Il congelamento dei beni agli oligarchi russi: aspetti giuridici e conseguenze

Articolo a cura dell’Avv. Amorosa Renato

Oligarchi russi

1. Premessa: la guerra in Ucraina

Alla fine di febbraio del 2022, il mondo intero è stato sconvolto dall’attacco militare che il Governo Russo ha perpetrato nei confronti dell’Ucraina; si è trattato di un vero e proprio atto di guerra, con gravi conseguenze economiche e sociali non solo per i paesi più direttamente coinvolti o prossimi, ma anche per gli Stati europei più lontani.
I cosiddetti paesi occidentali, ed in particolare gli stati membri della NATO, hanno fin da subito condannato questa aggressione e, tra le reazioni più forti e rilevanti, vi è stata quella complementare dell’Unione Europea che, con quattro diversi pacchetti di sanzioni, ha colpito duramente il sistema economico della Federazione Russia.
Le misure sanzionatorie più incisive adottate dall’Unione europea hanno riguardato, tra le altre, il blocco dell’accesso al sistema SWIFT per sette banche russe e il congelamento dei beni che gli oligarchi russi detengono nel territorio dell’Unione Europea e quindi anche nel territorio italiano.
Quest’ultima tipologia di sanzione ha sollevato numerose perplessità non solo per le modalità di applicazione, ma anche per le conseguenze che questa comporta; risulta, pertanto, interessante comprendere quali siano i fondamenti giuridici di queste misure, la durata e le eventuali possibilità di ricorso poste a tutela dei soggetti che subiscono tale misura restrittiva del proprio patrimonio.

2. Gli oligarchi russi

Prima di affrontare il tema centrale di questo breve articolo, occorre capire chi siano gli oligarchi e perché le sanzioni si concentrino proprio su di loro.
In termini generali, questi ultimi sono privati cittadini che, spesso in seguito alla caduta dell’Unione Sovietica ed alla conseguente privatizzazione dei massicci sistemi produttivi di epoca comunista, hanno accumulato ingenti patrimoni e acquisito un forte potere economico e politico, in grado di incidere sulle scelte dell’esecutivo russo.
Proprio in relazione a questa capacità di influenza sulle scelte del governo russo, si è deciso di sanzionare tali soggetti nel tentativo di colpire i loro assetti economici più rilevanti con un duplice scopo: quello sanzionatorio, poiché ritenuti indirettamente responsabili o comunque potenzialmente economicamente avvantaggiati dalle operazioni militari russe in Ucraina e, quello indiretto, di forzarli ad esercitare sul Presidente Vladimir Putin una pressione politica tale da portarlo a ridurre ed, infine, cessare le ostilità in territorio ucraino.
Le misure sanzionatorie non hanno comunque colpito, ovviamente, tutti i cosiddetti oligarchi russi. Soltanto coloro i quali sono considerati personalmente o politicamente vicini al presidente Putin o, comunque, a vario titolo responsabili dell’aggressione bellica, hanno infatti subito tali misure restrittive del patrimonio.

3. Sequestro e congelamento dei beni

Per quanto attiene, invece, al tema più strettamente giuridico, è rilevante capire cosa si intenda per congelamento dei beni, su quali presupposti si fondi tale misura e cosa comporti tecnicamente.
Nell’ordinamento penale italiano sono ben note tre tipologie di sequestro: il sequestro preventivo (artt. 321323 c.p.p.), il sequestro conservativo (art. 316 c.p.p.) e quello probatorio (artt. 253265 c.p.p.) come mezzo di ricerca della prova.
Tutte e tre le forme di sequestro conosciute nel nostro sistema penale si fondano su un presupposto: l’esistenza di un fatto reato a carico di un soggetto nei cui confronti vi sia un procedimento in corso. Inoltre, la loro emissione è affidata alla valutazione di un Magistrato con il compito di verificare la legittimità e la sussistenza dei presupposti.
Orbene, la peculiarità del sequestro dei beni effettuato nei confronti degli oligarchi è quello di non avere come presupposto alcun reato compiuto da tali soggetti, oltre che di non essere emesso da alcun magistrato. Alla luce di ciò, difatti, non è giuridicamente corretto parlare di sequestro di beni, bensì di “congelamento” di beni. Tra le due figure difettano i presupposti, le conseguenze e le modalità di ricorso.
Le basi giuridiche che permettono di procedere al congelamento dei beni che alcuni cittadini russi detengono nel nostro Paese sono il Trattato sull’Unione europea ed il Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea che, nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune (PESC), attribuiscono al Consiglio dell’Unione Europea la possibilità, a determinate condizioni, di sanzionare persone fisiche laddove se ne verificassero motivi e necessità. Ciò, attraverso un ormai consolidato meccanismo di Decisioni emanate dal Consiglio e seguite da Regolamenti, periodicamente aggiornati e posti in essere alla luce del progressivo sviluppo militare del conflitto russo-ucraino e del conseguente aggravarsi di un’intensa crisi umanitaria.

