L’onere della prova dell’ultimazione entro una certa data di un’opera edilizia abusiva, allo scopo di dimostrare che essa rientra fra quelle per le quali si può ottenere una sanatoria speciale ovvero fra quelle per cui non era richiesto un titolo ratione temporis, perché realizzate legittimamente senza titolo, incombe sul privato a ciò interessato, unico soggetto ad essere nella disponibilità di documenti e di elementi di prova, in grado di dimostrare con ragionevole certezza l’epoca di realizzazione del manufatto. (Conferma Tar Lazio Latina, 10 febbraio 2012, n. 105).
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A carico dell’amministrazione comunale raggiunta dall’istanza di condono edilizio l’art. 31, comma 2, L. n. 47/1985 pone una indagine istruttoria per la verifica del requisito dell’ultimazione, rilevante ai fini del rilascio del condono, che si sviluppa attraverso due criteri alternativi: il criterio “strutturale”, che vale nei casi di nuova costruzione e del criterio “funzionale”, che opera, invece, nei casi di opere interne di edifici già esistenti. Quanto al criterio strutturale del completamento del rustico, per edifici “ultimati”, si intendono quelli completi almeno al “rustico”. Per edificio al rustico si intende un’opera mancante solo delle finiture (infissi, pavimentazione, tramezzature interne), ma necessariamente comprensiva delle tamponature esterne, che realizzano in concreto i volumi, rendendoli individuabili ed esattamente calcolabili. La nozione di completamento funzionale implica invece uno stato di avanzamento nella realizzazione tale da consentirne potenzialmente, e salve le sole finiture, la fruizione. In altri termini, l’organismo edilizio non soltanto deve aver assunto una sua forma stabile nella consistenza pianovolumetrica (come per gli edifici, per i quali è richiesta la c.d. ultimazione “al rustico”, ossia intelaiatura, copertura e muri di tompagno) sebbene una sua riconoscibile e inequivoca identità funzionale, che ne connoti con assoluta chiarezza la destinazione d’uso. (Conferma T.a.r. Lazio Latina, 10 febbraio 2012, n. 105).
Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza n. 3696 del 3 giugno 2019 (Cons. Stato n. 3696/2019)
In tema di reati edilizi, il conseguimento del permesso di costruire in sanatoria ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, comporta l’estinzione dei reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti, ma non di quelli disciplinati dalla normativa antisismica e sulle opere in conglomerato cementizio. (Fattispecie in cui la Corte, in applicazione di tale principio, ha escluso che il deposito “in sanatoria” degli elaborati progettuali estingua la contravvenzione in materia di costruzioni in cemento armato, che punisce l’omesso deposito preventivo degli stessi). (Annulla senza rinvio, TRIBUNALE MACERATA, 28 novembre 2017).
Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 54707 del 13 novembre 2018 (Cass. pen. n. 54707/2018)
In tema di violazioni paesaggistiche, l’estinzione di reati contravvenzionali prevista dalle norme urbanistiche vigenti per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria, ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, non si applica al reato di cui all’art. 181, comma 1, D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, atteso che l’art. 45, comma 3, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, si riferisce ai soli reati contravvenzionali previsti dal medesimo D.P.R. n. 380 del 2001 in cui sono contemplate le ipotesi suscettibili di sanatoria, quali gli interventi in assenza di permesso di costruire o in difformità da esso. (Annulla senza rinvio, App. Potenza, 12 gennaio 2017).
Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 11254 del 20 ottobre 2017 (Cass. pen. n. 11254/2017)
La “sanatoria giurisprudenziale” non costituisce un autonomo istituto giuridico liberamente utilizzabile dall’amministrazione comunale quasi fosse una normale via di ordinaria gestione degli interventi sul territorio (una sorta di pagamento di un onere concessorio particolarmente rilevante, ma pur comunque ordinariamente legittimante); ma di un mero effetto eccezionale a fronte di quello che comunque è e resta un abuso edilizio, per di più ammesso solo da una parte della giurisprudenza: che deroga alla tassatività dell’accertamento di conformità dell’art. 36, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (“Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia”) e la cui ragione viene di solito ricercata nell’eccessività, rispetto all’interesse alla tutela dell’ordine urbanistico sostanziale, dell’imporre la demolizione (o l’acquisizione gratuita) di un’opera che è senza titolo ma che è al contempo conforme alla disciplina urbanistica e dunque avrebbe potuto essere autorizzata su regolare istanza: la finalità è di evitare un’inutile dissipazione di mezzi e risorse.
Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza n. 2784 del 5 giugno 2015 (Cons. Stato n. 2784/2015)
È illegittima la sanatoria dell’abuso edilizio condizionata caratterizzata dal fatto che i suoi effetti vengono subordinati alla esecuzione di specifici interventi aventi lo scopo di far acquisire alle opere il requisito della conformità alla disciplina urbanistica ed edilizia che non posseggono, in quanto l’art. 36 T.U. 6 giugno 2001 n. 380 si riferisce esplicitamente ad interventi già ultimati e stabilisce come la doppia conformità debba sussistere sia al momento della realizzazione dell’opera sia al momento della presentazione della domanda in sanatoria.
Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 29733 del 11 luglio 2013 (Cass. pen. n. 29733/2013)
È incostituzionale l’art. 5 commi 1, 2 e 3, 6 e 7 L. Reg. Toscana 31 gennaio 2012 n. 4 che, segnatamente con riferimento agli interventi edilizi abusivi realizzati nelle zone sismiche e nelle zone a bassa sismicità, contrastano col principio della doppia conformità previsto dall’art. 36 T.U. 6 giugno 2001 n. 380, tenendo presente che la verifica in parola riguarda anche il rispetto delle norme sismiche, da comprendersi nelle norme per l’edilizia, sia al momento della realizzazione dell’intervento che al momento di presentazione della domanda di sanatoria.
Corte costituzionale, sentenza n. 101 del 29 maggio 2013 (Corte cost. n. 101/2013)
Il rilascio del permesso in sanatoria da parte dell’autorità amministrativa non impone l’automatica declaratoria di estinzione del reato perché spetta al giudice penale accertare la sussistenza delle condizioni per l’estinzione, che nella fattispecie non si è verificata perché l’immobile non poteva essere condonato posto che esso inequivocabilmente non era completo neppure al rustico alla data fissata dalla legge, ossia al 31 marzo del 2003. Secondo l’orientamento di questa Corte, in tema di condono edilizio, compete al giudice penale il potere di accertamento di tutti gli elementi della fattispecie estintiva, fra i quali vi è l’osservanza del limite temporale e di quello volumetrico costituenti parametri stabiliti dal legislatore per la definizione dell’ambito di operatività del condono medesimo. Il controllo sulla loro ricorrenza non costituisce esercizio di una potestà riservata alla P.A. (alla quale competono tutti gli accertamenti relativi alla sanatoria “amministrativa”), spettando al giudice penale il potere-dovere di espletare ogni accertamento per stabilire l’applicabilità della causa di estinzione del reato (cfr. Cass. n. 5031 del 2000; n. 5376 del 1998: n. 9680 del 1996). D’altra parte il provvedimento concessorio potrebbe fondarsi anche su un’errata attestazione della parte in ordine alla data di ultimazione delle opere. Nel provvedimento amministrativo non si dà atto di alcun accertamento in ordine alla data dì ultimazione del manufatto al rustico.
Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 38408 del 9 ottobre 2008 (Cass. pen. n. 38408/2008)