La definizione e la nascita del testamento biologico
Il testamento biologico o biotestamento o DAT è l’espressione della volontà da parte di una persona, il “testatore”, fornita in condizioni di lucidità mentale, in merito alle terapie che intende o non intende accettare nell’eventualità in cui dovesse trovarsi nella condizione di incapacità di esprimere il proprio diritto di acconsentire o non acconsentire alle cure proposte (c. d. consenso informato) per malattie o lesioni traumatiche cerebrali irreversibili o invalidanti, malattie che costringano a trattamenti permanenti con macchine o sistemi artificiali che impediscano una normale vita di relazione.
La dottrina più autorevole lo ha definito come un negozio unilaterale inter vivos, quindi la parola “testamento”, viene presa in prestito dal nostro ordinamento non rientrando nella tipica definizione disciplinata dall’articolo 587 del codice civile che lo definisce “l’atto revocabile con il quale taluno dispone, per il tempo in cui avrà cessato di vivere, di tutte le proprie sostanze o di parte di esse”.(1)
Già nella Convenzione di Oviedo del 1997 si prevedeva: “I desideri precedentemente espressi a proposito di un intervento medico da parte di un paziente che, al momento dell’intervento, non è in grado di esprimere la sua volontà saranno tenuti in considerazione”.
Ma per lungo tempo in Italia il testamento biologico ha vissuto un vuoto normativo, al contrario di diversi paesi come la Germania, l’Inghilterra e la Spagna che hanno accolto e normato il biotestamento con largo anticipo rispetto al nostro paese. Oggi abbiamo una normativa che lo disciplina ed è la legge n. 219/2017 entrata in vigore nel gennaio 2018, anche se tutte le disposizioni testamentarie effettuate prima dell’entrata in vigore dell’appena citata legge sono comunque rimaste valide.
Inutile dire che il tema ha diviso e divide sia sul piano etico che su quello religioso, forse anche per la non chiarezza che è stata fatta sull’associare il testamento biologico all’eutanasia. Invece resta chiaro il confine tra questi due istituti: il biotestamento è un documento con cui la persona esprime la propria volontà di sospendere le cure mediche (tutte o alcune) nell’eventualità che in futuro non sia più in grado di autodeterminarsi, l’eutanasia, invece, consiste nella decisione di procurare volontariamente la morte ad una persona affetta da una malattia inguaribile, allo scopo di porre fine alla sua sofferenza. Nel primo caso, la persona vuole che siano sospese le terapie quando non vi sono più speranze di recupero, e in questo modo accetta la fine naturale della vita; nel secondo caso la vita viene anticipatamente interrotta con un atto apposito.
Troppo spesso sentiamo associate queste due parole, addirittura si può leggere che con il testamento biologico si può decidere se poter ricorrere all’eutanasia; per questo molte volte ho sentito dire che il biotestamento è una condanna, perché una volta presa una decisione non si può tornare indietro, anche se nel frattempo si è cambiato idea, niente di più sbagliato. Il biotestamento è una scelta, è un’opzione che si può fare, oppure no.
Con la legge n. 219/2017, infatti, si parla con maggiore frequenza di DAT ovvero Disposizioni anticipate di trattamento. Tali disposizioni sono la manifestazione della volontà del disponente in ordine ai trattamenti terapeutici necessari a mantenerlo in vita in caso di malattia allo stato terminale o di incapacità totale, eliminando ogni dubbio anche sulla nutrizione e l’idratazione artificiale, che dopo l’entrata in vigore di questa legge, possono essere rifiutate. Difatti l’articolo 1, comma 5, le considera una modalità di somministrazione, su prescrizione medica, di nutrienti mediante dispositivi medici e, pertanto, in quanto tali, a tutti gli effetti “trattamenti sanitari”.
Questa legge rispetta, inoltre, tutti i principi riportati negli articoli 2,13, e 32 della Costituzione e negli articoli 1, 2 e 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, a tutela del diritto della vita, alla salute, alla dignità e all’autodeterminazione della persona. La legge ribadisce il principio per cui nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge. Il cuore della legge è proprio l’introduzione della disciplina delle DAT.
I presupposti e come redigere il testamento biologico
Ai sensi del primo comma dell’articolo 4 della legge 219/2017 il paziente solo “dopo avere acquisito adeguate informazioni mediche sulle conseguenze delle sue scelte” può comporre il testamento biologico. La legge obbliga pertanto il soggetto a tenere un colloquio informativo con il proprio medico curante o altro medico di fiducia prima di procedere con il testamento biologico.
