I provvedimenti in tema di mantenimento dei figli minori di genitori divorziati passano in giudicato, ma essendo sempre rivedibili, divengono definitivi solo “rebus sic stantibus”, sicché il giudice in sede di revisione non può procedere ad una diversa ponderazione delle pregresse condizioni economiche delle parti, né può prendere in esame fatti anteriori alla definitività del titolo stesso o che comunque avrebbero potuto essere fatti valere con gli strumenti concessi per impedirne la definitività. (Nella specie la S.C. ha confermato il rigetto della domanda proposta dal coniuge onerato del pagamento di un assegno di mantenimento per la prole, il quale aveva introdotto un nuovo procedimento di revisione dell’assegno, invocando fatti modificativi delle condizioni economiche delle parti, intervenuti prima della conclusione di altro procedimento di modifica nel quale essi avrebbero potuto essere fatti valere). Cassazione civile, Sez. I, ordinanza n. 283 del 27 gennaio 2020 (Cass. civ. n. 283/2020)
L’assegno a carico dell’eredità, previsto dall’art. 9 bis della legge 1° dicembre 1970, n. 898 (non modificato dalla legge 6 marzo 1987, n. 74) in favore dell’ex coniuge in precedenza beneficiario dell’assegno di divorzio, avendo natura assistenziale, postula che il medesimo si trovi in stato di bisogno, vale a dire manchi delle risorse economiche occorrenti per soddisfare le essenziali e primarie esigenze di vita. Pertanto, detto assegno va quantificato in relazione al complesso degli elementi espressamente indicati nello stesso art. 9-bis, cioè tenendo conto, oltre che della misura dell’assegno di divorzio, dell’entità del bisogno, dell’eventuale pensione di reversibilità, delle sostanze ereditarie, del numero e della qualità degli eredi e delle loro condizioni economiche. A tale riguardo, l’entità del bisogno deve essere valutata non già con riferimento alle norme dettate da leggi speciali per finalità di ordine generale di sostegno dell’indigenza, bensì in relazione al contesto socio-economico del richiedente e del “de cuius”, in analogia a quanto previsto dall’art. 438 c.c. in materia di alimenti. Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 1253 del 27 gennaio 2012 (Cass. civ. n. 1253/2012)
La controversia a norma art. 9 bis della legge 1 dicembre 1970, n. 898 fra l’ex coniuge divorziato e gli eredi dell’obbligato avente ad oggetto l’aumento dell’assegno liquidato con la sentenza di divorzio ha natura divorzile e, come tale, deve essere trattata con il rito camerale. Consegue che proposto appello nelle forme ordinarie e, dunque, con citazione è inammissibile quando il deposito di tale atto in cancelleria avviene oltre il termine di cui agli artt. 737 ss. c.p.c. Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 2089 del 26 febbraio 1998 (Cass. civ. n. 2089/1998)