Da sempre dottrina e giurisprudenza hanno dibattuto sulla delicata problematica relativa alla assenza della tutela dell’ambiente nella nostra Costituzione.
La Corte Costituzionale, con una travagliata elaborazione, aveva tentato di porre rimedio nel tempo a tale “vuoto” attraverso la lettura congiunta degli artt. 9 (tutela del paesaggio) e 32 (diritto alla salute) della Costituzione.
Circa un mese fa, tuttavia, dopo un laborioso iter parlamentare, con una votazione praticamente unanime, la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi è stata inserita nella Carta attraverso la modifica degli artt. 9 e 41.
In particolare, il Legislatore costituzionale ha aggiunto un terzo comma all’articolo 9 della Costituzione ([La Repubblica] «Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali») e ha modificato l’articolo 41 (aggiungendo, al secondo comma, che l’iniziativa economica privata non può recare danno «alla salute» e «all’ambiente»; e al terzo comma, che l’attività economica pubblica e privata può essere indirizzata e coordinata a fini anche «ambientali»).
Appare allora opportuno porre in evidenza alcuni aspetti particolarmente significativi di tale riforma anche in considerazione delle numerose critiche formulate dagli studiosi in relazione, soprattutto, alla presunta creazione di un vulnus alla tutela del paesaggio.
Come precedentemente detto, nella sua formulazione originaria, la Costituzione non conteneva disposizioni espressamente finalizzate a proteggere l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi. Gli unici riferimenti ai concetti di “ambiente” ed “ecosistemi” sono stati introdotti a seguito della riforma del titolo V della Costituzione in relazione al riparto di competenze tra Stato e Regioni.
Ciononostante, la dottrina, prima, e la giurisprudenza dopo – segnatamente quella costituzionale – hanno cercato di attribuire un fondamento costituzionale alle politiche di tutela ambientale tramite il ricorso ad altre disposizioni.
Infatti, l’ambiente, quale valore costituzionalmente protetto, era stato già individuato dalla Corte negli anni ottanta e risultava dalla lettura congiunta dell’art. 9 e dell’art. 32 “il quale ha permesso dapprima alla Cassazione civile, poi alla stessa Corte costituzionale di affermare il diritto all’ambiente salubre” (Cass. S.U sent. n. 5172/1979; Corte Cost. Sent. n. 167/1987).
In particolare, con la sentenza n. 210 del 1987, i giudici della Corte Costituzionale decisero «di dare un riconoscimento specifico alla salvaguardia dell’ambiente come diritto fondamentale della persona ed interesse fondamentale della collettività e di creare istituti giuridici per la sua protezione».
In definitiva l’ambiente è stato interpretato da sempre quale bene unitario, una sintesi tra bellezza e salubrità. Esso comprende la conservazione, la razionale e sostenibile gestione delle risorse ed il miglioramento delle condizioni naturali, la esistenza e la preservazione dei patrimoni genetici terrestri e marini, di tutte le specie animali e vegetali che in esso vivono allo stato naturale, della persona umana in tutte le sue estrinsecazioni (sentenza n. 210 del 1987). Più in particolare, quindi, l’ambiente è e veniva protetto «come elemento determinativo della qualità della vita. La sua protezione non persegue astratte finalità naturalistiche o estetizzanti, ma esprime l’esigenza di un habitat naturale nel quale l’uomo vive ed agisce e che è necessario alla collettività e, per essa, ai cittadini, secondo valori largamente sentiti; è imposta anzitutto da precetti costituzionali (artt. 9 e 32 della Costituzione) per cui essa assurge a valore primario ed assoluto» (sentenza n. 641 del 1987).
Dunque, si può serenamente affermare che la Costituzione prima della riforma già tutelava l’ambiente, considerando che le norme non risiedono nella sola lettera delle disposizioni ma si ricavano dal loro insieme e il loro senso muta con la trasformazione sociale.
Per tale ragione molti studiosi ritengono inutile tale riforma perché ripetitiva di un precetto presente e incontestato e dunque produttiva di nessuna autentica utilità. Inoltre, tale riforma genererebbe un vulnus alla tutela del paesaggio.
