Premessa
Come ebbe a sostenere, esattamente quarant’anni or sono, il Prof. Romagnoli, nel suo amarcord del diritto del lavoro, «Chi, potendo risolvere una questione semplice, la complica, commette una cattiva azione. Ma ne commette una peggiore chi, volendo affrontare una questione complessa, la semplifica a tal punto da far solo finta di risolverla. In realtà, ne sta inventando un’altra, che non esiste, non è mai esistita e forse non esisterà mai.»[1]. L’autorevole citazione ben si attaglia alla disciplina della cessione dei crediti in blocco, disciplinata dall’art. 58 D.lgs. n. 385/1993 (c.d. Testo Unico Bancario; d’ora innanzi, TUB) e che rappresenta (per l’appunto) una semplificazione normativa dell’archetipo codicistico di cessione, all’insegna della facilitazione dei rapporti mercatuali [2]. Invero, la disposizione de qua prevede la notificazione della cessione, per il tramite di pubblicazione di apposito avviso nella Gazzetta Ufficiale, oltre che l’iscrizione della cessione presso il Registro delle Imprese e la conservazione dei privilegi e delle garanzie ipotecarie, stabilite in favore del soggetto cedente, di default, ovverosia senza la necessità di compiere alcuna delle formalità previste dall’art. 2843 c.c.[3] . Quella che, a ragione, potrebbe essere congeniata come la “complicazione” subentra con l’analisi del profilo più oggettivo della richiamata normativa settoriale, che subordina l’attivazione del meccanismo semplificativo al requisito della individuabilità “in blocco”[4] (ça va sans dire) della pluralità di crediti oggetto della cessione. In altri termini, alla deroga al meccanismo codicistico tradizionale di cedibilità dei crediti, ex art. 1260 c.c., è preordinata, logicamente prima ancora che giuridicamente, la corretta perimetrazione dell’oggetto della cessione, con rilevanti inferenze, metodologiche, procedurali e processuali, che, nell’ottica di una più proficua sistematizzazione, si prestano a essere ricomprese tra due asintoti orientativi: da un lato, il binomio titolarità/legittimazione del cessionario; dall’altro, in maniera complementare, la prova della cessione, a sua volta ramificata in omogeneità del blocco dei crediti, univoca identificabilità e, non da ultimo, effettività.
L’atteggiarsi di ambedue i rilevati profili, della legittimazione e dell’onere probatorio, oltre ad aver ingenerato e ingenerare tuttora un febbricitante dibattito in seno alla giurisprudenza (specie di merito, nella sua veste di presidio “di prossimità” rispetto alle istanze monitorie) e alla dottrina, rappresenta (perlomeno in astratto) un impedimento a quel trasferimento seriale, quasi con un “effetto domino”, di crediti, omogenei (o asseritamente tali) per natura, da cedente a cessionario, onde ottimizzarne il l’eventuale realizzo. Le posizioni giurisprudenziali scontano la necessità di individuare una efficace soluzione compromissoria idonea a contemperare le esigenze, evidentemente speculari, di tutti i soggetti, a vario titolo, coinvolti nell’operazione, tra la tutela delle dinamiche del mercato, la salvaguardia consumeristica, di stampo quasi paternalistico, del contraente debole (ceduto) e la preservazione della finalità latu sensu deflattiva della normativa attenzionata. Questa breve trattazione mira, senza alcuna pretesa di esaustività, a rassegnare, in maniera analitica, l’attuale stato dell’arte (rectius, della giurisprudenza), per evidenziarne le criticità ancora aperte e proporre potenziali correttivi solutori.
