Art. 32 – T.U.I.R. (Testo Unico Imposte Sui Redditi)

(D.P.R. del 22 dicembre 1986 n. 917 - Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi)

Reddito agrario [testo post riforma del 2004]

Articolo 32 - testo unico imposte sui redditi

1. Il reddito agrario è costituito dalla parte del reddito medio ordinario dei terreni imputabile al capitale d’esercizio e al lavoro di organizzazione impiegati, nei limiti della potenzialità del terreno, nell’esercizio di attività agricole su di esso.
2. Sono considerate attività agricole:
a) le attività dirette alla coltivazione del terreno e alla silvicoltura;(1)
b) l’allevamento di animali con mangimi ottenibili per almeno un quarto dal terreno e le attività dirette alla produzione di vegetali tramite l’utilizzo di strutture fisse o mobili, anche provvisorie, se la superficie adibita alla produzione non eccede il doppio di quella del terreno su cui la produzione stessa insiste;(1)
c) le attività di cui al terzo comma dell’articolo 2135 del codice civile, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione, ancorché non svolte sul terreno, di prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali, con riferimento ai beni individuati, ogni due anni e tenuto conto dei criteri di cui al comma 1, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze su proposta del Ministro delle politiche agricole e forestali.(2)
3. Con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, è stabilito per ciascuna specie animale il numero dei capi che rientra nei limiti di cui alla lett. b) del comma 2, tenuto conto della potenzialità produttiva dei terreni e delle unità foraggere occorrenti a seconda della specie allevata.
4. Non si considerano produttivi di reddito agrario i terreni indicati nel comma 2 dell’art. 27.

Articolo 32 - Testo Unico Imposte sui Redditi

1. Il reddito agrario è costituito dalla parte del reddito medio ordinario dei terreni imputabile al capitale d’esercizio e al lavoro di organizzazione impiegati, nei limiti della potenzialità del terreno, nell’esercizio di attività agricole su di esso.
2. Sono considerate attività agricole:
a) le attività dirette alla coltivazione del terreno e alla silvicoltura;(1)
b) l’allevamento di animali con mangimi ottenibili per almeno un quarto dal terreno e le attività dirette alla produzione di vegetali tramite l’utilizzo di strutture fisse o mobili, anche provvisorie, se la superficie adibita alla produzione non eccede il doppio di quella del terreno su cui la produzione stessa insiste;(1)
c) le attività di cui al terzo comma dell’articolo 2135 del codice civile, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione, ancorché non svolte sul terreno, di prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali, con riferimento ai beni individuati, ogni due anni e tenuto conto dei criteri di cui al comma 1, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze su proposta del Ministro delle politiche agricole e forestali.(2)
3. Con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, è stabilito per ciascuna specie animale il numero dei capi che rientra nei limiti di cui alla lett. b) del comma 2, tenuto conto della potenzialità produttiva dei terreni e delle unità foraggere occorrenti a seconda della specie allevata.
4. Non si considerano produttivi di reddito agrario i terreni indicati nel comma 2 dell’art. 27.

Note

(1) La presente lettera è stata così modificata dall’ art. 3, L. 23.12.1996, n. 662.
(2) La presente lettera è stata così sostituita dall’ art. 2, comma 6, L. 24.12.2003, n. 350

Massime

Non è fondata, per erroneo presupposto interpretativo, la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 423, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (nel testo anteriore alle modifiche apportate dall’art. 22, comma 1, del d.l. n. 66 del 2014) e 1, comma 1093, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, impugnati, in riferimento agli artt. 2, 3 e 53 Cost., nelle parti in cui non stabiliscono alcun limite di natura qualitativa e/o quantitativa oltre il quale la produzione e la cessione di energia elettrica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche effettuate dagli imprenditori agricoli cessa di essere attività connessa a quella agricola e diviene attività industriale che genera reddito di impresa soggetto a tassazione ordinaria. Il legislatore statale perimetra la categoria delle attività connesse, ricorrendo al principio della “prevalenza” dell’attività propriamente agricola nell’economia complessiva dell’impresa. Questa condizione riguarda tutte le attività connesse, ivi compresa quella di produzione e cessione di energia da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche, anche se per quest’ultima non vi è un’espressa indicazione in tal senso nel citato comma 423. Invero, l’attività de qua si qualifica come “attività diretta alla fornitura di beni” ai sensi dell’art. 2135 cod.civ. (ove sono specificate le attività connesse), e, quindi, per essa vale il requisito della utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola. In particolare, nella specie viene in evidenza il fondo, quale “risorsa” primaria dell’impresa agricola, che, anche quando è utilizzato per la collocazione degli impianti fotovoltaici, insieme alle eventuali superfici utili degli edifici addetti al fondo, deve comunque risultare normalmente impiegato nell’attività agricola. D’altra parte, tale requisito risulta immanente al concetto stesso di connessione ed è coerente con la ratio dell’intera normativa in materia, volta a riconoscere un regime di favore per l’impresa agricola pur in presenza dell’esercizio di attività connesse, sempreché queste ultime non snaturino la stessa impresa, contraddicendone la vocazione agricola. (Corte Costituzionale Sentenza 24 aprile 2015 n. 66)

In tema di redditi d’impresa, deve distinguersi tra immobili merce, destinati al mercato di compravendita, immobili patrimonio, destinati al mercato locativo, e immobili strumentali per destinazione o per natura, in quanto funzionali, i primi, secondo un’interpretazione restrittiva, allo svolgimento di attività tipicamente imprenditoriali e inidonei alla produzione di un reddito autonomo rispetto a quello del complesso aziendale nel quale sono inseriti, e caratterizzati, i secondi, da una strumentalità oggettiva senza che rilevi la loro utilizzazione per l’esercizio dell’impresa. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che il terreno agricolo di proprietà di una società in nome collettivo che svolgeva attività incentrata sulla locazione dello stesso non costituisse bene strumentale per destinazione, quanto piuttosto l’oggetto dell’attività stessa). (Corte di Cassazione Sezione TRI Civile Sentenza 20 febbraio 2020 n. 4417)

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