“Il ricorso alla forza e alla coercizione per cambiare i confini non è ammissibile nel XXI secolo. Le tensioni ed i conflitti dovrebbero essere risolti esclusivamente attraverso il dialogo e la diplomazia1”. Questa la conclusione del Consiglio Europeo alla data del 24/02/2022 allorquando, con la massima severità, i suoi componenti hanno recisamente condannato l’invasione delle milizie russe nei territori dello Stato ucraino ritenendola ingiustificata, non provocata, violativa del diritto internazionale ed irrimediabilmente tesa a sconvolgere la sicurezza e la stabilità europea e mondiale.
Pregnante è l’attività svolta dall’Unione Europea nell’ambito della sua c.d. “azione esterna” che involge il settore della Politica Estera e della Sicurezza Comune (PESC), ivi inclusa, come meglio si dirà, la Politica di Difesa Comune.
Originariamente prevista dal Trattato di Maastricht, il quale aveva articolato l’architettura istituzionale dell’Unione in tre pilastri e, per l’appunto, le Comunità Europee, la Politica Estera e di Sicurezza Comune (PESC) e la Cooperazione in materia di Giustizia e Affari Interni (GAI). In tale previsione, la materia della Politica Estera e di Sicurezza Comune era stata identificata quale oggetto di un’azione comune dell’Unione disciplinato dalla cooperazione intergovernativa.
Successivamente, il Trattato di Lisbona ha reciso la predetta distinzione formale tra i pilastri confermando l’assoggettamento del settore della PESC ad un regime speciale rispetto alle altre competenze attribuite all’Unione.
La PESC2, pertanto, diviene nel tempo una categoria autonoma rispetto alle altre forme di competenza esclusiva, concorrente o del terzo tipo, presentando caratteri peculiari desumibili dalla apposita disciplina contenuta nel TUE, titolo V, capo II, artt. 22 e ss. secondo cui, la competenza dell’Unione nel settore della PESC assume i contenuti della definizione di orientamenti generali, della adozione di decisioni dirette alla individuazione delle azioni e delle posizioni dell’Unione nonché delle relative modalità di attuazione; infine, del rafforzamento della cooperazione sistematica tra gli Stati membri per la conduzione della loro politica.
La competenza dell’Unione nel settore della PESC da un lato non esclude il potere di intervento degli Stati membri e, dall’altro, impone agli stessi l’osservanza degli obblighi di coerenza e di coordinamento.
Il primo, disciplinato dall’art. 28 TUE3, è tale per cui gli Stati membri sono tenuti ad evitare comportamenti difformi dalla linea di azione intrapresa dall’Unione; il secondo, invece, impone agli Stati membri di consultarsi reciprocamente sulle questioni aventi interesse generale per la definizione di un approccio comune.
Le decisioni adottate ai sensi e per gli effetti dell’art. 28 TUE e dirette alla realizzazione di un intervento operativo dell’Unione, richiesto da una “situazione internazionale”, presentano, comunque, un contenuto circoscritto in tema di obiettivi, portata e mezzi di cui l’Unione deve disporre, le condizioni di attuazione e, se necessario, la durata.
Degna di nota è altresì la Politica di Sicurezza e Difesa Comune, disciplinata dagli artt. 42–46 del TUE, intesa quale ambito particolarmente rilevante della Politica Estera e di Sicurezza Comune.
In tale ottica, la Politica di Sicurezza e di Difesa Comune mira ad assicurare all’Unione la disponibilità di una capacità operativa rappresentata da mezzi civili e militari per la realizzazione di missioni all’esterno dell’Unione, tutte volte a garantire il mantenimento della pace, la prevenzione dei conflitti e il rafforzamento della sicurezza internazionale.
L’ambito include anche la graduale definizione di una Politica di Difesa Comune attuata su decisioni del Consiglio Europeo, assunte all’unanimità dei suoi componenti. Include, ancora, l’Agenzia Europea per la difesa il cui compito, ai sensi dell’art. 45 TUE, è quello di contribuire alla individuazione delle capacità militari degli Stati membri, sostenere la ricerca nel settore della tecnologia della difesa, riconoscere e, se del caso, attuare qualsiasi misura utile per potenziare la base industriale e tecnologica del settore della difesa ed, infine, migliorare l’efficacia delle spese militari.
Di concerto al dialogo politico ed agli sforzi complementari, la Politica Estera e di Sicurezza Comune dell’Unione Europea ha la facoltà di servirsi di un ulteriore strumento atto allo sviluppo di un incisivo metodo politico e globale: l’adozione e l’applicazione delle misure restrittive o,4 comunemente denominate, sanzioni.