1. Il modello di cessione dei crediti in blocco
Come si è già avuto modo di anticipare in premessa, il meccanismo di cessione [5] ex art. 58 TUB rappresenta una notevole semplificazione, nella misura in cui elide, in modo tranchant, la questione dell’opponibilità dell’evento successorio, nei confronti del singolo ceduto e della collettività. Invero, i due prefati passaggi di natura eminentemente pubblicitaria, della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e dell’iscrizione nel Registro delle Imprese, sono equipollenti alla tradizionale notificazione (e accettazione) della cessione al debitore ceduto [6], secondo quanto testualmente disposto dall’art. 1264 c.c.[7].
Del pari, si assiste, contestualmente, a una sorta di “ambulatorietà” rafforzata delle garanzie, reali e personali, che assistono i crediti ceduti in blocco, con il trasferimento automatico al cessionario, in deroga ai paradigmi formalistici e procedurali, specificamente disciplinati dal codice civile, per ciascuna, differente tipologia di diritto. Più nello specifico, a fronte della previsione, nel regime ordinario delle cessioni di credito garantite da ipoteca, dell’annotazione a margine all’iscrizione originaria [8], con un’operazione di cartolarizzazione, ai sensi della legge n. 130/1999 [9] (che mutua l’art. 58 TUB), tale adempimento non è necessario, risultando fattivamente assorbito dalla pubblicazione di un unico avviso della cessione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica. Ma vi è di più. Invero, il differente meccanismo pubblicitario sottende a una diversità dei titoli idonei a essere pubblicati. Nella cessione di credito tradizionale, si pone in essere uno scambio di corrispondenza, in forma privata e senza autentica notarile, e il titolo idoneo all’annotazione, ai sensi dell’art. 2843 c.c. sarebbe lo stesso richiesto per l’iscrizione ipotecaria, ex art. 2835 c.c.: di talché si assisterebbe a una duplicazione di negozi (dovendo essere ripetuto in forma notarile quello originariamente concluso per scrittura privata non autenticata), nonché all’involuzione in una sorta di probatio diabolica, in caso del succitato “effetto domino”, ossia di successiva, plurima circolazione del credito (con il necessario reperimento e coinvolgimento del dante causa di ciascun cedente, per ogni singolo trasferimento posto in essere). Per converso, ai fini della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, multa paucis: è bastevole la redazione di un estratto sintetico, in forma privata [10], che notizi della cessione e rinvii ai criteri identificativi dell’individuabilità in blocco (v. infra) dei crediti che ne sono oggetto; in questa eventualità sono, di fatto, sterilizzate anche le complicazioni dell’eventuale propalazione a catena, essendo sempre sufficiente il mero deposito del primo (o del precedente) avviso [11].
2. La legittimazione attiva della cessionaria e la prova della cessione
Il primo step dell’analisi non può che essere dedicato alla configurazione soggettiva dell’effetto traslativo connesso a quella che, fondamentalmente, implementa una successione a titolo particolare, in capo al cessionario (che è, nella generalità dei casi, una società veicolo).
Su di un piano più strettamente processuale, l’atteggiarsi della questione relativa alla legittimazione attiva del soggetto cessionario implica il compimento di un’ulteriore distinzione, specie tenendo in precipua considerazione la prevalente afferenza con i procedimenti monitori, le procedure esecutive e i cc.dd. NPL (acronimo di non performing loan, ovverosia crediti in sofferenza). Come segnalato da attenta giurisprudenza di merito [12], è senz’altro opportuno differenziare, nella macroarea delle contestazioni in seno ai giudizi di opposizione, tra quelle meramente formali, “autosufficienti”, ispirate dall’omessa prova dell’inclusione del credito portato a esecuzione tra quelli oggetto della complessiva operazione di cartolarizzazione, e le doglianze di natura sostanziale, incentrate sull’inesistenza del medesimo credito azionato, negli elenchi dei crediti ceduti.
