Art. 25 – Legge sul Procedimento Amministrativo

(L. 7 agosto 1990, n. 241 - Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi)

Modalità di esercizio del diritto di accesso e ricorsi

Art. 25 - legge sul procedimento amministrativo

1. Il diritto di accesso si esercita mediante esame ed estrazione di copia dei documenti amministrativi, nei modi e con i limiti indicati dalla presente legge. L’esame dei documenti è gratuito. Il rilascio di copia è subordinato soltanto al rimborso del costo di riproduzione, salve le disposizioni vigenti in materia di bollo, nonché i diritti di ricerca e di visura.
2. La richiesta di accesso ai documenti deve essere motivata. Essa deve essere rivolta all’amministrazione che ha formato il documento o che lo detiene stabilmente.
3. Il rifiuto, il differimento e la limitazione dell’accesso sono ammessi nei casi e nei limiti stabiliti dall’articolo 24 e debbono essere motivati.
4. Decorsi inutilmente trenta giorni dalla richiesta, questa si intende respinta. In caso di diniego dell’accesso, espresso o tacito, o di differimento dello stesso ai sensi dell’articolo 24, comma 4, il richiedente può presentare ricorso al tribunale amministrativo regionale ai sensi del comma 5, ovvero chiedere, nello stesso termine e nei confronti degli atti delle amministrazioni comunali, provinciali e regionali, al difensore civico competente per ambito territoriale, ove costituito, che sia riesaminata la suddetta determinazione. Qualora tale organo non sia stato istituito, la competenza é attribuita al difensore civico competente per l’ambito territoriale immediatamente superiore. Nei confronti degli atti delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato tale richiesta é inoltrata presso la Commissione per l’accesso di cui all’articolo 27 nonché presso l’amministrazione resistente. Il difensore civico o la Commissione per l’accesso si pronunciano entro trenta giorni dalla presentazione dell’istanza. Scaduto infruttuosamente tale termine, il ricorso si intende respinto. Se il difensore civico o la Commissione per l’accesso ritengono illegittimo il diniego o il differimento, ne informano il richiedente e lo comunicano all’autorità disponente. Se questa non emana il provvedimento confermativo motivato entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione del difensore civico o della Commissione, l’accesso é consentito. Qualora il richiedente l’accesso si sia rivolto al difensore civico o alla Commissione, il termine di cui al comma 5 decorre dalla data di ricevimento, da parte del richiedente, dell’esito della sua istanza al difensore civico o alla Commissione stessa. Se l’accesso é negato o differito per motivi inerenti ai dati personali che si riferiscono a soggetti terzi, la Commissione provvede, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, il quale si pronuncia entro il termine di dieci giorni dalla richiesta, decorso inutilmente il quale il parere si intende reso. Qualora un procedimento di cui alla sezione III del capo I del titolo I della parte III del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 o di cui agli articoli 154, 157, 158, 159 e 160 del medesimo decreto legislativo n. 196 del 2003 relativo al trattamento pubblico di dati personali da parte di una pubblica amministrazione, interessi l’accesso ai documenti amministrativi, il Garante per la protezione dei dati personali chiede il parere, obbligatorio e non vincolante, della Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi. La richiesta di parere sospende il termine per la pronuncia del Garante sino all’acquisizione del parere, e comunque per non oltre quindici giorni. Decorso inutilmente detto termine, il Garante adotta la propria decisione. (1)
5. Le controversie relative all’accesso ai documenti amministrativi sono disciplinate dal codice del processo amministrativo. (2)
[5 bis. Nei giudizi in materia di accesso, le parti possono stare in giudizio personalmente senza l’assistenza del difensore. L’amministrazione può essere rappresentata e difesa da un proprio dipendente, purché in possesso della qualifica di dirigente, autorizzato dal rappresentante legale dell’ente.](4)
[6. Il giudice amministrativo, sussistendone i presupposti, ordina l’esibizione dei documenti richiesti.](4)

