Art. 64 – Legge fallimentare

(R.D. 16 marzo 1942 n. 267 - Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa)

Atti a titolo gratuito

Articolo 64 - legge fallimentare

I. Sono privi di effetto rispetto ai creditori, se compiuti dal fallito nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento, gli atti a titolo gratuito, esclusi i regali d’uso e gli atti compiuti in adempimento di un dovere morale o a scopo di pubblica utilità, in quanto la liberalità sia proporzionata al patrimonio del donante.
II. I beni oggetto degli atti di cui al primo comma sono acquisiti al patrimonio del fallimento mediante trascrizione della sentenza dichiarativa di fallimento. Nel caso di cui al presente articolo ogni interessato può proporre reclamo avverso la trascrizione a norma dell’articolo 36. (1)

Articolo 64 - Legge fallimentare

I. Sono privi di effetto rispetto ai creditori, se compiuti dal fallito nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento, gli atti a titolo gratuito, esclusi i regali d’uso e gli atti compiuti in adempimento di un dovere morale o a scopo di pubblica utilità, in quanto la liberalità sia proporzionata al patrimonio del donante.
II. I beni oggetto degli atti di cui al primo comma sono acquisiti al patrimonio del fallimento mediante trascrizione della sentenza dichiarativa di fallimento. Nel caso di cui al presente articolo ogni interessato può proporre reclamo avverso la trascrizione a norma dell’articolo 36. (1)

Note

(1) Comma aggiunto dal D.L. 27 giugno 2015 in sede di conversione dalla L. 6 agosto 2015 n. 132. La modifica si applica ai fallimenti dichiarati successivamente alla data del 21 agosto 2015 di entrata in vigore della citata legge di conversione.

Massime

In tema di dichiarazione di inefficacia degli atti a titolo gratuito, ai sensi dell’art. 64 l.fall., la valutazione di gratuità od onerosità di un negozio va compiuta con esclusivo riguardo alla causa concreta, costituita dalla sintesi degli interessi che lo stesso è concretamente diretto a realizzare e non può quindi fondarsi sull’esistenza o meno di un rapporto sinallagmatico tra le prestazioni sul piano tipico ed astratto, dipendendo invece dall’apprezzamento dell’interesse sotteso all’intera operazione da parte del soggetto poi dichiarato fallito, quale emerge dall’entità dell’attribuzione, dalla durata del rapporto, dalla qualità dei soggetti e soprattutto dalla prospettiva di subire un depauperamento, collegato o meno ad un sia pur indiretto guadagno ovvero ad un risparmio di spesa; sicché il negozio posto in essere dal soggetto poi fallito può dirsi gratuito, solo quando dall’operazione egli non tragga nessun concreto vantaggio patrimoniale, avendo inteso recarne uno ad altri, mentre sarà oneroso tutte le volte che il fallito riceva un vantaggio per questa sua prestazione tanto da elidere quel pregiudizio cui l’ordinamento pone rimedio con l’inefficacia “ex lege”. (Nella specie la S.C. ha confermato la decisione d’appello che, dopo aver rilevato la sostanziale sovrapponibilità nel contenuto di un contratto di locazione con uno sublocazione, aveva ritenuto fosse stata posta in essere una complessiva operazione trilaterale di natura gratuita, giacché il conduttore poi fallito aveva assunto oneri senza alcuna corrispettiva utilità e con esclusivo vantaggio del locatore, interponendosi tra quest’ultimo e il subconduttore). Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 23140 del 22 ottobre 2020

Nell’adempimento del debito altrui da parte del terzo, mancando nello schema causale tipico la controprestazione in favore del disponente, si presume che l’atto sia stato compiuto gratuitamente, pagando il terzo, per definizione, un debito non proprio e non prevedendo la struttura del negozio nessuna controprestazione in suo favore; pertanto, nel giudizio avente ad oggetto la dichiarazione di inefficacia di tale atto, ai sensi dell’art. 64 l.fall., incombe al creditore beneficiario l’onere di provare, con ogni mezzo previsto dall’ordinamento, che il disponente abbia ricevuto un vantaggio in seguito all’atto che ha posto in essere, in quanto questo perseguiva un suo interesse economicamente apprezzabile. Cassazione civile, Sez. VI-I, sentenza n. 26856 del 21 ottobre 2019 (Cass. civ. n. 26856/2019)

