Art. 21 nonies – Legge sul Procedimento Amministrativo

(L. 7 agosto 1990, n. 241 - Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi)

Annullamento d'ufficio

Art. 21 nonies - legge sul procedimento amministrativo

(1)1. Il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell’articolo 21 octies, esclusi i casi di cui al medesimo articolo 21-octies, comma 2, può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole, comunque non superiore a dodici mesi dal momento dell’adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, inclusi i casi in cui il provvedimento si sia formato ai sensi dell’articolo 20, e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall’organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge. Rimangono ferme le responsabilità connesse all’adozione e al mancato annullamento del provvedimento illegittimo. (2)
2. È fatta salva la possibilità di convalida del provvedimento annullabile, sussistendone le ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole.
2-bis. I provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato, possono essere annullati dall’amministrazione anche dopo la scadenza del termine di dodici mesi di cui al comma 1, fatta salva l’applicazione delle sanzioni penali nonché delle sanzioni previste dal capo VI del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445. (3)

Art. 21 nonies - Legge sul Procedimento Amministrativo

(1)1. Il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell’articolo 21 octies, esclusi i casi di cui al medesimo articolo 21-octies, comma 2, può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole, comunque non superiore a dodici mesi dal momento dell’adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, inclusi i casi in cui il provvedimento si sia formato ai sensi dell’articolo 20, e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall’organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge. Rimangono ferme le responsabilità connesse all’adozione e al mancato annullamento del provvedimento illegittimo. (2)
2. È fatta salva la possibilità di convalida del provvedimento annullabile, sussistendone le ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole.
2-bis. I provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato, possono essere annullati dall’amministrazione anche dopo la scadenza del termine di dodici mesi di cui al comma 1, fatta salva l’applicazione delle sanzioni penali nonché delle sanzioni previste dal capo VI del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445. (3)

Note

(1) Il presente articolo è stato inserito dall’art. 14, L. 11.02.2005, n. 15, con decorrenza dal 08.03.2005.
(2) Il presente comma è stato da ultimo modificato dall’art. 63, D.L. 31.05.2021, n. 77, con decorrenza dal 01.06.2021
(3) Il presente comma aggiunto dall’art. 6, L. 07.08.2015, n. 124 con decorrenza dal 28.08.2015, è stato poi così modificato dall’art. 63, D.L. 31.05.2021, n. 77

Massime

Nella vigenza dell’art. 21 nonies, L. 7 agosto 1990, n. 241 – introdotto dalla L. 11 febbraio 2005, n. 15 – l’annullamento d’ufficio di un titolo edilizio in sanatoria, intervenuto ad una distanza temporale considerevole dal provvedimento annullato, deve essere motivato in relazione alla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale all’adozione dell’atto di ritiro anche tenuto conto degli interessi dei privati destinatari del provvedimento sfavorevole. Consiglio di Stato, Sez. Ad. Plen., sentenza n. 8 del 17 ottobre 2017 (Cons. Stato n. 8/2017)

Il concetto di ragionevole termine entro il quale, a mente dell’ art. 21 nonies L. n. 241 del 1990, la Pubblica Amministrazione può agire in via di autotutela, non può connotarsi che in relazione alla natura dei provvedimenti oggetto del potere di ritiro, alla sequenza procedimentale in cui si collocano, agli effetti prodotti sia a livello materiale che psicologico in capo al destinatario di un precedente atto favorevole alla sua sfera giuridica. Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza n. 2789 del 9 giugno 2017 (Cons. Stato n. 2789/2017)

Pur sussistendo la necessità di motivare in ordine all’adozione del provvedimento di convalida, ciò, tuttavia, non comporta che l’organo adottante debba ripercorrere, con obbligo di dettagliata motivazione, tutti gli aspetti (e gli atti del procedimento) relativi al provvedimento convalidato, essendo sufficiente che emergano chiaramente dall’atto convalidante le ragioni di interesse pubblico e la volontà dell’organo di assumere tale atto.

La P.A. non può procedere alla “convalida” di atti già annullati in sede giurisdizionale e, dunque, non più esistenti nell’ordinamento giuridico. L’esercizio del potere di convalida presuppone un atto non ancora annullato (quale che sia stata la sede in cui l’annullamento è intervenuto), mancando, in difetto di ciò, lo stesso “oggetto” dell’esercizio del potere di autotutela decisionale. Più in particolare, nel caso in cui l’annullamento sia intervenuto in sede giurisdizionale, e la sentenza che lo dispone sia passata in giudicato, gli atti che procedono alla “convalida” di quelli già annullati dal giudice, sono nulli perché adottati in violazione del giudicato. Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza n. 2351 del 18 maggio 2017 (Cons. Stato n. 2351/2017)

L’interesse pubblico specifico alla rimozione dell’atto illegittimo dev’essere integrato da ragioni differenti dalla mera esigenza di ripristino della legalità; l’apprezzamento del presupposto in questione non può neppure risolversi nella tautologica ripetizione degli interessi sottesi alla disposizione normativa la cui violazione abbia integrato l’illegittimità dell’atto oggetto del procedimento di autotutela. Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza n. 341 del 27 gennaio 2017 (Cons. Stato n. 341/2017)

