Art. 36 – Legge Equo Canone

(L. 27 luglio 1978, n. 392 - Disciplina delle locazioni di immobili urbani)

Sublocazione e cessione del contratto

Art. 36 - legge equo canone

Il conduttore può sublocare l’immobile o cedere il contratto di locazione anche senza il consenso del locatore, purché venga insieme ceduta o locata l’azienda, dandone comunicazione al locatore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Il locatore può opporsi, per gravi motivi, entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione. Nel caso di cessione, il locatore, se non ha liberato il cedente, può agire contro il medesimo qualora il cessionario non adempia le obbligazioni assunte.
Le indennità previste dall’art. 34 sono liquidate a favore di colui che risulta conduttore al momento della cessazione effettiva della locazione.

Art. 36 - Legge Equo Canone

Il conduttore può sublocare l’immobile o cedere il contratto di locazione anche senza il consenso del locatore, purché venga insieme ceduta o locata l’azienda, dandone comunicazione al locatore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Il locatore può opporsi, per gravi motivi, entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione. Nel caso di cessione, il locatore, se non ha liberato il cedente, può agire contro il medesimo qualora il cessionario non adempia le obbligazioni assunte.
Le indennità previste dall’art. 34 sono liquidate a favore di colui che risulta conduttore al momento della cessazione effettiva della locazione.

Massime

Ai sensi dell’art. 36 della l. n. 392 del 1978, la cessione del contratto di locazione operata dal conduttore in occasione della cessione dell’azienda esercitata all’interno dell’immobile concesso in locazione non ha bisogno del consenso del locatore, ma deve essergli comunicata con lettera raccomandata con avviso di ritorno (o con modalità diverse, purché idonee a consentire la conoscenza della modificazione soggettiva del rapporto); tale comunicazione, se non costituisce requisito di validità della cessione nel rapporto tra conduttore cedente e terzo cessionario, condiziona tuttavia l’efficacia della cessione stessa nei confronti del contraente ceduto, nel senso che essa non gli è opponibile sino a quando la comunicazione non avvenga (e salva, comunque, la possibilità che il locatore vi si opponga per gravi motivi nel termine di trenta giorni). Ne consegue che la conoscenza “aliunde” della cessione da parte del locatore non rileva, a meno che egli, avendola conosciuta, l’abbia accettata secondo la disciplina comune dettata dall’art. 1407 c.c. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza con cui il giudice di merito aveva ritenuto provata l’avvenuta comunicazione sulla base di indici presuntivi ritenuti idonei alla prova della conoscenza “aliunde”, in assenza di qualsiasi forma di comunicazione tra originario conduttore e locatore o di accettazione). Cassazione civile, Sez. VI-III, ordinanza n. 17545 del 4 luglio 2018 (Cass. civ. n. 17545/2018)

In tema di cessione del contratto di locazione di immobile ad uso non abitativo, ove il trasferimento del contratto si accompagni alla cessione integrale delle quote della società di persone costituita per l’esercizio dell’attività economica nell’immobile locato, trova applicazione l’art. 36 della l. n. 392 del 1978, dettato per l’analoga fattispecie in cui alla cessione della locazione si accompagni quella dell’azienda, atteso che il fondamento della norma risiede nell’esigenza, comune ad entrambe le ipotesi, di assicurare al locatore, che non può opporsi al mutamento soggettivo del contratto, la conservazione della garanzia patrimoniale generica offerta dall’originaria controparte contrattuale; ne consegue che gli ex soci illimitatamente responsabili cedenti, se non siano stati liberati dal locatore, restano obbligati nei confronti di quest’ultimo anche per i canoni maturati dopo la cessione, in caso di inadempimento della società e dei nuovi soci. Cassazione civile, Sez. III, ordinanza n. 15348 del 21 giugno 2017 (Cass. civ. n. 15348/2017)

