Reati in materia di patrimonio culturale

Articolo a cura dell’Avv.ssa Cristina Monteleone

Reati-in-materia-di-patrimonio-culturale

1. Introduzione

Con la legge 9 marzo 2022 n. 22 – entrata in vigore il 23 marzo scorso –  rubricata “disposizioni in materia di reati contro il patrimonio culturale” il legislatore ha introdotto un piccolo ma significativo catalogo di reati. Composto di soli sette articoli, il predetto intervento legislativo tutela la salvaguardia del patrimonio culturale esistente quale autonomo bene giuridico.

2. Analisi dell’impianto normativo e rilievi critici

Costruiti ricalcando gli elementi costitutivi delle principali e già vigenti figure delittuose contro il patrimonio, contro l’ordine pubblico nonché contro la fede pubblica, i reati introdotti con la l. n. 22/2022 sono stati collocati nel titolo VIII – bis del codice penale ossia di seguito al titolo VIII del codice penale intitolato ai delitti contro l’economia pubblica. La formulazione dell’anzidetto titolo – intitolato “dei delitti contro il patrimonio culturale” – degli anzidetti reati rivela l’elevazione operata dal legislatore di tutto il complessivo patrimonio culturale (anche quello appartenente a soggetti privati) a patrimonio pubblico ovvero ad una sorta di categoria di patrimonio al quale accordare una tutela penale rafforzata. La suddetta intentio legislatoris è stata perseguita anche attraverso l’introduzione di figure delittuose già oggetto di depenalizzazione – vedasi l’art. 518-octies c.p. rubricato falsificazione in scrittura privata relativa a beni culturali costituente nient’altro che la specificazione dell’ormai abrogato art. 485 cod. pen. – e nell’estrapolazione di figure di reato già vigenti e nella creazione di ulteriori norme criminose con la previsione di pene detentive più severe – vedasi il comma 1 dell’art. 518-duodecies cod. pen. rubricato distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali o paesaggistici riproducente il comma 2, n. 1 dell’art. 635 cod. pen.
Dalla disamina complessiva del testo legislativo, peraltro, emerge la volontà del legislatore di tutelare ogni fase del ciclo vitale del bene culturale ossia dalla fase di ricerca/rinvenimento del bene culturale – tramite l’art. 707-bis cod. pen. il quale punisce il possesso ingiustificato di strumenti per il sondaggio del terreno o di apparecchiature per la rilevazione dei metalli – fino alla sua commerciabilità – attraverso gli artt. 518-novies cod. pen., 518-decies cod. pen., 518-undecies cod. pen. – non mancando di fare riferimento agli eventi patologici – mediante gli artt. 518-duodecies cod. pen., 518-terdecies cod. pen., 518-quaterdecies cod. pen.
Ad eccezione del bene giuridico tutelato, gli elementi costitutivi dei reati sopra menzionati appaiono i medesimi delle fattispecie incriminatrici già vigenti e non tutelanti i beni culturali. In questa sede, infatti, la scrivente si limiterà a riportare brevemente i rilievi che prima facie sorgono dalla complessiva disamina del testo legislativo in esame.
Ciò che emerge è, innanzitutto, la mancanza di previsione del delitto di truffa inerente i beni culturali. Allo stato odierno, infatti, è massiccio il ricorso dei cittadini agli incentivi statali volti ad rendere più performanti energeticamente o sismicamente gli edifici. Detti benefici fiscali sono applicabili anche agli edifici vincolati in quanto costituenti beni culturali. È evidente che, allo stato attuale, l’eventuale condotta illecita testè menzionata rientra nell’alveo di applicabilità di cui all’art. 640 cod. pen. La mancanza della predetta previsione non costituisce una lacuna normativa grave – in quanto supplita dall’eventuale applicazione del già vigente delitto di truffa –  ma è contrastante con il predetto intento legislativo di rafforzare la tutela penale dei beni culturali.
Dalla lettura dell’art. 518-novies cod. pen. rubricato violazioni in materia di alienazione di beni culturali, ancora, emerge l’applicabilità della condotta di cui al comma 1, n. 2 del superiore articolo anche al professionista delegato il quale sia stato delegato a vendere un immobile qualificato bene culturale e, pertanto, sia tenuto a presentare la prescritta denuncia di avvenuto trasferimento. 
Dall’esame complessivo del testo legislativo, tuttavia, si rileva che le formulazioni di alcune disposizioni incriminatrici potrebbero essere ritenute contrastanti con alcuni principi costituzionali vigenti in materia penale come il principio di offensività in concreto e di proporzionalità. A ben vedere, infatti, la nozione di bene culturale – contenuta nell’art. 2, comma 2 del d.lgs. n. 42/2004 – non effettua distinzioni tra le varie categorie del suddetto bene (es. chiese ovvero frammenti di anfore rinvenuti in scavi archeologici). È di ogni evidenza, tuttavia, che il disvalore insito nella condotta esplicatasi nella distruzione di una chiesa non possa essere il medesimo contenuto nel comportamento di distruzione o di deterioramento di un frammento di anfora di epoca greco-romana.