Per quanto attiene alla prima categoria, la questione è destinata a risolversi, sic et simpliciter, nella sussunzione in quello che rappresenta l’orientamento granitico della giurisprudenza di legittimità [13]. La Terza Sezioni Civile, con un’operazione ricognitiva a carattere quasi monografico, premettendo un richiamo alla funzione “deflattiva” degli incombenti formali e di agevolazione della realizzazione di trasferimenti “in blocco” di rapporti giuridici, ha statuito l’equipollenza della pubblicazione della notizia in Gazzetta Ufficiale con gli adempimenti di notificazione ordinari, codicisticamente previsti, con possibilità, per il cessionario, di integrare la prima con atti e documentazione successivi (a titolo meramente esemplificativo: atto di precetto; azione di revocazione ordinaria, ex art. 2901 c.c.; atto di intervento, ex art. 111 c.p.c.), stante la distinzione tra momento perfezionativo della cessione (che deve essere, necessariamente e in ogni caso, preordinato) e prova di quest’ultima, con conseguente opponibilità al debitore ceduto [14].
A tale ultimo riguardo, perlomeno incidentalmente, è opportuno, in questa sede, evidenziare come la cessione, anche in sede di operazioni di cartolarizzazione, non richieda la forma scritta ad substantiam, ex art. 1350 c.c.; pur tuttavia, nel caso di cessione in blocco, deve essere valutata l’idoneità, come prova del credito, della dichiarazione resa dal cedente, tramite la quale lo stesso dichiarava di aver ceduto il credito: non si tratta di una confessione strictu sensu (non essendo proveniente da una parte processuale), né, tantomeno, di un documento (essendo predisposto specificamente per la causa). Invero, ci si deve muovere sempre nella cornice ordinamentale dei limiti probatori, riferibili al quantum oggetto di prova, alla qualità delle parti cedenti [15], ai sensi di quanto testualmente disposto dall’art. 2721 c.c. Su tale ultima questione è particolarmente degna di pregio un’ordinanza del Tribunale trevigiano [16], che, discettando di titolarità del cessionario, ha rilevato come per il contratto di cessione di crediti non sia prevista la forma scritta, né ad validitatem, né, tantomeno, ad probationem, sebbene, sul piano della ripartizione dell’onere probatorio, nel caso di cessioni di crediti in blocco, si debba scientemente escludere che la stipulazione del contratto possa essere comprovata per testi o presunzioni, tanto per il presumibile importo dei crediti ceduti, quanto in ragione della qualità delle parti coinvolte. Ne è stata fatta conseguire l’inidoneità, ai fini probatori de quibus, della produzione della dichiarazione del soggetto cedente, relativa all’asserito trasferimento del singolo credito azionato nei confronti del debitore esecutato; siffatto documento, invero, deve essere correttamente annoverato tra le cc.dd. dichiarazioni di scienza, provenienti da terzi e che, oltre a non possedere valore confessorio, comprovano, nella loro dimensione meramente indiziaria, l’autenticità della provenienza dal soggetto sottoscrittore, pur restando liberamente valutabili, nel contenuto, dal giudice.
Per converso, con riferimento alle opposizioni di matrice “sostanziale”, ovverosia laddove parte opponente non si limiti alla formulazione di contestazioni formali e relative alla pubblicità della cessione, ma eccepisca che negli elenchi allegati all’avviso non sia presente il credito azionato, il creditore procedente (rectius, il cessionario) è tenuto a comprovare l’effettiva inclusione, con il ricorso a strumenti diversi e ulteriori all’avviso dell’avvenuta operazione di cartolarizzazione. Si ritorna, quindi, ciclicamente all’insegnamento fondativo della giurisprudenza di legittimità [17], per cui il mero fatto della cessione in blocco, per quanto incontroverso, non sia sufficiente ad attestare che anche lo specifico credito oggetto di causa sia ricompreso tra quelli ceduti, vertendosi in tema di titolarità (e non mera legittimazione processuale) e incombendo tale onere sull’asserita creditrice-cessionaria[18].