Art. 25 - Legge sul Procedimento Amministrativo

1. Il diritto di accesso si esercita mediante esame ed estrazione di copia dei documenti amministrativi, nei modi e con i limiti indicati dalla presente legge. L’esame dei documenti è gratuito. Il rilascio di copia è subordinato soltanto al rimborso del costo di riproduzione, salve le disposizioni vigenti in materia di bollo, nonché i diritti di ricerca e di visura.
2. La richiesta di accesso ai documenti deve essere motivata. Essa deve essere rivolta all’amministrazione che ha formato il documento o che lo detiene stabilmente.
3. Il rifiuto, il differimento e la limitazione dell’accesso sono ammessi nei casi e nei limiti stabiliti dall’articolo 24 e debbono essere motivati.
4. Decorsi inutilmente trenta giorni dalla richiesta, questa si intende respinta. In caso di diniego dell’accesso, espresso o tacito, o di differimento dello stesso ai sensi dell’articolo 24, comma 4, il richiedente può presentare ricorso al tribunale amministrativo regionale ai sensi del comma 5, ovvero chiedere, nello stesso termine e nei confronti degli atti delle amministrazioni comunali, provinciali e regionali, al difensore civico competente per ambito territoriale, ove costituito, che sia riesaminata la suddetta determinazione. Qualora tale organo non sia stato istituito, la competenza é attribuita al difensore civico competente per l’ambito territoriale immediatamente superiore. Nei confronti degli atti delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato tale richiesta é inoltrata presso la Commissione per l’accesso di cui all’articolo 27 nonché presso l’amministrazione resistente. Il difensore civico o la Commissione per l’accesso si pronunciano entro trenta giorni dalla presentazione dell’istanza. Scaduto infruttuosamente tale termine, il ricorso si intende respinto. Se il difensore civico o la Commissione per l’accesso ritengono illegittimo il diniego o il differimento, ne informano il richiedente e lo comunicano all’autorità disponente. Se questa non emana il provvedimento confermativo motivato entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione del difensore civico o della Commissione, l’accesso é consentito. Qualora il richiedente l’accesso si sia rivolto al difensore civico o alla Commissione, il termine di cui al comma 5 decorre dalla data di ricevimento, da parte del richiedente, dell’esito della sua istanza al difensore civico o alla Commissione stessa. Se l’accesso é negato o differito per motivi inerenti ai dati personali che si riferiscono a soggetti terzi, la Commissione provvede, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, il quale si pronuncia entro il termine di dieci giorni dalla richiesta, decorso inutilmente il quale il parere si intende reso. Qualora un procedimento di cui alla sezione III del capo I del titolo I della parte III del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 o di cui agli articoli 154, 157, 158, 159 e 160 del medesimo decreto legislativo n. 196 del 2003 relativo al trattamento pubblico di dati personali da parte di una pubblica amministrazione, interessi l’accesso ai documenti amministrativi, il Garante per la protezione dei dati personali chiede il parere, obbligatorio e non vincolante, della Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi. La richiesta di parere sospende il termine per la pronuncia del Garante sino all’acquisizione del parere, e comunque per non oltre quindici giorni. Decorso inutilmente detto termine, il Garante adotta la propria decisione. (1)
5. Le controversie relative all’accesso ai documenti amministrativi sono disciplinate dal codice del processo amministrativo. (2)
[5 bis. Nei giudizi in materia di accesso, le parti possono stare in giudizio personalmente senza l’assistenza del difensore. L’amministrazione può essere rappresentata e difesa da un proprio dipendente, purché in possesso della qualifica di dirigente, autorizzato dal rappresentante legale dell’ente.](4)
[6. Il giudice amministrativo, sussistendone i presupposti, ordina l’esibizione dei documenti richiesti.](4)

Note

La rubrica del presente articolo è stata apposta dall’art. 21, L. 11.02.2005, n. 15, con decorrenza dal 08.03.2005.

