata pronunciata sentenza di primo grado il 19 marzo 1992 ed emesso decreto di citazione a giudizio il 23 giugno 1997). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 4704 del 21 aprile 1998 (Cass. pen. n. 4704/1998)
Per determinare il tempo della prescrizione il giudice non può non tenere conto del bilanciamento delle circostanze, onde nell’ipotesi in cui con la sentenza di annullamento venga confermato il reato-base ma rinviata al giudice di merito la valutazione sulle circostanze, non può dirsi che il fatto-reato nella sua interezza abbia ormai autorità di giudicato, stante la connessione essenziale tra il reato base e le circostanze. Pertanto, qualora il giudice del rinvio, investito sul punto dalla sentenza di annullamento, ritenga l’esistenza delle attenuanti o la loro prevalenza sulle aggravanti, e, per tale ragione, si concretizzi il tempo della prescrizione, è tenuto a dichiarare estinto il reato. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 4307 del 9 aprile 1998 (Cass. pen. n. 4307/1998)
La regola secondo la quale l’inizio del termine di prescrizione del reato coincide con l’esaurimento del reato continuato è applicabile anche nell’ipotesi in cui il vincolo della continuazione, non enunciato nella formale contestazione, sia individuato successivamente nella sentenza, dal momento che, ai fini dell’estinzione per decorso del tempo, il reato continuato va considerato in modo unitario, sicché la prescrizione non può avere inizio finché sussiste ed è in corso la condotta determinata dall’unitario disegno criminoso. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 2809 del 4 marzo 1998 (Cass. pen. n. 2809/1998)
In materia di malattia professionale eziologicamente connessa a fattori determinanti una evoluzione nel tempo, come nel caso di ipoacusia, il momento consumativo del reato non è quello in cui sarebbe venuto meno il comportamento del responsabile bensì quello dell’insorgenza della malattia prodotta dalle lesioni, sicché ai fini della prescrizione il dies commissi delicti deve essere retrodatato al momento in cui risulti comunque la malattia in fieri, anche se non stabilizzata. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 2522 del 27 febbraio 1998 (Cass. pen. n. 2522/1998)
È ammissibile il ricorso per cassazione proposto unicamente al fine di far valere la prescrizione del reato, intervenuta nel periodo intercorrente tra il deposito della sentenza di merito e la scadenza del termine per proporre ricorso per cassazione. Invero, fino a quando la sentenza non sia divenuta irrevocabile, il giudice, salvo eventuali preclusioni, deve sempre applicare la legge penale e, nella specie, l’art. 129 c.p.p. impone al giudice il dovere di dichiarare l’estinzione del reato in qualsiasi stato e grado del processo. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 11541 del 15 dicembre 1997 (Cass. pen. n. 11541/1997)
L’effetto estintivo della prescrizione che maturi nella pendenza del ricorso per cassazione produce i suoi effetti anche con riferimento agli imputati non ricorrenti indipendentemente dalla fondatezza dei motivi prospettati dal ricorrente, purché non di natura strettamente personale. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 9553 del 24 ottobre 1997 (Cass. pen. n. 9553/1997)
Al reato di porto di armi improprie senza giustificato motivo, ancorché punito in concreto con la sola ammenda in virtù del riconoscimento dell’attenuante della lieve entità del fatto di cui all’art. 4, terzo comma, L. 18 aprile 1975, n. 110, si applica il termine prescrizionale di tre anni previsto dall’art. 157, primo comma, n. 5 c.p. (In motivazione la Corte ha osservato che dovendosi ritenere la circostanza attenuante in parola di tipo «discrezionale» — per essere meramente facoltativa l’irrogazione della sola pena pecuniaria anche in presenza di un fatto ritenuto lieve — il riconoscimento della sua sussistenza è inidoneo ad influire sulla durata del termine utile per la prescrizione, dato che il reato rimane sempre astrattamente sanzionato anche con la pena detentiva, precludendo così il ricorso al termine di due anni fissato dalla legge per le contravvenzioni punite con la sola ammenda; ed ha altresì precisato che neppure può invocarsi il principio secondo il quale la durata della prescrizione deve essere determinata in relazione al reato ritenuto in sentenza, la cui operatività è esclusa dalla disposizione contenuta nell’ultimo comma dell’art. 157 c.p., in forza della quale «quando per il reato la legge stabilisce congiuntamente o alternativamente la pena detentiva e quella pecuniaria, per determinare il tempo necessario a prescrivere si ha riguardo soltanto alla pena detentiva»). Cassazione penale, Sez. Unite, sentenza n. 7739 del 31 luglio 1997 (Cass. pen. n. 7739/1997)