Per effetto della sentenza di accoglimento della domanda di revocatoria fallimentare proposta dal curatore, riguardante una somma ricevuta dal fallito, sorge un debito nei confronti della massa dei creditori che non può essere compensato con crediti vantati verso il fallito, ancorché ammessi al passivo, essendo la compensazione consentita solo tra i debiti ed i crediti scaturenti da rapporti direttamente intercorsi con il fallito. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto non compensabile il debito restitutorio di un soggetto nei confronti del fallimento, conseguente all’intervenuta dichiarazione di inefficacia di un atto di liberalità ex art. 64 l.fall., con il credito da lui stesso vantato nei confronti del fallito ancorché ammesso al passivo). Cassazione civile, Sez. VI-I, sentenza n. 30824 del 28 novembre 2018 (Cass. civ. n. 30824/2018)

Ai fini dell’azione di inefficacia di cui all’art. 64 legge fall., atti a titolo gratuito non sono solo quelli posti in essere per spirito di liberalità, che è requisito necessario della donazione, ma anche gli atti caratterizzati semplicemente da una prestazione in assenza di corrispettivo. Ne consegue che, l’attribuzione patrimoniale effettuata da un coniuge, poi fallito, a favore dell’altro coniuge in vista della loro separazione, va qualificata come atto a titolo gratuito ove non abbia la funzione di integrare o sostituire quanto dovuto per il mantenimento suo o dei figli. Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 13087 del 24 giugno 2015 (Cass. civ. n. 13087/2015)

L’azione proposta dal curatore per far valere l’inefficacia, ex art 64 legge fall., della costituzione del patrimonio familiare effettuata dal fallito nel biennio anteriore alla dichiarazione di fallimento ha natura dichiarativa e, perciò, non è soggetta a prescrizione. Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 20067 del 30 settembre 2011 (Cass. civ. n. 20067/2011)

In tema di dichiarazione di inefficacia degli atti a titolo gratuito, ai sensi dell’art. 64 legge fall., la valutazione di gratuità od onerosità di un negozio va compiuta con esclusivo riguardo alla causa concreta, costituita dalla sintesi degli interessi che lo stesso è concretamente diretto a realizzare, al di là del modello astratto utilizzato, e non può quindi fondarsi sull’esistenza, o meno, di un rapporto sinallagmatico e corrispettivo tra le prestazioni sul piano tipico ed astratto, ma dipende necessariamente dall’apprezzamento dell’interesse sotteso all’intera operazione da parte del “solvens”, quale emerge dall’entità dell’attribuzione, dalla durata del rapporto, dalla qualità dei soggetti e soprattutto dalla prospettiva di subire un depauperamento, collegato o meno ad un sia pur indiretto guadagno ovvero ad un risparmio di spesa. Pertanto, nell’ipotesi di estinzione da parte del terzo, poi fallito, di un’obbligazione preesistente cui egli sia estraneo, l’atto solutorio può dirsi gratuito, ai predetti effetti solo quando dall’operazione – sia essa a struttura semplice perché esaurita in un unico atto, sia a struttura complessa, in quanto si componga di un collegamento di atti e di negozi – il terzo non tragga nessun concreto vantaggio patrimoniale, avendo egli inteso così recare un vantaggio al debitore; mentre la causa concreta deve considerarsi onerosa tutte le volte che il terzo riceva un vantaggio per questa sua prestazione dal debitore, dal creditore o anche da altri, così da recuperare anche indirettamente la prestazione adempiuta ed elidere quel pregiudizio, cui l’ordinamento pone rimedio con l’inefficacia “ex lege”.


L’obbligazione restitutoria conseguente alla dichiarazione di inefficacia, ai sensi dell’art. 64 della legge fall., di un pagamento eseguito dal fallito nel “periodo sospetto”, ha natura di debito di valuta e non di valore, atteso che l’atto posto in essere dal fallito è originariamente lecito; ne consegue che: a) gli interessi sulla somma da restituirsi da parte del soccombente decorrono dalla data della domanda giudiziale; b) il risarcimento del maggior danno conseguente al ritardo con cui sia stata restituita la somma di denaro oggetto della domanda spetta solo ove l’attore alleghi specificamente tale danno e dimostri di averlo subito; c) gli interessi possono attribuirsi solo su espressa domanda di parte, la quale non può essere avanzata, per la prima volta, in comparsa conclusionale, non essendo, in tal caso, ipotizzabile un’accettazione del contraddittorio ad opera della controparte, consentita soltanto fino al momento della rimessione della causa al collegio per la discussione.