Senza ombra di dubbio alcuno, l’obbiettivo principe delle misure restrittive è quello di garantire il mantenimento della pace prevenendo, nel contempo, qualsivoglia condizione che possa determinare un conflitto militare.
A ciò si aggiunga l’obiettivo del consolidamento della sicurezza internazionale, della democrazia, dello stato di diritto oltre alla salvaguardia dei diritti umani ed, infine, l’osservanza dei principi di diritto internazionale.
Attraverso l’adozione delle misure restrittive, dunque, l’Unione Europea è in grado di tutelare degli specifici obiettivi strategici fornendo una risposta efficace alle politiche contrarie ai propri obbiettivi ed ai propri valori; non a caso, le ridette misure possono abbracciare temi quali il terrorismo, la destabilizzazione deliberata di un paese sovrano, le attività di diffusione nucleare ed, ancora, l’annessione di territori stranieri.
In linea generale, le misure restrittive sono centrate su settori determinati distinguendosi, poi, in sanzioni in senso lato, cosiddette “diplomatiche”, con espressa previsione di interruzione delle relazioni diplomatiche con il paese destinatario e sanzioni in senso stretto le quali, forti di un provvedimento di natura giuridica, impongono restrizioni alle persone, l’embargo sulle armi, il congelamento dei beni ed, altresì, sanzioni puramente economiche con lo scopo ultimo di limitare e/o vietare l’importazione e l’esportazione di beni e le operazioni di investimento.
Trattasi di provvedimenti destinati a quegli individui che, a titolo esemplificativo ma non esaustivo, sono coinvolti in attività terroristiche o facenti parte di gruppi i cui animi sono tesi all’organizzazione di condotte belliciste. Sono destinati, ancora, a tutte quelle entità che implementano politiche contrarie alla PESC, ivi compresi i governi di paesi terzi.
Va da sé che l’Unione Europea adotta le misure restrittive limitando le conseguenze che, per l’effetto, incidono sulla popolazione civile e sulle attività legali spiegate nel paese destinatario della sanzione. L’adozione, peraltro, può aversi sia autonomamente sia per attuare le risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’ONU, dietro un dialogo costante con le Nazioni Unite. Nel corso del tempo, l’organo deputato dell’Unione Europea ha adottato molteplici misure restrittive nei confronti di diversi paesi, tracciando una mappa ben definita dal Nicaragua alla Russia, passando attraverso la Libya, il Sudan, la Somalia, l’Iran, l’Iraq e la Cina.5
Di particolare rilievo è l’intensa attività dell’Unione Europea atta a contrastare l’attacco militare della Russia nei confronti della Ucraina nonchè volta ad indebolire drasticamente la capacità del Cremlino di continuare a finanziare la guerra in essere.
Per dovere di verità, a far data dal 2014, l’Unione Europea ha progressivamente imposto sanzioni alla Russia in risposta all’annessione illegale della Crimea. In tal sede, però, verranno doviziosamente6 esplicitate le misure adottate avverso il preliminare incremento di forze militari russe, avutosi in prossimità del confine ucraino nell’anno 2021. Si è poi drammaticamente giunti a febbraio 2022, allorquando, il Presidente Vladimir Putin ha inteso riconoscere entità dipendenti le zone delle regioni ucraine di Donetsk e Luhansk, non controllate dal governo del Presidente Volodymyr Zelens’kyj, inviandovi militanze russe.
Seguiva, ufficialmente, l’invasione russa nel territorio dell’Ucraina in data 24/02/2022.
Nell’immediatezza, i leader dell’Unione Europea hanno indetto una riunione straordinaria del Consiglio Europeo a Bruxellles chiedendo, ufficialmente, al governo russo di porre fine all’azione militare ritirando tutte le forze e le attrezzature belliche. La “preghiera” aveva anche lo scopo di porre fine alla campagna di disinformazione azionata dall’invasore, di rispettare integralmente e pacificamente la sovranità e l’indipendenza ucraina, respingendo qualsivoglia forma di dialogo che non avesse alla base un assetto logico e diplomatico.
Nell’intento di cooperare con il paese ucraino, nei confronti del quale l’Unione Europea ha mostrato sin da subito piena solidarietà, sono stati adottati ben quattro pacchetti di sanzioni aventi l’obiettivo di arrestare quello che, a parere della scrivente, potrebbe identificarsi il bisogno furioso di un attrito interpersonale del presidente russo.