In materia di locazione di immobili adibiti ad uso commerciale, in caso di plurime cessioni dell’azienda e del contratto di locazione, ex art. 36 della l. n. 392 del 1978, senza liberazione del cedente, poiché tra costui e ciascuno dei cessionari si determina – in relazione all’azione che il locatario esperisca per la risoluzione del contratto ed il pagamento dei canoni insoluti – una situazione di litisconsorzio facoltativo, la mancata regolare instaurazione del contraddittorio verso uno solo di essi non legittima l’annullamento della sentenza di primo grado con rimessione degli atti al primo giudice, nei confronti di tutti, ex art. 354 c.p.c. Cassazione civile, Sez. III, ordinanza n. 13706 del 31 maggio 2017 (Cass. civ. n. 13706/2017)

Dichiarata la simulazione di una cessione di ramo di azienda, siccome dissimulante la cessione di un contratto di locazione immobiliare, tale ultimo negozio non solo è invalido nei confronti del terzo ceduto, ma è privo di effetti nei rapporti tra cedente e cessionario, non potendo ritenersi perfezionata – in difetto di consenso del locatore – la fattispecie disciplinata dagli artt. 1406 e 1594, comma 1, c.c., stante la sua struttura trilaterale, né essendo tale consenso ravvisabile nel comportamento tacito di costui rispetto alla cessione ex art. 36 della l. n. 392 del 1978 comunicatagli dal conduttore, sicché il cessionario ha diritto alla ripetizione del prezzo della cessione in quanto prestazione riferibile al contratto dissimulato e, dunque, priva di causa giustificativa. Cassazione civile, Sez. III, sntenza n. 14442 del 15 luglio 2016 (Cass. civ. n. 14442/2016)

In caso di cessione del contratto di locazione (contestuale alla cessione dell’azienda) effettuata ai sensi dell’art. 36 della legge n. 392 del 1978 senza il consenso del locatore, tra il cedente e il cessionario, divenuto successivo conduttore dell’immobile, esiste un vincolo di responsabilità sussidiaria, caratterizzata dal mero “beneficium ordinis”, che consente al locatore di rivolgersi al cedente, con l’esperimento delle relative azioni giudiziali per il soddisfacimento delle obbligazioni inerenti il contratto, solo dopo che si sia consumato l’inadempimento del nuovo conduttore; né rileva l’avvenuta rinnovazione tacita dei contratto di locazione, che, in quanto tale, non comporta la nascita di un nuovo contratto ma solo la prosecuzione del precedente, che rimane identico nel suo contenuto. Cassazione civile, Sez. VI, sentenza n. 23111 del 12 novembre 2015 (Cass. civ. n. 23111/2015)

In caso di affitto di azienda con contestuale cessione del contratto di locazione dell’immobile nel quale l’azienda è esercitata, il locatore, in caso di inadempimento del cessionario, può agire, ex art. 36 della 1. n. 392 del 1978, nei confronti del cedente per il pagamento del canone, salvo che egli stesso dichiari espressamente di liberarlo, senza che assuma alcun rilievo la dilatazione temporale del vincolo obbligatorio per l’intervenuta rinnovazione tacita del contratto. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 19531 del 30 settembre 2015 (Cass. civ. n. 19531/2015)

In caso di affitto di azienda, la qualificazione come sublocazione, ovvero come cessione dell’originaria locazione, del contratto intervenuto tra le parti relativamente all’immobile in cui è esercitata l’azienda non rileva con riguardo all’esclusione della necessità del consenso del locatore – prevista, per entrambi i casi, dall’art. 36 della legge 27 luglio 1978, n. 392, rispettivamente in deroga agli artt. 1594 e 1406 cod. civ. – ma la distinzione resta, invece, rilevante nei rapporti con il locatore, dal momento che, per le azioni esercitate da o contro il medesimo, la legittimazione “ad causam” appartiene al conduttore originario nella sublocazione ed al cessionario in ipotesi di cessione del contratto di locazione. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 11967 del 16 maggio 2013 (Cass. civ. n. 11967/2013)