(1) Il presente comma prima sostituito dall’art. 15, L. 24.11.2000, n. 340 è stato da ultimo modificato dall’art. 8, L. 18.06.2009, n. 69 con decorrenza dal 04.07.2009.
(2) Il presente comma prima modificato dall’art. 17, L. 11.02.2005, n. 15, è stato da ultimo sostituito dall’art. 3 dell’allegato D.lgs. 02.07.2010, n.104 con decorrenza dal 16.09.2010.
(3) Il presente comma è stato inserito/sostituito dall’art. 17, L. 11.02.2005, n. 15, con decorrenza dal 08.03.2005.
(4) Il presente comma è stato così abrogato dall’All. 4, art. 4, Dlgs 02.07.2010, n. 104, con decorrenza dal 16.09.2010

Massime

In base alla disciplina contenuta negli artt. 22 e ss. L. n. 241 del 1990, il diritto di accesso può esercitarsi anche rispetto a documenti di natura privatistica purché concernenti attività di pubblico interesse. Del resto, l’attività amministrativa soggetta all’applicazione dei principi di imparzialità e di buon andamento è configurabile non solo quando l’Amministrazione esercita pubbliche funzioni e poteri autoritativi, ma anche quando essa persegue le proprie finalità istituzionali e provvede alla cura concreta di pubblici interessi mediante un’attività sottoposta alla disciplina dei rapporti tra privati.

In linea di massima la legittimazione all’accesso agli atti della P.A. va riconosciuta a chiunque possa dimostrare che gli atti oggetto dell’accesso abbiano spiegato o siano idonei a spiegare effetti diretti o indiretti nei suoi confronti, indipendentemente dalla lesione di una posizione giuridica, stante l’autonomia del diritto di accesso, inteso come interesse ad un bene della vita distinto rispetto alla situazione legittimante all’impugnativa dell’atto.

Gli atti del procedimento negoziale sono oggettivamente accessibili in quanto documenti amministrativi ricompresi nell’ambito di applicazione dell’art. 22 della legge generale del procedimento, a ciò non ostando la bilateralità dell’accordo. Del resto, l’ordinamento conosce una specifica disciplina dell’accesso per i casi in cui l’attività dell’amministrazione si sostanzi nell’esperimento di una procedura, aperta, ristretta, ma anche negoziata (il superato istituto della “trattativa privata”), caratterizzata da un rigida inaccessibilità in pendenza della procedura, strumentale alla garanzia della leale competizione, e da una tendenziale accessibilità di tutti gli atti della serie negoziale, ad aggiudicazione avvenuta, salvo che in relazione ad alcuni specifici aspetti per i quali vengano in rilievo, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, “segreti tecnici o commerciali” (sul punto si veda l’attuale art 53 del d.lgs. 50/2016, ma già l’art. 13 del d.lgs. 163/ 2006).

Ai sensi dell’art. 24 comma 6 lett. d), della L. n. 241 del 1990 e s.m.i. (a mente del quale il diritto d’accesso può essere escluso “quando i documenti riguardino la vita privata o la riservatezza di persone fisiche, persone giuridiche, gruppi, imprese e associazioni, con particolare riferimento agli interessi epistolare, sanitario, professionale, finanziario, industriale e commerciale di cui siano in concreto titolari, ancorché i relativi dati siano fomiti all’amministrazione dagli stessi soggetti cui si riferiscono”), l’esigenza di riservatezza delle imprese in ordine all’interesse commerciale è idoneo, in astratto, a giustificare esclusioni o limitazioni del diritto d’accesso. E’ evidente che deve trattarsi di esigenza oggettivamente apprezzabile, lecita e meritevole di tutela in quanto collegata a potenziali pregiudizi derivanti dalla divulgazione, secondo un nesso di proporzionalità.