3. Sul valore probatorio ascrivibile all’avviso in Gazzetta Ufficiale
In seno alla giurisprudenza di merito si è assistito a una diversa graduazione dell’onere probatorio afferente alla titolarità del credito ceduto e, consequenzialmente, a un differente accertamento dell’eventuale difetto di legittimazione attiva in capo al cessionario (che, si badi, può essere rilevato anche d’ufficio dal giudice [19] e in ogni stato e grado di giudizio [20], come recentemente riaffermato dalla Suprema Corte di Cassazione).
L’orientamento allo stato maggioritario depone nel senso dell’insufficienza dell’avviso di cessione di crediti, oggetto di cartolarizzazione, in Gazzetta Ufficiale, e dell’iscrizione nel Registro delle Imprese, proprio sull’assunto per cui il perfezionamento della fattispecie traslativa non può essere associato al meccanismo pubblicitario, non possedendo una valenza costitutiva della cessione, né, tantomeno, una funzione sanante dei potenziali vizi dell’atto [21].
Per comprovare l’effettivo consolidarsi di tale orientamento e con finalità ricognitiva dello stato dell’arte giurisprudenziale, pare opportuno compiere una sintetica rassegna delle più recenti statuizioni, sì da confezionare anche una proficua collazione di precedenti.
Il Tribunale di Ferrara [22] ha, di recente, statuito che, in materia di cessioni di credito ex art. 58 TUB, da parte di un Istituto di credito, la produzione in giudizio dell’avviso di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale sia bastevole a dimostrare la titolarità del credito in capo al cessionario, ma non a provare che i crediti oggetto di causa siano stati oggetto di cessione. In maniera non dissimile, il Tribunale di Nola, con ordinanza del marzo 2022 [23], ha espressamente evidenziato come l’estratto della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale produca gli effetti pubblicitari dell’intervenuta cessione, non implicando, pur tuttavia, la perdita della legittimazione sostanziale e processuale della Banca cedente: in altri termini, la deroga deve intendersi unicamente limitata alla disciplina codicistica dell’opponibilità ai debitori dell’intervenuta cessione; di talché, in caso di contestazione inerente alla titolarità del credito, si ha la reviviscenza, in capo al cessionario, dell’onere di provare che l’inclusione del singolo credito azionato.
Più perentoria la Seconda Sezione Civile del Tribunale di Pavia [24], che, rigettando il ricorso proposto dalla società cessionaria, in ossequio al principio per cui «la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale non possa ritenersi sufficiente a fornire gli specifici e precisi contorni dei crediti inclusi, o alternativamente esclusi e quindi a comprovarne la titolarità», ha individuato nella produzione del contratto di cessione l’unica prova della titolarità del credito ceduto (non ritenendo, al contempo, neppure bastevole la mera produzione di copia del contratto originario, costituendo la disponibilità di quest’ultimo (da parte della cessionaria) solo elemento presuntivo non sufficiente a provare anche l’intervenuta cessione del medesimo.
È pur vero che, in senso quasi del tutto antitetico, è stato ritenuto che sia «sufficiente a dimostrare la titolarità del credito in capo al cessionario la produzione dell’avviso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale recante l’indicazione per categorie dei rapporti ceduti in blocco, senza che occorra una specifica enumerazione di ciascuno di essi» [25], essendo, al contempo, pur «sempre necessario che gli elementi comuni presi in considerazione per la formazione delle singole categorie consentano di individuare senza incertezze i rapporti oggetto della cessione» [26]. In altri termini, è stata delineata la possibilità di porre in essere una sorta di astrazione, di carattere deduttivo, ai fini dell’individuazione dell’oggetto del contratto di cessione, partendo dalle categorie di rapporti ceduti, compatibile con i dettami codicistici sulla determinazione/determinabilità del contenuto contrattuale, ex art. 1346 c.c.: si tratterebbe di una individuabilità per relationem, legittima ove garantita da un meccanismo di identificazione certo, obiettivo e con criteri prestabiliti [27]. Per completezza sistematica, anche il rinviare ad altre fonti è, invero, finito sotto la scure della giurisprudenza di merito [28], laddove, più nello specifico, l’estratto della Gazzetta Ufficiale, versato in atti, non forniva indicazioni «sufficientemente specifiche, puntuali e dettagliate, per l’individuazione delle singole posizioni cedute», limitandosi esclusivamente a un rinvio, per relationem, ad altre fonti.