In caso di cessione d’azienda, l’acquirente succede, ai sensi dell’art. 36 della legge n. 392 del 1978, nel contratto di locazione degli immobili aziendali per effetto della comunicazione data al locatore dell’avvenuta cessione, senza che a ciò osti l’inadempienza del cedente locatario che non abbia dato luogo alla risoluzione del contratto. Tale inadempimento, peraltro, laddove abbia comportato la perdita del titolo al possesso dell’immobile per il cessionario, nei rapporti con questo è valutabile come vizio funzionale del contratto di cessione dell’azienda e non come vizio della cosa venduta. Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 5845 del 8 marzo 2013 (Cass. civ. n. 5845/2013)

In ipotesi di cessione del contratto di locazione, ai sensi dell’art. 36 della legge 27 luglio 1978, n. 392, quale effetto di apposito negozio, separato o contestuale alla cessione azienda, o quale automatica conseguenza del principio di cui all’art. 2558 c.c., si verifica, la sostituzione di un terzo nel rapporto giuridico preesistente fra cedente e ceduto; pertanto, in virtù dell’art. 1415 c.c., non è opponibile al cessionario la simulazione relativa al canone del contratto di locazione intercorso tra il locatore e l’originario conduttore, in mancanza di prova dell’adesione del terzo all’accordo dissimulato, ovvero della sua malafede. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 4986 del 28 febbraio 2013 (Cass. civ. n. 4986/2013)

La cessione da parte del locatore del contratto di locazione aziendale, inserita in una complessiva cessione di azienda (o di ramo di azienda), non comporta la scissione del contratto di locazione o di affitto in due sub-rapporti distinti, ciascuno dei quali con un titolare dello “status” di locatore, bensì il pieno subingresso del cessionario nelle stesse posizioni giuridiche, attive e passive, facenti capo al cedente, purché collegate all’esercizio dell’impresa. Tra di esse, dunque, deve comprendersi anche il debito di restituzione di eventuali non dovute maggiorazioni di canone percepite dal cedente, atteso che la misura del canone di una locazione non abitativa incide direttamente sulla misura concreta della redditività dell’azienda, costituita anche dall’immobile locato. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 2961 del 7 febbraio 2013 (Cass. civ. n. 2961/2013)

Non spettano al conduttore il diritto di prelazione e il conseguente diritto di riscatto dell’immobile, secondo la disciplina degli artt. 38 e 39 L. n. 392/78, qualora il locatore intenda alienare – ad un terzo ovvero al comproprietario dell’immobile – la quota del bene oggetto del rapporto di locazione. Cassazione civile, Sez. Unite, sentenza n. 13886 del 14 giugno 2007 (Cass. civ. n. 13886/2007)

In caso di subentro nel contratto di locazione di immobile adibito ad uso non locativo, conseguente alla cessione d’azienda, al cessionario non è consentito l’esercizio dell’azione di risoluzione ovvero di riduzione del canone, previsti dall’art. 1578 c.c. per l’ipotesi che la cosa locata, al momento della consegna, presenti vizi non noti o facilmente riconoscibili che ne diminuiscano in modo apprezzabile l’idoneità all’uso pattuito per il conduttore, difettando in detta ipotesi il presupposto primo per l’applicabilità dell’art. 1578, e cioè la consegna della cosa dal locatore al conduttore, e conseguentemente non si applica neppure l’art. 1579 c.c., concernente la deroga di pattizia con la quale si escluda o si limiti la responsabilità del locatore per i vizi della cosa. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 10298 del 7 maggio 2007 (Cass. civ. n. 10298/2007)

In caso di cessione plurima del contratto di locazione ex art. 36 L. n. 392/78 senza liberazione da parte del locatore-ceduto, l’iter che quest’ultimo è tenuto a seguire onde ottenere l’adempimento dell’obbligazione di pagamento del canone (e di tutte le altre gravanti sul conduttore) si dipana, in prima istanza, attraverso la richiesta di adempimento rivolta all’ultimo cessionario. Accertato l’inadempimento di quest’ultimo, diviene legittima la domanda rivolta – indifferentemente – a ciascuno dei cessionari intermedi, compreso il primo, tutti responsabili in via solidale, con le relative conseguenze di legge in tema di riparto interno dell’obbligazione. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 9486 del 20 aprile 2007 (Cass. civ. n. 9486/2007)