Il primo pacchetto di sanzioni7, adottato il 23/02/2022, ha compreso misure restrittive nei confronti dei membri della Duma di Stato russa che hanno votato a favore del riconoscimento di entità dipendenti le zone delle regioni ucraine di Donetsk e Luhansk, non controllate dal governo del Presidente Volodymyr Zelens’kyj. A ciò si aggiungano le restrizioni alle relazioni economiche con le zone non controllate dal governo delle regioni di Donetsk e Luhansk e le restrizioni imposte alla Russia nei confronti dei mercati finanziari e dei capitali dell’Unione Europea8.
Il secondo pacchetto di sanzioni, adottato il 25/02/2022, ha stabilito misure individuali nei confronti di Vladimir Putin, Sergey Lavrov (Ministro degli Affari Esteri della Federazione Russa) e del Consiglio di Sicurezza Nazionale russo. Ha poi previsto pesantissime sanzioni economiche inerenti il settore finanziario, tecnologico, energetico e dei trasporti oltre alla sospensione dell’attività di rilascio dei visti per tutti i diplomatici, funzionari ed imprenditori russi9.
Il terzo pacchetto di sanzioni adottato il 28/02/202210 11ed il 02/03/2022 ha previsto, invece, la chiusura dello spazio aereo dell’Unione Europea a tutti gli aeromobili di proprietà russa, il divieto di porre in essere qualsivoglia operazione con la Banca Centrale Russa, il blocco dell’accesso a SWIFT12 per ben n. 7 banche russe, il divieto di fornire banconote qualificate in euro alla Russia, la sospensione dell’attività degli organi di informazione Russia Today e Sputnik13 e, infine, l’adozione di ulteriori sanzioni in danno della Bielorussa ritenuta “complice”14 dell’invasione russa nel territorio ucraino.
Il quarto pacchetto di sanzioni15, adottato il 15/03/2022, comprende l’adozione di misure16 individuali nei confronti di German Khan e Roman Abramovich. Il primo, fondatore del Gruppo Alfa ed attualmente amministratore delegato di Rosneft International Holdings Ltd; membro del Consiglio di Amministrazione di ABH Holdings Corp., Alfa Group, TNK-BP Ltd e Wintershall Dea GmbH. Il secondo, imprenditore e politico russo, definito l’uomo più ricco di Israele e il 113° uomo più ricco al mondo.
Il pacchetto17 in esame ha previsto il divieto di effettuare operazioni con imprese statali russe, il divieto di prestare servizi di rating del credito a qualsivoglia entità russa o persona russa, il divieto di investimenti nel settore energetico russo oltre alle restrizioni imposte sui prodotti siderurgici e sui beni di lusso. Infine, il divieto di importazione nel territorio dell’Unione Europea di materiali, quali ferro e acciaio, provenienti dalla Russia.
Purtuttavia, alla data del 05/04/2022, non si arresta l’escalation delle sanzioni imposte alla Russia al fine di degradare e isolare le capacità economiche, finanziarie e tecnologiche del Paese nemico18.
“È importante mantenere la massima pressione su Putin e sul governo russo in questo momento critico”. Queste le parole del Presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen, apripista al quinto pacchetto di sanzioni contro la Russia.19

Tra le misure previste, v’è il divieto di importazione di carbone dalla Russia, l’arresto totale alle transazioni con le banche russe di maggior rilievo – tra le quali la VTB – che rappresentano il 23% del mercato del settore bancario russo e che andranno ad indebolire drasticamente l’assetto bancario nella città di Mosca. L’intento della Unione Europea è disporre, altresì, il divieto alle navi russe ed alle navi operate dalla Russia di accedere a tutti i porti dell’Unione Europea.
Non solo.
Sono previsti divieti inerenti il trasporto, l’importazione e l’esportazione di molteplici materie prime – per un valore di circa 10 miliardi di euro – ed, in particolar modo, il loro transito nelle aree in cui la Russia è particolarmente vulnerabile.
A demolire l’economia russa c’è anche l’ipotesi, non molto lontana dalla realtà, di tagliare il flusso economico dell’invasore mediante sanzioni che includano il petrolio o addirittura l’ipotesi di tassare l’import di energia dalla Russia.