Tale disposizione costituisce dunque il presupposto di redazione del testamento che si può individuare in quello che la legge 219/2017 disciplina all’articolo 1 come consenso informato.
Il terzo comma dell’articolo 1 stabilisce infatti che:
“Ogni persona ha il diritto di conoscere le proprie condizioni di salute e di essere informata in modo completo, aggiornato e a lei comprensibile riguardo alla diagnosi, alla prognosi, ai benefici e ai rischi degli accertamenti diagnostici e dei trattamenti sanitari indicati, nonché riguardo alle possibili alternative e alle conseguenze dell’eventuale rifiuto del trattamento sanitario e dell’accertamento diagnostico o della rinuncia ai medesimi. Può rifiutare in tutto o in parte di ricevere le informazioni ovvero indicare i familiari o una persona di sua fiducia incaricati di riceverle e di esprimere il consenso in sua vece se il paziente lo vuole. Il rifiuto o la rinuncia alle informazioni e l’eventuale indicazione di un incaricato sono registrati nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico”.
Ciascun soggetto maggiore di età e capace di intendere e di volere può fare testamento biologico.
Le disposizioni anticipate di trattamento possono essere rese nelle forme tradizionali previste dall’ordinamento giuridico ovvero:
- scrittura privata;
- atto pubblico;
- scrittura privata autenticata.
A stabilirlo è il sesto comma dell’articolo 4 della legge sulle DAT. Qualora si scelgano le ultime due forme di redazione si rende necessaria la figura del notaio.(2)
Se invece si sceglie per la scrittura privata semplice le DAT possono essere consegnate all’Ufficiale dello Stato Civile del Comune di residenza. In alternativa possono essere consegnate direttamente ad una struttura sanitaria. Nel caso non fosse possibile rendere le disposizioni in forma scritta si possono utilizzare altri mezzi di comunicazione come registratori o videoregistratori.
L’oggetto di tali disposizioni pertanto può riguardare:
- accertamenti diagnostici;
- terapie;
- singoli trattamenti sanitari.
Il disponente non può con le DAT invece esprimere volontà inerenti momenti successivi alla sua morte ma solo di trattamenti di quando è in vita.
Il testamento biologico è esente da qualunque imposizione fiscale.
Nello stesso articolo 4, si specifica che dette disposizioni possono sempre essere modificate, rettificate o revocate; in casi di urgenza ed emergenza, la revoca può essere fatta dal paziente con dichiarazioni verbali raccolte innanzi a 2 testimoni o videoregistrate da un medico.
Inoltre il disponente può nominare una persona di fiducia “che ne faccia le veci e la rappresenti nelle relazioni con il medico e con le strutture sanitarie”, “il fiduciario deve essere una persona maggiorenne e capace di intendere e di volere. L’accettazione della nomina da parte del fiduciario avviene attraverso la sottoscrizione delle DAT o con atto successivo, che è allegato alle DAT. Al fiduciario è rilasciata una copia delle DAT”.
Il fiduciario può rinunciare, in qualsiasi momento, alla nomina con atto scritto, e il disponente può ogni volta che lo desidera cambiare il fiduciario.
Nel caso in cui ci sia un contrasto tra il medico curante e il fiduciario sui trattamenti da eseguirsi sul paziente, la decisione è rimessa al giudice tutelare.
Inoltre c’è da specificare che tra i punti chiave della legge 219 vi è l’esenzione da responsabilità civile o penale da parte del medico, che è tenuto a rispettare la volontà espressa dal paziente di rinunciare al trattamento o di rifiutarlo. Quest’ultimo, però, non può esigere trattamenti sanitari che si pongono in contrasto con le norme di legge, la deontologia professionale o le buone pratiche clinico-assistenziali e, laddove ciò si verifichi, il medico non assume alcun obbligo nei suoi confronti.
Per il resto, la volontà del paziente va rispettata anche nelle situazioni di urgenza ed emergenza e le strutture sanitarie sono tenute a garantirne la piena attuazione.
Il medico deve fare poi quanto nelle sue possibilità per alleviare le sofferenze del paziente, anche se questo ha rifiutato il trattamento sanitario o ha revocato il proprio consenso, garantendo l’adeguata terapia del dolore. Nonostante ciò, la legge sancisce il divieto di accanimento terapeutico, stabilendo che il sanitario, “nei pazienti con prognosi infausta a breve termine o di imminenza di morte, deve astenersi da ogni ostinazione irragionevole nella somministrazione delle cure e dal ricorso a trattamenti inutili o sproporzionati”.