Nel caso di procedure proconcorrenziali previste per i farmaci coperti da brevetto che hanno già ottenuto l’autorizzazione alla immissione in commercio e che richiedono di poter essere prescritti a carico del Servizio Sanitario Nazionale, sulla base di un prezzo di rimborso che tenga anche conto del loro potenziale terapeutico innovativo, l’apposizione della clausola di riservatezza operante nei rapporti tra imprese, consente al negoziatore pubblico di tenere celati i risultati economici raggiunti nella negoziazione – che ovviamente rimangono sempre utilizzabili quale parametro interno – e di “spuntare” tutti gli sconti che il produttore sia oggettivamente e soggettivamente in grado di concedere in base ai suoi costi ed alle sue aspettative di profitto. Tale clausola è dunque da ritenere valida ed efficace e dev’essere interpretata ed eseguita in modo da non porsi in contrasto con le previsioni di legge, che antepongono l’esigenza di difesa in giudizio del concorrente, rispetto a quelle di riservatezza del contraente. Ne deriva che la ove la conoscenza dei termini dell’accordo sia necessaria per la difesa in giudìzio in ordine alla situazione giuridica di base, rispetto alla quale l’accesso è strumentale, la clausola di riservatezza non è mai opponibile. Consiglio di Stato, Sez. III, sentenza n. 1213 del 17 marzo 2017 (Cons. Stato n. 1213/2017)

Il giornalista e data business editor di un periodico, per il quale cura vari articoli ed inchieste sulla finanza pubblica, non ha diritto di accedere ai contratti sui derivati in essere tra l’Italia e alcuni Istituti di credito stranieri, tenendo presente che: a) il diritto di cronaca è presupposto fattuale del diritto ad esser informati ma non è di per sé solo la posizione che legittima l’appellante all’accesso invocato ai sensi della L. 7 agosto 1990 n. 241; b) il riconoscimento giuridico della libertà di informare, in base alla concreta regolazione del diritto di accesso, diviene il presupposto di fatto affinché si realizzi la libertà d’informarsi; c) va condotta un’indagine circa la consistenza della situazione legittimante all’accesso e la relativa valutazione va articolata a seconda della disciplina normativa di riferimento, che varia in significative parti sia con riguardo ai caratteri della posizione legittimante sia dei vari presidi che la legge pone verso l’accesso generalizzato. Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza n. 3631 del 12 agosto 2016 (Cons. Stato n. 3631/2016)

La Soc. Poste Italiane è soggetta alla disciplina, di cui agli artt. 22 e segg. L. 7 agosto 1990 n. 241, con riferimento al pubblico servizio di cui è affidataria.

Il diritto di accesso è esercitabile dai dipendenti della società Poste Italiane s.p.a., limitatamente alle prove selettive di accesso, alla progressione in carriera ed ai provvedimenti di autoorganizzazione degli uffici, incidenti in modo diretto sulla disciplina, di rilevanza pubblicistica, del rapporto di lavoro. Dall’esame sistematico delle disposizioni in materia emerge infatti non solo la considerazione del rapporto di lavoro, come fattore strumentale alla normale gestione del servizio pubblico postale, ma anche la rilevanza ex se di tale rapporto, per l’osservanza di regole di imparzialità e trasparenza, che vincolano tutti i soggetti chiamati a svolgere funzioni pubbliche (anche nella veste di datori di lavoro), nell’ambito di servizi che le amministrazioni intendono assicurare ai cittadini, direttamente o in regime di concessione. Consiglio di Stato, Sez. Ad. Plen., sentenza n. 13 del 28 giugno 2016 (Cons. Stato n. 13/2016)

Sussiste il diritto di accesso agli atti amministrativi di un sindacato legittimamente costituito e riconosciuto, ma non in possesso dei requisiti di associazione più rappresentativa sul piano nazionale, nel caso in cui la richiesta di accesso non riguardi l’esercizio delle competenze contrattuali riservate alle associazioni sindacali più rappresentative, onde non può considerarsi adeguatamente motivato e quindi legittimo il diniego dell’Amministrazione con il richiamo al diritto di informazione quale è disciplinato dal D.P.R. n. 254/1999 per le associazioni più rappresentative. Invero, il diritto di informazione non può essere plausibilmente negato a qualsiasi sindacato legittimamente costituito e riconosciuto che ne faccia richiesta. Consiglio di Stato, Sez. III, sentenza n. 4580 del 9 settembre 2014 (Cons. Stato n. 4580/2014)

