Art. 55 – T.U.I.R. (Testo Unico Imposte Sui Redditi)

(D.P.R. del 22 dicembre 1986 n. 917 - Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi)

Redditi d'impresa [testo post riforma del 2004]

Articolo 55 - testo unico imposte sui redditi

(1)1. Sono redditi d’impresa quelli che derivano dall’esercizio di imprese commerciali. Per esercizio di imprese commerciali si intende l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, delle attività indicate nell’art. 2195 c.c., e delle attività indicate alle lettere b) e c) del comma 2 dell’art. 32 che eccedono i limiti ivi stabiliti, anche se non organizzate in forma d’impresa.
2. Sono inoltre considerati redditi d’impresa:
a) i redditi derivanti dall’esercizio di attività organizzate in forma d’impresa dirette alla prestazione di servizi che non rientrano nell’art. 2195 c.c. ;
b) i redditi derivanti dall’attività di sfruttamento di miniere, cave, torbiere, saline, laghi, stagni e altre acque interne;
c) i redditi dei terreni, per la parte derivante dall’esercizio delle attività agricole di cui articolo 32, pur se nei limiti ivi stabiliti, ove spettino alle società in nome collettivo e in accomandita semplice nonché alle stabili organizzazioni di persone fisiche non residenti esercenti attività di impresa.
3. Le disposizioni in materia di imposte sui redditi che fanno riferimento alle attività commerciali si applicano, se non risulta diversamente, a tutte le attività indicate nel presente articolo.

Articolo 55 - Testo Unico Imposte sui Redditi

(1)1. Sono redditi d’impresa quelli che derivano dall’esercizio di imprese commerciali. Per esercizio di imprese commerciali si intende l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, delle attività indicate nell’art. 2195 c.c., e delle attività indicate alle lettere b) e c) del comma 2 dell’art. 32 che eccedono i limiti ivi stabiliti, anche se non organizzate in forma d’impresa.
2. Sono inoltre considerati redditi d’impresa:
a) i redditi derivanti dall’esercizio di attività organizzate in forma d’impresa dirette alla prestazione di servizi che non rientrano nell’art. 2195 c.c. ;
b) i redditi derivanti dall’attività di sfruttamento di miniere, cave, torbiere, saline, laghi, stagni e altre acque interne;
c) i redditi dei terreni, per la parte derivante dall’esercizio delle attività agricole di cui articolo 32, pur se nei limiti ivi stabiliti, ove spettino alle società in nome collettivo e in accomandita semplice nonché alle stabili organizzazioni di persone fisiche non residenti esercenti attività di impresa.
3. Le disposizioni in materia di imposte sui redditi che fanno riferimento alle attività commerciali si applicano, se non risulta diversamente, a tutte le attività indicate nel presente articolo.

Note

(1) Il presente articolo prima modificato dall’art. 9, L. 29.12.1990, n. 408, è stato, poi, così sostituito dall’art. 1, D.Lgs. 12.12.2003, n. 344

Massime

In tema di imposte sui redditi d’impresa, la sopravvenuta insussistenza di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi, che costituisce sopravvenienza attiva, ai sensi dell’art. 55, comma 1, del d.P.R. n. 917 del 1986, si realizza in tutti i casi in cui, per qualsiasi ragione, e dunque indipendentemente dal sopraggiungere di eventi gestionali straordinari o comunque imprevedibili, una posizione debitoria, già annotata come tale, debba ritenersi cessata, ed assuma quindi in bilancio una connotazione attiva, come liberazione di riserve, con il conseguente assoggettamento ad imposizione, in riferimento all’esercizio in cui tale posta attiva emerge in bilancio ed acquista certezza (in applicazione di tale principio la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva escluso l’assoggettamento a tassazione di una sopravvenienza attiva generata dall’insussistenza di passività esposta per errore in precedente esercizio). Corte di Cassazione Sezione TRI Civile Ordinanza 23 gennaio 2020 n. 1508

In materia tributaria, integra abuso del diritto, il cui divieto costituisce principio generale antielusivo, l’operazione economica volta al conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l’uso distorto, ancorché non contrastante con alcuna disposizione normativa, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio d’imposta, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l’operazione, la cui ricorrenza deve essere provata dal contribuente. (Nella specie, in applicazione del principio, la S.C. ha confermato la gravata sentenza che aveva ritenuto antieconomica e priva di razionalità la rinuncia, da parte di un socio, ad un ingente credito nei confronti della società, cui era seguita la cessione delle quote ad un prezzo incongruo rispetto al loro valore, senza alcun ritorno economico). Cassazione civile, Sez. V, sentenza n. 15321 del 6 giugno 2019 (Cass. civ. n. 15321/2019)