Rispetto ai provvedimenti adottati anteriormente all’attuale versione dell’art. 21-nonies legge n. 241 del 1990, il termine massimo dei diciotto mesi per l’esercizio del potere di annullamento d’ufficio non può che cominciare a decorrere dalla data di entrata in vigore della nuova disposizione e salva, comunque, l’operatività del “termine ragionevole” già previsto dall’originaria versione dell’art. 21-nonies legge n. 241 del 1990. Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza n. 250 del 19 gennaio 2017 (Cons. Stato n. 250/2017)

La disciplina dell’annullamento d’ufficio contenuta nell’art. 1 comma 136 secondo periodo L. 30 dicembre 2004 n. 311 si configura, più che come norma speciale, come regolamentazione parziale e incompleta dell’esercizio del potere di autotutela, sul quale invece qualche mese dopo la L. 11 febbraio 2005 n. 15 ha inserito l’art. 21 nonies nel testo della legge sul procedimento amministrativo 7 agosto 1990 n. 241, disposizione che in quanto contenuta in norma successiva e recante disciplina organica di carattere generale dell’istituto, prevale sulla disposizione più restrittiva di cui al citato art. 1 comma 136, con la conseguenza pratica che il decorso di tre anni di efficacia del provvedimento illegittimo non preclude alla Pubblica amministrazione l’esercizio dell’annullamento d’ufficio. Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza n. 6275 del 22 dicembre 2014 (Cons. Stato n. 6275/2014)

L’art. 21 nonies L. 7 agosto 1990 n. 241 ha disciplinato i presupposti e le forme dell’annullamento d’ufficio, ma non ha modificato la natura del potere, e non lo ha trasformato da discrezionale in obbligatorio, né ha previsto un interesse legittimo dei privati all’autotutela amministrativa, rimanendo il potere di autotutela un potere di merito, che si esercita previa valutazione delle ragioni di pubblico interesse riservata alla Pubblica amministrazione e insindacabile da parte del giudice. Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza n. 2774 del 15 maggio 2012 (Cons. Stato n. 2774/2012)

La vigente disciplina in tema di annullamento d’ufficio (art. 21-nonies L. 7 agosto 1990, n. 241) non fissa un termine ultimo oltre il quale l’esercizio dell’attività di autotutela è illegittima, riconducendo la valutazione in concreto in ordine alla tempistica della vicenda al parametro di valutazione della ragionevolezza del termine. Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza n. 1081 del 27 febbraio 2012 (Cons. Stato n. 1081/2012)

Al potere di autotutela, esercitato dopo un “considerevole lasso di tempo” (ai sensi dell’art. 21 nonies, L. n. 241 del 1990), deve essere applicato il criterio di ragionevolezza, secondo cui in presenza di posizioni oramai consolidate e a fronte di vizi di legittimità meramente formali, occorre procedere ad un puntuale apprezzamento del ragionevole affidamento suscitato nell’amministrato sulla regolarità della sua posizione. Tuttavia, qualora vengano in rilievo contrastanti interessi di terzi, o superiori interessi pubblici, tali principi devono contemperarsi con quello secondo cui, per gli atti che esplicano effetti giuridici permanenti o ripetuti nel tempo, il principio di legalità impone all’amministrazione il loro adeguamento in ogni momento al quadro normativo di riferimento. In questi casi l’interesse pubblico all’esercizio dell’autotutela è “in re ipsa” e si identifica nella cessazione di ulteriori effetti “contra legem”. Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza n. 8729 del 10 dicembre 2010 (Cons. Stato n. 8729/2010)

Nel caso in cui la stazione appaltante, nel corso dei suoi lavori, riscontri vizi nel “modus procedendi” seguito che non hanno coinvolto l’intero procedimento ma solo singole fasi di esso, legittimamente può fare ricorso nel muoversi sul piano della autotutela, alla regola della conservazione degli atti giuridici e di conseguenza limitare l’annullamento agli atti effettivamente incisi dalle accertate illegittimità, conservando l’efficacia dei precedenti atti legittimi del procedimento. Tanto può avvenire solo se l’aggiudicazione sia da effettuare in base a criteri oggettivi e vincolati, poiché in tal caso può essere rinnovata solo la fase di valutazione delle offerte, considerato che, quando le offerte sono cristallizzate e non possono essere modificate, è possibile apprezzarle in tempi diversi senza violare la par condicio e la segretezza delle offerte medesime. Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza n. 6695 del 14 settembre 2010 (Cons. Stato n. 6695/2010)

La ratifica è una ipotesi di specie della categoria più ampia degli atti di convalida, caratterizzata dalla retroattività dei suoi effetti sananti e dalla particolarità del vizio, l’incompetenza in senso proprio, che affligge l’atto soggetto a sanatoria da parte dell’organo, appunto, competente. Ciò deriva dall’espressa formulazione di una norma generale, l’art. 6 L. 18 marzo 1968 n. 249 (“Alla convalida degli atti viziati di incompetenza può provvedersi anche in pendenza di gravame in sede amministrativa e giurisdizionale”), tuttora vigente e non incompatibile con l’art. 21 nonies, comma 2, L. n. 241 del 1990, proseguendo, anche dopo l’introduzione di quest’ultima norma, ad atteggiarsi a previsione di essa specificativa. Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza n. 2840 del 7 maggio 2009 (Cons. Stato n. 2840/2009)