La costituzione di parte civile del curatore fallimentare nel procedimento penale per bancarotta fraudolenta a carico del fallito (nella specie, a carico degli amministratori della società fallita) non determina l’estinzione del giudizio civile precedentemente introdotto ai sensi dell’art. 64 della legge fall., né la sospensione di quello introdotto successivamente, neppure nel caso in cui il curatore sia stato autorizzato ad estendere la domanda risarcitoria, fondata sui medesimi fatti, al terzo convenuto nel giudizio civile, in qualità di responsabile civile, in quanto si tratta di domande diverse ed, anzi, aventi “causae petendi” opposte, dato che la domanda risarcitoria si fonda su di un fatto illecito-reato e l’altra riguarda un atto lecito, che può essere dichiarato inefficacie anche qualora al disponente ed al beneficiario non si possa rimproverare alcunché; inoltre, il “petitum” dell’azione risarcitoria è rivolto a conseguire la reintegrazione del patrimonio del soggetto depauperato dall’illecito mediante la corresponsione dell’equivalente pecuniario del pregiudizio subito, mentre, nella fattispecie di cui all’art. 64 della legge fall., l’azione ha per oggetto la sanzione di inefficacia del pagamento eseguito dal “solvens” e la restituzione della somma pagata assume carattere strumentale al fine della ricostituzione della massa fallimentare nella consistenza originaria.


Nell’adempimento del debito altrui da parte del terzo, mancando nello schema causale tipico la controprestazione in favore del disponente, si presume che l’atto sia stato compiuto gratuitamente, pagando il terzo, per definizione, un debito non proprio e non prevedendo la struttura del negozio nessuna controprestazione in suo favore: pertanto, nel giudizio avente ad oggetto la dichiarazione di inefficacia di tale atto, ai sensi dell’art. 64 della legge fall., incombe al creditore beneficiario l’onere di provare, con ogni mezzo previsto dall’ordinamento, che il disponente abbia ricevuto un vantaggio in seguito all’atto che ha posto in essere, in quanto questo perseguiva un suo interesse economicamente apprezzabile. Cassazione civile, Sez. Unite, sentenza n. 6538 del 18 marzo 2010

In tema di revocatoria fallimentare di atti a titolo gratuito (art. 64 legge fall.), la valutazione di gratuità od onerosità di un negozio deve essere compiuta con riguardo alla causa, e non già ai motivi dello stesso, con la conseguenza che deve escludersi che atti a titolo gratuito siano quelli, e solo quelli, posti in essere per spirito di liberalità, essendo lo spirito di liberalità richiesto per la donazione (art. 769 c.c.), mentre non è indispensabile negli altri contratti a titolo gratuito, che sono quelli in cui una sola parte riceve e l’altra, sola, sopporta un sacrificio, unica essendo l’attribuzione patrimoniale. Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 2325 del 2 febbraio 2006 (Cass. civ. n. 2325/2006)

In tema di revocatoria fallimentare di concessione di garanzia (ipotecaria, nella fattispecie) per il debito scaduto di un terzo, posto che la distinzione tra negozi a titolo oneroso e negozi a titolo gratuito si basa sulla causa, e non sui motivi, la circostanza che il garante riceva un qualche vantaggio patrimoniale o compenso dal debitore principale non è sufficiente per qualificare la concessione della garanzia come negozio a titolo oneroso, essendo necessario che il vantaggio patrimoniale o compenso assurga a causa del negozio e non resti, invece, a livello di motivo. Conseguentemente, se il garante si è fatto promettere «a parte» un vantaggio o compenso dal debitore principale per facilitargli, con la garanzia prestata, la concessione di una dilazione per il pagamento del debito scaduto, senza che compenso al garante, prestazione della garanzia e dilazione per il pagamento del debito scaduto siano stati fatti oggetto di una complessiva pattuizione (alla quale abbiano partecipato creditore, debitore principale e garante), che abbracci in un nesso sinallagmatico tutte le prestazioni, il negozio di garanzia è a titolo gratuito: in tal caso, infatti, il negozio, che potrebbe apparire oneroso quanto al motivo, deve considerarsi gratuito quanto alla causa, che è il solo profilo che conta; né può reputarsi sufficiente, al fine di qualificare il negozio come oneroso, la circostanza che il creditore garantito presti corrispettivamente il suo consenso alla proroga del termine di scadenza del debito del terzo suo debitore, secondo lo schema del contratto a favore di terzi, perchè in materia fallimentare occorre, al fine predetto, aver riguardo agli effetti che si sono prodotti nel patrimonio del garante poi dichiarato fallito. Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 11093 del 11 giugno 2004 (Cass. civ. n. 11093/2004)