4. L’individuabilità dei singoli crediti: tra omogeneità e predeterminabilità
Per quanto la questione afferente alla titolarità/legittimazione attiva sembri aver trovato momentaneo acquietamento, il fulcro della disciplina ex art. 58 TUB e, al contempo, il terreno di più ampia contesa giurisprudenziale è, allo stato, senz’altro rappresentato dal concetto di individualità in blocco dei crediti ceduti e, segnatamente, dal suo concreto e fattivo riempimento contenutistico.
Premessa necessitata è il principio per cui sia onere gravante sulla parte che si affermi cessionaria del credito allegare la prova dell’intervenuta cessione e, segnatamente, dell’inclusione del singolo credito azionato, nell’operazione di cessione in blocco: si giunge, quindi, alla manifestazione tangibile del punto di convergenza tra legittimazione e individuabilità dei singoli crediti [29]. In ossequio ai generali principi ordinamentali, in tema di distribuzione dell’onere probatorio, parte attrice deve comprovare la propria pretesa creditoria, fornendo riscontri (documentali) della propria legittimazione sostanziale, salvo che, naturalmente, controparte non l’abbia, esplicitamente o implicitamente, riconosciuta [30].
Che, nell’addivenire alla concreta, specifica individuazione dei crediti ceduti, non si possa ragionare in termini atomistici, è dato obiettivo, comprovato dalla letteralità normativa; sì come è del pari incontroverso che sul soggetto cessionario sia gravante l’onere di specificare gli elementi comuni assunti quale parametro per la formazione delle singole categorie di crediti oggetto di cessione, in modo da consentire l’individuazione certa di ciascun rapporto incluso [31]. Al contempo, è circostanza altrettanto veritiera quella per cui un improvvido irrigidimento del canone strutturale de quo possa surrettiziamente condurre a una esautorazione dello stesso meccanismo derogatorio di trasferimento. In altri termini, il soggetto ceduto deve poter essere posto nell’agevole condizione di verificare la cessione del proprio debito, senza che la cripticità dell’avviso si risolva in una involontaria riproposizione de “La mascella di Caino” del Torquemada [32]. L’auspicata semplificazione pare, dunque, da doversi assumere anche nella contigua accezione di immediata apprendibilità.
L’individualità in blocco assume una conformazione “gianica”: si tratta, difatti, di crediti autonomi, ma raggruppabili, in maniera unitaria, sotto il profilo funzionale, in virtù di criteri predeterminati, teleologicamente orientati ad assicurare l’omogeneità economica e finanziaria [33]. In altri termini, non si pretende la sussistenza di un’identità strutturale, essendo, per contro, bastevole la condivisione di un discrimen distintivo [34].