4. L’attuazione delle sanzioni in Italia

L’Italia ha recepito tali normative comunitarie mediante il Decreto legislativo n. 109 del 2007 che prevede “misure per prevenire, contrastare e reprimere il finanziamento del terrorismo e l’attività di paesi che minacciano la pace e la sicurezza internazionale”, in attuazione della Direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio UE.
Ai sensi della predetta normativa, l’esecuzione dei provvedimenti sanzionatori emanati dall’Unione Europea è affidata ad un Comitato di sicurezza finanziaria, istituito presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze e composto da 15 membri. Tale Comitato, integrato da un rappresentante dell’agenzia del demanio, si impegna a dare esecuzione alle misure di congelamento disposte dalle Nazioni Unite, dall’Unione Europea e dal Ministro dell’economia e delle finanze, adottando, a tal fine, ogni atto necessario per la corretta e tempestiva attuazione.
Il predetto Comitato, invero, ha un ruolo solo propositivo e di iniziativa, spetta poi invece al Ministero dell’Economia dare concreta attuazione alle sanzione UE disponendo il congelamento dei fondi e delle risorse economiche detenuti, “anche per interposta persona fisica o giuridica, da persone fisiche, giuridiche, gruppi o entità”. Non si tratta, pertanto, di un provvedimento giudiziario, bensì di un provvedimento di natura amministrativa.
La durata del vincolo di indisponibilità posto sui beni “congelati” è di sei mesi rinnovabili con le medesime forme fino a quando permangono le condizioni che ne avevano giustificato l’attuazione.
Una volta eseguito materialmente il congelamento dei beni viene, dunque, posto su quest’ultimi un vincolo di indisponibilità, trasferendo la custodia dei beni all’Agenzia del Demanio che si occupa anche della loro amministrazione e gestione.
Proprio quest’ultimo tema ha sollevato numerose perplessità nell’opinione pubblica, poiché dalla gestione dei beni congelati agli oligarchi russi discende, di fatto, anche l’onere di farsi carico dei relativi costi di mantenimento (a carico dello Stato, e quindi dei contribuenti) e, trattandosi quasi sempre di beni di grande valore (si stima che in Italia siano già stati congelati beni per quasi un miliardo di euro), tali costi risultano spesso vertiginosi e difficili da sostenere.
Alla luce di ciò, per quanto sia vero che i proprietari di questi beni saranno prima o poi chiamati a pagare (o rimborsare) questi costi, nel frattempo si sta pensando di procedere ad affittare alcuni di questi beni per ovviare alle sopra menzionate spese.
In ciò si evince una distinzione rispetto ai sequestri in ambito penale, spesso eseguiti ai fini della confisca; il congelamento dei beni, al contrario, è assolutamente temporaneo e, quando cesseranno i motivi per cui le misure sono state adottate, tali beni dovranno essere restituiti ai legittimi proprietari nelle medesime condizioni in cui sono stati affidati all’Agenzia del Demanio.

