Il diritto di tutti i bambini adottati

Al legame di parentela con la famiglia dell'adottante

Articolo a cura dell’Avv. Salvadori Arianna Beatrice.

La Corte Costituzionale, con sentenza 23 febbraio – 28 marzo 2022, n. 79 (in G.U. 1ª s.s. 30/03/2022 n. 13), ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 55 della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Diritto del minore ad una famiglia), nella parte in cui, mediante rinvio all’art. 300, secondo comma, del codice civile, prevede che l’adozione in casi particolari non induce alcun rapporto civile tra l’adottato e i parenti dell’adottante.

Adozione e parentela

La declaratoria di illegittimità costituzionale, così pronunciata, rimuove “un ostacolo all’effettività della tutela offerta dall’adozione in casi particolari (Corte EDU, sentenza D. contro Francia, paragrafo 51; decisione C. ed E. contro Francia, paragrafo 42; nonché il parere del 9 aprile 2019, paragrafo 54) e consente a tale istituto, la cui disciplina tiene in equilibrio molteplici istanze implicate nella complessa vicenda, di garantire una piena protezione all’interesse del minore”.
La sentenza trae origine dal ricorso presentato, in data 29.10.2020, da M. M., in qualità di genitore intenzionale, con il quale chiedeva al Tribunale per i minorenni di Bologna, di adottare ai sensi dell’art. 44 lett. d) L. 184/83, la minore M.V.E, figlia biologica di V.S., con il quale il ricorrente si era unito in matrimonio all’estero. Il matrimonio è stato regolarmente trascritto e riconosciuto in Italia come unione civile.
Il ricorrente chiedeva, altresì, il riconoscimento, ai sensi e per gli effetti dell’art. 277 cod. civ. del legame di parentela pieno della minore, anche nei riguardi di tutti i propri parenti.

Unioni civili e adozione: lo stato dell’arte all’epoca del ricorso

La Legge 20 maggio 2016, n. 76, recante “Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze” esplicita la volontà del legislatore di mantenere riservata alle sole coppie unite in matrimonio l’accesso all’istituto dell’adozione ordinaria, piena e legittimante, di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184, con effetti totalmente parificanti alla genitorialità biologica. La c.d. Legge Cirinnà faceva comunque salvo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti.
In virtù di tale normativa, al singolo, alle coppie non coniugate o civilmente unite, l’ordinamento concede, quindi, l’accesso al solo istituto dell’adozione “in casi particolari”, ai sensi dell’art. 44 della legge 4 maggio 1983, n. 184.
Tale tipologia di adozione viene ammessa, in via di generalizzazione, in ipotesi in cui già sussista una relazione di tipo genitoriale tra un minore e un adulto, nonché al fine di implementare le possibilità del minore di essere accolto in una famiglia, come nel caso di bambino orfano portatore di handicap, alla luce delle difficoltà, se non dell’impossibilità, per il minore di accedere all’adozione piena.
Al genitore d’intenzione è, pertanto, consentita dall’art. 44, lett. d), L. 184/1983, l’adozione in casi particolari, per constatata impossibilità di addivenire a un affidamento preadottivo.
Siffatta disposizione, tuttavia, in passato, veniva restrittivamente interpretata dalla giurisprudenza quale conclamata impossibilità materiale, per il minore, di essere adottato.
Oggi, invece, per via ermeneutica, la nozione di “constatata impossibilità di affidamento preadottivo” è estesa anche ai casi di impedimento giuridico all’affidamento preadottivo, con conseguente ampliamento delle chance di trovare genitori adottivi “in casi particolari”.
Una simile evoluzione del diritto vivente ha, così, garantito, ai minori versanti in stato di c.d. semi- abbandono permanente, la possibilità di essere adottati nel caso particolare ex art. 44, lett. d, L. 184/83.
Si pensi al caso della c.d. adozione mite, disposta in difetto di uno stato di abbandono in senso stretto. Ne è un esempio l’ipotesi in cui la famiglia biologica versi in condizioni che impediscono l’esercizio funzionale della responsabilità genitoriale sul minore, in modo permanente, senza alcuna ragionevole possibilità di miglioramento.
Sempre in via ermeneutica, in presenza di una relazione d’affetto, l’ordinamento ha, altresì, consentito l’accesso del minore all’adozione, ex art. 44, lett. d, L. 184/83, da parte del partner del genitore biologico, che tuttavia non genera(va) legami civili con i parenti dell’adottante, con conseguente esclusione dei diritti successori dell’adottato verso questi ultimi.
Ciò in ragione del rinvio operato dall’art. 55 L. 184/83, all’art. 300, comma 2, del codice civile, che dispone(va) che “L’adozione non induce alcun rapporto civile tra l’adottante e la famiglia dell’adottato, né tra l’adottato e i parenti dell’adottante, salve le eccezioni stabilite dalla legge”.

