Le disposizioni regionali che riguardano la disciplina degli interventi edilizi in zone sismiche devono essere ricondotte all’ambito materiale del «governo del territorio», nonché a quello relativo alla «protezione civile», per i profili concernenti la tutela dell’incolumità pubblica. In materia assumono la valenza di principio fondamentale le disposizioni contenute nel D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 (TUE), che prevedono determinati adempimenti procedurali, a condizione che questi ultimi rispondano ad esigenze unitarie, particolarmente pregnanti di fronte al rischio sismico.
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Va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 7 della legge della Regione Abruzzo 8 giugno 2015, n. 12, recante «Modifiche alla legge regionale 11 agosto 2011 n. 28 (Norme per la riduzione del rischio sismico e modalità di vigilanza e controllo su opere e costruzioni in zone sismiche)» nella parte in cui ha introdotto nella legge della Regione Abruzzo 11 agosto 2011, n. 28 (Norme per la riduzione del rischio sismico e modalità di vigilanza e controllo su opere e costruzioni in zone sismiche) all’art. 19-bis, la lettera d) del comma 2, in forza del quale il regolamento attuativo avrebbe anche il compito di definire il contenuto delle “opere minori” nonché di “quelle prive di rilevanza ai fini della pubblica incolumità”, da ritenersi esentate sia dal procedimento di autorizzazione preventiva previsto dagli artt. 7 e 8 della legge regionale n. 28 del 2011, sia da quello di preavviso, con contestuale deposito, disciplinato, per le opere ricomprese in zone definite di bassa sismicità, dagli artt. 9 e 10 della stessa legge.
Corte costituzionale, sentenza n. 60 del 24 marzo 2017 (Corte cost. n. 60/2017)
Ad avviso dell’Adunanza il citato art. 12, comma 3 del D.P.R. n. 380 del 2001 (norma, invero, avente valenza mista: edilizia, da un lato, in quanto volta ad incidere sui tempi dell’attività edificatoria; urbanistica, dall’altro, in quanto finalizzata alla salvaguardia, in definiti ambiti temporali, degli assetti urbanistici in itinere e, medio tempore, dell’ordinato assetto del territorio) prevalga, in effetti, su eventuali norme regionali previgenti di contenuto difforme quali, per quanto qui interessa, l’art. 5 della L.R. n. 24 del 1977 e l’art. 36 della L.R. n. 38 del 1999, come sopra interpretate. A tale conclusione induce, invero, l’art. 1, comma 1, del medesimo D.P.R. n. 380/2001, secondo cui “il presente testo unico contiene i principi fondamentali e generali e le disposizioni per la disciplina dell’attività edilizia”, nonché i commi 1 e 3 dell’art. 2, secondo cui, rispettivamente, “le regioni esercitano la potestà legislativa concorrente in materia edilizia nel rispetto dei principi fondamentali della legislazione statale desumibili dalle disposizioni contenute nel testo unico” e “le disposizioni, anche di dettaglio, del presente testo unico, attuative dei principi di riordino in esso contenuti, operano direttamente nei riguardi delle regioni a statuto ordinario, fino a quando esse non si adeguano ai principi medesimi”. E, del resto, la norma si muove nella logica del terzo comma dell’art. 117 Cost., secondo cui sono materie di legislazione concorrente, tra le altre, quelle relative al “governo del territorio” e, “nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato”.
Consiglio di Stato, Sez. Ad. Plen., sentenza n. 2 del 7 aprile 2008 (Cons. Stato n. 2/2008)