In tema di disciplina degli interventi edilizi, la previsione di cui all’art. 10, comma 1, lett. c), del D.P.R 6 giugno 2001, n. 380, che, nella formulazione modificata dall’art. 17, comma 1, lett. d), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, conv. con modificazioni dalla L. 11 novembre 2014, n. 164, non include più, tra gli interventi di ristrutturazione edilizia subordinati a permesso di costruire, quelli che comportano un aumento di unità immobiliari o di superfici utili, incide sulla struttura essenziale del reato di cui all’art. 44 del medesimo D.P.R. e, quindi, sulla fattispecie tipica, costituendo una norma extrapenale integrativa del precetto penale, suscettibile, in quanto più favorevole, di applicazione retroattiva, ai sensi dell’art. 2, comma quarto, cod. pen. (Annulla in parte con rinvio, Corte appello Firenze, 30 gennaio 2018). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 14725 del 9 gennaio 2019 (Cass. pen. n. 14725/2019)
In tema di ristrutturazione edilizia, deve ritenersi che, per effetto della modifica introdotta dall’art. 30, comma 1, lett. a), D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito dalla L. 9 agosto 2013, n. 98, vi siano ormai tre distinte ipotesi di intervento rientranti nella definizione di “ristrutturazione edilizia”, che possono portare “ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente”: a) la prima, non comportante demolizione del preesistente fabbricato e comprendente (dunque, in via non esaustiva) “il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti”; b) la seconda, caratterizzata da demolizione e ricostruzione, per la quale è richiesta “la stessa volumetria di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica” (ed in questo caso, rispetto al testo previgente, non è più richiesta l’identità di sagoma); c) la terza, rappresentata dagli interventi “volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza”.
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In tema di ristrutturazione edilizia, è necessario il rilascio del permesso di costruire sono nel caso di una modifica (parziale o totale) dell’organismo edilizio preesistente ed un aumento della volumetria complessiva; solo in questi casi, infatti, l’intervento si caratterizza (in ossequio alla prescrizione normativa) come “trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio”. Nelle ipotesi, invece, di “ristrutturazione ricostruttiva”, a maggior ragione se con invarianza, oltre che di volume, anche di sagoma e di area di sedime, non vi è necessità di permesso di costruire e, dunque, ai sensi dell’art. 16 D.P.R. n. 380/2001, manca il presupposto per la richiesta e corresponsione del contributo di costruzione (alla stregua del principio nella specie è stato ritenuto illegittimo il provvedimento con il quale il Comune aveva chiesto il pagamento degli oneri di urbanizzazione per la ricostruzione di un opificio crollato a seguito di incendio). Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza n. 2567 del 30 maggio 2017 (Cons. Stato n. 2567/2017)
In materia edilizia, nel caso di opere realizzate sulla base di titolo annullato, la loro demolizione deve essere considerata quale extrema ratio, privilegiando, ogni volta che ciò sia possibile, la riedizione del permesso di costruire emendato dai vizi riscontrati (Conferma della sentenza del T.a.r. Lombardia, Brescia, sez. I, 29 marzo 2011, n. 480). Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza n. 2852 del 17 maggio 2012 (Cons. Stato n. 2852/2012)
In quanto atto amministrativo che legittima l’attività edilizia nell’ordinamento pubblicistico, il permesso non attribuisce però alcun diritto soggettivo alla stregua del diritto comune a favore di tale soggetto. La rilevanza giuridica della licenza edilizia va circoscritta infatti ai rapporti tra P.A. e costruttore ed ai possibili riflessi sulle correlate posizioni di interesse legittimo dei terzi, ma comunque presuppone pur sempre il necessario ed ineludibile possesso dei titoli proprietari da parte del richiedente. Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza n. 3508 del 8 giugno 2011 (Cons. Stato n. 3508/2011)
A decorrere dall’entrata in vigore del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. n. 42 del 22 gennaio 2004), è previsto, nell’ambito del regime transitorio in materia di autorizzazione paesaggistica, contenuto nell’art. 159 del medesimo D.Lgs. n. 42 del 2004, che l’Amministrazione competente al rilascio dell’autorizzazione stessa dia immediata comunicazione alla Soprintendenza delle autorizzazioni rilasciate, con contestuale invio di tale comunicazione agli interessati, quale avviso di inizio del procedimento, ai sensi e per gli effetti della l. 7 agosto 1990, n. 241. Ne consegue che in caso di emanazione di atto di annullamento dell’autorizzazione, il privato richiedente deve ricevere comunicazione dell’avvio del subprocedimento di riesame, attivato con l’invio dell’autorizzazione paesaggistica comunale alla Soprintendenza e incombe in capo all’Amministrazione l’onere di comprovare, ove sussistente, l’avvenuta comunicazione di avvio del procedimento di cui trattasi. Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza n. 3000 del 20 maggio 2011 (Cons. Stato n. 3000/2011)
Il fatto che l’edificio di cui si verte venga realizzato in un’area in cui vengono demoliti edifici preesistenti non trasforma ex se l’opera in una ristrutturazione. Infatti, ciò che contraddistingue la ristrutturazione dalla nuova edificazione è la già avvenuta trasformazione del territorio, attraverso un’edificazione di cui si conservi la struttura fisica (sia pure con la sovrapposizione di un « insieme sistematico di opere, che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente »), ovvero la cui stessa struttura fisica venga del tutto sostituita, ma – in quest’ultimo caso – con ricostruzione, se non « fedele » (termine espunto dall’attuale disciplina), comunque rispettosa della volumetria e della sagoma della costruzione preesistente (da ultimo Consiglio di Stato, sez. VI, 16 dicembre 2008, n. 6214 proprio in tema di trasformazione di due manufatti agricoli in villa ad uso residenziale, con accorpamento di volumi e parziale spostamento dell’area di sedime, realizzazione ritenuta esclusa dalla nozione di ristrutturazione). Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza n. 802 del 4 febbraio 2011 (Cons. Stato n. 802/2011)
A seguito dell’entrata in vigore della L. n. 10 del 1977, non è più sostenibile che il rilascio del parere della commissione edilizia comunale e la sua comunicazione equivalgono al rilascio della concessione edilizia comunale.