Nella disciplina di cui all’art. 36 della legge n. 392 del 1978 sull’equo canone, in caso di cessione o di affitto di azienda relativi ad attività svolta in un immobile condotto in locazione, non si produce l’automatica successione del cessionario nel contratto di locazione dell’immobile, quale effetto necessario del trasferimento dell’azienda, ma la successione è soltanto eventuale e richiede comunque la conclusione, tra cedente e cessionario dell’azienda, di un apposito negozio volto a porre in essere la sublocazione o la cessione del contratto di locazione, senza necessità, in tale seconda ipotesi, del consenso del locatore, in deroga all’art. 1594 c.c., ma salva comunque la facoltà di quest’ultimo di proporre opposizione per gravi motivi, entro trenta giorni dalla avvenuta comunicazione della cessione del contratto di locazione insieme all’azienda, proveniente dal conduttore. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 5137 del 3 aprile 2003 (Cass. civ. n. 5137/2003)

In tema di locazione di immobili adibiti all’esercizio di attività aziendale, tanto l’affitto di azienda (con conseguente sublocazione dell’immobile adibito all’esercizio dell’attività produttiva) quanto la vendita dell’azienda stessa (con contestuale cessione del contratto di locazione relativo all’immobile) non determinano alcuna successione nell’originario rapporto di locazione, dando vita, per converso, ad un rapporto derivato, senza alcun vincolo tra il locatore originario ed il subconduttore, e senza, in particolare, che risulti modificata la posizione di legittimato (sostanziale e) processuale dell’originario conduttore che, ai sensi dell’art. 111 del codice di rito, conserva, per converso, la sua qualità di parte. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 11427 del 1 agosto 2002 (Cass. civ. n. 11427/2002)

L’inopponibilità al locatore della cessione, da parte del conduttore, del contratto di locazione comporta, sul piano processuale, che per tutte le azioni attinenti alla prosecuzione o alla estinzione del rapporto locatizio la legittimazione passiva permane in capo all’originario conduttore, senza che il terzo cessionario del contratto abbia titolo per pretendere una estensione necessaria del contraddittorio nei suoi confronti e per rivendicare la posizione di legittimato passivo.

Ai sensi dell’art. 36 della legge 27 luglio 1978, n. 392, la cessione del contratto di locazione di immobile destinato ad attività di impresa, che avvenga con la cessione contestuale dell’azienda del conduttore, non ha bisogno del consenso del locatore, ma deve essergli comunicata con lettera raccomandata con avviso di ritorno (o con modalità diverse, purché idonee a consentire la conoscenza della modificazione soggettiva del rapporto); tale comunicazione, se non costituisce requisito di validità della cessione nel rapporto tra conduttore cedente e terzo cessionario, condiziona tuttavia l’efficacia della cessione stessa nei confronti del contraente ceduto, nel senso che essa non è opponibile al locatore sino a quando la comunicazione non avvenga (e salva, comunque, la possibilità che il locatore vi si opponga per gravi motivi nel termine di trenta giorni), sicché la conoscenza aliunde della cessione da parte del locatore non rileva, a meno che egli, avendola conosciuta, l’abbia accettata secondo la disciplina comune dettata dall’art. 1407 c.c. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 741 del 23 gennaio 2002 (Cass. civ. n. 741/2002)

A fronte di una cessione della locazione ex art. 36 L. n. 392/78 valida ed efficace tra il conduttore cedente ed il terzo cessionario, l’opposizione per gravi motivi manifestata dal locatore ceduto, cui la cessione medesima è stata comunicata, ha l’effetto immediato di sospendere, nei confronti del contraente ceduto, l’efficacia della cessione della locazione, sino a quando non risulti definita in sede giudiziale l’assenza dei gravi motivi in presenza dei quali, invece (ove accertati in giudizio ovvero riconosciuti sussistenti dal conduttore cedente), la cessione non produce alcun effetto nei confronti del locatore. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 201 del 9 gennaio 2002 (Cass. civ. n. 201/2002)