Ad avviso di tale impostazione interpretativa, infatti, l’effetto possibile di tale modifica normativa (che sembra solo “aggiungere” un bene degno di tutela) è di dequotare il rilievo del paesaggio di fronte alla tutela ambientale che si pone come essenziale alla vita.
Ed invero, il legislatore costituzionale ha creato una scissione concreta tra la tutela ambientale e quella paesaggistica che adesso potrebbe essere ritenuta limitata al solo aspetto visivo ed estetico sicuramente soccombente, in un possibile bilanciamento, di fronte a valori legati all’ambiente come la sopravvivenza umana. Secondo tale interpretazione l’ambiente, nell’eventuale scontro tra principi (paesaggio – ambiente) si candida a divenire un nuovo interesse tiranno capace di travolgere la tutela paesaggistica finendo per veicolare la trasformazione industriale, travolgendo il “volto amato della Patria”.
Eppure, tale preoccupazione, seppur comprensibile, sembra non tener conto della nuova interpretazione di “paesaggio” che, negli anni precedenti, è stata più volte arricchita di nuovi significati da parte di dottrina e dalla giurisprudenza.
In primo luogo preme considerare che il termine ha origine dal francese paysage, che a sua volta deriva da pays, e indica l’aspetto di un luogo, l’insieme delle sue forme e delle interazioni fra di esse.
Tuttavia, oggi si considera il paesaggio come qualcosa di dinamico, in continua evoluzione e, di conseguenza, difficilmente definibile poiché strettamente legato all’azione dell’uomo, il quale condiziona il paesaggio e ne viene al tempo stesso condizionato.
È noto come il concetto di Paesaggio abbia avuto una secolare evoluzione nella cultura occidentale e sia passato, nel corso del Novecento, da bellezza naturale e panorama all’attuale concetto olistico della Convenzione Europea del Paesaggio – CEP (Consiglio d’Europa, Firenze 2000), riconosciuta oggi riferimento a livello mondiale, tanto da essere condivisa e utilizzata anche da paesi non europei.
Pertanto la nozione “paesaggio” da tempo non è più riferibile al mero dato estetico ma al legame tra uomo e ambiente, valorizzando anche gli aspetti identitari e culturali. Secondo la Corte Costituzionale inoltre “in questa prospettiva la cura del paesaggio riguarda l’intero territorio, anche quando degradato o apparentemente privo di pregio” (Corte Cost. Sent. n. 71/2019).
In passato la stessa Corte aveva addirittura affermato che il paesaggio, essendo un valore “primario” ed “assoluto”, inglobava anche la tutela ambientale (Corte Cost. Sent. Nn 182, 183 del 2006). Tuttavia nel tempo la nozione di ambiente, anche per cambiamenti nella sensibilità sociale, è divenuta suscettibile di autonoma protezione, ampliandosi oltre la nozione di paesaggio. Si registra, infatti, un cambiamento evidente nella giurisprudenza della Corte Costituzionale che prima inglobava il bene ambiente nel concetto giuridico di paesaggio, e successivamente ha inglobato il paesaggio nell’ambiente: “La peculiarità del bene giuridico ambiente, nella cui complessità ricade anche il paesaggio”( Corte Cost. sent. n. 24 del 2022).
Ciò che si evince da quanto appena detto è che che i due beni non possono che essere oggetto di una sistematica tutela, la cui necessità è stata espressa dalla Corte nel tempo inserendo un valore nell’altro. In sostanza non esiste la tutela ambientale senza considerare la tutela paesaggistica e viceversa.
Nonostante tuttavia resti netta la distinzione tra paesaggio e ambiente, implicando – il primo – la percezione (per lo più qualitativa) e l’interpretazione da un punto di vista soggettivo del luogo circostante e – il secondo – prevalentemente l’apprezzamento delle quantità fisico-chimiche e dei loro effetti biologici sull’ecosistema da un punto di vista oggettivo (Consiglio di Stato, sent. n. 624/2022), i due concetti non sono suscettibili di un rigido bilanciamento. D’altronde il paesaggio è la forma che l’ambiente dona al territorio e sicuramente tale concetto non subisce uno svuotamento se, insieme alla tutela del paesaggio, il legislatore ha voluto inserire anche la tutela ambientale.
