Il riciclaggio delle opere d’arte

Riciclaggio opere d'arte

Indice

1. Brevi cenni sul reato di riciclaggio e sulla riforma dei delitti contro il patrimonio culturale
2. Il riciclaggio delle opere d’arte: le fattispecie delittuose
3. La questione delle “zone franche”
4. Conclusioni

1. Brevi cenni sul reato di riciclaggio e sulla riforma dei delitti contro il patrimonio culturale

Il reato di riciclaggio, disciplinato all’art. 648-bis del Codice Penale, è posto a tutela dell’ordine pubblico, economico/finanziario e dell’attività giudiziaria, nonostante la sua collocazione nel Titolo XIII riguardante i reati contro il patrimonio. La fattispecie punisce colui che, non avendo concorso nella commissione del delitto presupposto non colposo, sostituisce o trasferisce denaro o altra utilità di provenienza illecita, o compie in relazione ad essi altre operazioni, in modo da ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa. L’idoneità della condotta è riferibile a tutte le modalità e costituisce un vincolo alla forma libera del reato1.
Sotto il profilo materiale, la sostituzione si realizza quando il denaro o le altre utilità di origine illecita sono rimpiazzate da denaro pulito, così da rompere il legame con il delitto-presupposto; mentre, il trasferimento consiste nel movimentare i proventi illeciti senza modificarli, ad esempio, può integrare il reato di riciclaggio il mero cambiamento d’intestazione di un bene.
Il riferimento generico ad altre operazioni dimostra la natura di reato a forma libera, comprendendo in esso qualsiasi tecnica di riciclaggio, anche futura.
Sotto il profilo soggettivo, è sufficiente il dolo generico.
Per quanto attiene la tutela del patrimonio culturale, la normativa penale vigente non prevede una fattispecie ad hoc quando il riciclaggio abbia a oggetto beni culturali e/o opere d’arte: in tal caso, si dovrà necessariamente ricorrere alla fattispecie di cui all’art. 648-bis c.p. Potrà, altresì, configurarsi la relativa aggravante, ai sensi del secondo comma, quando, ad esempio, il reato sia commesso dal titolare di una galleria d’arte2.
Infatti, l’attività di riciclaggio e, in generale, il traffico illecito di opere d’arte sono divenuti un’attività particolarmente redditizia soprattutto per la criminalità organizzata3, il cui interesse è facilmente comprensibile: in primo luogo, l’opera d’arte costituisce il cd. “bene rifugio”, in quanto non perde mai di valore, tenuto conto che può essere ceduto a titolo di controprestazione, conferendo, peraltro, valore sociale a chi lo possiede. In secondo luogo, le opere d’arte rappresentano un ottimo vettore per il riciclaggio di denaro.
Si è posta, quindi, l’urgenza di offrire una maggior tutela penale al fenomeno; un’esigenza tradotta nel disegno di legge n. 893/2018 – attualmente approvato dalla Camera – nel quale si prevede l’introduzione nel Codice Penale del Titolo VIII–bis, rubricato “Delitti contro il patrimonio culturale”.
Tra le nuove fattispecie contemplate, l’art. 518–sexies c.p. dovrebbe disciplinare il riciclaggio dei beni culturali con la pena della reclusione dai cinque ai quattordici anni4.
Tuttavia, il richiamo esplicito alla nozione di beni culturali suggerisce che la tutela penale potrebbe essere limitata a quelle opere che rientrano nella definizione di cui all’art. 2, II comma, del Codice dei Beni culturali e del Paesaggio5, con l’esclusione di quelle che, pur di pregio e di enorme valore economico, non presentino le caratteristiche richieste dal D.Lgs. n. 42/2004.
Pertanto, tale riforma, per quanto auspicabile, sembrerebbe offrire una tutela comunque parziale.

