In tema di opposizione allo stato passivo, non incorre nella sanzione dell’improcedibilità il creditore opponente che abbia omesso di produrre copia autentica dello stato passivo formato dal giudice delegato, non trovando applicazione l’art. 347, comma 2, c.p.c. previsto solo per l’appello e potendo, comunque, il tribunale accedere direttamente al fascicolo di cui all’art. 90 l.fall. per conoscere il contenuto del provvedimento impugnato. Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 23138 del 22 ottobre 2020 (Cass. civ. n. 23138/2020)
È inammissibile, ai sensi dell’art. 111, comma 7, Cost., il ricorso per cassazione proposto nei confronti del decreto del tribunale che accoglie il reclamo ex art. 26 l.fall. avverso il provvedimento del giudice delegato di diniego all’accesso, ex art. 90, comma 3, l.fall., al fascicolo del fallimento, trattandosi di provvedimento non decisorio in quanto non incide su un diritto soggettivo dell’istante e non suscettibile di divenire definitivo, contrariamente alla statuizione sulle spese giudiziali che ha ad oggetto posizioni giuridiche soggettive di debito e credito derivanti da un rapporto obbligatorio autonomo ed avverso la quale non è previsto alcun mezzo di impugnazione. Cassazione civile, Sez. I, ordinanza n. 212 del 8 gennaio 2019 (Cass. civ. n. 212/2019)
Il curatore fallimentare non e` tenuto ad operare la ritenuta a titolo d’acconto dell’imposta sui redditi delle persone fisiche sui versamenti eseguiti in favore dei lavoratori dipendenti ammessi al passivo per compensi ad essi dovuti dall’imprenditore poi dichiarato fallito, sia perchè non rientra tra i soggetti che l’ art. 23 primo comma del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, con previsione tassativa, ricomprende tra quelli tenuti ad effettuare la ritenuta d’acconto dell’imposta sui redditi di lavoro, sia perchè deve escludersi che egli possa essere soggetto agli obblighi che gravavano sull’imprenditore quale sostituto d’imposta, in quanto essi trovano il loro presupposto proprio nell’esercizio dell’impresa, mentre, una volta dichiarato il fallimento, l’impresa cessa, a meno che non ne sia autorizzata la continuazione temporanea a norma dell’art. 90 legge fall. Cassazione civile, Sez. I, seentenza n. 237 del 13 gennaio 1996 (Cass. civ. n. 237/1996)
Il principio, secondo il quale, dopo la dichiarazione di fallimento, non è configurabile un inadempimento od un ritardo nell’adempimento, quale fonte di responsabilità risarcitoria, opera pure nel caso di esercizio provvisorio dell’impresa del fallito che configura una mera fase della procedura concorsuale e non implica trasferimento dell’azienda al curatore. Anche in tale ipotesi, pertanto, la sopravvenuta scadenza del termine fissato per il pagamento di contributi previdenziali od assicurativi non può determinare l’applicabilità delle sanzioni civili contemplate per l’omesso o ritardato versamento dei contributi medesimi, salvo che si deducano o dimostrino specifici comportamenti colposi del curatore (ad esempio, per la mancata esecuzione del riparto o l’inosservanza di provvedimenti che dispongano pagamenti parziali in via provvisoria). Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 71 del 9 gennaio 1987 (Cass. civ. n. 71/1987)