Potrebbe essere utile ad evitare l’insorgere di una questione di legittimità costituzionale nei termini sopra menzionati, il disposto dell’art. 518-septiesdecies cod. pen. rubricato circostanze attenuanti. Secondo la predetta disposizione, infatti, “il reato previsto dal presente titolo cagioni un danno di speciale tenuità ovvero comporti un lucro di speciale tenuità quando anche l’evento dannoso o pericoloso sia di speciale tenuità”. Il giudice di merito, pertanto, potrebbe fare applicazione del predetto articolo, ridurre la pena da comminare all’imputato ed eliminare il ricorso al Giudice delle Leggi.
Ulteriore aspetto da rilevare, sulla quale sicuramente la giurisprudenza di legittimità sarà chiamata a dare indicazioni, è la nozione di patrimonio culturale nazionale trovantesi all’estero, contenuta nel recente art. 518-undevicies cod. pen. secondo la quale “le disposizioni del presente titolo si applicano altresì quando il fatto è commesso all’estero in danno del patrimonio culturale nazionale”. Sarà necessario, infatti, chiarire i criteri secondo i quali un bene culturale possa essere considerato facente parte della categoria di patrimonio culturale nazionale. Si pensi alle innumerevoli opere d’arte detenute all’estero e riconducibili ad artisti italiani. In relazione, peraltro, alla possibilità prevista dall’art. 518-undevicies cod. pen. – fatto commesso all’estero –  che i superiori fatti di reato vengano posti in essere all’estero e tenuto conto dell’attuale vigenza degli artt. 8 e 9 cod. pen., peraltro, sarebbe stato più opportuno inserire il riferimento al titolo VIII-bis del libro secondo del codice penale nell’art. 8 cod. pen. Ciò all’evidente scopo di eliminare la necessità dell’eventuale e corretto esperimento delle condizioni di procedibilità.
Avuto riguardo alla fattispecie incriminatrice di contraffazione di opere d’arte – previsto e punito dall’art. 518-quaterdecies cod. pen. – nell’evidente intento di evitare l’immissione in commercio di opere contraffatte, il legislatore ha precisato che le opere confiscate non possano formare oggetto di vendita (“è sempre ordinata la confisca degli esemplari contraffatti, alterati o riprodotti delle opere o degli oggetti indicati nel primo comma, salvo che si tratti di cose appartenenti a persone estranee al reato. Delle cose confiscate è vietata, senza limiti di tempo, la vendita nelle aste dei corpi di reato”). È rilevante, peraltro, la formulazione di cui all’art. 518-quinquiesdecies cod. pen. – casi di non punibilità – la quale esclude dall’ambito di punibilità le condotte di colui che riproduce, detiene, pone in vendita o altrimenti diffonde copie di opere di pittura, di scultura o di grafica, ovvero copie o imitazioni di oggetti di antichità o di interesse storico o archeologico, dichiarate espressamente non autentiche, mediante annotazione scritta sull’opera o sull’oggetto o, quando ciò non sia possibile per la natura o le dimensioni della copia o dell’imitazione, mediante dichiarazione rilasciata all’atto dell’esposizione o della vendita. Non si applicano del pari ai restauri artistici che non abbiano ricostruito in modo determinante l’opera originale.
L’art. 707-bis cod. pen. – rubricato “possesso ingiustificato di strumenti per il sondaggio del terreno o di apparecchiature per la rilevazione dei metalli” – elimina il riferimento ai pregiudizi penali del soggetto (previsto dall’art. 707 cod. pen.) ed introduce una “presunzione di reità” qualora il soggetto non giustifichi l’attuale destinazione venga colto all’interno di “aree e parchi archeologici, di zone di interesse archeologico, se delimitate con apposito atto dell’amministrazione competente, o di aree nelle quali sono in corso lavori sottoposti alle procedure di verifica preventiva dell’interesse archeologico secondo quanto previsto dalla legge”. In altri termini, è sanzionabile penalmente l’ingresso di un soggetto in un’area archeologica se munito di metal detector senza avere una regolare autorizzazione. E’ pressochè impossibile, infatti, giustificare l’utilizzo di una delle superiori apparecchiature e all’interno di uno dei predetti luoghi salvo che non si stia svolgendo un impiego per conto delle Autorità preposte alla ricerca di reperti archeologici. Appare evidente che l’eventuale impossessamento di un bene culturale mobile altrui rinvenuto nel sottosuolo rientro nell’ambito applicativo del cd. furto di beni culturali, previsto e punito dall’art. 518-bis cod. pen.