Con riguardo a locazione di immobile urbano ad uso diverso da quello abitativo, l’art. 36 della legge n. 392 del 1978 disciplina nello stesso modo il caso di sublocazione dell’immobile e quello della cessione del contratto di locazione stabilendo che il conduttore può, senza il consenso del locatore, sublocare l’immobile o cedere l’azienda o parte di essa, e cioè di una porzione dei beni destinati all’attività esercitata nell’immobile autonoma e funzionalmente sufficiente per tale attività; conseguentemente detta possibilità deve essere negata nel caso di mera alienazione di singoli beni privi degli indicati requisiti, nella quale ipotesi è necessario il consenso del locatore. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 5817 del 19 aprile 2001 (Cass. civ. n. 5817/2001)

La cessione del contratto di locazione a norma dell’art. 36 della legge 27 luglio 1978, n. 392 comporta quale conseguenza che nel rapporto derivato di sublocazione parziale stipulato dal cedente si sostituisca, come sublocatore, il cessionario del rapporto principale di locazione. Consegue, che legittimato passivamente all’azione di risoluzione proposta dal cessionario è il cessionario, senza necessità di dover accertare, nel contraddittorio necessario con il conduttore cedente, la sussistenza di una pregressa sublocazione parziale dei beni oggetto del negozio di cessione. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 14139 del 26 ottobre 2000 (Cass. civ. n. 14139/2000)

La mancata comunicazione della sublocazione o della cessione del contratto, nel caso di immobile destinato ad uso diverso da quello abitativo, rende solo inopponibile l’avvenuta sublocazione o la cessione al locatore, il quale, peraltro, non può considerare di per sè inadempiente il conduttore, ma solo notificargli la sua opposizione, specificando altresì i gravi motivi che la giustificano, all’accertamento della sussistenza dei quali resta subordinata la risoluzione del contratto di locazione. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 10124 del 2 agosto 2000 (Cass. civ. n. 10124/2000)

L’alienazione dell’azienda esercitata in un immobile adibito ad uso commerciale non comporta né ai sensi dell’art. 2558 c.c. né ai sensi dell’art. 36 della legge 392/1978 l’automatica cessione del contratto di locazione, in quanto le norme suddette consentono ma non impongono rispettivamente all’acquirente dell’azienda di subentrare nei contratti stipulati per l’esercizio di essa, sempreché non sia pattuito diversamente, nonché al venditore dell’azienda, quale conduttore dell’immobile in cui la stessa si esercita, di sublocare l’immobile o di cedere il contratto di locazione senza il consenso del locatore. Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 1133 del 2 febbraio 2000 (Cass. civ. n. 1133/2000)

Non integra gli estremi della cessione della locazione il mero adempimento del terzo dell’obbligo di pagare il canone, pur se il locatore risulti a conoscenza della provenienza del pagamento. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 8389 del 3 agosto 1999 (Cass. civ. n. 8389/1999)

La cessione del contratto di locazione di immobile urbano adibito ad attività imprenditoriale, in connessione con la cessione o locazione dell’azienda ivi esercitata, per esser opponibile al locatore, gli deve esser comunicata dal conduttore (art. 36 legge 27 luglio 1978 n. 392) – anche con modalità diverse dalla raccomandata con ricevuta di ritorno, non prescritta a pena di nullità, purché idonee a consentire la conoscenza della modifica soggettiva del rapporto – e pertanto non è efficace nei confronti del locatore la cessione comunicatagli da un altro soggetto, sia pur esso il difensore del conduttore, nel giudizio pendente nei confronti del medesimo. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 2675 del 11 marzo 1998 (Cass. civ. n. 2675/1998)