La fideiussione prestata da una società «controllata» in favore della società «controllante» non è riconducibile ad una donazione, qualora il contratto sia stato stipulato in adempimento di direttive impartite dalla capogruppo o comunque di obblighi assunti nell’ambito di una più vasta aggregazione imprenditoriale, in quanto in tal caso difetta lo spirito di liberalità; inoltre, al fine di accertare se essa configuri un atto a titolo gratuito o oneroso occorre verificare se l’operazione abbia comportato a meno per la società controllata un depauperamento effettivo, avendo riguardo alla complessiva situazione che, nell’ambito del gruppo, a quella società fa capo, poiché l’eventuale pregiudizio economico che da essa sia direttamente derivato può trovare la sua contropartita in un altro rapporto e, quindi, l’atto presentarsi come preordinato al soddisfacimento di un ben preciso interesse economico, sia pure mediato e indiretto. (Nella specie, la Suprema Corte ha ritenuto incesurabile la sentenza di merito che ha ritenuto gratuita la fideiussione prestata dalla società «controllata», poi fallita, in quanto la prestazione della fideiussione non aveva apportato alcun vantaggio, neppure indiretto, alla medesima). Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 3615 del 24 febbraio 2004 (Cass. civ. n. 3615/2004)

Ai fini della inefficacia degli atti a titolo gratuito ex art. 64 della legge fallimentare, nel caso di assunzione del debito altrui in virtù di delegazione promissoria, poiché il delegato può essere determinato ad obbligarsi tanto da una ragione di liberalità verso il debitore originario, quanto dall’adempimento di obbligazioni verso lo stesso in base ad un rapporto di provvista, la gratuità o l’onerosità di detta assunzione di debito da parte del delegato deve essere apprezzata in relazione all’esistenza ed alla natura del rapporto di provvista, essendo evidente che l’assunzione del debito altrui che trovi giustificazione in un rapporto di provvista non si connoti come una attribuzione patrimoniale alla quale non corrisponda alcun vantaggio economico. Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 8590 del 29 maggio 2003 (Cass. civ. n. 8590/2003)

La sentenza dichiarativa del fallimento, in quanto provvisoriamente esecutiva ai sensi dell’art. 16, terzo comma, della legge fall., determina – anche in pendenza del relativo giudizio di opposizione in cui si contesti la sussistenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi del fallimento stesso – l’inefficacia relativa di diritto degli atti a titolo gratuito, quando sussistano i requisiti previsti dall’art. 64 legge fall. In tal caso la esecutività della dichiarazione di fallimento e l’automatica inefficacia degli atti a titolo gratuito sono soltanto rese provvisorie dalla mancata definizione dell’eventuale giudizio di opposizione alla dichiarazione di fallimento. Ne consegue che, in pendenza di detto giudizio, non è esclusa la possibilità, rimessa al prudente apprezzamento degli organi della procedura, di procedere alla liquidazione dei beni, non solo se appartenenti al fallito, ma anche se appartenenti ai terzi, quando da questi acquistati con atti inopponibili alla massa dei creditori. Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 4466 del 26 marzo 2003 (Cass. civ. n. 4466/2003)

In tema di revocatoria fallimentare, l’atto con il quale il coniuge, ai sensi dell’art. 228 della legge 19 maggio 1975, n. 151, conviene con l’altro coniuge di assoggettare, senza contropartita, al regime di comunione legale un bene di sua proprietà, acquistato anteriormente all’entrata in vigore della citata legge, rientra nella categoria degli atti a titolo gratuito privi di effetti rispetto ai creditori ai sensi dell’art. 64 della legge fallimentare, atteso che la facoltà concessa dal menzionato art. 228 della legge n. 151 del 1975 non può essere utilizzata in pregiudizio dei terzi (i cui diritti sono espressamente fatti salvi dalla norma stessa) e che nell’atto non può, di per sè, configurarsi l’adempimento di un dovere morale — non sussistendo alcun obbligo di porre in comunione i beni personali anteriormente acquisiti —, a meno che non si dimostri in concreto l’esistenza di una situazione tale da integrare, nella sua oggettività, gli estremi del dovere morale ed il proposito del solvens di adempiere unicamente a quel dovere mediante l’atto in questione. Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 4457 del 26 marzo 2003 (Cass. civ. n. 4457/2003)