Ai fini dell’individuazione del termine di prescrizione di un reato occorre avere riguardo alla fattispecie criminosa nella sua concreta e specifica configurazione finale così come accertata e descritta dal giudice in sentenza a seguito dell’applicazione delle circostanze attenuanti e aggravanti; e ciò, nell’ipotesi di reati in continuazione, con riferimento a ciascuno di essi, sicché è indifferente, una volta concesse le attenuanti generiche, che esse siano state ritenute equivalenti alle aggravanti contestate in ordine ad altri reati, se per uno o per alcuni di essi non sia stata contestata o ritenuta aggravante alcuna: in tal caso, ed in relazione a questi, la pena edittale deve essere pertanto ridotta — ai sensi del secondo comma dell’art. 157 c.p. — nella misura minima di un giorno, e sulla base dell’esito di tale operazione deve essere apprezzato il termine per la prescrizione. (Fattispecie in cui, essendo stato contestato il delitto di partecipazione ad associazione per delinquere in continuazione con altri reati, solo essi aggravati, ed essendo state riconosciute le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti, la Corte ha ritenuto prescritto il reato associativo in quanto, non risultando esso aggravato, la riduzione di un giorno operata sulla pena edittale massima in virtù della concessione delle predette attenuanti aveva reso applicabile il più breve termine di estinzione del reato di cui all’art. 157, primo comma, n. 4 c.p.). Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 5354 del 6 giugno 1997 (Cass. pen. n. 5354/1997)
Anche nel giudizio speciale di cui all’art. 444 c.p.p. (cosiddetto patteggiamento) il tempo necessario per la prescrizione dei reati va determinato con riguardo alla pena stabilita per il reato ritenuto in sentenza ed in particolare tenendo conto delle attenuanti che hanno formato oggetto dell’accordo. Invero la verifica in ordine all’insussistenza dei presupposti per far luogo ad un proscioglimento è imposta al giudice dall’art. 444 comma secondo in virtù dell’esercizio del potere giurisdizionale attuato anche nel procedimento in questione. Né d’altro canto può rinviarsi, nella richiesta di applicazione della pena, alcuna forma negoziale né legale di rinuncia alla prescrizione. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 2626 del 18 marzo 1997 (Cass. pen. n. 2626/1997)
Il reato di cui all’art. 1164 c.n. (inosservanza di provvedimento di demolizione e sgombero di opere abusive), consistendo nell’inosservanza di una disposizione legislativa o regolamentare o di un provvedimento amministrativo, è reato omissivo permanente, la cui permanenza cessa quando il contravventore non è più in grado di ottemperare alla disposizione o al provvedimento. (Nella specie la S.C. ha ritenuto che la permanenza era cessata alla data in cui il sequestro preventivo era stato notificato all’imputato, poiché solo da questa data egli — perdendo anche la disponibilità materiale del bene — era giuridicamente impossibilitato ad ottemperare all’ingiunzione; che, invece, è infondato sostenere che la permanenza sia cessata dopo la scadenza dei trenta giorni stabiliti nell’ingiunzione, oltre i quali l’esecuzione poteva avvenire d’ufficio a spese dell’interessato, poiché la scadenza di questo termine ha solo l’effetto di facultare l’ufficio all’esecuzione diretta e di caricare sul contravventore le eventuali spese ulteriori, ma non espropria il contravventore della possibilità (ora concorrente) di provvedere personalmente, possibilità che invece resta esclusa dopo l’esecuzione di un sequestro sull’opera da demolire). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 604 del 29 gennaio 1997 (Cass. pen. n. 604/1997)
La decisione che dichiari l’estinzione del reato per prescrizione — quantunque l’imputato sia deceduto — sul presupposto che la prescrizione si era verificata prima della morte, deve qualificarsi inesistente. E ciò in quanto, rivestendo la pronuncia di estinzione del reato per prescrizione carattere di accertamento costitutivo, si compia in tal modo un accertamento nei confronti di una persona non più in vita ed a fronte di un rapporto processuale ormai estinto. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 630 del 19 gennaio 1996 (Cass. pen. n. 630/1996)