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Il provvedimento implicito emerge in particolare le quante volte l’Amministrazione pur non adottando formalmente un provvedimento, ne determina univocamente i contenuti sostanziali, o attraverso un comportamento conseguente, ovvero determinandosi in una direzione, anche con riferimento a fasi istruttorie coerentemente svolte, a cui non può essere ricondotto altro volere che quello equivalente, al contenuto del provvedimento formale corrispondente. Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza n. 813 del 11 gennaio 2011 (Cons. Stato n. 813/2011)
L’attività di apertura e di coltivazione di una cava, pur comportando la trasformazione del territorio, non è subordinata al controllo edilizio comunale. La compatibilità della coltivazione della cava con gli interessi urbanistici è oggetto di accertamento da parte della Regione al momento del rilascio della autorizzazione per lo sfruttamento dei giacimenti che stabilisce, di solito, l’obbligo di successiva restituzione del luogo allo stato precedente. Tale obbligo non rende tutte le opere realizzate nella cava di natura precaria o, comunque, non assoggettate al regime del permesso di costruire e su tale tema necessita fare una distinzione. Pertanto, non richiedono il permesso di costruire i manufatti edilizi non destinati a durare nel tempo, ma ad essere rimossi dopo il momentaneo uso e le attività di trasformazione del sito di natura contingente. Sicché, gli interventi che non hanno le ricordate caratteristiche, anche se connesse con il ciclo produttivo della attività estrattiva, devono svolgersi nel rispetto dei piani di settore e delle norme urbanistiche e richiedono il permesso di costruire, a sensi dell’art. 10 T.U. n. 380/2001, se determinano una durevole trasformazione del territorio. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 40075 del 12 novembre 2010 (Cass. pen. n. 40075/2010)
L’annullamento di una concessione edilizia non necessita di una espressa e specifica motivazione sul pubblico interesse, configurandosi questo nell’interesse della collettività al rispetto della disciplina urbanistica. Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza n. 7342 del 6 ottobre 2010 (Cons. Stato n. 7342/2010)
Ai fini della osservanza delle norme sulle distanze dal confine, il terrapieno ed il muro di contenimento, che producono un dislivello o aumentano quello già esistente per la natura dei luoghi, costituiscono nuove costruzioni, idonee a incidere sulla osservanza delle norme in tema di distanze dal confine. Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza n. 2579 del 24 aprile 2009 (Cons. Stato n. 2579/2009)
Il rilascio del permesso di costruire avviene nell’ambito del rapporto pubblicistico, e non si estende ai rapporti tra privati, in quanto la lesione di diritti dei terzi non discende direttamente dal rilascio del titolo, ma solo dalla fisica realizzazione dell’opera contro la quale può chiedersi tutela davanti al giudice civile. Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza n. 6332 del 10 dicembre 2007 (Cons. Stato n. 6332/2007)
La questione inerente il mancato rispetto delle distanze dai confini appartiene alla cognizione del giudice ordinario quando la controversia sia instaurata fra soggetti privati, vertendosi in tal caso in materia di diritti soggettivi; qualora, invece, sia contestata la legittimità del titolo abilitativo rilasciato in violazione delle norme sulle distanze, si verte in tema di interessi legittimi che radicano la competenza del giudice amministrativo. Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza n. 5837 del 16 novembre 2007 (Cons. Stato n. 5837/2007)
Pare maggiormente persuasivo, però, il tradizionale orientamento della giurisprudenza amministrativa che, nel caso di titolo edilizio relativo ad un fabbricato unico, esclude la possibilità di annullamento parziale dello stesso, poiché una simile statuizione è ammissibile solo se nel provvedimento siano individuabili autonome statuizioni. Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza n. 2960 del 22 maggio 2006 (Cons. Stato n. 2960/2006)
L’annullamento parziale del permesso di costruire, pertanto, può aversi solo quando l’opera autorizzata sia scindibile in modo tale da poter essere oggetto di distinti progetti e concessioni; nel caso contrario, dovrà semmai essere il Comune ad eseguire il giudicato d’annullamento rilasciando, a richiesta del privato, un nuovo permesso emendato dai vizi per i quali il precedente era stato annullato. Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza n. 5495 del 11 ottobre 2005 (Cons. Stato n. 5495/2005)
