PAS: quando i genitori vedono i figli come un’arma da poter usare

Articolo a cura della Dott.ssa Valeria Masini

Sempre di più, anche se non ancora abbastanza, negli ultimi anni, sentiamo parlare di sindrome da alienazione parentale (in inglese Parental Alienation Syndrome PAS).

Sindrome da alienazione parentale

Ma cos’è e come nasce questa sindrome?

Il termine sindrome da alienazione parentale nasce nel 1985 secondo le teorie dello psichiatra forense lo statunitense Richard Gardner che ha studiato ed osservato i divorzi delle famiglie dei militari di stanza in Germania negli anni ‘80.
Secondo Gardner la sindrome da alienazione parentale “è un disturbo che insorge principalmente nel contesto delle controversie per la custodia dei figli. La sua manifestazione principale è la campagna di denigrazione rivolta contro un genitore (genitore alienato): una campagna che non ha giustificazioni. Essa è il risultato della combinazione di una programmazione (un vero e proprio lavaggio del cervello) effettuata dal genitore indottrinante (o alienante) e del contributo dato al bambino in proprio, alla denigrazione del genitore bersaglio. In presenza di reali abusi o trascuratezza dei genitori, l’ostilità del bambino può essere giustificata e, di conseguenza, la sindrome da alienazione parentale, come spiegazione dell’ostilità del bambino, non è applicabile (Gardner,1985)”. 1
Studiando questo fenomeno Gardner si accorge che, dopo la separazione dei genitori, il comportamento dei figli cambia negativamente e ingiustificatamente nei confronti del genitore non affidatario, il quale, nella maggior parte dei casi, risulta essere il padre.
I bambini, spiega lo psichiatra, instaurano una relazione molto forte e praticamente esclusiva con il genitore alienante, iniziando a condividere incondizionatamente le fantasie “paranoiche” di quest’ultimo.
Successivamente, questo studio diventerà uno dei più controversi, avvincenti e dibattuto della dottrina non solo psichiatrica, ma soprattutto giuridica, fino ai giorni nostri.

Lo sviluppo della sindrome

Di questa sindrome esistono tre diversi livelli di gravità: lieve, moderato e grave.
Il primo, quello lieve, dove l’avversione è relativamente superficiale; nel secondo l’alienazione è più profonda e i figli iniziano a denigrare il genitore alienato; nell’ultima fase, quella più grave, gli stessi si rifiutano di avere rapporti con il genitore allontanato, inventando storie non vere su aggressioni e violenze subite da quest’ultimo.
Per capire ed identificare questa sindrome alcuni studiosi, tra cui Turkat, hanno identificato dei sintomi, che hanno lo scopo di rafforzare e vitalizzare quanto più possibile il legame patologico col genitore alienante, come ad esempio:

  • campagna di denigrazione verso il genitore non affidatario;
  • fenomeno del pensatore indipendente: i figli affermano orgogliosamente che i loro sentimenti di avversione verso il genitore odiato e le ideazioni relative provengono da loro stessi e non dal genitore alienante;
  • appoggio automatico al genitore alienante;
  • assenza di senso di colpa;
  • scenari presi in prestito: i figli utilizzano termini o frasi solitamente estranee al repertorio dei ragazzi della loro età e di cui possono anche non conoscere esattamente il significato 2.

Quindi, se presenti uno o più di questi sintomi, potremmo trovarci davanti ad un caso di PAS.

I danni causati dalla sindrome di alienazione parentale

I vari studiosi che hanno ripreso questa teoria si sono soffermati sui danni che può causare la sindrome di alienazione parentale sul bambino nel suo presente ma soprattutto nel suo futuro; oltre all’evidente problema che si crea ai danni del genitore alienato, il bambino non solo potrebbe perdere per sempre il rapporto con uno dei due genitori, ma potrebbe trovarsi in un perenne stato in cui sente il dovere di essere sempre fedele al genitore alienante.
Concentrandoci soprattutto sul bambino possiamo osservare che gli studi di Baker hanno riscontrato diversi disturbi connessi alla alienazione parentale come ad esempio il disturbo d’ansia da separazione e il disturbo dell’attaccamento.
Se poi andiamo a vedere i danni a lungo termine su un ragazzo che ha sofferto di sindrome da alienazione parentale possiamo vedere che sarà più propenso nel futuro a soffrire di depressione, abuso di droga/alcol e alienazione attuata nei confronti dei propri figli.
Ma questo non sempre interessa al padre o alla madre che dopo la separazione vedono i figli come un mezzo per vendicarsi dei torti subiti dall’ex compagno e l’unico loro scopo è vincere una guerra inesistente.
Quindi possiamo dire che purtroppo i danni causati da questa sindrome sono molti e tanti altri sicuramente se ne troveranno, visto che la sindrome da alienazione parentale viene sempre più studiata e considerata anche nelle aule giudiziarie.