Nel caso di successione di procedure concorsuali (quando cioè il fallimento è preceduto dall’amministrazione controllata o dal concordato preventivo o da entrambi), il periodo sospetto relativo all’azione di cui all’art. 64 legge fall. (inefficacia degli atti a titolo gratuito) deve essere computato partendo dalla prima delle procedure. Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 17844 del 13 dicembre 2002 (Cass. civ. n. 17844/2002)

In tema di pagamento compiuto dal fallito per estinguere il debito di un terzo, la gratuità dell’atto, ai fini della revoca ex art. 64 della legge fallimentare, può essere affermata esclusivamente in relazione al debitore, poiché l’adempimento ex art. 1180 c.c. da parte del soggetto poi sottoposto a procedura concorsuale può configurare un atto a titolo gratuito soltanto nei rapporti tra questi ed il debitore ove manchi una causa onerosa che ne giustifichi la liberazione, mentre, nei rapporti tra il fallito ed il creditore che ha ricevuto il pagamento, l’adempimento, attesane la funzione estintiva di un obbligazione, ha carattere indubitabilmente oneroso. Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 15515 del 7 dicembre 2001 (Cass. civ. n. 15515/2001)

Il coniuge del fallito che è stato partecipe della convenzione matrimoniale costitutiva del fondo patrimoniale è parte necessaria nel processo d’appello instaurato contro la sentenza che, a seguito dell’azione esercitata dal curatore ex art. 64 L. fall., dichiara quella convenzione stessa inefficace rispetto ai creditori, quale atto a titolo gratuito. Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 6665 del 15 maggio 2001 (Cass. civ. n. 6665/2001)

La costituzione del fondo patrimoniale determina soltanto un vincolo di destinazione sui beni confluiti nel fondo stesso, affinché con i loro frutti assicurino il soddisfacimento del bisogni della famiglia, ma non incide sulla titolarità della proprietà dei beni stessi, né implica l’insorgere di una posizione di diritto soggettivo in favore dei singoli componenti del nucleo familiare, neppure con riguardo all’inalienabilità dei beni. Ne consegue che è inammissibile, per difetto di legittimazione sostanziale, il ricorso per cassazione proposto, ex art. 111 Cost., dalla madre, nella qualità di legale rappresentante del figlio minorenne, avverso il decreto con il quale il giudice delegato abbia dichiarato, ex art. 64 L. fall., inefficace l’atto costitutivo del fondo patrimoniale al quale era stato destinato un immobile di proprietà del padre, poi fallito. Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 15297 del 29 novembre 2000 (Cass. civ. n. 15297/2000)

La vendita di beni mobili con riserva di proprietà può essere validamente stipulata anche verbalmente e l’atto scritto, necessario soltanto ai fini della opponibilità della riserva ai creditori del compratore, può consistere anche in un documento redatto in epoca successiva alla vendita; in questo caso, però, il patto aggiunto si pone come atto gratuito che, in quanto tale, non può sfuggire alla declaratoria di inefficacia derivata dall’esercizio dell’azione revocatoria fallimentare di cui all’art. 64 L. fall. Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 5213 del 5 maggio 1993 (Cass. civ. n. 5213/1993)

Con riguardo ad operazione di «giroconto», mediante la quale, con il trasferimento di somme dal conto di un cliente a quello di altro cliente, la banca soddisfi (mediante compensazione) il proprio credito verso il secondo, e per il caso di sopravvenienza del fallimento del primo, un atto a titolo gratuito, come tale assoggettabile alla declaratoria d’inefficacia di cui all’art. 64 della legge fallimentare (in contraddittorio del beneficiario), è configurabile solo nel rapporto tra fallito e debitore, mentre, nel rapporto fra il fallito stesso e la banca creditrice, la suddetta operazione integra un atto solutorio, che è impugnabile con l’azione revocatoria di cui all’art. 67 della citata legge, nel concorso del requisito della notevole sproporzione della controprestazione, ove vi sia un corrispettivo a carico della banca, nonché in contraddittorio della sola banca, alla stregua della estraneità del debitore rispetto ad una pronuncia destinata a produrre effetti esclusivamente nei confronti dell’accipiens. Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 3265 del 11 luglio 1989 (Cass. civ. n. 3265/1989)

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