Se durante il giudizio instaurato dal locatore per la declaratoria di cessazione del contratto di locazione il conduttore, dopo la data di scadenza del contratto come accertata con sentenza, cede l’azienda esercitata sull’immobile (art. 36 legge 27 luglio 1978 n. 392), non vi è cessione del contratto di locazione perché non più in corso e perciò non può esservi successione nell’indennità commerciale spettante al cedente (art. 34 stessa legge), salvo che il relativo diritto sia ceduto al cessionario tra quelli aziendali (art. 2559 c.c.). Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 667 del 23 gennaio 1998 (Cass. civ. n. 667/1998)

L’art. 36 della legge 27 luglio 1978 n. 392, nel sancire che il conduttore può sublocare l’immobile o cedere il contratto di locazione anche senza il consenso del locatore, purché venga insieme locata l’azienda, deroga alle norme di diritto comune relative alla cessione del contratto, secondo cui il consenso del contraente ceduto costituisce requisito di validità della cessione, che altrimenti sarebbe nulla, per cui si ha litisconsorzio necessario in giudizio di accertamento, quando siano in questione l’avvenuta conclusione, validità ed efficacia del contratto di cessione. Non è invece necessaria la presenza in giudizio del cedente quando si controverta unicamente circa le vicende del contratto ceduto. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 12454 del 9 dicembre 1997 (Cass. civ. n. 12454/1997)

Nel caso di cessione del contratto di locazione dell’immobile, consentita al conduttore dall’art. 36 della legge 27 luglio 1978, n. 392, purché egli congiuntamente ceda o affitti l’azienda, non vi è obbligo di preventiva comunicazione al locatore, che può quindi esserne informato dopo che la cessione ha determinato la sostituzione del cessionario nei diritti e negli obblighi del cedente. Ne deriva che l’opposizione alla cessione, consentita al locatore dal menzionato art. 36 in presenza di gravi motivi, non impedisce il perfezionamento del contratto eventualmente già concluso ma si configura come una mera contestazione di inadempimento, rivolta al conduttore per avere ceduto il contratto pur in presenza dei suddetti gravi motivi in contrario, e preordinata ad un’eventuale pronunzia di risoluzione della locazione, idonea a far venir meno anche la cessione della stessa, con l’ulteriore conseguenza che fino all’emissione di tale pronunzia legittimato passivo rispetto a tutte le azioni concernenti l’esistenza o la durata della locazione deve considerarsi il cessionario e non il cedente, il quale, se non liberato dal locatore ceduto, ai sensi del cit. art. 36 della legge 392, resta legittimato a contraddire soltanto le domande di quest’ultimo intese a conseguire l’adempimento delle obbligazioni originate dal contratto di locazione. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 5305 del 7 giugno 1996 (Cass. civ. n. 5305/1996)

La domanda di risoluzione del contratto di locazione proposta dal locatore nei confronti del conduttore subentrato nel rapporto locativo ai sensi dell’art. 36 L. 27 luglio 1978 n. 392 non è preclusa dall’eventuale giudicato interno sulla cessione perché, trattandosi di cessione senza il consenso del locatore l’accertamento dei relativi presupposti non esclude né l’operatività della disposizione dell’art. 1409 c.c., a norma della quale il contraente ceduto può opporre al cessionario tutte le eccezioni derivanti dal contratto, né l’operatività della disposizione dell’art. 1458 comma 1, c.c. sull’efficacia retroattiva della risoluzione del contratto per inadempimento, la quale è applicabile anche nei confronti del cessionario, che, in quanto tale, è parte contrattuale, e non terzo. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 537 del 24 gennaio 1996 (Cass. civ. n. 537/1996)

La mancata comunicazione al locatore dell’avvenuta cessione dell’azienda ai sensi dell’art. 36 della legge 27 luglio 1978 n. 392, non produce effetti a carico del conduttore allorché il locatore abbia comunque accettato la cessione, la quale dal momento dell’accettazione diviene a lui opponibile anche in difetto della prescritta comunicazione. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 189 del 12 gennaio 1996 (Cass. civ. n. 189/1996)