Tribunale per i minorenni di Bologna: l’ordinanza di rimessione

Di fronte alla domanda del ricorrente volta a ottenere il riconoscimento giuridico dei legami di parentela tra la bimba dallo stesso adottata e la propria famiglia, il Tribunale per i minorenni di Bologna si era, quindi, trovato a dover applicare proprio la norma di cui all’art. 55 L. 184/83 in combinato disposto con l’art. 300, comma secondo, cod. civ., di cui sopra.
Ebbene, sul punto, il giudice a quo non mancava di considerare che la minore M. V. E., per effetto della pronuncia di adozione ex art. 44 lett. d), L. 184/83, si sarebbe trovata, rispetto al genitore adottivo (M.M.), in condizione differenziata rispetto al genitore biologico (V.S.), non potendo godere di uno “status filiationis” di eguale portata.
Per tali motivi il Giudicante riteneva che l’applicazione della norma citata si ponesse in contrasto “con i principi di eguaglianza sostanziale e con il principio di parità di trattamento tra tutti i figli, nati all’interno o fuori dal matrimonio e adottivi, che trova la sua fonte costituzionale negli artt. 3 e 31 Cost. ed è stato inverato dalla riforma sulla filiazione (l. 219/2012) e dal rinnovato art. 74 c.c. che ha reso unico senza distinzioni il vincolo di parentela che scaturisce dagli status filiali con la sola eccezione dell’adozione del maggiorenne, ingenerando ancor più perplessità sulla compatibilità costituzionale della conservazione di un regime differenziato nei diversi regime di genitorialità adottiva previsti dal nostro ordinamento.”
Dunque, ad avviso del Tribunale per i minorenni di Bologna, il ricorso all’adozione in casi particolari ex art. 44 lett. d), L. 184/83, in situazioni in cui non vi sia alcun legame familiare preesistente da preservare, renderebbe irragionevole e discriminatoria, a danno dell’adottato, l’applicazione del regime differenziato di cui sopra.
Nello specifico, il giudice a quo rilevava profili di illegittimità costituzionale sia con riferimento all’art. 3 e all’art. 31 della Costituzione – in ragione dell’ingiustificata disparità di trattamento tra i figli adottivi di coppie unite in matrimonio ed i figli adottivi di coppie unite civilmente – sia con riferimento all’art. 117, comma 1, della Costituzione, in relazione all’art. 8 CEDU – in quanto impedisce al minore inserito nella famiglia costituita dall’unione civile di godere pienamente della sua “vita privata e familiare”, comprensiva di ogni espressione della personalità e dignità della persona nonché del diritto all’identità.