5. Forme di tutela e di ricorso

Essendo l’Italia uno Stato di diritto e l’Unione Europea stessa un’unione di paesi in cui vige quest’ultimo, ne consegue che ogni provvedimento adottato nei confronti di un soggetto possa essere impugnato e affidato al controllo di un soggetto terzo ed imparziale, che valuti attentamente la legittimità del provvedimento stesso.
Il congelamento dei beni agli oligarchi russi, da considerarsi quale provvedimento amministrativo, non fa eccezione, e prevede una duplice forma di tutela: una di diritto interno ed una di diritto interazionale.
I soggetti destinatari del provvedimento amministrativo possono, infatti, ricorrere in Italia al Tribunale amministrativo regionale (TAR) del Lazio che è organo competente territorialmente per tutte le sanzioni emesse ai sensi del Decreto Legislativo 109/2007 che regola la materia del congelamento delle risorse economiche.
Oltre ad una forma di tutela “nazionale”, è quindi prevista anche una di carattere internazionale; è, infatti, possibile adire direttamente la Corte di Giustizia dell’Unione europea, la quale è chiamata a svolgere solamente un ruolo di verifica della legittimità del provvedimento, ma non di merito.
La Corte di Giustizia, difatti, non valuta il contenuto delle sanzioni emanate dal Consiglio dell’UE, ma si limita a verificare che non si tratti di provvedimenti contrari ai princìpi dell’Unione, sproporzionati o diretti a soggetti estranei al governo interessato.
Inoltre, la Corte ha l’onere di valutare che le sanzioni garantiscano il giusto equilibrio tra la preservazione della pace e della sicurezza internazionali e la tutela dei diritti fondamentali della persona interessata.
In aggiunta alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, non è possibile altresì tralasciare il potenziale ruolo della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nella salvaguardia del diritto individuale della persona fisica alla proprietà, descritto nell’Articolo 1 del Protocollo Addizionale alla CEDU. A tal riguardo non pochi commentatori hanno infatti sollevato dubbi o perplessità sull’utilizzo delle misure sanzionatorie contro cittadini russi il cui legame con l’esecutivo del proprio paese sembra, quantomeno, non del tutto comprovabile. Non appare per questo del tutto dissennato pensare ad un possibile ricorso a Strasburgo da parte di uno o più dei soggetti interessati dalle misure sanzionatorie europee.

6. Conclusioni

A conclusione di queste brevi osservazioni generali sul funzionamento del sistema di congelamento dei beni agli oligarchi russi di cui tanto si parla e si è parlato nelle ultime settimane, si può osservare come questo meccanismo appaia peculiare e per certi versi estraneo al nostro diritto interno.
Si tratta di provvedimenti amministrativi che nulla hanno a che vedere col diritto penale, difettandone in toto i presupposti e le modalità di attuazione.
Il congelamento, difatti, pone le sue radici nel diritto internazionale ed europeo, e l’Italia, avendo recepito la normativa di riferimento, risulta essere mero esecutore di tali provvedimenti.
Nonostante ciò, solleva perplessità il fatto che sia proprio il paese esecutore delle misure a doversi farsi carico dei costi di tali provvedimenti limitativi del patrimonio. Costi che, prevedibilmente, saranno elevati e non irrilevanti per le casse dello Stato.
Nonostante ciò, non bisogna dimenticare che i soggetti nei cui confronti sono emesse tali sanzioni non sono cittadini russi “qualsiasi” ma soggetti ai quali sono attribuite importanti responsabilità personali rispetto ai fatti di guerra che si stanno verificando in territorio ucraino.
La giusta presa di posizione dell’Unione Europea e dell’Italia contro l’aggressione militare russa comporta quindi delle conseguenze economiche anche al nostro Paese che esso, necessariamente, deve accollarsi al fine di non risultare complice di quanto sta accadendo.
La Corte di Giustizia, nondimeno, nei futuri ricorsi che saranno molto probabilmente sottoposti a quest’organo, sarà chiamata a pronunciarsi sulla legittimità dei provvedimenti sanzionatori adottati dal Consiglio e, soprattutto, a verificare l’effettivo coinvolgimento della singola persona fisica sanzionata rispetto ai fatti di guerra.