Le disposizioni del diritto dell’Unione in materia di intese, e, in particolare, il regolamento (CE) dei Consiglio 16 dicembre 2002, n. 1/2003, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 101 TFUE e 102 TFUE, non ostano a che un soggetto, danneggiato da un’infrazione al diritto della concorrenza dell’Unione, ottenga l’accesso ai documenti relativi ad un procedimento di clemenza riguardante l’autore di tale infrazione al fine di richiedere il risarcimento del danno. Spetta tuttavia ai giudici degli Stati membri, sulla base del loro diritto nazionale, determinare le condizioni alle quali un simile accesso deve essere autorizzato o negato, ponderando i diversi interessi tutelati dal diritto dell’Unione. Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sentenza n. 360 del 14 giugno 2011 (C. giust. UE n. 360/2011)

L’accesso agli atti di un’amministrazione locale, tanto più quanto esso sia specialmente regolato da un apposito regolamento, non può prescindere o meno dalle, ovvero non può derogare alle, condizioni generali per l’esercizio dell’accesso fissate dall’articolo 25 della legge 7 agosto 1990, n. 241, in quanto la disposizione contenuta nel primo comma dell’articolo 10 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (secondo cui “tutti gli atti dell’amministrazione comunale e provinciale, ad eccezione di quelli riservati per espressa disposizione di legge o per effetto di una temporanea e motivata dichiarazione del sindaco o del presidente della provincia che ne vieti l’esibizione, conformemente a quanto previsto dal regolamento, in quanto la loro diffusione possa pregiudicare il diritto alla riservatezza delle persone, dei gruppi o delle imprese”), sancisce il principio della pubblicità degli atti delle amministrazioni locali, senza tuttavia che ciò possa implicare una diversa configurazione del diritto di accesso, così come delineato dall’articolo 25 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e senza neppure disciplinare modalità differenziate di esercizio di tale diritto. Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza n. 1772 del 24 marzo 2011 (Cons. Stato n. 1772/2011)

In base all’art. 23, L. n. 241/1990, l’accesso va consentito anche nei confronti di soggetti formalmente privati e degli atti da essi posti in essere, formalmente privati, quando i soggetti svolgono una attività di pubblico interesse, anche se con procedure e atti di diritto privato. Tuttavia nel caso di subappalto il diritto di accesso non si può consentire ad atti di concessione e affidamento a contraente generale che si collocano a monte del rapporto di appalto e di subappalto, a cui il subappaltatore è estraneo, nel senso che l’eventuale pretesa deve eventualmente formare oggetto di accertamento in uno specifico giudizio. Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza n. 5625 del 18 settembre 2009 (Cons. Stato n. 5625/2009)

Sussiste l’interesse attuale, diretto e concreto – di cui all’art. 22 della legge n. 241 del 1990 – in capo ad una società che, gravati gli atti di aggiudicazione di un servizio, chieda l’accesso ai documenti riguardanti l’esecuzione del contratto di servizio, atteso che la conoscenza di detti atti può dirsi finalizzata a dimostrare, attraverso la prova dell’inadempimento delle prestazioni contrattuali, l’originaria inadeguatezza dell’offerta vincitrice della gara. Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza n. 1115 del 25 febbraio 2009 (Cons. Stato n. 1115/2009)