Per un tentativo compiuto di declinazione contenutistica, pare opportuno prendere le mosse dall’interpretazione autentica di Banca d’Italia dei “rapporti giuridici individuabili in blocco“, contenuta nel Bollettino di Vigilanza n. 7, del luglio 2001, definendosi come tali tutti «i crediti, i debiti e i contratti che presentano un comune elemento distintivo; esso può rinvenirsi, ad esempio, nella forma tecnica, nei settori economici di destinazione, nella tipologia della controparte, nell’area territoriale e in qualunque altro elemento comune che consenta l’individuazione del complesso dei rapporti ceduti.». Oltre a delinearsi l’intenzione, malcelata, del legislatore di disinteressarsi delle questioni afferenti alla figura e alla natura del soggetto cedente e cessionario, nonché al fondamento negoziale (o meno) del trasferimento e dei suoi diretti effetti, dirottando tutta l’attenzione sul solo aspetto traslativo (comprensivo, al suo interno, di una amplia pletora di fenomeni) [35], si possono dedurre, quindi, due tratti riassuntivi fondamentali: l’omogeneità giuridica e finanziaria; la predeterminabilità [36]. Ciò premesso, dal momento che la legge non dispone nulla sul contenuto che deve avere l’avviso da pubblicarsi in Gazzetta Ufficiale, la Banca d’Italia, quasi in funzione supplente, emanando le disposizioni di attuazione, ha precisato che la pubblicazione debba consentire l’acquisizione, con ragionevole certezza, delle informazioni sulla propria situazione.
Tale asserzione deve essere coordinata con il principio generale per cui un negozio di cessione, per essere opponibile, debba contenere gli elementi minimi necessari alla cognizione del debitore, circa la modificazione dal lato attivo dell’obbligazione contratta. A prescindere dalla natura che si voglia attribuire alla pubblicità in Gazzetta Ufficiale, se dichiarativa o notificativa, detti elementi possono ricavarsi esclusivamente dal contratto di cessione; di talché, l’avviso di cessione dell’avvenuta cessione esonera la cessionaria dalla notificazione al debitore ceduto [37], ma non anche dalla prova dell’esistenza della cessione medesima, in quanto una cosa è l’avviso della cessione un’altra è la prova della sua esistenza e del suo specifico contenuto[38]. Da ciò consegue che, in relazione al corretto adempimento degli oneri probatori, la sola allegazione della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale non sia sufficiente a comprovare l’avvenuta cessione del singolo, specifico credito[39]. Ciò premesso, con riferimento alla disciplina ex art. 58 TUB, se è vero che il mero fatto della cessione di crediti in blocco non sia, di per sé, sufficiente ad attestare che anche il credito azionato dalla cessionaria, controverso e oggetto di causa, sia ricompreso tra quelli effettivamente ceduti[40], è, del pari, circostanza veritiera quella per cui «in tema di cessione in blocco dei crediti da parte di una banca,è sufficiente a dimostrare la titolarità del credito in capo al cessionario la produzione dell’avviso di pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale recante l’indicazione per categorie dei rapporti ceduti in blocco, senza che occorra una specifica enumerazione di ciascuno di essi, allorché gli elementi comuni presi in considerazione per la formazione delle singole categorie consentano di individuare senza incertezze i rapporti oggetto della cessione»[41]. In altri termini, strumento preordinato per l’accertamento dell’effettività della cessione è il contratto di cartolarizzazione; in subordine, può sopperirsi dimostrando che il singolo credito ceduto integri fattivamente tutti i requisiti e rientri in tutti i criteri indicati nell’estratto di cessione, pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Su di un piano più strettamente pragmatico-operativo, tale asserzione si traduce nella rimessione al discrezionale apprezzamento del singolo giudice la valutazione, caso per caso, degli elementi idonei a comprovare l’effettiva titolarità del credito, in capo alla società veicolo – cessionaria: l’estratto della Gazzetta Ufficiale, ove dettagliato; la rispondenza delle caratteristiche del credito ai criteri ivi pubblicizzati; il contratto di cessione (in originale o in copia) [42].
5. Rassegna della più recente giurisprudenza sui criteri identificativi dei crediti ceduti
La fisiognomica dei criteri identificativi non può che transitare per una rassegna, ragionata, della casistica giurisprudenziale.