La Sentenza n. 79/2022 della Corte costituzionale

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 79/2022, ha dichiarato illegittimo l’art. 55 della legge 184/83, in combinato disposto con l’art. 300, secondo comma, cod. civ., nella parte in cui impone l’applicazione di quest’ultima disposizione, prevista per l’adozione dei maggiorenni, anche all’adozione in casi particolari di minori.
La riforma della filiazione, avvenuta ad opera della L. 219/2012 e del successivo decreto attuativo, D. Lgs. 154/2013, è nota per aver introdotto nel nostro ordinamento il c.d. principio di unicità dello stato di figlio, indipendentemente dall’esistenza, o meno, di un legame giuridicamente riconosciuto fra i genitori. Per effetto di tale riforma, non ci sono più figli legittimi e naturali ma solo figli, e ciò vale anche per quanto concerne il regime delle successioni.
Il nuovo art. 315 cod. civ. recita, infatti, che tutti i figli hanno lo stesso status giuridico, quale manifestazione del principio di eguaglianza.
È proprio in considerazione del principio di eguaglianza nonché del supremo interesse del minore e non della volontà di legittimare un presunto diritto alla genitorialità, che la Corte costituzionale è giunta a predetta decisione.
La Corte costituzionale, infatti, dapprima ha ribadito la propria posizione in merito al divieto di surrogazione di maternità (Corte cost., sent. 272/2017 e sent. 33/2021) per poi concludere che, in ogni caso, “lo sforzo di arginare tale pratica … non consente di ignorare la realtà di minori che vivono di fatto in una relazione affettiva con il partner del genitore biologico”.
A conclusione di un’approfondita verifica sulla possibilità di equiparare la condizione giuridica del minore adottato in casi particolari a quella dello status di figlio minore, la Corte ha ritenuto discriminatorio che “a dispetto dell’unificazione dello status di figlio, al solo minore adottato in casi particolari vengono negati i legami con la famiglia del genitore adottivo”, a nulla valendo obiettare che l’adozione in casi particolari non sia in grado di risolvere i legami con la famiglia biologica.
Infatti, nel nostro ordinamento non si rinviene alcun dogma volto a imporre l’appartenenza del figlio minore, in via esclusiva a una sola famiglia.
Tali considerazioni non fanno altro che confermare l’originaria ratio posta alla base dell’istituto dell’adozione in casi particolari, il cui unico fine è quello di un potenziamento delle tutele appannaggio dei minori e non di una loro riduzione.

E oggi?

Oggi, a tutti i bambini adottati sono riconosciuti i legami giuridici con i parenti di ciascun ramo genitoriale poiché, al pari di tutti i figli minori, le loro relazioni parentali sono disciplinate dall’art. 74 cod. civ.
Ciò vale a prescindere dall’origine del progetto genitoriale. Di conseguenza, anche un bambino nato da maternità surrogata ha diritto a un legame di parentela con la famiglia del genitore d’intenzione adottante, nonostante sia stato dato alla luce mediante una tecnica non consentita in Italia.

adozione e parentela

La declaratoria di illegittimità costituzionale, così pronunciata, rimuove “un ostacolo all’effettività della tutela offerta dall’adozione in casi particolari (Corte EDU, sentenza D. contro Francia, paragrafo 51; decisione C. ed E. contro Francia, paragrafo 42; nonché il parere del 9 aprile 2019, paragrafo 54) e consente a tale istituto, la cui disciplina tiene in equilibrio molteplici istanze implicate nella complessa vicenda, di garantire una piena protezione all’interesse del minore”.
La sentenza trae origine dal ricorso presentato, in data 29.10.2020, da M. M., in qualità di genitore intenzionale, con il quale chiedeva al Tribunale per i minorenni di Bologna, di adottare ai sensi dell’art. 44 lett. d) L. 184/83, la minore M.V.E, figlia biologica di V.S., con il quale il ricorrente si era unito in matrimonio all’estero. Il matrimonio è stato regolarmente trascritto e riconosciuto in Italia come unione civile.
Il ricorrente chiedeva, altresì, il riconoscimento, ai sensi e per gli effetti dell’art. 277 cod. civ. del legame di parentela pieno della minore, anche nei riguardi di tutti i propri parenti.