2. Il riciclaggio delle opere d’arte: le fattispecie delittuose

Il riciclaggio di opere d’arte non rappresenta un fenomeno esclusivamente monetario: il reato si configura anche quando è l’opera stessa ad essere oggetto di riciclaggio; ad esempio, dissimulando l’originalità della medesima con ritocchi per celare il valore effettivo del bene e facilitare la sua esportazione.
In particolare, per quanto riguarda i beni archeologici, il riciclaggio può realizzarsi tramite la cd. “vendita rateale”6: il bene viene spezzettato oppure, se già in tali condizioni, non si procede al restauro, facilitando così l’occultamento ed evitando facilmente il controllo doganale. Inoltre, la vendita rateale ha il vantaggio di aumentare il prezzo dei pezzi successivi: è evidente che il compratore avrà interesse a ricomporre l’opera e possederla nella sua totalità, offrendo un prezzo maggiorato per entrare in possesso di ciascun frammento.
Altresì, il riciclaggio si può realizzare anche tramite la vendita e il contestuale riacquisto del bene avvalendosi di ambiti di vendita legale, quali le Case d’Asta.
Questa operazione presenta ulteriori convenienze: l’acquirente effettivo – che, di consueto, si avvale di un prestanome – è anche venditore e, quindi, fissa il prezzo del bene; mentre, l’acquirente apparente può sostenere di aver agito in buona fede, avendo comprato il bene in sede di asta pubblica.
Inoltre, stante il valore stabile delle opere d’arte, gli istituti bancari, spesso, accettano tali beni a titolo di garanzie per mutui o prestiti, con la conseguenza che il bene potrà essere custodito presso i caveau delle banche, nei quali sarà occultato per molto tempo.

3. La questione delle “zone franche”

Con il termine “zona franca” si intende una porzione di territorio facente parte dello Stato, in cui vige uno speciale regime doganale ed un proprio sistema di formalità e sorveglianza, attraverso i quali le operazioni commerciali sono esenti da dazi o imposte.
Tali zone consentono di stoccare le merci senza un limite di tempo nei magazzini e garantiscono alti standard di sicurezza e molteplici servizi oltre l’esenzione dalle tasse per tutto il tempo in cui l’opera rimane nei depositi. Pertanto, i porti franchi appaiono particolarmente convenienti per i galleristi e collezionisti d’arte.
Le zone franche, però, permettono anche di dissimulare facilmente la provenienza illecita dei beni, grazie ai particolari regimi di sorveglianza e riservatezza offerti.
Inoltre, colui che intende dissimulare la provenienza illecita del bene non avrà alcun interesse a estrarre fisicamente l’opera, ben potendo vendere la stessa senza che questa esca dai depositi.
Tuttavia, per quanto attiene alle zone franche situate all’interno dell’Unione Europea, il fenomeno è stato parzialmente arginato dalla Direttiva UE 843/2018 (V Direttiva antiriciclaggio) – recepita dall’Italia dal D.Lgs. n. 125/2019 – il quale ha avuto il pregio di aver inserito fra i soggetti gravati dagli obblighi di verifica delle operazioni e di segnalazione di quelle sospette all’UIF:7: “coloro che commerciano o conservano arte, ovvero che agiscono come intermediari nel commercio delle stesse, qualora tale attività sia effettuata all’interno dei porti franchi e il valore dell’operazione, anche se frazionata, o di operazioni collegate sia pari o superiore a 10.000,00 euro”.
Nonostante il tema sia dibattuto8, si ritiene che nell’obbligo di segnalazione sia ravvisabile una posizione di garanzia: di conseguenza, nell’ipotesi in cui l’operazione di riciclaggio non fosse ancora conclusa e il titolare dell’obbligo, pur essendone consapevole – un quid pluris rispetto al mero sospetto – si astenesse da segnalarla, potrebbe rispondere di concorso omissivo nel reato commissivo; diversamente, qualora nutrisse un mero sospetto, l’omissione integrerebbe l’illecito amministrativo che, tramite la clausola di riserva, opera in via sussidiaria9.
In ogni caso, la V Direttiva antiriciclaggio ha offerto una soluzione parziale: in primo luogo, scatta l’obbligo di segnalazione delle operazioni sospette, effettuate nei porti franchi, quando il valore non è inferiore a 10.000,00 euro; in secondo luogo, la Direttiva si applica solo nei confronti degli Stati dell’Unione Europea, con l’esclusione di una delle zone franche più redditizie: quella a Ginevra, dove si possono stoccare numerose opere d’arte per un valore di miliardi di euro.

