Art. 8 – Legge Severino

(D.Lgs. 31 dicembre 2012, n. 235 - Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, a norma dell'articolo 1, comma 63, della legge 6 novembre 2012, n. 190)

Sospensione e decadenza di diritto per incandidabilità alle cariche regionali

1. Sono sospesi di diritto dalle cariche indicate all’articolo 7, comma 1:
a) coloro che hanno riportato una condanna non definitiva per uno dei delitti indicati all’articolo 7, comma 1, lettera a), b), e c); (1)
b) coloro che, con sentenza di primo grado, confermata in appello per la stessa imputazione, hanno riportato una condanna ad una pena non inferiore a due anni di reclusione per un delitto non colposo, dopo l’elezione o la nomina;
c) coloro nei cui confronti l’autorità giudiziaria ha applicato, con provvedimento non definitivo, una misura di prevenzione in quanto indiziati di appartenere ad una delle associazioni di cui all’articolo 4, comma 1, lettera a) e b) , del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159.
2. La sospensione di diritto consegue, altresì, quando è disposta l’applicazione di una delle misure coercitive di cui agli articoli 284, 285 e 286 del codice di procedura penale nonché di cui all’articolo 283, comma 1, del codice di procedura penale, quando il divieto di dimora riguarda la sede dove si svolge il mandato elettorale.
3. Nel periodo di sospensione i soggetti sospesi, fatte salve le diverse specifiche discipline regionali, non sono computati al fine della verifica del numero legale, né per la determinazione di qualsivoglia quorum o maggioranza qualificata. La sospensione cessa di diritto di produrre effetti decorsi diciotto mesi. La cessazione non opera, tuttavia, se entro il termine di cui al precedente periodo l’impugnazione in punto di responsabilità è rigettata anche con sentenza non definitiva. In quest’ultima ipotesi la sospensione cessa di produrre effetti decorso il termine di dodici mesi dalla sentenza di rigetto.
4. A cura della cancelleria del tribunale o della segreteria del pubblico ministero i provvedimenti giudiziari che comportano la sospensione ai sensi del comma 1 sono comunicati al prefetto del capoluogo della Regione che ne dà immediata comunicazione al Presidente del Consiglio dei Ministri il quale, sentiti il Ministro per gli affari regionali e il Ministro dell’interno, adotta il provvedimento che accerta la sospensione. Tale provvedimento è notificato, a cura del prefetto del capoluogo della Regione, al competente consiglio regionale per l’adozione dei conseguenti adempimenti di legge. Per la regione siciliana e la regione Valle d’Aosta le competenze di cui al presente articolo sono esercitate, rispettivamente, dal commissario dello Stato e dal presidente della commissione di coordinamento; per le province autonome di Trento e di Bolzano sono esercitate dai rispettivi commissari del Governo. Per la durata della sospensione al consigliere regionale spetta un assegno pari all’indennità di carica ridotta di una percentuale fissata con legge regionale.
5. La sospensione cessa nel caso in cui nei confronti dell’interessato venga meno l’effi cacia della misura coercitiva di cui al comma 1, ovvero venga emessa sentenza, anche se non passata in giudicato, di non luogo a procedere, di proscioglimento o di assoluzione o provvedimento di revoca della misura di prevenzione o sentenza di annullamento ancorché con rinvio. In tal caso la sentenza o il provvedimento di revoca devono essere pubblicati nell’albo pretorio e comunicati alla prima adunanza dell’organo che ha proceduto all’elezione, alla convalida dell’elezione o alla nomina.
6. Chi ricopre una delle cariche indicate all’articolo 7, comma 1, decade da essa di diritto dalla data del passaggio in giudicato della sentenza di condanna o dalla data in cui diviene definitivo il provvedimento che applica la misura di prevenzione.

