È possibile anche se non vi è la pronuncia di addebito?
La giurisprudenza più recente non considera più necessario l’addebito della separazione per riconoscere il risarcimento del danno al coniuge nel caso di comprovata infedeltà coniugale.
Affinchè il coniuge tradito venga risarcito è necessario che il comportamento dell’altro coniuge abbia leso un diritto di rango costituzionale.
L’addebito della separazione: presupposti
L’articolo 143 del codice civile stabilisce che dal matrimonio deriva l’obbligo reciproco a:
- fedeltà;
- assistenza morale e materiale;
- collaborazione nell’interesse della famiglia;
- coabitazione.
L’addebito della separazione può essere attribuito esclusivamente in presenza di inosservanza dolosa o colposa di uno di tali doveri matrimoniali.
Nel corso degli anni numerose sentenze hanno trattato ed indagato sulle conseguenze dell’infedeltà coniugalenei rapporti tra i coniugi, arrivando a stabilire che il tradimento costituisce motivo di addebito della separazione se, a seguito dell’accertamento del giudice, sia stato da solo causa della crisi coniugale.
Il risarcimento del danno da infedeltà coniugale
L’orientamento giurisprudenziale precedente si è evoluto arrivando a riconoscere in capo al coniuge tradito, un vero e proprio diritto al risarcimento del danno in relazione ai doveri derivanti dal matrimonio previsti dall’articolo 143 del codice civile, in tema di collaborazione, coabitazione, assistenza e fedeltà (i primi tre estesi alle unioni civili dall’art. 1, comma 11, L. n. 76/2016).
Pertanto, in caso di condotta che leda i diritti-doveri derivanti dal matrimonio, ci si potrà avvalere della tutela offerta dall’articolo 2059 del codice civile, chiedendo il risarcimento dei danni non patrimoniali.
Va precisato, tuttavia, che la semplice violazione dei doveri matrimoniali, o anche la pronuncia di addebito della separazione, non integrano in modo automatico una responsabilità risarcitoria. Per questa è necessario che venga leso un diritto fondamentale della persona.
La giurisprudenza ha precisato che il risarcimento del danno da infedeltà coniugale sarà riconosciuto qualora sia stato leso un diritto fondamentale di rango costituzionale – come la dignità della persona – e la violazione sia di particolare gravità, essendo effettuata con modalità di insulto, ingiuria e/o di offesa.
Il danno non patrimoniale da infedeltà coniugale
In questo ordine di considerazioni si è mosso il Tribunale di Reggio Emilia, con una recentissima pronuncia (sentenza n. 558 del 24 giugno 2020) che ha ricordato come si abbia illecito endofamiliare in presenza di comportamenti illeciti commessi da persone legate da vincoli riconducibili alla famiglia.
Nel caso di specie il marito lamentava che la ex moglie gli avesse nascosto di essere incinta di un altro uomo.
Il Tribunale ha ritenuto che una simile condotta non costituisce il fondamento di una domanda di risarcimento del danno ai sensi dell’articolo 2059 del codice civile, se manchino le predette modalità di insulto o di ingiuria.
Il Tribunale spiega che l’elemento costitutivo della domanda risarcitoria da infedeltà coniugale, è integrato dalla consapevolezza della ex moglie di essere rimasta incinta a causa della relazione extraconiugale, ma che la semplice infedeltà non è idonea a fondare la domanda di risarcimento del danno.
Per vedere accolta la domanda, il marito avrebbe dovuto dimostrare, anche in via presuntiva, la consapevolezza ed intenzionalità della donna di essere rimasta incinta di un altro uomo, ma non avendo fornito nessuna prova in merito, la sua domanda è stata respinta.
In conclusione quindi è possibile ottenere il risarcimento del danno, a prescindere da una pronuncia di addebito, in caso di comprovata infedeltà coniugale qualora il tradimento abbia leso i diritti fondamentali della persona, protetti dalla nostra Costituzione – tra i quali la dignità personale – e la violazione sia stata particolarmente grave. L’onere di provare questi presupposti spetta alla parte che invoca la responsabilità dell’altro coniuge.