oligarchi russi

1. Premessa: la guerra in Ucraina

Alla fine di febbraio del 2022, il mondo intero è stato sconvolto dall’attacco militare che il Governo Russo ha perpetrato nei confronti dell’Ucraina; si è trattato di un vero e proprio atto di guerra, con gravi conseguenze economiche e sociali non solo per i paesi più direttamente coinvolti o prossimi, ma anche per gli Stati europei più lontani.
I cosiddetti paesi occidentali, ed in particolare gli stati membri della NATO, hanno fin da subito condannato questa aggressione e, tra le reazioni più forti e rilevanti, vi è stata quella complementare dell’Unione Europea che, con quattro diversi pacchetti di sanzioni, ha colpito duramente il sistema economico della Federazione Russia.
Le misure sanzionatorie più incisive adottate dall’Unione europea hanno riguardato, tra le altre, il blocco dell’accesso al sistema SWIFT per sette banche russe e il congelamento dei beni che gli oligarchi russi detengono nel territorio dell’Unione Europea e quindi anche nel territorio italiano.
Quest’ultima tipologia di sanzione ha sollevato numerose perplessità non solo per le modalità di applicazione, ma anche per le conseguenze che questa comporta; risulta, pertanto, interessante comprendere quali siano i fondamenti giuridici di queste misure, la durata e le eventuali possibilità di ricorso poste a tutela dei soggetti che subiscono tale misura restrittiva del proprio patrimonio.

2. Gli oligarchi russi

Prima di affrontare il tema centrale di questo breve articolo, occorre capire chi siano gli oligarchi e perché le sanzioni si concentrino proprio su di loro.
In termini generali, questi ultimi sono privati cittadini che, spesso in seguito alla caduta dell’Unione Sovietica ed alla conseguente privatizzazione dei massicci sistemi produttivi di epoca comunista, hanno accumulato ingenti patrimoni e acquisito un forte potere economico e politico, in grado di incidere sulle scelte dell’esecutivo russo.
Proprio in relazione a questa capacità di influenza sulle scelte del governo russo, si è deciso di sanzionare tali soggetti nel tentativo di colpire i loro assetti economici più rilevanti con un duplice scopo: quello sanzionatorio, poiché ritenuti indirettamente responsabili o comunque potenzialmente economicamente avvantaggiati dalle operazioni militari russe in Ucraina e, quello indiretto, di forzarli ad esercitare sul Presidente Vladimir Putin una pressione politica tale da portarlo a ridurre ed, infine, cessare le ostilità in territorio ucraino.
Le misure sanzionatorie non hanno comunque colpito, ovviamente, tutti i cosiddetti oligarchi russi. Soltanto coloro i quali sono considerati personalmente o politicamente vicini al presidente Putin o, comunque, a vario titolo responsabili dell’aggressione bellica, hanno infatti subito tali misure restrittive del patrimonio.

3. Sequestro e congelamento dei beni

Per quanto attiene, invece, al tema più strettamente giuridico, è rilevante capire cosa si intenda per congelamento dei beni, su quali presupposti si fondi tale misura e cosa comporti tecnicamente.
Nell’ordinamento penale italiano sono ben note tre tipologie di sequestro: il sequestro preventivo (artt. 321323 c.p.p.), il sequestro conservativo (art. 316 c.p.p.) e quello probatorio (artt. 253265 c.p.p.) come mezzo di ricerca della prova.
Tutte e tre le forme di sequestro conosciute nel nostro sistema penale si fondano su un presupposto: l’esistenza di un fatto reato a carico di un soggetto nei cui confronti vi sia un procedimento in corso. Inoltre, la loro emissione è affidata alla valutazione di un Magistrato con il compito di verificare la legittimità e la sussistenza dei presupposti.
Orbene, la peculiarità del sequestro dei beni effettuato nei confronti degli oligarchi è quello di non avere come presupposto alcun reato compiuto da tali soggetti, oltre che di non essere emesso da alcun magistrato. Alla luce di ciò, difatti, non è giuridicamente corretto parlare di sequestro di beni, bensì di “congelamento” di beni. Tra le due figure difettano i presupposti, le conseguenze e le modalità di ricorso.
Le basi giuridiche che permettono di procedere al congelamento dei beni che alcuni cittadini russi detengono nel nostro Paese sono il Trattato sull’Unione europea ed il Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea che, nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune (PESC), attribuiscono al Consiglio dell’Unione Europea la possibilità, a determinate condizioni, di sanzionare persone fisiche laddove se ne verificassero motivi e necessità. Ciò, attraverso un ormai consolidato meccanismo di Decisioni emanate dal Consiglio e seguite da Regolamenti, periodicamente aggiornati e posti in essere alla luce del progressivo sviluppo militare del conflitto russo-ucraino e del conseguente aggravarsi di un’intensa crisi umanitaria.