Ai fini della produzione dell’effetto interruttivo della prescrizione del reato, è sufficiente che l’atto idoneo a determinarlo sia emesso, non occorrendone anche la notificazione. (Fattispecie relativa a decreto di citazione non notificato all’imputato perché questi era sconosciuto all’indirizzo risultante dagli atti). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 11226 del 9 novembre 1994 (Cass. pen. n. 11226/1994)
L’estinzione del reato per prescrizione deve essere dichiarata anche nell’ipotesi in cui il relativo termine sia maturato nel periodo intercorrente tra l’emissione del decreto di citazione e la notifica all’imputato: il decreto di citazione a giudizio, infatti, per conseguire il suo effetto di diritto sostanziale quale atto idoneo ad interrompere il decorso del termine, deve essere notificato all’imputato. All’atto interruttivo deve riconoscersi invero natura recettizia, in quanto non esula dalle finalità dell’istituto della prescrizione l’esigenza di certezza dei rapporti giuridici, esigenze al cui appagamento è interessato anche ed in primo luogo l’imputato. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 8470 del 29 luglio 1994 (Cass. pen. n. 8470/1994)
Poiché la prescrizione costituisce un’ipotesi di rinuncia dello Stato alla pretesa punitiva la sua operatività va verificata con riferimento all’azione penale esercitata per il reato che — nelle sue componenti essenziali ed accessorie — abbia ricevuto la qualifica definitiva; non, quindi — ove intervengano statuizioni innovative dell’accusa genetica, rilevanti ai fini del tempo necessario al maturarsi della prescrizione — con riguardo al fatto storico che ha determinato la formulazione dell’imputazione. E ciò anche considerando la funzione delle cause interruttive del decorso della prescrizione, connaturate alla logica stessa dell’istituto, quale manifestazione dell’interesse dello Stato alla punizione del reato, un interesse da rapportare necessariamente — condizionato come esso appare al disvalore del fatto — alla decisione ritenuta in sentenza. Ne deriva che il compimento del termine di prescrizione di un reato in data anteriore alla emissione del decreto di citazione a giudizio non può mai considerarsi un fatto sopravvenuto alla condanna, trattandosi di un evento ad essa anteriore che la decisione di merito si limita a verificare utilizzando gli strumenti più articolati e complessi propri della fase del giudizio, il cui epilogo si sostanzia, per il profilo riguardante la valutazione retrospettiva delle vicende cronologiche, in un atto di accertamento costitutivo. (In applicazione di tale principio, la Corte ha statuito che, nel caso in cui il giudice conceda le attenuanti generiche dichiarando la loro equivalenza con la contestata aggravante, i termini di prescrizione vanno stabiliti con riferimento al reato ritenuto in sentenza e non a quello originariamente contestato: un’operazione da utilizzare, non soltanto ai fini della individuazione della distanza cronologica concretamente esistente fra tempus commissi delicti e sentenza di condanna, ma anche allo scopo di verificare la susseguente efficacia di un atto interruttivo allorché l’imputazione originaria venga ad essere adottata — ed eventualmente ridotta quanto alla sua valenza antisociale — alle esigenze teologiche proprie della decisione di merito). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 5333 del 26 maggio 1993 (Cass. pen. n. 5333/1993)
In tema di determinazione del tempo necessario a prescrivere ai sensi dell’art. 157 c.p. deve tenersi conto dell’aumento di pena stabilito per la recidiva in quanto, il carattere facoltativo dell’aumento della pena stabilito nell’art. 9 della L. 7 giugno 1974, n. 220 che ha modificato l’art. 99 c.p. attiene soltanto ai poteri discrezionali del giudice di cognizione nell’apprezzamento complessivo del fatto sottoposto al suo esame. Tuttavia, non può tenersi conto dell’aumento di pena ai fini della prescrizione ove la circostanza non sia stata contestata anteriormente allo spirare del tempo necessario a prescrivere, calcolato secondo la originaria configurazione del fatto – reato; ciò in relazione alla natura costitutiva della contestazione dell’accusa. Pertanto, quando la prescrizione si è già verificata in relazione alla contestazione originaria, deve pronunciarsi l’estinzione del reato per tale causa non potendo valere la contestazione della recidiva, come di ogni altra circostanza aggravante, avvenuta successivamente alla scadenza del termine di prescrizione. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 5610 del 7 maggio 1988 (Cass. pen. n. 5610/1988)