In un recentissimo pronunciamento, il Tribunale di Frosinone [43], nell’ambito di un’opposizione all’esecuzione in cui, è addivenuto alla sospensione della procedura esecutiva [44], dal momento che, nella specie, la creditrice opposta aveva prodotto in giudizio esclusivamente l’estratto della Gazzetta Ufficiale, relativamente al contratto di cessione di rapporti giuridici in blocco, da cui emergeva, nell’ambito di un’operazione di cartolarizzazione, la cessione di «crediti pecuniari … individuati nel documento di identificazione dei crediti allegato al Contratto di Cessione e derivanti da finanziamenti ipotecari e chirografari, in parte originati da terzi danti causa e classificati come deteriorati in conformità alla circolare di Banca d’Italia n. 272 del 30 luglio 2008, come successivamente modificata e/o integrata (Matrice dei Conti), erogati in varie forme tecniche nel periodo intercorrente tra il 1972 ed il 2019 (collettivamente, i “Crediti”).»[45]. Ebbene il giudice frusinate ha ritenuto non sufficientemente dettagliati gli indicatori presenti nell’avviso allegato, poiché, nella specie, non veniva specificamente individuata la tipologia di crediti ricompresi nel contratto di cessione (senza alcuna descrizione, anche sommaria, delle caratteristiche), ricorrendo a termini onnicomprensivi (a titolo esemplificativo, “tutti i crediti”); del pari, priva di valore dirimente è l’indicazione di un lasso temporale molto ampio (nella specie, 1972-2019), sì come il rinvio alla pagina web della società cessionaria. L’ordinanza de qua pare particolarmente importante nell’individuazione a contrario dei criteri identificativi dotati di compiuta certezza o idoneità, in ossequio al dettame della giurisprudenza di legittimità.
In maniera non dissimile, il Tribunale di Prato aveva già avuto modo di statuire che, «in tema di cessione di crediti, la legittimazione attiva del soggetto che assume, quale cessionario, la titolarità del credito può essere affermata solo quando la comunicazione pubblicata nella Gazzetta Ufficiale indichi senza incertezze o dubbi di sorta quali siano i crediti inclusi o esclusi dall’ambito della cessione.»[46].
Di particolare rilievo, su tale ultimo aspetto, appaiono due pronunce del Tribunale di Avezzano, dell’ottobre 2020 [47] e del febbraio 2022 [48]. In ambedue le occasioni, il giudice abruzzese asserisce di condividere l’orientamento per cui l’avviso di cessione di crediti in blocco, sostituendosi alla notifica ex art. 1264 c.c., mira a impedire il verificarsi di pagamenti liberatori a soggetto non più legittimato, non assolvendo, per contro, funzione di attestare la legittimazione attiva del preteso cessionario. Al contempo, proprio in debita considerazione della limitata funzione, la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell’estratto, nella sua minimale struttura informativa, può assurgere a elemento indicativo dell’esistenza materiale di un fatto di cessione, come intervenuto tra due soggetti, in un dato momento storico, e a comprovare l’inclusione/esclusione dei crediti solo ove non ingeneri dubbi, «incertezze od ombre di sorta»[49]. Ciò premesso, il Tribunale avezzanese ha ritenuto non comprovata la titolarità attiva del cessionario, nel caso di una descrizione “vaga e onnicomprensiva” dell’oggetto della cessione (rectius, dei crediti ceduti), compiuta per il tramite di un riferimento a contratti deteriorati, afferenti a un lasso temporale molto ampio (segnatamente, di un quarantennio) e senza una puntuale indicazione di un discrimen dei rapporti ceduti[50].
Last but not least, sotto lo scandaglio della giurisprudenza di merito sono finite anche le eventuali clausole di esclusione dei crediti dal trasferimento in blocco, specie nel caso in cui la loro eterogeneità e la loro complessità concorrano a esautorare anche l’efficacia dei criteri identificativi utilizzati, risolvendosi in un’enigmaticità impeditiva della precisa identificazione dei rapporti da ritenersi asseritamente inclusi nell’atto di cessione [51]. A sorte non dissimile è stata destinata la produzione di semplici elenchi delle posizioni oggetto di cessione (non “notarizzati”), poiché ritenuti bastevoli esclusivamente nella fase monitoria, poiché irrilevante ai fini della prova dell’inclusione del credito azionato, in quanto documento nativo informatico, formato unilateralmente e privo di ogni certificazione di veridicità contenutistica [52].