Unioni civili e adozione: lo stato dell’arte all’epoca del ricorso

La Legge 20 maggio 2016, n. 76, recante “Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze” esplicita la volontà del legislatore di mantenere riservata alle sole coppie unite in matrimonio l’accesso all’istituto dell’adozione ordinaria, piena e legittimante, di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184, con effetti totalmente parificanti alla genitorialità biologica. La c.d. Legge Cirinnà faceva comunque salvo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti.
In virtù di tale normativa, al singolo, alle coppie non coniugate o civilmente unite, l’ordinamento concede, quindi, l’accesso al solo istituto dell’adozione “in casi particolari”, ai sensi dell’art. 44 della legge 4 maggio 1983, n. 184.
Tale tipologia di adozione viene ammessa, in via di generalizzazione, in ipotesi in cui già sussista una relazione di tipo genitoriale tra un minore e un adulto, nonché al fine di implementare le possibilità del minore di essere accolto in una famiglia, come nel caso di bambino orfano portatore di handicap, alla luce delle difficoltà, se non dell’impossibilità, per il minore di accedere all’adozione piena.
Al genitore d’intenzione è, pertanto, consentita dall’art. 44, lett. d), L. 184/1983, l’adozione in casi particolari, per constatata impossibilità di addivenire a un affidamento preadottivo.
Siffatta disposizione, tuttavia, in passato, veniva restrittivamente interpretata dalla giurisprudenza quale conclamata impossibilità materiale, per il minore, di essere adottato.
Oggi, invece, per via ermeneutica, la nozione di “constatata impossibilità di affidamento preadottivo” è estesa anche ai casi di impedimento giuridico all’affidamento preadottivo, con conseguente ampliamento delle chance di trovare genitori adottivi “in casi particolari”.
Una simile evoluzione del diritto vivente ha, così, garantito, ai minori versanti in stato di c.d. semi- abbandono permanente, la possibilità di essere adottati nel caso particolare ex art. 44, lett. d, L. 184/83.
Si pensi al caso della c.d. adozione mite, disposta in difetto di uno stato di abbandono in senso stretto. Ne è un esempio l’ipotesi in cui la famiglia biologica versi in condizioni che impediscono l’esercizio funzionale della responsabilità genitoriale sul minore, in modo permanente, senza alcuna ragionevole possibilità di miglioramento.
Sempre in via ermeneutica, in presenza di una relazione d’affetto, l’ordinamento ha, altresì, consentito l’accesso del minore all’adozione, ex art. 44, lett. d, L. 184/83, da parte del partner del genitore biologico, che tuttavia non genera(va) legami civili con i parenti dell’adottante, con conseguente esclusione dei diritti successori dell’adottato verso questi ultimi.
Ciò in ragione del rinvio operato dall’art. 55 L. 184/83, all’art. 300, comma 2, del codice civile, che dispone(va) che “L’adozione non induce alcun rapporto civile tra l’adottante e la famiglia dell’adottato, né tra l’adottato e i parenti dell’adottante, salve le eccezioni stabilite dalla legge”.

Tribunale per i minorenni di Bologna: l’ordinanza di rimessione

Di fronte alla domanda del ricorrente volta a ottenere il riconoscimento giuridico dei legami di parentela tra la bimba dallo stesso adottata e la propria famiglia, il Tribunale per i minorenni di Bologna si era, quindi, trovato a dover applicare proprio la norma di cui all’art. 55 L. 184/83 in combinato disposto con l’art. 300, comma secondo, cod. civ., di cui sopra.
Ebbene, sul punto, il giudice a quo non mancava di considerare che la minore M. V. E., per effetto della pronuncia di adozione ex art. 44 lett. d), L. 184/83, si sarebbe trovata, rispetto al genitore adottivo (M.M.), in condizione differenziata rispetto al genitore biologico (V.S.), non potendo godere di uno “status filiationis” di eguale portata.
Per tali motivi il Giudicante riteneva che l’applicazione della norma citata si ponesse in contrasto “con i principi di eguaglianza sostanziale e con il principio di parità di trattamento tra tutti i figli, nati all’interno o fuori dal matrimonio e adottivi, che trova la sua fonte costituzionale negli artt. 3 e 31 Cost. ed è stato inverato dalla riforma sulla filiazione (l. 219/2012) e dal rinnovato art. 74 c.c. che ha reso unico senza distinzioni il vincolo di parentela che scaturisce dagli status filiali con la sola eccezione dell’adozione del maggiorenne, ingenerando ancor più perplessità sulla compatibilità costituzionale della conservazione di un regime differenziato nei diversi regime di genitorialità adottiva previsti dal nostro ordinamento.”
Dunque, ad avviso del Tribunale per i minorenni di Bologna, il ricorso all’adozione in casi particolari ex art. 44 lett. d), L. 184/83, in situazioni in cui non vi sia alcun legame familiare preesistente da preservare, renderebbe irragionevole e discriminatoria, a danno dell’adottato, l’applicazione del regime differenziato di cui sopra.
Nello specifico, il giudice a quo rilevava profili di illegittimità costituzionale sia con riferimento all’art. 3 e all’art. 31 della Costituzione – in ragione dell’ingiustificata disparità di trattamento tra i figli adottivi di coppie unite in matrimonio ed i figli adottivi di coppie unite civilmente – sia con riferimento all’art. 117, comma 1, della Costituzione, in relazione all’art. 8 CEDU – in quanto impedisce al minore inserito nella famiglia costituita dall’unione civile di godere pienamente della sua “vita privata e familiare”, comprensiva di ogni espressione della personalità e dignità della persona nonché del diritto all’identità.

