Art. 5 ter – Legge Pinto (l. 89/2001)

(L. 24 marzo 2001, n. 89 - Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell'articolo 375 del codice di procedura civile)

Opposizione

(1)1. Contro il decreto che ha deciso sulla domanda di equa riparazione può essere proposta opposizione nel termine perentorio di trenta giorni dalla comunicazione del provvedimento ovvero dalla sua notificazione.
2. L’opposizione si propone con ricorso davanti all’ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto. Si applica l’articolo 125 del codice di procedura civile.
3. La corte d’appello provvede ai sensi degli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile. Del collegio non può far parte il giudice che ha emanato il provvedimento impugnato.
4. L’opposizione non sospende l’esecuzione del provvedimento. Il collegio, tuttavia, quando ricorrono gravi motivi, può, con ordinanza non impugnabile, sospendere l’efficacia esecutiva del decreto opposto.
5. La corte pronuncia, entro quattro mesi dal deposito del ricorso, decreto impugnabile per cassazione. Il decreto è immediatamente esecutivo. 

(1)1. Contro il decreto che ha deciso sulla domanda di equa riparazione può essere proposta opposizione nel termine perentorio di trenta giorni dalla comunicazione del provvedimento ovvero dalla sua notificazione.
2. L’opposizione si propone con ricorso davanti all’ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto. Si applica l’articolo 125 del codice di procedura civile.
3. La corte d’appello provvede ai sensi degli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile. Del collegio non può far parte il giudice che ha emanato il provvedimento impugnato.
4. L’opposizione non sospende l’esecuzione del provvedimento. Il collegio, tuttavia, quando ricorrono gravi motivi, può, con ordinanza non impugnabile, sospendere l’efficacia esecutiva del decreto opposto.
5. La corte pronuncia, entro quattro mesi dal deposito del ricorso, decreto impugnabile per cassazione. Il decreto è immediatamente esecutivo. 

Note

(1) Il presente articolo è stato inserito dall’art. 55 D.L. 22.06.2012, n. 83 con decorrenza dal 26.06.2012.

Massime

In materia di equa riparazione per irragionevole durata del processo, in caso di declinatoria di competenza da parte del giudice originariamente adito, è inammissibile il regolamento di competenza richiesto d’ufficio, ai sensi dell’art. 45 c.p.c., dal magistrato designato per la fase monitoria dal presidente della corte d’appello davanti alla quale la causa sia stata riassunta, trattandosi di prerogativa riservata al collegio, da investire con l’opposizione ex art. 5 ter; l’ingiunzione prevista dall’art. 3 della l. n. 89 del 2001, infatti, non ha i caratteri della definitività, atteso che contro di essa è proponibile l’opposizione al collegio, di cui all’art. 5 ter citato, che non è un mezzo d’impugnazione del decreto monocratico limitato dai motivi di censura, bensì un rimedio processuale ad ampio spettro, esperibile anche quando il giudice della fase monitoria abbia deciso una questione di mero rito. Cassazione civile, Sez. VI-II, ordinanza n. 11856 del 18 giugno 2020 (Cass. civ. n. 11856/2020)

L’opposizione di cui all’art. 5-ter della l. n. 89 del 2001 non introduce un autonomo giudizio di impugnazione del decreto che ha deciso sulla domanda, ma realizza una fase a contraddittorio pieno di un unico procedimento, avente ad oggetto la medesima pretesa fatta valere con il ricorso introduttivo; sennonché, ove detta opposizione sia proposta dalla parte privata rimasta insoddisfatta dall’esito della fase monitoria e, dunque, abbia carattere pretensivo, le spese di giudizio vanno liquidate in base al criterio della soccombenza, a misura dell’intera vicenda processuale, solo in caso di suo accoglimento, mentre, ove essa venga rigettata, fatta salva l’ipotesi di opposizione incidentale da parte dell’amministrazione, le spese vanno regolate in maniera del tutto autonoma e poste, pertanto, anche a carico integrale della parte privata opponente, ancorché essa abbia diritto a ripetere quelle liquidate nel decreto, in quanto il Ministero opposto, avendo prestato acquiescenza al decreto medesimo, affronta un giudizio che non aveva interesse a provocare e del quale, se vittorioso, non può sopportare le spese. Cassazione civile, Sez. VI-II, ordinanza n. 9728 del 26 maggio 2020 (Cass. civ. n. 9728/2020)

In mancanza di una espressa sanzione di nullità, avendo il sistema telematico permesso il deposito dell’atto introduttivo dell’opposizione ai sensi dell’art. 5 ter della l. n. 89 del 2001 – a prescindere dalla questione riguardante l’esistenza all’interno del software di un’opzione specifica per il deposito nel caso di specie -, deve ritenersi perfezionata la fattispecie del deposito telematico che prevede una nuova iscrizione a ruolo con conseguenziale apertura di una nuova entità procedimentale telematica, quale atto aggiunto nel procedimento, giuridicamente definito con l’emanazione del decreto di inammissibilità opposto, avviato con l’originaria istanza ex l. n. 89 del 2001. Avendo il sistema informatico consentito l’invio telematico di un atto successivo alla “definizione” della fase monocratica, generando le relative ricevute e ingenerando il conseguente affidamento di completamento del deposito – pur contraddetto nove giorni dopo e scaduti i termini per l’opposizione, solo da una p.e.c. “manuale” da parte della cancelleria di invito a procedere a iscrizione a ruolo con nuovo deposito, previo rifiuto dell’atto – , la fattispecie risulta connotata da mera irregolarità quanto all’identità del fascicolo di destinazione, peraltro consentita da evidente imperfezione del sistema telematico, che ha permesso il deposito di atto successivo in procedimento definito, e dal raggiungimento dello scopo, consistente nel portare a conoscenza dell’ufficio di cancelleria l’avvenuto deposito. Cassazione civile, Sez. II, ordinanza n. 15662 del 11 giugno 2019 (Cass. civ. n. 15662/2019)

In tema di equa riparazione per violazione del termine ragionevole di durata del processo, il giudizio di opposizione ex art. 5 ter della l. n. 89 del 2001 non ha natura di impugnazione, limitata dai motivi di censura, e, quindi, non è configurabile il meccanismo che governa il fenomeno del giudicato interno. Ne consegue che, nella fase dell’opposizione, il giudice può rilevare d’ufficio il difetto della “legitimatio ad causam” dei ricorrenti, senza che assuma valore la circostanza che la loro legittimazione attiva non sia stata contestata dalla controparte, poiché il principio di non contestazione mira a selezionare i fatti bisognosi di istruzione probatoria in un ambito dominato dalla disponibilità delle parti, al quale è estranea la “legitimatio ad causam”, che attiene al contraddittorio e deve essere verificata anche d’ufficio. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione della corte d’appello che, rigettando la domanda di equo indennizzo dei ricorrenti, aveva accertato d’ufficio, nella fase di opposizione e nonostante l’assenza di contestazioni della controparte sul punto, che essi erano privi di legittimazione attiva perché avevano agito in proprio in tale sede e, invece, quali rappresentanti legali della figlia minorenne nel giudizio presupposto). Cassazione civile, Sez. II, ordinanza n. 12122 del 17 maggio 2018 (Cass. civ. n. 12122/2018)

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