La ristrutturazione edilizia ex art. 31, lett. D) L. 457/78 include anche la ricostruzione dell’edificio demolito purché la diversità del nuovo organismo edilizio consista nel ripristino o nella sostituzione di alcuni elementi del fabbricato stesso, e non la realizzazione di nuovi volumi (Cons. Stato, V, 5.3.2001, n. 1246): in tale ultimo caso l’intervento va considerato come nuova costruzione, soggetto alle limitazioni imposte dalle norme urbanistiche in vigore al momento del rilascio del titolo autorizzativo. In linea con tale formulazione, l’art. 3, comma 1, lett. D) D.P.R. 380/ 2001 precisa che gli interventi di ristrutturazione edilizia possono anche portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e nella maggior latitudine della modifica apportata dal D.Lgs. n. 301/2002 comprende fra gli interventi di ristrutturazione anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di quello preesistente. E, ancora, l’art. 10. comma 1, lett. C) del cit. D.P.R. 380/2001 precisa che sono subordinati al permesso di costruire gli interventi di ristrutturazione che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume della sagoma dei prospetti e delle superfici. Anche l’art. 2, comma 1 lett, b) della L.R. Campania n. 19/2001 include, tra quelli soggetti a D.I.A. gli interventi sui fabbricati comprensivi della demolizione e ricostruzione dell’edificio con lo stesso ingombro volumetrico. Ciò che le disposizioni in esame non prevedono è il limite in cui possono essere effettuate le modifiche nel nuovo fabbricato affinché questo sia compatibile con il criterio di ristrutturazione senza debordare nella nuova costruzione diversa dalla precedente e come tale soggetta a valutazione alla luce degli strumenti urbanistici in vigore al momento del rilascio del titolo. L’intero coacervo delle disposizioni esaminate focalizza l’attenzione sulla modifica del precedente manufatto tale da non alterare la sua compatibilità con lo strumento urbanistico in vigore al momento della demolizione. Laddove questi limite venga superato è infatti necessaria la nuova valutazione di compatibilità con lo strumento urbanistico in vigore. Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza n. 5867 del 7 settembre 2004 (Cons. Stato n. 5867/2004)
Il concetto di ristrutturazione edilizia postula necessariamente la preesistenza di un fabbricato da ristrutturare, ossia di un organismo edilizio dotato di mura perimetrali, strutture orizzontali e copertura, onde la ricostruzione su ruderi o su un edificio già da tempo demolito costituisce una nuova costruzione e richiede un’apposita concessione edilizia. Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza n. 2021 del 1 dicembre 1999 (Cons. Stato n. 2021/1999)
In ipotesi di ricostruzione di un edificio diverso da quello preesistente occorre un titolo edilizio diretto non già alla ristrutturazione, ma all’edificazione del nuovo fabbricato anche se detta demolizione sia stata provocata dalla rovina dell’edificio. Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza n. 938 del 4 agosto 1999 (Cons. Stato n. 938/1999)
L’intervento edilizio consistente nell’eliminazione della preesistente muratura di fondazione e degli elementi isolati privi di travi di collegamento e nella realizzazione ex novo in cemento armato; nella realizzazione della struttura portante con un’armatura in cemento armato, prima inesistente; nella modificazione della luce interna, con conseguente aumento di volumetria; nella modificazione dell’altezza massima esterna, della sagoma a terra e della superficie non può essere qualificato come manutenzione straordinaria o risanamento ed adeguamento strutturale, rientrando, invece, negli interventi di demolizione e ricostruzione di un immobile qualificabili come ristrutturazione edilizia, e però soggetti a concessione. Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza n. 807 del 23 luglio 1994 (Cons. Stato n. 807/1994)
Non rientra nel concetto di ristrutturazione la demolizione e la ricostruzione di un edificio sullo stesso o su diverso suolo; pertanto, l’art. 9 lett. d) L. 28 gennaio 1977, n. 10, non è in contrasto con gli art. 3 e 23 Cost., per la circostanza di non comprendere, nella previsione di esenzione dal contributo per il rilascio della concessione edilizia, accanto alle ipotesi di ristrutturazione ed ampliamento nei limiti del venti per cento, anche quella della integrale ricostruzione su un’area adiacente di un fabbricato demolito, adibito ad abitazione unifamiliare. Corte costituzionale, sentenza n. 296 del 26 giugno 1991 (Corte cost. n. 296/1991)