La Sentenza n. 79/2022 della Corte costituzionale

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 79/2022, ha dichiarato illegittimo l’art. 55 della legge 184/83, in combinato disposto con l’art. 300, secondo comma, cod. civ., nella parte in cui impone l’applicazione di quest’ultima disposizione, prevista per l’adozione dei maggiorenni, anche all’adozione in casi particolari di minori.
La riforma della filiazione, avvenuta ad opera della L. 219/2012 e del successivo decreto attuativo, D. Lgs. 154/2013, è nota per aver introdotto nel nostro ordinamento il c.d. principio di unicità dello stato di figlio, indipendentemente dall’esistenza, o meno, di un legame giuridicamente riconosciuto fra i genitori. Per effetto di tale riforma, non ci sono più figli legittimi e naturali ma solo figli, e ciò vale anche per quanto concerne il regime delle successioni.
Il nuovo art. 315 cod. civ. recita, infatti, che tutti i figli hanno lo stesso status giuridico, quale manifestazione del principio di eguaglianza.
È proprio in considerazione del principio di eguaglianza nonché del supremo interesse del minore e non della volontà di legittimare un presunto diritto alla genitorialità, che la Corte costituzionale è giunta a predetta decisione.
La Corte costituzionale, infatti, dapprima ha ribadito la propria posizione in merito al divieto di surrogazione di maternità (Corte cost., sent. 272/2017 e sent. 33/2021) per poi concludere che, in ogni caso, “lo sforzo di arginare tale pratica … non consente di ignorare la realtà di minori che vivono di fatto in una relazione affettiva con il partner del genitore biologico”.
A conclusione di un’approfondita verifica sulla possibilità di equiparare la condizione giuridica del minore adottato in casi particolari a quella dello status di figlio minore, la Corte ha ritenuto discriminatorio che “a dispetto dell’unificazione dello status di figlio, al solo minore adottato in casi particolari vengono negati i legami con la famiglia del genitore adottivo”, a nulla valendo obiettare che l’adozione in casi particolari non sia in grado di risolvere i legami con la famiglia biologica.
Infatti, nel nostro ordinamento non si rinviene alcun dogma volto a imporre l’appartenenza del figlio minore, in via esclusiva a una sola famiglia.
Tali considerazioni non fanno altro che confermare l’originaria ratio posta alla base dell’istituto dell’adozione in casi particolari, il cui unico fine è quello di un potenziamento delle tutele appannaggio dei minori e non di una loro riduzione.

E oggi?

Oggi, a tutti i bambini adottati sono riconosciuti i legami giuridici con i parenti di ciascun ramo genitoriale poiché, al pari di tutti i figli minori, le loro relazioni parentali sono disciplinate dall’art. 74 cod. civ.
Ciò vale a prescindere dall’origine del progetto genitoriale. Di conseguenza, anche un bambino nato da maternità surrogata ha diritto a un legame di parentela con la famiglia del genitore d’intenzione adottante, nonostante sia stato dato alla luce mediante una tecnica non consentita in Italia.