Anche nell’ambito dei servizi pubblici deve essere assicurata l’apertura alla concorrenza. Ogni interessato ha diritto di avere accesso alle informazioni adeguate prima che venga attribuito un servizio pubblico, di modo che, se lo avesse desiderato, sarebbe stato in grado di manifestare il proprio interesse a conseguirlo. Inoltre, trasparenza e pubblicità devono essere date alla notizia dell’indizione della procedura di affidamento, di cui imparzialità o non discriminatorietà devono costituire regole di conduzione. Consiglio di Stato, Sez. Ad. Plen., sentenza n. 3 del 3 marzo 2008 (Cons. Stato n. 3/2008)

Il diritto di accesso ai documenti della PA, introdotto dalle leggi n. 15 e 80 del 2005, è un diritto soggettivo e non un interesse legittimo, come era stato interpretato inizialmente dall’Adunanza Plenaria pur potendo, questo diritto, essere strumentale alla protezione di un’ulteriore o sottesa situazione soggettiva, alternativamente a carattere di interesse legittimo, diritto soggettivo, ma altresì interesse collettivo o diffuso, semplice o di fatto. Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza n. 4411 del 10 agosto 2007 (Cons. Stato n. 4411/2007)

L’istanza di accesso volta a conoscere atti diversi dal provvedimento conclusivo, non determina la sospensione del decorso del termine utile per presentare il ricorso, ma, al più, giustifica la proposizione di motivi aggiunti. Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza n. 3303 del 19 giugno 2007 (Cons. Stato n. 3303/2007)

Ai sensi dell’art. 4, n. 1, lett. a), del regolamento CE n. 1049/2001, le istituzioni comunitarie possono rifiutare l’accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela dell’interesse pubblico, in ordine alla sicurezza pubblica, alla difesa e alle questioni militari, alle relazioni internazionali od alla politica finanziaria, monetaria o economica della Comunità o di uno Stato membro. In tali casi, alle predette istituzioni va riconosciuta un’ampia discrezionalità nel decidere di divulgare documenti relativi a tali ambiti. Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Sez. I, sentenza n. 266 del 1 febbraio 2007 (C. giust. UE n. 266/2007)

Ai fini della sussistenza del presupposto legittimante per l’esercizio del diritto dei accesso deve esistere un interesse giuridicamente rilevante del soggetto che richiede l’accesso, non necessariamente consistente in un interesse legittimo o in un diritto soggettivo, ma comunque giuridicamente tutelato, non potendo l’interesse identificarsi con il generico ed indistinto interesse di ogni cittadino al buon andamento della attività amministrativa, essendo necessario invece un rapporto di strumentalità tra tale interesse e la documentazione di cui si chiede l’ostensione. Tale nesso di strumentalità deve, peraltro, essere inteso in senso ampio, posto che la documentazione richiesta deve essere, genericamente, mezzo utile per la difesa dell’interesse giuridicamente rilevante, e non strumento di prova diretta della lesione di tale interesse. Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza n. 55 del 10 gennaio 2007 (Cons. Stato n. 55/2007)

Il diritto di accesso agli atti amministrativi, al di là della questione circa la sua natura giuridica (e cioè sulla sua configurabilità come diritto soggettivo o come interesse legittimo), ancora dibattuta, costituisce una situazione soggettiva che, più che fornire utilità finali (caratteristica da riconoscere, ormai, non solo ai diritti soggettivi ma anche agli interessi legittimi), risulta caratterizzata per il fatto di offrire al titolare dell’interesse poteri di natura procedimentale volti in senso strumentale alla tutela di un interesse giuridicamente rilevante (diritti o interessi); in tale prospettiva, la tutela giurisdizionale dell’accesso è volta ad assicurare la protezione dell’interesse giuridicamente rilevante e, al contempo, quell’esigenza di stabilità delle situazioni giuridiche e di certezza delle posizioni dei controinteressati che sono pertinenti ai rapporti amministrativi scaturenti dai principi di pubblicità e trasparenza dell’azione amministrativa. Consiglio di Stato, Sez. Ad. Plen., sentenza n. 6 del 18 aprile 2006 (Cons. Stato n. 6/2006)

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