Il riconoscimento di questa sindrome nel mondo

La sindrome da alienazione parentale è stata presa in considerazione e studiata solo negli ultimi anni, perché fino a poco tempo fa veniva considerata solo un’invenzione o una strategia applicata da qualcuno. Bisogna sottolineare che ancora non è considerata una vera e propria malattia. Infatti, il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM) non riconosce la PAS come sindrome o malattia, anzi, nell’ultima edizione del 2013 la PAS non è neanche menzionata come un disturbo reale.
Questa sindrome, negli ultimi anni è sempre più studiata e riconosciuta nella giurisprudenza di tutto il mondo, è approdata anche sui banchi della Corte di Cassazione italiana e non solo.
Il 23 giugno del 2016 la Corte Europea dei Diritti Umani ha condannato l’Italia per violazione dell’articolo 8 della Convenzione, in quanto non aveva tutelato il diritto di un padre alla sua vita familiare. Si tratta dell’Affaire Strumia contro Italia: un padre si è rivolto disperato alla Corte Europea poiché la giustizia italiana non gli garantiva il diritto di incontrare la figlia, soggiogata da una madre alienante che aveva manipolato la minore contro il padre che ormai non riusciva a vedere la figlia da oltre sette anni, nonostante ci fossero tanti provvedimenti che disponessero il diritto alle frequentazioni padre figlia.
Si può osservare come, al momento attuale, il nostro ordinamento non sia del tutto in grado di apprestare adeguata tutela al diritto relazionale delle persone e, in particolare, al diritto del minore ad avere e mantenere un rapporto affettivo ed educativo stabile con i propri genitori e al diritto/dovere dei genitori di crescere, frequentare, curare, educare, istruire i propri figli con continuità ed effettività.
A ciò potrebbe porsi rimedio con un nuovo intervento legislativo, capace di introdurre una nuova previsione incriminatrice. Ad esempio l’Argentina ha una legge per proteggere i bambini vittime di PAS dal 1993; il Brasile, che ha emanato la legge numero 12318-10 contro ogni forma di alienazione parentale, dal 2010; e ancora la Francia che con l’articolo 227-5 del codice penale sanziona con un anno di galera e 15.000 € di multa il genitore che si rifiuti di far incontrare il figlio all’altro genitore che ne ha il diritto.

Le proposte di legge in Italia

Il 21 marzo 2017 è stata presentata, la proposta di legge Turco ed altri: “modifica all’articolo 337 ter del codice civile, in materia di provvedimenti del giudice in caso di inosservanza delle condizioni di affidamento dei figli da parte del genitore affidatario”.
In sintesi: la norma si limita ad aggiungere al comma 3 dell’articolo 337-ter del Codice Civile la possibilità per il giudice di modificare le modalità di affidamento con effetto immediato, affidando i figli al genitore non collocatario.
Ovviamente non sono mancate le critiche a questa proposta, infatti si è conclusa con un nulla di fatto.

I casi di cronaca

Uno dei casi più interessanti portati davanti al Tribunale in Italia è riportato in una sentenza del 2007 del Tribunale di Messina, dove possiamo leggere come venga chiesto l’intervento di un CTU per valutare la situazione e chiarire se ci troviamo davanti ad un caso di alienazione parentale. La perizia richiesta si conclude con il ricovero di sei mesi del bambino in una casa famiglia e successivamente il trasferimento a casa del genitore alienato, per ricostruire il rapporto perso, essendo stato riscontrato un caso di PAS.
Uno dei casi più famosi, però, di alienazione parentale è sicuramente la sentenza della Corte di Cassazione n. 6919/2016, in cui viene riscontrata una grave forma di alienazione parentale da parte della madre nei confronti del padre. In questa sentenza la Corte specifica l’importanza della bigenitorialità e dell’affidamento condiviso ad entrambi i genitori. Quindi, non è corretto allontanare un genitore perché il figlio è stato alienato dall’altro, ma con una mediazione familiare e l’aiuto di psicologi e psichiatri, bisogna far avere, al bambino, un rapporto sano ed equilibrato con entrambi i genitori.
In conclusione, quindi, posso affermare che anche se molti passi sono stati fatti, non sono ancora abbastanza e bisogna fare di tutto perché il minore abbia diritto alla bigenitorialità e non perda il rapporto, non solo con il genitore alienato, ma anche con gli ascendenti e con i parenti di quel ramo genitoriale.
Secondo me, le università e soprattutto, gli operatori, gli avvocati e i giudici, dovrebbero riconoscere il proprio bisogno formativo e di aggiornamento continuo rispetto ad una problematica il cui trattamento non può essere più improvvisato, perché la sindrome da alienazione parentale è un problema da risolvere adesso.