4. L’attuazione delle sanzioni in Italia

L’Italia ha recepito tali normative comunitarie mediante il Decreto legislativo n. 109 del 2007 che prevede “misure per prevenire, contrastare e reprimere il finanziamento del terrorismo e l’attività di paesi che minacciano la pace e la sicurezza internazionale”, in attuazione della Direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio UE.
Ai sensi della predetta normativa, l’esecuzione dei provvedimenti sanzionatori emanati dall’Unione Europea è affidata ad un Comitato di sicurezza finanziaria, istituito presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze e composto da 15 membri. Tale Comitato, integrato da un rappresentante dell’agenzia del demanio, si impegna a dare esecuzione alle misure di congelamento disposte dalle Nazioni Unite, dall’Unione Europea e dal Ministro dell’economia e delle finanze, adottando, a tal fine, ogni atto necessario per la corretta e tempestiva attuazione.
Il predetto Comitato, invero, ha un ruolo solo propositivo e di iniziativa, spetta poi invece al Ministero dell’Economia dare concreta attuazione alle sanzione UE disponendo il congelamento dei fondi e delle risorse economiche detenuti, “anche per interposta persona fisica o giuridica, da persone fisiche, giuridiche, gruppi o entità”. Non si tratta, pertanto, di un provvedimento giudiziario, bensì di un provvedimento di natura amministrativa.
La durata del vincolo di indisponibilità posto sui beni “congelati” è di sei mesi rinnovabili con le medesime forme fino a quando permangono le condizioni che ne avevano giustificato l’attuazione.
Una volta eseguito materialmente il congelamento dei beni viene, dunque, posto su quest’ultimi un vincolo di indisponibilità, trasferendo la custodia dei beni all’Agenzia del Demanio che si occupa anche della loro amministrazione e gestione.
Proprio quest’ultimo tema ha sollevato numerose perplessità nell’opinione pubblica, poiché dalla gestione dei beni congelati agli oligarchi russi discende, di fatto, anche l’onere di farsi carico dei relativi costi di mantenimento (a carico dello Stato, e quindi dei contribuenti) e, trattandosi quasi sempre di beni di grande valore (si stima che in Italia siano già stati congelati beni per quasi un miliardo di euro), tali costi risultano spesso vertiginosi e difficili da sostenere.
Alla luce di ciò, per quanto sia vero che i proprietari di questi beni saranno prima o poi chiamati a pagare (o rimborsare) questi costi, nel frattempo si sta pensando di procedere ad affittare alcuni di questi beni per ovviare alle sopra menzionate spese.
In ciò si evince una distinzione rispetto ai sequestri in ambito penale, spesso eseguiti ai fini della confisca; il congelamento dei beni, al contrario, è assolutamente temporaneo e, quando cesseranno i motivi per cui le misure sono state adottate, tali beni dovranno essere restituiti ai legittimi proprietari nelle medesime condizioni in cui sono stati affidati all’Agenzia del Demanio.