In materia tributaria, l’operazione economica che abbia quale suo elemento predominante ed assorbente lo scopo di eludere il fisco costituisce condotta abusiva, la quale, pertanto, non ricorre qualora tale operazione possa spiegarsi altrimenti, che con il mero intento di conseguire un risparmio di imposta, fermo restando che incombe sull’Amministrazione finanziaria la prova sia del disegno elusivo che delle modalità di manipolazione e di alterazione degli schemi negoziali classici, considerati come irragionevoli in una normale logica di mercato e perseguiti solo per pervenire a quel risultato fiscale. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che, senza valorizzare i diversi elementi sintomatici della sussistenza dell’abuso allegati dall’Agenzia delle Entrate né affrontare le concrete ricadute dell’operazione medesima ed erroneamente configurando un risparmio fiscale solo potenziale e futuro, aveva ritenuto non elusiva la complessa operazione negoziale tra società controllate, contraddistinta dalla rinuncia ad un credito della controllante verso la controllata, con conseguente sterilizzazione, ad opera di quest’ultima, della sopravvenienza attiva, ex art. 55 T.U.I.R.). Cassazione civile, Sez. V, ordinanza n. 16217 del 20 giugno 2018 (Cass. civ. n. 16217/2018)

In tema di imposte sui redditi d’impresa, l’art. 55 del D.P.R. n.917 del 1986 qualifica come sopravvenienza attiva da iscrivere in bilancio anche la sopravvenuta insussistenza di passività iscritte in precedenti esercizi, ovvero esistenti al momento della loro iscrizione e poi venute meno per fatti sopravvenuti, ipotesi da tenersi distinta rispetto alla passività fittizia, cioè inesistente, che come tale non può essere equiparata alle altre passività iscritte nei precedenti esercizi in quanto essa rileva al momento della sua eliminazione per decisione discrezionale del contribuente. Cassazione civile, Sez. V, sentenza n. 19219 del 2 agosto 2017 (Cass. civ. n. 19219/2017)

In tema di determinazione del reddito d’impresa, secondo la disciplina dettata dall’art. 55 (oggi art. 88), comma 4, del D.P.R. n. 917 del 1986, nella formulazione, vigente “ratione temporis”, come introdotta dal D.L. n. 557 del 1993, conv., con modif., dalla L. n. 133 del 1994, a partire dall’esercizio 1993, la rinuncia, da parte del socio, ai crediti nei confronti della società non va considerata sopravvenienza attiva ove sia operata in conto capitale, atteso che, in tale ipotesi, esprime la volontà di patrimonializzare la società e non può, pertanto, essere equiparata alla rimessione del debito da parte di un soggetto estraneo alla compagine sociale. Cassazione civile, Sez. V, sentenza n. 7636 del 24 marzo 2017 (Cass. civ. n. 7636/2017)

L’inutilizzabilità sancita dall’art. 729, comma primo ter, cod. proc. pen. presuppone che la deposizione riguardi formalmente l’esatto contenuto degli atti acquisiti per via rogatoriale, ma non inibisce l’utilizzabilità della prova dichiarativa, che abbia ad oggetto gli stessi fatti storici o le stesse circostanze degli atti rogatoriali inutilizzabili, dei quali il dichiarante abbia avuto conoscenza diretta ed autonoma. Corte di Cassazione Sezione III Penale Sentenza 21 luglio 2016 n. 31424 (cass. pen. 31424/2016)

In tema di determinazione del reddito d’impresa, sono contributi in conto capitale e, quindi, sopravvenienze attive, che concorrono a formare il reddito nell’esercizio in cui sono incassati (criterio di cassa) oppure in quote costanti nell’esercizio in cui sono incassati ed in quelli successivi, non oltre il quarto, quelli erogati per incrementare i mezzi patrimoniali del beneficiario, senza che la loro concessione si correli all’onere di uno specifico investimento in beni strumentali, mentre sono contributi in conto impianti, che confluiscono nel reddito sotto forma di quote di ammortamento deducibili, quelli destinati all’acquisto di beni (materiali o immateriali) strumentali. (In applicazione dell’anzidetto principio, la S.C. ha confermato la sentenza con cui il giudice di merito ha configurato come contributi in conto capitale le somme erogate per la ristrutturazione di un immobile già esistente, da adibire ad azienda agricola). (rigetta, Comm. Trib. Reg. Sicilia – Sez. dist. Caltanissetta, 12/01/2009). Cassazione civile, Sez. V, sentenza n. 23555 del 18 novembre 2015 (Cass. civ. n. 23555/2015)

In tema di determinazione del reddito d’impresa, i contributi in conto impianti e, cioè, destinati all’acquisto o costruzione di beni strumentali, erogati in virtù del D.L. n. 415 del 1992, convertito con modificazioni nella legge n. 488 del 1992, secondo la formulazione dell’art. 55 (ora 88) del D.P.R. n. 917 del 1986, vigente a partire dal 1° gennaio 1998, non sono configurabili come sopravvenienze attive e concorrono alla formazione del reddito nella stessa misura in cui il costo dei beni ammortizzabili, cui fanno riferimento, vi confluisce sotto forma di quote di ammortamento deducibili. (cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. Puglia, 22/02/2008). Cassazione civile, Sez. V, sentenza n. 16434 del 5 agosto 2015 (Cass. civ. n. 16434/2015)

Istituti giuridici

Novità giuridiche