3. Conclusioni

Dalla complessiva lettura della l. 9 marzo 2022 n. 22, pertanto, emerge e si apprezza l’intento – più volte menzionato –  del legislatore di rafforzare maggiormente la tutela penale in materia di beni culturali anche attraverso l’inasprimento delle sanzioni penali. In considerazione, tuttavia, della grande incidenza dei cd. beni culturali su molteplici problematiche anche quotidiane, sarebbe più opportuno modificare il catalogo di reati in modo da includervi anche quelle situazioni ugualmente lesive del patrimonio culturale (vedasi il superiore riferimento alla truffa inerente un bene culturale) e non menzionate. Allo stesso modo, sarebbe più opportuno provvedere a rivedere l’odierno testo normativo così da espungervi quelle situazioni non effettivamente lesive del bene giuridico tutelato della tutela del patrimonio culturale.
È di ogni evidenza, tuttavia, che bisognerà aspettare la formazione di una consistente giurisprudenza di merito e di legittimità e, dell’eventuale giurisprudenza costituzionale, per valutare la reale utilità dell’intervento legislativo in esame e suoi limiti individuati dalla giurisprudenza.
Per altro verso, la delineazione del neonato diritto penale dei beni culturali appare destinato a mutare, nel corso dei prossimi anni, in ragione del prevedibile mutamento del costume criminoso nel proposito di individuare ed inserirsi nelle aree non rientranti nell’ambito di punibilità identificati dall’odierno testo legislativo.

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1. Introduzione

Con la legge 9 marzo 2022 n. 22 – entrata in vigore il 23 marzo scorso –  rubricata “disposizioni in materia di reati contro il patrimonio culturale” il legislatore ha introdotto un piccolo ma significativo catalogo di reati. Composto di soli sette articoli, il predetto intervento legislativo tutela la salvaguardia del patrimonio culturale esistente quale autonomo bene giuridico.