1. Sono sospesi di diritto dalle cariche indicate all’articolo 7, comma 1:
a) coloro che hanno riportato una condanna non definitiva per uno dei delitti indicati all’articolo 7, comma 1, lettera a), b), e c); (1)
b) coloro che, con sentenza di primo grado, confermata in appello per la stessa imputazione, hanno riportato una condanna ad una pena non inferiore a due anni di reclusione per un delitto non colposo, dopo l’elezione o la nomina;
c) coloro nei cui confronti l’autorità giudiziaria ha applicato, con provvedimento non definitivo, una misura di prevenzione in quanto indiziati di appartenere ad una delle associazioni di cui all’articolo 4, comma 1, lettera a) e b) , del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159.
2. La sospensione di diritto consegue, altresì, quando è disposta l’applicazione di una delle misure coercitive di cui agli articoli 284, 285 e 286 del codice di procedura penale nonché di cui all’articolo 283, comma 1, del codice di procedura penale, quando il divieto di dimora riguarda la sede dove si svolge il mandato elettorale.
3. Nel periodo di sospensione i soggetti sospesi, fatte salve le diverse specifiche discipline regionali, non sono computati al fine della verifica del numero legale, né per la determinazione di qualsivoglia quorum o maggioranza qualificata. La sospensione cessa di diritto di produrre effetti decorsi diciotto mesi. La cessazione non opera, tuttavia, se entro il termine di cui al precedente periodo l’impugnazione in punto di responsabilità è rigettata anche con sentenza non definitiva. In quest’ultima ipotesi la sospensione cessa di produrre effetti decorso il termine di dodici mesi dalla sentenza di rigetto.
4. A cura della cancelleria del tribunale o della segreteria del pubblico ministero i provvedimenti giudiziari che comportano la sospensione ai sensi del comma 1 sono comunicati al prefetto del capoluogo della Regione che ne dà immediata comunicazione al Presidente del Consiglio dei Ministri il quale, sentiti il Ministro per gli affari regionali e il Ministro dell’interno, adotta il provvedimento che accerta la sospensione. Tale provvedimento è notificato, a cura del prefetto del capoluogo della Regione, al competente consiglio regionale per l’adozione dei conseguenti adempimenti di legge. Per la regione siciliana e la regione Valle d’Aosta le competenze di cui al presente articolo sono esercitate, rispettivamente, dal commissario dello Stato e dal presidente della commissione di coordinamento; per le province autonome di Trento e di Bolzano sono esercitate dai rispettivi commissari del Governo. Per la durata della sospensione al consigliere regionale spetta un assegno pari all’indennità di carica ridotta di una percentuale fissata con legge regionale.
5. La sospensione cessa nel caso in cui nei confronti dell’interessato venga meno l’effi cacia della misura coercitiva di cui al comma 1, ovvero venga emessa sentenza, anche se non passata in giudicato, di non luogo a procedere, di proscioglimento o di assoluzione o provvedimento di revoca della misura di prevenzione o sentenza di annullamento ancorché con rinvio. In tal caso la sentenza o il provvedimento di revoca devono essere pubblicati nell’albo pretorio e comunicati alla prima adunanza dell’organo che ha proceduto all’elezione, alla convalida dell’elezione o alla nomina.
6. Chi ricopre una delle cariche indicate all’articolo 7, comma 1, decade da essa di diritto dalla data del passaggio in giudicato della sentenza di condanna o dalla data in cui diviene definitivo il provvedimento che applica la misura di prevenzione.

Massime

Nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 1, lett. a) del d.lgs. n. 235 del 2012, il petitum delle questioni, ancorché non indicato nel dispositivo dell’ordinanza di rimessione, è ricavabile dal tenore della motivazione, dalla quale si desume che le questioni sono collegate da un rapporto di logica subordinazione, in quanto l’addizione normativa è richiesta per il caso in cui non fosse accolta la domanda, prospettata come prima, di «pronuncia soppressiva» (id est, totalmente ablativa). Per costante giurisprudenza costituzionale, ben può il rimettente prospettare in termini gradatamente sequenziali, e quindi subordinati, i possibili esiti dello scrutinio di costituzionalità pur senza una formale e testuale qualificazione di ciascuna conclusione rispettivamente come “principale” e “subordinata”. Corte Costituzionale, sentenza n. 35 del 11 marzo 2021

È dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 235 del 2012, sollevata dal Tribunale di Napoli, in riferimento agli artt. 3 e 51 Cost., sotto il profilo della disparità di trattamento normativo fra consiglieri regionali e parlamentari, derivante dalla previsione, solo per i primi, della sospensione dalla carica in caso di condanna non definitiva per determinati reati. Come già affermato dalla giurisprudenza costituzionale, non appare configurabile, sotto il profilo della disparità di trattamento, un raffronto tra la posizione dei titolari di cariche elettive nelle Regioni e negli enti locali e quella dei membri del Parlamento e del Governo, essendo evidente il diverso livello istituzionale e funzionale degli organi costituzionali ora citati. Ne può ritenersi irragionevole la scelta del legislatore di prevedere la sospensione con esclusivo riferimento ai titolari di cariche elettive non nazionali, poiché tale scelta si fonda su dati di esperienza oggettivi, i quali dimostrano che i fenomeni di infiltrazione della criminalità organizzata trovano le loro principali manifestazioni nel tessuto istituzionale locale. Nemmeno l’esercizio di funzioni legislative da parte dei consigli regionali fa venir meno la diversità del loro livello istituzionale e funzionale rispetto al Parlamento e l’oggettiva differenza, per molti e decisivi aspetti, della condizione dei componenti dei due organi legislativi. La finalità di tutela del buon andamento e della legalità nella pubblica amministrazione perseguita dalla disciplina in esame può anzi giustificare un trattamento di maggiore severità nella valutazione delle condanne per reati contro la pubblica amministrazione inflitte ai consiglieri regionali, dal momento che parte delle funzioni da essi svolte ha natura amministrativa. ( Precedenti citati: sentenza n. 407 del 1992, sulla non comparabilità delle posizioni dei titolari di cariche elettive nazionali e non nazionali, derivante dalla diversità del rispettivo livello istituzionale e funzionale; sentenza n. 276 del 2016, sulla non irragionevolezza della mancata previsione, ai fini della sospensione dalla carica dei consiglieri regionali, della soglia di pena stabilita per l’incandidabilità dei parlamentari nazionali ed europei ). Il Parlamento è sede esclusiva della rappresentanza politica nazionale, che imprime alle sue funzioni una caratterizzazione tipica ed infungibile. ( Precedente citato: sentenza n. 106 del 2002 ). La commissione di reati che offendono la pubblica amministrazione può rischiare di minarne l’immagine e la credibilità e di inquinarne l’azione in modo particolarmente incisivo al livello degli enti regionali e locali, per la prossimità dei cittadini al tessuto istituzionale locale e la diffusività del fenomeno in tale ambito. ( Precedente citato: sentenza n. 236 del 2015 ). Corte Costituzionale, sentenza n. 214 del 12 ottobre 2017

È inammissibile il ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione con cui si prospetti, nel corso di un giudizio elettorale ex art. 22 del d.lgs. n. 150 del 2011, l’eccesso di potere giurisdizionale da parte del tribunale ordinario che abbia deciso, in luogo della corte di appello indicata come competente, il reclamo avverso un provvedimento cautelare relativo al suddetto giudizio, trattandosi di questione che afferisce alla competenza, e non alla giurisdizione, del giudice del reclamo e non del giudice del merito. (Nella specie, il tribunale aveva deciso, in diversa composizione, il reclamo avverso il provvedimento dello stesso ufficio con cui erano stati sospesi gli effetti dell’impugnato d.P.C.M. di sospensione dalla carica del presidente della regione Campania, a norma dell’art. 8 del d.lgs. n. 235 del 2012, in quanto condannato in primo grado dal giudice penale per abuso d’ufficio). Corte di Cassazione Civile, Sezioni Unite, ordinanza n. 23542 del 18 novembre 2015 (cass. civ. 23542/2015)

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