5. Forme di tutela e di ricorso

Essendo l’Italia uno Stato di diritto e l’Unione Europea stessa un’unione di paesi in cui vige quest’ultimo, ne consegue che ogni provvedimento adottato nei confronti di un soggetto possa essere impugnato e affidato al controllo di un soggetto terzo ed imparziale, che valuti attentamente la legittimità del provvedimento stesso.
Il congelamento dei beni agli oligarchi russi, da considerarsi quale provvedimento amministrativo, non fa eccezione, e prevede una duplice forma di tutela: una di diritto interno ed una di diritto interazionale.
I soggetti destinatari del provvedimento amministrativo possono, infatti, ricorrere in Italia al Tribunale amministrativo regionale (TAR) del Lazio che è organo competente territorialmente per tutte le sanzioni emesse ai sensi del Decreto Legislativo 109/2007 che regola la materia del congelamento delle risorse economiche.
Oltre ad una forma di tutela “nazionale”, è quindi prevista anche una di carattere internazionale; è, infatti, possibile adire direttamente la Corte di Giustizia dell’Unione europea, la quale è chiamata a svolgere solamente un ruolo di verifica della legittimità del provvedimento, ma non di merito.
La Corte di Giustizia, difatti, non valuta il contenuto delle sanzioni emanate dal Consiglio dell’UE, ma si limita a verificare che non si tratti di provvedimenti contrari ai princìpi dell’Unione, sproporzionati o diretti a soggetti estranei al governo interessato.
Inoltre, la Corte ha l’onere di valutare che le sanzioni garantiscano il giusto equilibrio tra la preservazione della pace e della sicurezza internazionali e la tutela dei diritti fondamentali della persona interessata.
In aggiunta alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, non è possibile altresì tralasciare il potenziale ruolo della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nella salvaguardia del diritto individuale della persona fisica alla proprietà, descritto nell’Articolo 1 del Protocollo Addizionale alla CEDU. A tal riguardo non pochi commentatori hanno infatti sollevato dubbi o perplessità sull’utilizzo delle misure sanzionatorie contro cittadini russi il cui legame con l’esecutivo del proprio paese sembra, quantomeno, non del tutto comprovabile. Non appare per questo del tutto dissennato pensare ad un possibile ricorso a Strasburgo da parte di uno o più dei soggetti interessati dalle misure sanzionatorie europee.

6. Conclusioni

A conclusione di queste brevi osservazioni generali sul funzionamento del sistema di congelamento dei beni agli oligarchi russi di cui tanto si parla e si è parlato nelle ultime settimane, si può osservare come questo meccanismo appaia peculiare e per certi versi estraneo al nostro diritto interno.
Si tratta di provvedimenti amministrativi che nulla hanno a che vedere col diritto penale, difettandone in toto i presupposti e le modalità di attuazione.
Il congelamento, difatti, pone le sue radici nel diritto internazionale ed europeo, e l’Italia, avendo recepito la normativa di riferimento, risulta essere mero esecutore di tali provvedimenti.
Nonostante ciò, solleva perplessità il fatto che sia proprio il paese esecutore delle misure a doversi farsi carico dei costi di tali provvedimenti limitativi del patrimonio. Costi che, prevedibilmente, saranno elevati e non irrilevanti per le casse dello Stato.
Nonostante ciò, non bisogna dimenticare che i soggetti nei cui confronti sono emesse tali sanzioni non sono cittadini russi “qualsiasi” ma soggetti ai quali sono attribuite importanti responsabilità personali rispetto ai fatti di guerra che si stanno verificando in territorio ucraino.
La giusta presa di posizione dell’Unione Europea e dell’Italia contro l’aggressione militare russa comporta quindi delle conseguenze economiche anche al nostro Paese che esso, necessariamente, deve accollarsi al fine di non risultare complice di quanto sta accadendo.
La Corte di Giustizia, nondimeno, nei futuri ricorsi che saranno molto probabilmente sottoposti a quest’organo, sarà chiamata a pronunciarsi sulla legittimità dei provvedimenti sanzionatori adottati dal Consiglio e, soprattutto, a verificare l’effettivo coinvolgimento della singola persona fisica sanzionata rispetto ai fatti di guerra.