In tale contesto, rievocano le parole del Presidente del Consiglio Europeo Charles Micheal che così recitano: “L’invasione russa dell’Ucraina costituisce un attacco brutale a un paese indipendente e sovrano. Ma è anche un attacco ai nostri valori quali la libertà, la democrazia e i diritti umani. Da un mese ci siamo attivati per affrontare questo momento storico, rimanendo al fianco della popolazione ucraina. Una risposta trilaterale unita sarà inoltre fondamentale per affrontare l’enorme impatto socio – economico di questa guerra. Governi, datori di lavoro e lavoratori devono tutti riunire gli sforzi per dare una risposta comune e unita. Sono certo che ancora una volta, come nel caso del Covid-19, il contributo delle parti sociali sarà essenziale per far fronte a questa nuova sfida”.20
E mentre l’Unione Europea e gli Stati ad essa esterni cooperano incessantemente col fine di arrestare l’operazione militare e ripristinare lo stato di pace, sembra doveroso spostare l’attenzione dall’assetto pragmatico, sistematico, politico della PESC e far luce sull’aspetto umanistico della infelice vicenda, concentrata nella figura di Vladimir Putin.
L’ex tenente colonnello del KGB che sta portando il mondo sull’orlo di una crisi mondiale dimentica che, nell’anno 1991, a seguito della caduta del muro di Berlino, terminata la sua carica di agente del KGB, si è ritrovato a svolgere l’attività di tassista per mantenere la sua famiglia. Ha poi avuto la fortuna di incontrare, presso la facoltà di legge, uno dei suoi vecchi docenti Anatolij Sobciak che, nelle more, era stato eletto al Congresso dei Deputati del Popolo, primo parlamento democraticamente eletto nell’età sovietica. Forse, il Presidente della Russia dimentica ancora di aver perduto il proprio posto di affiancamento ad Anatolij Sobciak quando quest’ultimo, nel 1996, perdeva le elezioni e non veniva rieletto. Poi, assunto come vice di un funzionario del governo centrale nel dipartimento che amministrava le proprietà dello Stato, a Vladimir Putin viene assegnata la responsabilità dei beni dello Stato estero.
Nell’anno 1999 ha inizio la sua incredibile ascesa al potere divenendo Presidente della Russia grazie ad incarichi sempre più prestigiosi che lo portano, dapprima, a rivestire la qualifica di vice capo dello staff di Eltsin e, poi, direttore dell’FSB – Servizio Segreto Russo; ed ancora, Primo Ministro ed, infine, Presidente ad interim.
Si tralasciano gli eventi risalenti all’anno 2008, tempo in cui, non potendosi ricandidare, Vladimir Putin decide di appoggiare la candidatura di Dmitrij Medvedev. Quest’ultimo vince le elezioni e nomina, ancora una volta, Vladimir Putin Primo Ministro.
Forte di una riforma della Costituzione che, di fatto, azzera le sue cariche precedenti e prolunga
i mandati da quattro a ben sei anni, Vladimir Putin ricopre la carica di Presidente nell’anno 2012. Successivamente, nell’anno 2020, in occasione del proliferarsi della crisi pandemica Covid – 19, il Presidente decide di isolarsi da tutto ciò che lo circonda cominciando a disegnare nella mente una realtà distorta, perlopiù alterata. Si avvicina alla fede in modo profano ergendosi, mediante un ritratto agiografico, a unto del Signore, colui che ristabilirà il primato della Madre Russia e, per farlo, è disposto a tutto. 21
Rileva la figura di un uomo che combatte la noia attraverso sollecitazioni mentali di natura meramente bellica; non a caso, le armi, l’artiglieria pesante, le bombe e tutto quel che concerne un attacco militare sono, da sempre, i suoi segni distintivi.
Dovrebbe forse ricordare il Presidente che c’è stato un tempo nella sua vita in cui ha avuto paura di non riuscire a far fronte ai bisogni della famiglia. È noto – però – che la paura ci livella tutti e, nel gioco degli equilibri, il prezzo più alto lo pagano i civili, sempre.
Ci si domanda se l’adozione delle misure restrittive sia, per davvero, lo strumento idoneo a fermare l’inarrestabile orgoglio di Vladimir Putin ed il suo irrefrenabile e convulso bisogno di servirsi della guerra per secondare i suoi ideali.
In questa farraginosa e cruenta realtà quel che resta è una distesa immane di corpi senza vita, città ormai rase al suolo, pozzi che traboccano lacrime versate da donne, uomini e bambini le cui anime vibrano come diapason contro la superficie.
Questo perché “La spietatezza della guerra non è solo nel proiettile che si conficca nella carne ma nel fatto che qualcuno la trovi logica, inevitabile, giusta. Non esiste una guerra che libera, esiste solo una guerra che uccide” (L. Dalla).
L’augurio è che questa primavera risvegli anche la coscienza di chi di dovere.
L’augurio è che torni la solita primavera e che la solita primavera non finisca mai.