6. Considerazioni conclusive
È ictu oculi evidente come, al netto della pressoché fisiologica altalenanza degli orientamenti giurisprudenziali, il concreto atteggiarsi dei profili successori (con annessa prova della cessione) e dell’individualità in blocco dei crediti ceduti convergano sull’avviso in Gazzetta Ufficiale, che è il trait d’union dell’intera disciplina, nonché il passe-partout per la semplificazione degli oneri afferenti al trasferimento. In considerazione di ciò, l’interrogativo dottrinale sulla natura “pubblicitaria” dell’estratto implica importanti risvolti pragmatici e operativi. La dottrina prevalente [53] parrebbe deporre per la qualifica notificatoria, facendone conseguire la prevalenza dell’aspetto sostanziale, rappresentato dal contratto di cessione, su quello formale, implementato dall’estratto, anche in caso di incongruenze contenutistiche. Tale assunto si pone, invero, in sostanziale continuità con quanto precedentemente osservato in punto di prova della cessione e di legittimazione attiva della cessionaria, nonché con la disciplina della cancellazione delle garanzie reali associate ai crediti ceduti.
Al netto delle puntuali considerazioni formulate in punto di perimetrazione dei criteri identificativi dell’oggetto della cessione, come anticipato in apertura, un eccessivo irrigidimento operativo concorrerebbe a svilire l’intento stesso sotteso all’art. 58 TUB. Sul punto, sia consentita una breve digressione, che ho già avuto modo di proporre in altra sede [54]. Un autorevole Professore ha formulato un fortunato paragone gastronomico, nel commentare, in maniera illuminante e sapientemente dissacrante, il processo penale telematico; nello specifico, ha riletto, in chiave culinaria, i quattro elementi processuali (oralità, immediatezza, concentrazione, pubblicità), trasponendoli nei quattro ingredienti del budino (uova, farina, latte e zucchero); indispensabili, nella ricetta originale, ma sostituiti da surrogati nel nuovo vestimentum processuale, con la conseguenza di non ottenere più un budino, ma, solamente, un intruglio, disgustoso e pessimo da ingurgitare. Ebbene, il rischio di replicare un “pasticcio culinario” anche con la cessione dei crediti in blocco non è troppo remoto. Invero, secondo parte della dottrina [55], l’esasperazione del ricorso alla documentazione contrattuale rischia di porsi in aperta conflittualità con la finalità del regime derogatorio ex art. 58 TUB e di vanificarlo; invero, se l’intento è quello di realizzare un’agevolazione delle operazioni di cessione, la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dovrebbe poter equivalere a una presunzione assoluta di conoscenza della cessione e di realizzazione degli effetti a questa conseguenti (su tutti, l’opponibilità erga omnes e il trasferimento automatico delle garanzie). In altri termini, il favor normativo nei confronti del creditore – cessionario è da rinvenirsi nella natura di questa particolare tipologia di cessioni, che, nella prassi, il più delle volte, coinvolge società veicolo, appositamente costituite, e, allo stesso tempo, riguarda un ragguardevole numero di rapporti giuridici e di vicende circolatorie [56]. È evidente come, al netto del legittimo accoglimento di tutte le opposizioni fondate su comprovato difetto di legittimazione e prova della cessione, la finalità sottesa all’art. 58 TUB risulterebbe completamente vanificata qualora si optasse per onerare il soggetto cessionario della prova esclusivamente contrattuale della cessione [57]; si andrebbe, in buona sostanza, a reintrodurre, (in)volontariamente, proprio quella probatio diabolica documentale [58] che era tra gli obiettivi estromettere dal panorama ordinamentale.