Mentre per gli immobili destinati ad uso abitativo la disciplina della sublocazione è stata innovata per effetto dell’art. 2 della L. 27 luglio 1978, n. 392 – il quale vieta, salvo patto contrario, la sublocazione dell’immobile, limitando, in difetto di accordo delle parti, la facoltà di sublocare del conduttore, sempre salvo patto contrario, all’ipotesi di sublocazione parziale, previa comunicazione al locatore – per gli immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione l’art. 36 della legge stessa ha sostanzialmente lasciata immutata la disciplina della sublocazione e della cessione dettata dall’art. 1594 c.c., a norma del quale il conduttore, salvo patto contrario, ha facoltà di sublocare la cosa locatagli, ma non può cedere il contratto senza il consenso del locatore. Ne consegue che il giudice di merito, chiamato a dichiarare la risoluzione del contratto di locazione di immobile adibito ad uso diverso da quello locativo, per inadempimento consistente nell’avvenuta sublocazione dello stesso, non può limitarsi a ritenere che la sublocazione realizzi di per sé un inadempimento, bensì ha il dovere di preliminarmente accertare se tra le parti sia stato pattuito un divieto di sublocazione e, solo in caso positivo, verificare la sussistenza di un inadempimento idoneo a provocare la risoluzione del contratto. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 10157 del 28 novembre 1994 (Cass. civ. n. 10157/1994)

La comunicazione che – in caso di cessione del contratto di locazione contestualmente a quello dell’azienda – il conduttore deve dare al locatore ai sensi dell’art. 36 della L. n. 392 del 1978 anche se data tardivamente, sana ogni eventuale situazione irregolare a partire dal momento in cui è effettuata, dal quale decorre altresì il termine di trenta giorni entro il quale il locatore può opporsi alla cessione, qualora ricorrano gravi motivi. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 8031 del 3 ottobre 1994 (Cass. civ. n. 8031/1994)

Nel caso di trasferimento dell’azienda, la comunicazione della cessione del contratto di locazione, preveduta dall’art. 36 della L. 27 luglio 1978 n. 392, deve contenere l’indicazione degli elementi che valgono ad identificare la persona del cessionario in modo da porre in grado il locatore di manifestare la sua opposizione, qualora ricorrano gravi motivi. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 11685 del 25 novembre 1993 (Cass. civ. n. 11685/1993)

L’art. 36 della L. 27 luglio 1978 n. 392, che consente al conduttore di sublocare l’immobile o cedere il contratto di locazione anche senza il consenso del locatore se insieme venga locata o ceduta l’azienda, si riferisce anche alle cessioni o locazioni di una sola parte dell’immobile comunque collegate alla cessione o locazione dell’azienda o di un suo ramo e perciò capaci di attuare l’interesse alla conservazione dell’azienda. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 7676 del 10 luglio 1991 (Cass. civ. n. 7676/1991)

In tema di sublocazione e cessione del contratto di locazione, disciplinato dall’art. 36 della L. n. 392/1978, ai fini della sua validità, è sufficiente che la comunicazione, che il conduttore deve fare al locatore nel caso in cui effettui la sublocazione o la cessazione del contratto di locazione insieme alla cessione o all’affitto dell’azienda, contenga gli elementi essenziali per l’individuazione dei contratti posti in essere, insieme alle altre notizie sulla persona del terzo subentrante, tali da mettere il locatore in grado di poter esercitare il suo diritto di opposizione per gravi motivi. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 6402 del 25 giugno 1990 (Cass. civ. n. 6402/1990)

Con riguardo a locazione di immobile urbano ad uso diverso da quello abitativo, la possibilità del conduttore di cedere il contratto senza il consenso del locatore, secondo la previsione dell’art. 36 della L. 27 luglio 1978 n. 392, postula la contestuale cessione o locazione dell’azienda, cioè del complesso dei beni destinati all’attività esercitata nell’immobile, ovvero di una loro porzione autonoma e funzionalmente sufficiente per tale attività, e, pertanto, deve essere negata nel caso di mera alienazione al cessionario della locazione di singoli beni privi degli indicati connotati. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 6346 del 14 dicembre 1985 (Cass. civ. n. 6346/1985)

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