Con tale riforma allora il Legislatore ha voluto costruire una rete dinamica di tutele, in cui un elemento (ambiente) completa e definisce l’altro (paesaggio) e viceversa. Entrambi i principi infatti hanno pari dignità costituzionale e hanno finalità identiche.
Alla luce delle nuove sfide relative allo sviluppo sostenibile, si è voluto (più o meno consciamente) realizzare un sistema normativo volto all’integrazione dei due valori paesaggio-ambiente al fine di tutelare i diritti intergenerazionali che non possono prescindere dalla percezione visiva e culturale dei luoghi.
Sulla base di tale prospettiva, che ha ispirato tale ultima riforma costituzionale, già nel 2000 gli Stati membri del Consiglio d’Europa si erano riuniti a Firenze per stilare la Convenzione europea del paesaggio. La Convenzione è il primo trattato internazionale esclusivamente dedicato al paesaggio europeo nel suo insieme. L’Italia ha ratificato la Convenzione Europea del Paesaggio con la legge n.14 del 9 gennaio 2006.
Nella Convenzione Europea del Paesaggio si legge che “paesaggio” sono i luoghi di vita; paesaggio è interrelazione tra fattori naturali e/o umani, senza divisione tra natura e cultura e inserendo l’importanza della percezione culturale da parte delle popolazioni (art. 1).
L’oggetto dell’attenzione non è più limitato agli elementi fisici della realtà che ci circonda nei suoi aspetti migliori, bensì si rivolge al rapporto con essa in tutte le sue componenti positive e negative a seconda della percezione da parte delle popolazioni coinvolte.
Ma se paesaggio è qualità di tutti i luoghi di vita, ciò implica necessariamente il coinvolgimento e l’integrazione del punto di vista più strettamente ambientale. Certo, occorre sviluppare strumenti conoscitivi e operativi adeguati, ma è un dato di fatto che oggi, anche a livello mondiale, vi sono delle significative convergenze tra tutela della natura-ambiente e gli aspetti culturali, simbolici, storici, formali e percettivi, che fanno parte del concetto di paesaggio.
Tale è la visione di paesaggio e ambiente considerata nel Rapporto sullo Stato delle Politiche per il Paesaggio, elaborato durante gli Stati Generali del Paesaggio nel 2017.
La visione leggibile nel Rapporto sullo Stato delle Politiche per il Paesaggio è che la nozione di paesaggio deve essere fondata sull’idea che il ruolo del diritto non sia quello di riconoscere e tutelare soltanto un valore, bensì di riconoscere e di tutelare un sistema complesso di valori che comprenda anche il bisogno dei cittadini di stabilire una relazione sensibile con il territorio, di godere dei benefici basati su questa relazione e di partecipare alla determinazione delle caratteristiche formali del territorio stesso.
Tale diritto al Paesaggio emerge dunque, non come utopia, ma come principio guida di procedure, pratiche e comportamenti concreti delle pubbliche amministrazioni, cui la Convenzione europea offre spazi, strumenti e supporto propri della comunità internazionale insieme con interventi di sensibilizzazione e di educazione alla qualità dell’ambiente di vita.
È allora di solare evidenza che la tutela dell’ambiente non può dunque essere perseguita a scapito della tutela del paesaggio ed è compito della legge attuare una programmazione al fine di coordinare iniziative economiche in modo tale da creare un sistema volto a “bilanciare” adeguatamente due esigenze di valenza costituzionale, formalmente separate, ma in realtà entrambi attinenti alla qualità della vita.
Sulla base di tale prospettiva allora deve essere letta la riforma costituzionale che genera pertanto spazi e non vulnerabilità per la tutela del paesaggio, essendo lo stesso fondamentale per la salvaguardia dell’ambiente.