2. Analisi dell’impianto normativo e rilievi critici

Costruiti ricalcando gli elementi costitutivi delle principali e già vigenti figure delittuose contro il patrimonio, contro l’ordine pubblico nonché contro la fede pubblica, i reati introdotti con la l. n. 22/2022 sono stati collocati nel titolo VIII – bis del codice penale ossia di seguito al titolo VIII del codice penale intitolato ai delitti contro l’economia pubblica. La formulazione dell’anzidetto titolo – intitolato “dei delitti contro il patrimonio culturale” – degli anzidetti reati rivela l’elevazione operata dal legislatore di tutto il complessivo patrimonio culturale (anche quello appartenente a soggetti privati) a patrimonio pubblico ovvero ad una sorta di categoria di patrimonio al quale accordare una tutela penale rafforzata. La suddetta intentio legislatoris è stata perseguita anche attraverso l’introduzione di figure delittuose già oggetto di depenalizzazione – vedasi l’art. 518-octies c.p. rubricato falsificazione in scrittura privata relativa a beni culturali costituente nient’altro che la specificazione dell’ormai abrogato art. 485 cod. pen. – e nell’estrapolazione di figure di reato già vigenti e nella creazione di ulteriori norme criminose con la previsione di pene detentive più severe – vedasi il comma 1 dell’art. 518-duodecies cod. pen. rubricato distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali o paesaggistici riproducente il comma 2, n. 1 dell’art. 635 cod. pen.
Dalla disamina complessiva del testo legislativo, peraltro, emerge la volontà del legislatore di tutelare ogni fase del ciclo vitale del bene culturale ossia dalla fase di ricerca/rinvenimento del bene culturale – tramite l’art. 707-bis cod. pen. il quale punisce il possesso ingiustificato di strumenti per il sondaggio del terreno o di apparecchiature per la rilevazione dei metalli – fino alla sua commerciabilità – attraverso gli artt. 518-novies cod. pen., 518-decies cod. pen., 518-undecies cod. pen. – non mancando di fare riferimento agli eventi patologici – mediante gli artt. 518-duodecies cod. pen., 518-terdecies cod. pen., 518-quaterdecies cod. pen.
Ad eccezione del bene giuridico tutelato, gli elementi costitutivi dei reati sopra menzionati appaiono i medesimi delle fattispecie incriminatrici già vigenti e non tutelanti i beni culturali. In questa sede, infatti, la scrivente si limiterà a riportare brevemente i rilievi che prima facie sorgono dalla complessiva disamina del testo legislativo in esame.
Ciò che emerge è, innanzitutto, la mancanza di previsione del delitto di truffa inerente i beni culturali. Allo stato odierno, infatti, è massiccio il ricorso dei cittadini agli incentivi statali volti ad rendere più performanti energeticamente o sismicamente gli edifici. Detti benefici fiscali sono applicabili anche agli edifici vincolati in quanto costituenti beni culturali. È evidente che, allo stato attuale, l’eventuale condotta illecita testè menzionata rientra nell’alveo di applicabilità di cui all’art. 640 cod. pen. La mancanza della predetta previsione non costituisce una lacuna normativa grave – in quanto supplita dall’eventuale applicazione del già vigente delitto di truffa –  ma è contrastante con il predetto intento legislativo di rafforzare la tutela penale dei beni culturali.
Dalla lettura dell’art. 518-novies cod. pen. rubricato violazioni in materia di alienazione di beni culturali, ancora, emerge l’applicabilità della condotta di cui al comma 1, n. 2 del superiore articolo anche al professionista delegato il quale sia stato delegato a vendere un immobile qualificato bene culturale e, pertanto, sia tenuto a presentare la prescritta denuncia di avvenuto trasferimento. 
Dall’esame complessivo del testo legislativo, tuttavia, si rileva che le formulazioni di alcune disposizioni incriminatrici potrebbero essere ritenute contrastanti con alcuni principi costituzionali vigenti in materia penale come il principio di offensività in concreto e di proporzionalità. A ben vedere, infatti, la nozione di bene culturale – contenuta nell’art. 2, comma 2 del d.lgs. n. 42/2004 – non effettua distinzioni tra le varie categorie del suddetto bene (es. chiese ovvero frammenti di anfore rinvenuti in scavi archeologici). È di ogni evidenza, tuttavia, che il disvalore insito nella condotta esplicatasi nella distruzione di una chiesa non possa essere il medesimo contenuto nel comportamento di distruzione o di deterioramento di un frammento di anfora di epoca greco-romana.
Potrebbe essere utile ad evitare l’insorgere di una questione di legittimità costituzionale nei termini sopra menzionati, il disposto dell’art. 518-septiesdecies cod. pen. rubricato circostanze attenuanti. Secondo la predetta disposizione, infatti, “il reato previsto dal presente titolo cagioni un danno di speciale tenuità ovvero comporti un lucro di speciale tenuità quando anche l’evento dannoso o pericoloso sia di speciale tenuità”. Il giudice di merito, pertanto, potrebbe fare applicazione del predetto articolo, ridurre la pena da comminare all’imputato ed eliminare il ricorso al Giudice delle Leggi.
Ulteriore aspetto da rilevare, sulla quale sicuramente la giurisprudenza di legittimità sarà chiamata a dare indicazioni, è la nozione di patrimonio culturale nazionale trovantesi all’estero, contenuta nel recente art. 518-undevicies cod. pen. secondo la quale “le disposizioni del presente titolo si applicano altresì quando il fatto è commesso all’estero in danno del patrimonio culturale nazionale”. Sarà necessario, infatti, chiarire i criteri secondo i quali un bene culturale possa essere considerato facente parte della categoria di patrimonio culturale nazionale. Si pensi alle innumerevoli opere d’arte detenute all’estero e riconducibili ad artisti italiani. In relazione, peraltro, alla possibilità prevista dall’art. 518-undevicies cod. pen. – fatto commesso all’estero –  che i superiori fatti di reato vengano posti in essere all’estero e tenuto conto dell’attuale vigenza degli artt. 8 e 9 cod. pen., peraltro, sarebbe stato più opportuno inserire il riferimento al titolo VIII-bis del libro secondo del codice penale nell’art. 8 cod. pen. Ciò all’evidente scopo di eliminare la necessità dell’eventuale e corretto esperimento delle condizioni di procedibilità.
Avuto riguardo alla fattispecie incriminatrice di contraffazione di opere d’arte – previsto e punito dall’art. 518-quaterdecies cod. pen. – nell’evidente intento di evitare l’immissione in commercio di opere contraffatte, il legislatore ha precisato che le opere confiscate non possano formare oggetto di vendita (“è sempre ordinata la confisca degli esemplari contraffatti, alterati o riprodotti delle opere o degli oggetti indicati nel primo comma, salvo che si tratti di cose appartenenti a persone estranee al reato. Delle cose confiscate è vietata, senza limiti di tempo, la vendita nelle aste dei corpi di reato”). È rilevante, peraltro, la formulazione di cui all’art. 518-quinquiesdecies cod. pen. – casi di non punibilità – la quale esclude dall’ambito di punibilità le condotte di colui che riproduce, detiene, pone in vendita o altrimenti diffonde copie di opere di pittura, di scultura o di grafica, ovvero copie o imitazioni di oggetti di antichità o di interesse storico o archeologico, dichiarate espressamente non autentiche, mediante annotazione scritta sull’opera o sull’oggetto o, quando ciò non sia possibile per la natura o le dimensioni della copia o dell’imitazione, mediante dichiarazione rilasciata all’atto dell’esposizione o della vendita. Non si applicano del pari ai restauri artistici che non abbiano ricostruito in modo determinante l’opera originale.
L’art. 707-bis cod. pen. – rubricato “possesso ingiustificato di strumenti per il sondaggio del terreno o di apparecchiature per la rilevazione dei metalli” – elimina il riferimento ai pregiudizi penali del soggetto (previsto dall’art. 707 cod. pen.) ed introduce una “presunzione di reità” qualora il soggetto non giustifichi l’attuale destinazione venga colto all’interno di “aree e parchi archeologici, di zone di interesse archeologico, se delimitate con apposito atto dell’amministrazione competente, o di aree nelle quali sono in corso lavori sottoposti alle procedure di verifica preventiva dell’interesse archeologico secondo quanto previsto dalla legge”. In altri termini, è sanzionabile penalmente l’ingresso di un soggetto in un’area archeologica se munito di metal detector senza avere una regolare autorizzazione. E’ pressochè impossibile, infatti, giustificare l’utilizzo di una delle superiori apparecchiature e all’interno di uno dei predetti luoghi salvo che non si stia svolgendo un impiego per conto delle Autorità preposte alla ricerca di reperti archeologici. Appare evidente che l’eventuale impossessamento di un bene culturale mobile altrui rinvenuto nel sottosuolo rientro nell’ambito applicativo del cd. furto di beni culturali, previsto e punito dall’art. 518-bis cod. pen.