4. Conclusioni

In conclusione, la nuova disciplina normativa consentirebbe al nostro Paese di rinnovare un assetto normativo ormai obsoleto, adeguandosi, almeno in parte, alla disciplina comunitaria in materia. Tuttavia, per offrire un’adeguata tutela al fenomeno del riciclaggio di opere d’arte, risulta necessario ampliare la cooperazione fra gli Stati e uniformare a livello internazionale i sistemi di controllo e vigilanza.


1 M. Zanchetti, Il riciclaggio di denaro proveniente da reato, in Raccolta di studi di Diritto Penale, ed. Giuffrè, Milano, 1997, pag. 361.
2 R. Losengo, Il traffico illecito di opere d’arte, in G. Negri –Clementi e S. Stabile (a cura di), Il diritto dell’arte, la protezione del patrimonio artistico, vol. 3, ed. Skira, Losanna, 2014, pag. 187.
3Il riciclaggio di denaro tramite la compravendita di opere d’arte frutterebbe alla criminalità guadagni miliardi, raggiungendo le cifre rese dal traffico degli stupefacenti.
4 L’art. 648-bis C.p. prevede, al comma primo, la pena della reclusione da quattro a dodici anni e la multa da 5.0000,00 a 25.000,00 euro.
5 “Sono beni culturali le cose immobili e mobili che, ai sensi degli articoli 10 e 11, presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà”.
6 P. G. Ferri, Brevi osservazioni sulla tutela penale dei reperti archeologici, pag. 91 e ss., in A. Pannella e F. Broccardi (a cura di), AES ARTS+ECONOMICS, n. 7, 2020.
7 Art. 35 D.Lgs. n. 231/2007.
8 Parte della dottrina ritiene che in capo al garante non sussista un potere impeditivo del riciclaggio, per cui il titolare non avrebbe la concreta capacità di intervento. Per parte della giurisprudenza, invece, il titolare di tale obbligo può rispondere anche a titolo di dolo eventuale, quando l’operazione presenti gli indici di anomalia indicati dalle Direttive antiriciclaggio e il soggetto non si attivi per segnalarla (Cass., Pen., sez. III, 08/03/2016, n. 9472).
9 Art. 58 D.Lgs. n. 231/2007.

riciclaggio opere d'arte

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1. Brevi cenni sul reato di riciclaggio e sulla riforma dei delitti contro il patrimonio culturale
2. Il riciclaggio delle opere d’arte: le fattispecie delittuose
3. La questione delle “zone franche”
4. Conclusioni

1. Brevi cenni sul reato di riciclaggio e sulla riforma dei delitti contro il patrimonio culturale

Il reato di riciclaggio, disciplinato all’art. 648-bis del Codice Penale, è posto a tutela dell’ordine pubblico, economico/finanziario e dell’attività giudiziaria, nonostante la sua collocazione nel Titolo XIII riguardante i reati contro il patrimonio. La fattispecie punisce colui che, non avendo concorso nella commissione del delitto presupposto non colposo, sostituisce o trasferisce denaro o altra utilità di provenienza illecita, o compie in relazione ad essi altre operazioni, in modo da ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa. L’idoneità della condotta è riferibile a tutte le modalità e costituisce un vincolo alla forma libera del reato1.
Sotto il profilo materiale, la sostituzione si realizza quando il denaro o le altre utilità di origine illecita sono rimpiazzate da denaro pulito, così da rompere il legame con il delitto-presupposto; mentre, il trasferimento consiste nel movimentare i proventi illeciti senza modificarli, ad esempio, può integrare il reato di riciclaggio il mero cambiamento d’intestazione di un bene.
Il riferimento generico ad altre operazioni dimostra la natura di reato a forma libera, comprendendo in esso qualsiasi tecnica di riciclaggio, anche futura.
Sotto il profilo soggettivo, è sufficiente il dolo generico.
Per quanto attiene la tutela del patrimonio culturale, la normativa penale vigente non prevede una fattispecie ad hoc quando il riciclaggio abbia a oggetto beni culturali e/o opere d’arte: in tal caso, si dovrà necessariamente ricorrere alla fattispecie di cui all’art. 648-bis c.p. Potrà, altresì, configurarsi la relativa aggravante, ai sensi del secondo comma, quando, ad esempio, il reato sia commesso dal titolare di una galleria d’arte2.
Infatti, l’attività di riciclaggio e, in generale, il traffico illecito di opere d’arte sono divenuti un’attività particolarmente redditizia soprattutto per la criminalità organizzata3, il cui interesse è facilmente comprensibile: in primo luogo, l’opera d’arte costituisce il cd. “bene rifugio”, in quanto non perde mai di valore, tenuto conto che può essere ceduto a titolo di controprestazione, conferendo, peraltro, valore sociale a chi lo possiede. In secondo luogo, le opere d’arte rappresentano un ottimo vettore per il riciclaggio di denaro.
Si è posta, quindi, l’urgenza di offrire una maggior tutela penale al fenomeno; un’esigenza tradotta nel disegno di legge n. 893/2018 – attualmente approvato dalla Camera – nel quale si prevede l’introduzione nel Codice Penale del Titolo VIII–bis, rubricato “Delitti contro il patrimonio culturale”.
Tra le nuove fattispecie contemplate, l’art. 518–sexies c.p. dovrebbe disciplinare il riciclaggio dei beni culturali con la pena della reclusione dai cinque ai quattordici anni4.
Tuttavia, il richiamo esplicito alla nozione di beni culturali suggerisce che la tutela penale potrebbe essere limitata a quelle opere che rientrano nella definizione di cui all’art. 2, II comma, del Codice dei Beni culturali e del Paesaggio5, con l’esclusione di quelle che, pur di pregio e di enorme valore economico, non presentino le caratteristiche richieste dal D.Lgs. n. 42/2004.
Pertanto, tale riforma, per quanto auspicabile, sembrerebbe offrire una tutela comunque parziale.

