Il difetto dei requisiti del «caso straordinario di necessità e d’urgenza» che legittimano l’emanazione del decreto-legge, una volta intervenuta la conversione, si traduce in un vizio in procedendo della relativa legge. Il suddetto principio è funzionale alla tutela dei diritti e caratterizza la configurazione del sistema costituzionale nel suo complesso. Infatti, l’opposto orientamento, secondo cui la legge di conversione sana in ogni caso i vizi del decreto, comporta l’attribuzione in concreto al legislatore ordinario del potere di alterare il riparto costituzionale delle competenze del Parlamento e del Governo quanto alla produzione delle fonti primarie. Inoltre, in considerazione del fatto che in una Repubblica parlamentare, quale quella italiana, il Governo deve godere della fiducia delle Camere e che il decreto-legge comporta una sua particolare assunzione di responsabilità, si deve concludere che le disposizioni della legge di conversione in quanto tali – nei limiti, cioè, in cui non incidano in modo sostanziale sul contenuto normativo delle disposizioni del decreto, come nel caso in esame – non possono essere valutate, sotto il profilo della legittimità costituzionale, autonomamente da quelle del decreto stesso. Infatti, l’immediata efficacia del decreto-legge condiziona l’attività del Parlamento, che si trova a compiere le proprie valutazioni e a deliberare con riguardo ad una situazione modificata da norme poste da un organo cui di regola, quale titolare del potere esecutivo, non spetta emanare disposizioni aventi efficacia di legge. – Negli stessi termini, v., citate, sentenze n. 29/1995 e n. 341/2003; v. anche sentenze n. 196/2004 e n. 178/2004, in cui, però, la Corte ha ritenuto di prescindere da tale questione perché era da escludere l’evidente carenza dei presupposti previsti dalla Costituzione per la decretazione d’urgenza. – In merito al diverso orientamento dell’efficacia sanante della legge di conversione, v. citate, sentenze n. 330/1996, n. 419/2000 e n. 29/2002 e, pur sotto un particolare profilo, sentenza n. 360/1996. Corte Costituzionale Sentenza 23 maggio 2007 n. 171
Ai sensi degli artt. 4 e 7 della legge n. 154 del 1981, che sul punto integrano la legge reg. n. 2 del 2005, nella Regione Puglia la carica di assessore provinciale è incompatibile con quella di consigliere regionale e tale causa di incompatibilità può essere rimossa successivamente all’elezione a quest’ultima carica, entro il termine ultimo di dieci giorni dalla notifica del ricorso avente ad oggetto l’azione popolare di decadenza, processo autonomo e distinto rispetto al procedimento amministrativo di convalida dell’elezione. Corte di Cassazione Sezione 1 Civile Sentenza 23 luglio 2007 n. 16218