3. Conclusioni

Dalla complessiva lettura della l. 9 marzo 2022 n. 22, pertanto, emerge e si apprezza l’intento – più volte menzionato –  del legislatore di rafforzare maggiormente la tutela penale in materia di beni culturali anche attraverso l’inasprimento delle sanzioni penali. In considerazione, tuttavia, della grande incidenza dei cd. beni culturali su molteplici problematiche anche quotidiane, sarebbe più opportuno modificare il catalogo di reati in modo da includervi anche quelle situazioni ugualmente lesive del patrimonio culturale (vedasi il superiore riferimento alla truffa inerente un bene culturale) e non menzionate. Allo stesso modo, sarebbe più opportuno provvedere a rivedere l’odierno testo normativo così da espungervi quelle situazioni non effettivamente lesive del bene giuridico tutelato della tutela del patrimonio culturale.
È di ogni evidenza, tuttavia, che bisognerà aspettare la formazione di una consistente giurisprudenza di merito e di legittimità e, dell’eventuale giurisprudenza costituzionale, per valutare la reale utilità dell’intervento legislativo in esame e suoi limiti individuati dalla giurisprudenza.
Per altro verso, la delineazione del neonato diritto penale dei beni culturali appare destinato a mutare, nel corso dei prossimi anni, in ragione del prevedibile mutamento del costume criminoso nel proposito di individuare ed inserirsi nelle aree non rientranti nell’ambito di punibilità identificati dall’odierno testo legislativo.