Come abbiamo accennato sopra, il testamento biologico può essere redatto in forma di scrittura privata semplice. In questo caso può essere consegnato personalmente dal disponente ad una struttura sanitaria o all’ufficiale dello Stato Civile del Comune di residenza; nel primo caso la raccolta dei testamenti biologici viene gestita dalla regione, nel secondo caso dai Comuni.
Non esistono moduli previsti per legge, tuttavia alcuni comuni hanno predisposto dei moduli facsimili.
Fino al 1° febbraio 2020 non esisteva una Banca dati nazionale delle DAT, infatti la legge 219/2017 prevedeva solo registri regionali: se la persona veniva ricoverata in una regione diversa da quella in cui viveva, si rischiava di non conoscere le DAT. Successivamente a tale data deve essere acquisito anche il consenso del disponente per la trasmissione di copia delle DAT alla Banca dati nazionale della DAT, così da risolvere il problema.
Le disposizioni testamentarie prima della legge 219/2017: giurisprudenza
Prima abbiamo accennato come le disposizioni testamentarie effettuate prima dell’entrata in vigore della legge sulle DAT restino valide. Non si applica a tali disposizioni tuttavia la legge 219/2017 sulle DAT ad eccezione dell’ipotesi di cui all’articolo 6 della medesima legge. Tale norma stabilisce infatti che “ai documenti atti ad esprimere le volontà del disponente in merito ai trattamenti sanitari, depositati presso il Comune di residenza o presso un notaio prima della data di entrata in vigore della presente legge, si applicano le disposizioni della medesima legge”.
La giurisprudenza ha confermato l’irretroattività della suddetta legge tenendo conto dell’eccezione di cui all’articolo 6 nella sentenza n. 12998/2019. Il caso affrontato in tale occasione inoltre riguardava la nomina di un amministratore di sostegno come soggetto incaricato ad esprimere il rifiuto di un determinato trattamento medico in luogo del paziente divenuto eventualmente incapace.
Con riguardo a tale caso i giudici hanno avuto modo di affermare che “non rileva, ai fini dell’ammissibilità del ricorso per amministrazione di sostegno, la sopravvenuta L. 22 dicembre 2017, n. 219, poiché entrata in vigore solo il 31 gennaio 2018, ossia dopo la proposizione della domanda di amministrazione di sostegno da parte dei ricorrenti, e non avendo la legge efficacia retroattiva. Ed invero, l’unica disposizione transitoria, contenuta nell’art. 6, dispone che “le disposizioni della medesima legge” si applicano esclusivamente “ai documenti atti ad esprimere le volontà del disponente in merito ai trattamenti sanitari, depositati presso il Comune di residenza o presso un notaio prima della data di entrata in vigore della presente legge”, laddove, nella specie, le “direttive anticipate” del C. erano da questi personalmente conservate e portate con sé dal medesimo, ai fini di mostrarle ai medici ad ogni ricovero in ospedale”.
Quindi, le disposizioni testamentarie rese prima del 2017 restano valide.
Conclusioni
In conclusione quindi: il testamento biologico è un’opportunità? Può essere considerato una scelta per una “morte dignitosa”?
Secondo me, sì.
Forse, il problema, come spesso accade, è che ci sia tanta informazione, non sempre corretta.
Come abbiamo visto le DAT possono essere date o non date, possono essere modificate o revocate in qualsiasi momento, anche nei momenti d’emergenza senza forma scritta; si può nominare una persona di fiducia e questo può sempre recedere dall’incarico, insomma, non c’è niente di vincolante e di certo non possono essere considerate una condanna che una volta sottoscritte non ci sia via d’uscita.
Troppo spesso si pensa, con superficialità, immagino, che le persone che decidono di prendere determinate decisioni, come quelle di non ricevere un’alimentazione con le macchine o anche solo un’idratazione artificiale non rispettino il dono della vita, ma quando sento queste affermazioni mi chiedo: queste persone sanno cosa vuol dire non poter essere più autonomi? Sanno cosa vuol dire “sopravvivere”? Sembra una banalità ma è vita non potersi alzare dal letto? Stare attaccati ad una macchina senza la quale non puoi respirare? Io non credo, perché sennò la scelta sarebbe più ovvia di quanto si pensi… Non sono scelte che si prendono a “cuor leggero”, anzi, credo che siano scelte che abbiamo la possibilità di fare quando siamo lucidi, grazie alle quali possiamo decidere di un momento della nostra vita in cui nessun altro dovrebbe decidere per noi.