2. Il riciclaggio delle opere d’arte: le fattispecie delittuose

Il riciclaggio di opere d’arte non rappresenta un fenomeno esclusivamente monetario: il reato si configura anche quando è l’opera stessa ad essere oggetto di riciclaggio; ad esempio, dissimulando l’originalità della medesima con ritocchi per celare il valore effettivo del bene e facilitare la sua esportazione.
In particolare, per quanto riguarda i beni archeologici, il riciclaggio può realizzarsi tramite la cd. “vendita rateale”6: il bene viene spezzettato oppure, se già in tali condizioni, non si procede al restauro, facilitando così l’occultamento ed evitando facilmente il controllo doganale. Inoltre, la vendita rateale ha il vantaggio di aumentare il prezzo dei pezzi successivi: è evidente che il compratore avrà interesse a ricomporre l’opera e possederla nella sua totalità, offrendo un prezzo maggiorato per entrare in possesso di ciascun frammento.
Altresì, il riciclaggio si può realizzare anche tramite la vendita e il contestuale riacquisto del bene avvalendosi di ambiti di vendita legale, quali le Case d’Asta.
Questa operazione presenta ulteriori convenienze: l’acquirente effettivo – che, di consueto, si avvale di un prestanome – è anche venditore e, quindi, fissa il prezzo del bene; mentre, l’acquirente apparente può sostenere di aver agito in buona fede, avendo comprato il bene in sede di asta pubblica.
Inoltre, stante il valore stabile delle opere d’arte, gli istituti bancari, spesso, accettano tali beni a titolo di garanzie per mutui o prestiti, con la conseguenza che il bene potrà essere custodito presso i caveau delle banche, nei quali sarà occultato per molto tempo.

