Art. 2 – Testo Unico Edilizia

(D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 - Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia)

Competenze delle regioni e degli enti locali

Art. 2 - testo unico edilizia

1. Le regioni esercitano la potestà legislativa concorrente in materia edilizia nel rispetto dei principi fondamentali della legislazione statale desumibili dalle disposizioni contenute nel testo unico.
2. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano esercitano la propria potestà legislativa esclusiva, nel rispetto e nei limiti degli statuti di autonomia e delle relative norme di attuazione.
3. Le disposizioni, anche di dettaglio, del presente testo unico, attuative dei principi di riordino in esso contenuti, operano direttamente nei riguardi delle regioni a statuto ordinario, fino a quando esse non si adeguano ai principi medesimi.
4. I comuni, nell’ambito della propria autonomia statutaria e normativa di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, disciplinano l’attività edilizia.
5. In nessun caso le norme del presente testo unico possono essere interpretate nel senso della attribuzione allo Stato di funzioni e compiti trasferiti, delegati o comunque conferiti alle regioni e agli enti locali dalle disposizioni vigenti alla data della sua entrata in vigore.

Art. 2 - Testo Unico Edilizia

1. Le regioni esercitano la potestà legislativa concorrente in materia edilizia nel rispetto dei principi fondamentali della legislazione statale desumibili dalle disposizioni contenute nel testo unico.
2. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano esercitano la propria potestà legislativa esclusiva, nel rispetto e nei limiti degli statuti di autonomia e delle relative norme di attuazione.
3. Le disposizioni, anche di dettaglio, del presente testo unico, attuative dei principi di riordino in esso contenuti, operano direttamente nei riguardi delle regioni a statuto ordinario, fino a quando esse non si adeguano ai principi medesimi.
4. I comuni, nell’ambito della propria autonomia statutaria e normativa di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, disciplinano l’attività edilizia.
5. In nessun caso le norme del presente testo unico possono essere interpretate nel senso della attribuzione allo Stato di funzioni e compiti trasferiti, delegati o comunque conferiti alle regioni e agli enti locali dalle disposizioni vigenti alla data della sua entrata in vigore.

Massime

Si deve ritenere che nel momento in cui il legislatore nazionale sia intervenuto con il T.U. per l’edilizia, assegnando alle norme ivi contenute, volte al riordino di detta materia, il carattere di norme di principio, vanno considerate, per ciò stesso, abrogate le norme delle Regioni a statuto ordinario con esse confliggenti; ciò in quanto, fino all’adeguamento delle Regioni a statuto ordinario alle norme di principio recate nel testo unico, le norme aventi tale portata in questo contenute sono destinate a prevalere sulle prime.

Poiché anche la determinazione di principi fondamentali nelle materie di legislazione regionale concorrente risulta “riservata alla legislazione dello Stato”, si deve ritenere, coerentemente, che tutte le norme regionali cedano di fronte alle norme di principio fissate dallo Stato nella stessa materia.
Consiglio di Stato, Sez. Ad. Plen., sentenza n. 2 del 7 aprile 2008 (Cons. Stato n. 2/2008)

In materia di potestà autonoma legislativa regionale, lo Statuto siciliano pur riconoscendo competenza legislativa esclusiva in materia urbanistica, deve conformare tale potestà al rispetto della legittimità (territoriale, costituzionale, degli obblighi internazionali, etc.). Ne deriva, in ossequio al principio di legalità, che la scelta di criminalizzare o meno una certa condotta consentendo l’opzione fra attrarre o meno una certa attività al regime del permesso di costruire non può essere attribuita alla Regione attraverso l’emanazione di leggi regionali comunque incidenti sul sistema penale, in senso favorevole o contrario al reo.

In tema di disciplina edilizia anche la legislazione delle Regioni a statuto speciale “si deve armonizzare con le norme di principio della legislazione statale”, sicché “il concetto di opera precaria, cui anche la legge regionale fa riferimento, non può essere un concetto diverso da quello previsto dalla legislazione statale”. Pertanto, deve escludersi, in ossequio al principio di legalità, che la scelta di criminalizzare o meno una certa condotta possa attribuirsi alla Regione, consentendo l’opzione fra attrarre o meno una certa attività al regime del permesso di costruire.

Nell’interpretazione del principio della riserva di legge in materia penale, (art. 25, 2° comma Cost.), la Corte Costituzionale ha costantemente affermato il monopolio del legislatore statale, fondando tale posizione su un’esegesi del complessivo sistema costituzionale che disvela la statualità del ramo penale del diritto in ogni vicenda costitutiva o estintiva della punibilità. È stato evidenziato, in particolare, che: a) la scelta circa le restrizioni dei beni fondamentali della persona e cosi impegnativa che non può non essere di pertinenza dello Stato; b) la riserva di competenza alla legge statale è anche una conseguenza della necessità che vi siano in tutto il territorio nazionale condizioni di eguaglianza nella fruizione della libertà personale, pena la violazione dell’art. 3 Cost.; c) un eventuale pluralismo di fonti regionali penali contrasterebbe con il principio dell’unità politica dello Stato (Corte Cost. sentenza n. 487 del 25.10.1989, riferita proprio a disposizioni legislative della Regione Siciliana incidenti sul regime del condono edilizio posto dall’art. 31 della L. n. 47/1985.
Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 33039 del 4 ottobre 2006 (Cass. pen. n. 33039/2006)

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