Un provvedimento amministrativo – nella specie, il provvedimento di affidamento della gestione del servizio idrico integrato – il cui contenuto sia in contrasto con norme o principi comunitari, non può essere disapplicato dall’amministrazione, sic et simpliciter, ma deve essere rimosso con il ricorso ai poteri di autotutela di cui la stessa amministrazione dispone. L’esercizio di tali poteri, peraltro, deve ritenersi soggetto, anche in questi casi, ai principi che sono a fondamento della legittimità dei relativi provvedimenti, rappresentati dalla contemporanea presenza di preminenti ragioni di interesse pubblico alla rimozione dell’atto, se si tratta di situazioni consolidate o di atti che abbiano determinato un legittimo affidamento in coloro che ne sono interessati, e dalla osservanza delle garanzie che l’ordinamento appresta per i soggetti incisi dall’atto di autotutela, prima fra tutte quella di consentire ai soggetti interessati di partecipare al relativo procedimento. Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza n. 4263 del 8 settembre 2008 (Cons. Stato n. 4263/2008)

L’assoggettamento degli atti di ritiro al giusto procedimento, principio prima affermato dalla giurisprudenza e poi fatto proprio dalla legge sul procedimento, presuppone logicamente che tra l’atto di annullamento o di revoca e l’atto ritirato sia intercorso un lasso di tempo significativo, sotto il profilo fenomenologico e, soprattutto, sotto il profilo degli effetti giuridici prodotti dall’atto posto nel nulla, perché possa ritenersi formato un legittimo affidamento in capo al destinatario. L’atto di ritiro, in autotutela, di altro provvedimento non deve essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento se motivato da ragioni di urgenza, la quale è in re ipsa nel caso in cui la definizione immediata del procedimento risponda ad esigenze di tutela dell’integrità dell’ambiente. Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza n. 3431 del 21 giugno 2007 (Cons. Stato n. 3431/2007)

L’esercizio del potere di convalida mediante ratifica spettante all’organo competente, di cui all’ art. 6, L. 18 marzo 1968 n. 249, sana con efficacia retroattiva l’atto viziato da incompetenza relativa, ancorché quest’ultimo sia oggetto di ricorso giurisdizionale pendente, ma solo fino a quando non ne sia intervenuto l’annullamento atteso che la relativa sentenza ne determina l’eliminazione dal mondo giuridico, facendo in tal modo venire meno il presupposto e l’oggetto della convalida. Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza n. 2894 del 31 maggio 2007 (Cons. Stato n. 2894/2007)

La potestà di intervenire in via di autotutela su provvedimenti che versano in condizione di inoppugnabilità, è rimessa alla più ampia valutazione di merito dell’amministrazione in relazione all’attualità dell’interesse pubblico che giustifichi il riesame della vicenda. Ciò esclude che, attraverso lo strumento della formalizzazione del silenzio rifiuto, possa ottenersi a mezzo di ricorso impugnatorio una dichiarazione di obbligo a provvedere che verrebbe a sostituirsi ed a sovrapporsi a valutazioni di merito che, come innanzi detto, restano riservate alla sfera di competenza dell’amministrazione. Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza n. 1427 del 28 marzo 2007 (Cons. Stato n. 1427/2007)

In sede di adozione di un atto in autotutela la comparazione tra interesse pubblico e quello privato è necessario nel caso in cui l’esercizio dell’autotutela discenda da errori di valutazione dovuti all’amministrazione pubblica, non certo quando lo stesso è dovuto a causa di comportamenti del soggetto privato che hanno indotto l’autorità amministrativa ad emanare un atto risultato, poi, illegittimo. Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza n. 1189 del 12 marzo 2007 (Cons. Stato n. 1189/2007)

Qualsiasi atto amministrativo rivolto ad annullare o a revocare precedenti atti implicanti indebito esborso di denaro è finalizzato a rimuovere un onere economico non giustificato nonché a ripristinare la legalità dell’azione amministrativa e, come tale, contiene implicitamente la motivazione circa l’interesse pubblico perseguito, prevalente su l’interesse privato sacrificato. Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza n. 581 del 12 febbraio 2007 (Cons. Stato n. 581/2007)

Non si possono escludere dal potere di autotutela gli atti viziati da incompetenza perché ciò appare contrario al principio di buona amministrazione in quanto consentirebbe ad atti contrari all’ordinamento di poter dispiegare o perpetuare effetti che si presumono contrari all’interesse pubblico così come definito dalle norme violate (nella specie, si tratta di atto di revoca della Giunta di una precedente autorizzazione per potenziare l’impianto di distribuzione di carburante, autorizzazione emanata illegittimamente dalla stessa e non dal Consiglio comunale competente). Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza n. 10 del 8 gennaio 2007 (Cons. Stato n. 10/2007)

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