1 A.Cavedon, T.Magro, “Dalla separazione all’alienazione parentale”, capitolo 1, pagina 21.
2 U.Fornari, Trattati di psichiatria forense, parte seconda pagina 674.

sindrome da alienazione parentale

Ma cos’è e come nasce questa sindrome?

Il termine sindrome da alienazione parentale nasce nel 1985 secondo le teorie dello psichiatra forense lo statunitense Richard Gardner che ha studiato ed osservato i divorzi delle famiglie dei militari di stanza in Germania negli anni ‘80.
Secondo Gardner la sindrome da alienazione parentale “è un disturbo che insorge principalmente nel contesto delle controversie per la custodia dei figli. La sua manifestazione principale è la campagna di denigrazione rivolta contro un genitore (genitore alienato): una campagna che non ha giustificazioni. Essa è il risultato della combinazione di una programmazione (un vero e proprio lavaggio del cervello) effettuata dal genitore indottrinante (o alienante) e del contributo dato al bambino in proprio, alla denigrazione del genitore bersaglio. In presenza di reali abusi o trascuratezza dei genitori, l’ostilità del bambino può essere giustificata e, di conseguenza, la sindrome da alienazione parentale, come spiegazione dell’ostilità del bambino, non è applicabile (Gardner,1985)”. 1
Studiando questo fenomeno Gardner si accorge che, dopo la separazione dei genitori, il comportamento dei figli cambia negativamente e ingiustificatamente nei confronti del genitore non affidatario, il quale, nella maggior parte dei casi, risulta essere il padre.
I bambini, spiega lo psichiatra, instaurano una relazione molto forte e praticamente esclusiva con il genitore alienante, iniziando a condividere incondizionatamente le fantasie “paranoiche” di quest’ultimo.
Successivamente, questo studio diventerà uno dei più controversi, avvincenti e dibattuto della dottrina non solo psichiatrica, ma soprattutto giuridica, fino ai giorni nostri.

Lo sviluppo della sindrome

Di questa sindrome esistono tre diversi livelli di gravità: lieve, moderato e grave.
Il primo, quello lieve, dove l’avversione è relativamente superficiale; nel secondo l’alienazione è più profonda e i figli iniziano a denigrare il genitore alienato; nell’ultima fase, quella più grave, gli stessi si rifiutano di avere rapporti con il genitore allontanato, inventando storie non vere su aggressioni e violenze subite da quest’ultimo.
Per capire ed identificare questa sindrome alcuni studiosi, tra cui Turkat, hanno identificato dei sintomi, che hanno lo scopo di rafforzare e vitalizzare quanto più possibile il legame patologico col genitore alienante, come ad esempio:

  • campagna di denigrazione verso il genitore non affidatario;
  • fenomeno del pensatore indipendente: i figli affermano orgogliosamente che i loro sentimenti di avversione verso il genitore odiato e le ideazioni relative provengono da loro stessi e non dal genitore alienante;
  • appoggio automatico al genitore alienante;
  • assenza di senso di colpa;
  • scenari presi in prestito: i figli utilizzano termini o frasi solitamente estranee al repertorio dei ragazzi della loro età e di cui possono anche non conoscere esattamente il significato 2.

Quindi, se presenti uno o più di questi sintomi, potremmo trovarci davanti ad un caso di PAS.

I danni causati dalla sindrome di alienazione parentale

I vari studiosi che hanno ripreso questa teoria si sono soffermati sui danni che può causare la sindrome di alienazione parentale sul bambino nel suo presente ma soprattutto nel suo futuro; oltre all’evidente problema che si crea ai danni del genitore alienato, il bambino non solo potrebbe perdere per sempre il rapporto con uno dei due genitori, ma potrebbe trovarsi in un perenne stato in cui sente il dovere di essere sempre fedele al genitore alienante.
Concentrandoci soprattutto sul bambino possiamo osservare che gli studi di Baker hanno riscontrato diversi disturbi connessi alla alienazione parentale come ad esempio il disturbo d’ansia da separazione e il disturbo dell’attaccamento.
Se poi andiamo a vedere i danni a lungo termine su un ragazzo che ha sofferto di sindrome da alienazione parentale possiamo vedere che sarà più propenso nel futuro a soffrire di depressione, abuso di droga/alcol e alienazione attuata nei confronti dei propri figli.
Ma questo non sempre interessa al padre o alla madre che dopo la separazione vedono i figli come un mezzo per vendicarsi dei torti subiti dall’ex compagno e l’unico loro scopo è vincere una guerra inesistente.
Quindi possiamo dire che purtroppo i danni causati da questa sindrome sono molti e tanti altri sicuramente se ne troveranno, visto che la sindrome da alienazione parentale viene sempre più studiata e considerata anche nelle aule giudiziarie.