3. La questione delle “zone franche”

Con il termine “zona franca” si intende una porzione di territorio facente parte dello Stato, in cui vige uno speciale regime doganale ed un proprio sistema di formalità e sorveglianza, attraverso i quali le operazioni commerciali sono esenti da dazi o imposte.
Tali zone consentono di stoccare le merci senza un limite di tempo nei magazzini e garantiscono alti standard di sicurezza e molteplici servizi oltre l’esenzione dalle tasse per tutto il tempo in cui l’opera rimane nei depositi. Pertanto, i porti franchi appaiono particolarmente convenienti per i galleristi e collezionisti d’arte.
Le zone franche, però, permettono anche di dissimulare facilmente la provenienza illecita dei beni, grazie ai particolari regimi di sorveglianza e riservatezza offerti.
Inoltre, colui che intende dissimulare la provenienza illecita del bene non avrà alcun interesse a estrarre fisicamente l’opera, ben potendo vendere la stessa senza che questa esca dai depositi.
Tuttavia, per quanto attiene alle zone franche situate all’interno dell’Unione Europea, il fenomeno è stato parzialmente arginato dalla Direttiva UE 843/2018 (V Direttiva antiriciclaggio) – recepita dall’Italia dal D.Lgs. n. 125/2019 – il quale ha avuto il pregio di aver inserito fra i soggetti gravati dagli obblighi di verifica delle operazioni e di segnalazione di quelle sospette all’UIF:7: “coloro che commerciano o conservano arte, ovvero che agiscono come intermediari nel commercio delle stesse, qualora tale attività sia effettuata all’interno dei porti franchi e il valore dell’operazione, anche se frazionata, o di operazioni collegate sia pari o superiore a 10.000,00 euro”.
Nonostante il tema sia dibattuto8, si ritiene che nell’obbligo di segnalazione sia ravvisabile una posizione di garanzia: di conseguenza, nell’ipotesi in cui l’operazione di riciclaggio non fosse ancora conclusa e il titolare dell’obbligo, pur essendone consapevole – un quid pluris rispetto al mero sospetto – si astenesse da segnalarla, potrebbe rispondere di concorso omissivo nel reato commissivo; diversamente, qualora nutrisse un mero sospetto, l’omissione integrerebbe l’illecito amministrativo che, tramite la clausola di riserva, opera in via sussidiaria9.
In ogni caso, la V Direttiva antiriciclaggio ha offerto una soluzione parziale: in primo luogo, scatta l’obbligo di segnalazione delle operazioni sospette, effettuate nei porti franchi, quando il valore non è inferiore a 10.000,00 euro; in secondo luogo, la Direttiva si applica solo nei confronti degli Stati dell’Unione Europea, con l’esclusione di una delle zone franche più redditizie: quella a Ginevra, dove si possono stoccare numerose opere d’arte per un valore di miliardi di euro.

4. Conclusioni

In conclusione, la nuova disciplina normativa consentirebbe al nostro Paese di rinnovare un assetto normativo ormai obsoleto, adeguandosi, almeno in parte, alla disciplina comunitaria in materia. Tuttavia, per offrire un’adeguata tutela al fenomeno del riciclaggio di opere d’arte, risulta necessario ampliare la cooperazione fra gli Stati e uniformare a livello internazionale i sistemi di controllo e vigilanza.


1 M. Zanchetti, Il riciclaggio di denaro proveniente da reato, in Raccolta di studi di Diritto Penale, ed. Giuffrè, Milano, 1997, pag. 361.
2 R. Losengo, Il traffico illecito di opere d’arte, in G. Negri –Clementi e S. Stabile (a cura di), Il diritto dell’arte, la protezione del patrimonio artistico, vol. 3, ed. Skira, Losanna, 2014, pag. 187.
3Il riciclaggio di denaro tramite la compravendita di opere d’arte frutterebbe alla criminalità guadagni miliardi, raggiungendo le cifre rese dal traffico degli stupefacenti.
4 L’art. 648-bis C.p. prevede, al comma primo, la pena della reclusione da quattro a dodici anni e la multa da 5.0000,00 a 25.000,00 euro.
5 “Sono beni culturali le cose immobili e mobili che, ai sensi degli articoli 10 e 11, presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà”.
6 P. G. Ferri, Brevi osservazioni sulla tutela penale dei reperti archeologici, pag. 91 e ss., in A. Pannella e F. Broccardi (a cura di), AES ARTS+ECONOMICS, n. 7, 2020.
7 Art. 35 D.Lgs. n. 231/2007.
8 Parte della dottrina ritiene che in capo al garante non sussista un potere impeditivo del riciclaggio, per cui il titolare non avrebbe la concreta capacità di intervento. Per parte della giurisprudenza, invece, il titolare di tale obbligo può rispondere anche a titolo di dolo eventuale, quando l’operazione presenti gli indici di anomalia indicati dalle Direttive antiriciclaggio e il soggetto non si attivi per segnalarla (Cass., Pen., sez. III, 08/03/2016, n. 9472).
9 Art. 58 D.Lgs. n. 231/2007.