Il riconoscimento di questa sindrome nel mondo

La sindrome da alienazione parentale è stata presa in considerazione e studiata solo negli ultimi anni, perché fino a poco tempo fa veniva considerata solo un’invenzione o una strategia applicata da qualcuno. Bisogna sottolineare che ancora non è considerata una vera e propria malattia. Infatti, il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM) non riconosce la PAS come sindrome o malattia, anzi, nell’ultima edizione del 2013 la PAS non è neanche menzionata come un disturbo reale.
Questa sindrome, negli ultimi anni è sempre più studiata e riconosciuta nella giurisprudenza di tutto il mondo, è approdata anche sui banchi della Corte di Cassazione italiana e non solo.
Il 23 giugno del 2016 la Corte Europea dei Diritti Umani ha condannato l’Italia per violazione dell’articolo 8 della Convenzione, in quanto non aveva tutelato il diritto di un padre alla sua vita familiare. Si tratta dell’Affaire Strumia contro Italia: un padre si è rivolto disperato alla Corte Europea poiché la giustizia italiana non gli garantiva il diritto di incontrare la figlia, soggiogata da una madre alienante che aveva manipolato la minore contro il padre che ormai non riusciva a vedere la figlia da oltre sette anni, nonostante ci fossero tanti provvedimenti che disponessero il diritto alle frequentazioni padre figlia.
Si può osservare come, al momento attuale, il nostro ordinamento non sia del tutto in grado di apprestare adeguata tutela al diritto relazionale delle persone e, in particolare, al diritto del minore ad avere e mantenere un rapporto affettivo ed educativo stabile con i propri genitori e al diritto/dovere dei genitori di crescere, frequentare, curare, educare, istruire i propri figli con continuità ed effettività.
A ciò potrebbe porsi rimedio con un nuovo intervento legislativo, capace di introdurre una nuova previsione incriminatrice. Ad esempio l’Argentina ha una legge per proteggere i bambini vittime di PAS dal 1993; il Brasile, che ha emanato la legge numero 12318-10 contro ogni forma di alienazione parentale, dal 2010; e ancora la Francia che con l’articolo 227-5 del codice penale sanziona con un anno di galera e 15.000 € di multa il genitore che si rifiuti di far incontrare il figlio all’altro genitore che ne ha il diritto.

Le proposte di legge in Italia

Il 21 marzo 2017 è stata presentata, la proposta di legge Turco ed altri: “modifica all’articolo 337 ter del codice civile, in materia di provvedimenti del giudice in caso di inosservanza delle condizioni di affidamento dei figli da parte del genitore affidatario”.
In sintesi: la norma si limita ad aggiungere al comma 3 dell’articolo 337-ter del Codice Civile la possibilità per il giudice di modificare le modalità di affidamento con effetto immediato, affidando i figli al genitore non collocatario.
Ovviamente non sono mancate le critiche a questa proposta, infatti si è conclusa con un nulla di fatto.

I casi di cronaca

Uno dei casi più interessanti portati davanti al Tribunale in Italia è riportato in una sentenza del 2007 del Tribunale di Messina, dove possiamo leggere come venga chiesto l’intervento di un CTU per valutare la situazione e chiarire se ci troviamo davanti ad un caso di alienazione parentale. La perizia richiesta si conclude con il ricovero di sei mesi del bambino in una casa famiglia e successivamente il trasferimento a casa del genitore alienato, per ricostruire il rapporto perso, essendo stato riscontrato un caso di PAS.
Uno dei casi più famosi, però, di alienazione parentale è sicuramente la sentenza della Corte di Cassazione n. 6919/2016, in cui viene riscontrata una grave forma di alienazione parentale da parte della madre nei confronti del padre. In questa sentenza la Corte specifica l’importanza della bigenitorialità e dell’affidamento condiviso ad entrambi i genitori. Quindi, non è corretto allontanare un genitore perché il figlio è stato alienato dall’altro, ma con una mediazione familiare e l’aiuto di psicologi e psichiatri, bisogna far avere, al bambino, un rapporto sano ed equilibrato con entrambi i genitori.
In conclusione, quindi, posso affermare che anche se molti passi sono stati fatti, non sono ancora abbastanza e bisogna fare di tutto perché il minore abbia diritto alla bigenitorialità e non perda il rapporto, non solo con il genitore alienato, ma anche con gli ascendenti e con i parenti di quel ramo genitoriale.
Secondo me, le università e soprattutto, gli operatori, gli avvocati e i giudici, dovrebbero riconoscere il proprio bisogno formativo e di aggiornamento continuo rispetto ad una problematica il cui trattamento non può essere più improvvisato, perché la sindrome da alienazione parentale è un problema da risolvere adesso.


1 A.Cavedon, T.Magro, “Dalla separazione all’alienazione parentale”, capitolo 1, pagina 21.
2 U.Fornari, Trattati di psichiatria forense, parte seconda pagina 674.