I. Nel fallimento delle società in nome collettivo e in accomandita semplice le disposizioni del presente capo si applicano ai fatti commessi dai soci illimitatamente responsabili.
I. Nel fallimento delle società in nome collettivo e in accomandita semplice le disposizioni del presente capo si applicano ai fatti commessi dai soci illimitatamente responsabili.
I. Nel fallimento delle società in nome collettivo e in accomandita semplice le disposizioni del presente capo si applicano ai fatti commessi dai soci illimitatamente responsabili.
La responsabilità per reati fallimentari del socio accomandante di una società in accomandita semplice può prospettarsi sotto differenti profili: a) ex art. 222 l. fall., quale socio divenuto illimitatamente responsabile, in ragione di un’indebita ingerenza nell’amministrazione della società (ai sensi dell’art. 2320, comma primo, cod. civ.) e della conseguente estensione del fallimento nei suoi confronti ex art. 147, comma secondo, l. fall.; b) ex art. 216 l. fall., quale amministratore di fatto della società in accomandita semplice dichiarata fallita ed a prescindere dal suo “status” di fallito, essendo sufficiente, ai sensi dell’art. 223 l. fall., l’essere stato preposto all’amministrazione ed al controllo di una società commerciale; c) ex artt. 110 cod. pen e 216-222 l. fall., quale concorrente “extraneus” nel reato fallimentare del socio accomandatario, per aver commesso una condotta agevolatrice atipica. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 14531 del 4 settembre 2017 (Cass. Civ. n. 14531/2017)
Ai fini della configurabilità della responsabilità del socio occulto per il reato di bancarotta fraudolenta, ai sensi dell’art. 222 legge fall., è necessario che sia stato dichiarato il fallimento anche della società occulta. (Nella fattispecie, la S.C. ha annullato con rinvio la sentenza di condanna nei confronti di un soggetto ritenuto socio di una società di fatto, nonostante l’imputazione individuasse lo stesso quale “extraneus” in concorso con l’imprenditore, mera testa di legno, titolare di impresa individuale, già dichiarata fallita). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 23044 del 31 maggio 2016 (Cass. Civ. n. 23044/2016)
Il mancato pagamento di un debito regolarmente contabilizzato, contratto, nella qualità di imprenditore individuale, nei confronti di una società in accomandita semplice, di cui si rivesta il ruolo di amministratore e socio accomandatario, non costituisce di per sé il delitto di bancarotta per distrazione, considerato il cosiddetto principio di automaticità di cui all’art. 148, comma terzo, l. fall. – per il quale il credito dichiarato dai creditori sociali nel fallimento della società si intende dichiarato per l’intero anche nel fallimento dei singoli soci – che comporta, in linea generale, che la domanda di ammissione al passivo di una società di persone estenda “ipso facto” i suoi effetti anche allo stato passivo del socio e che tale estensione comprenda anche l’eventuale privilegio generale che assista il credito, in considerazione della causa di questo e dell’unicità del rapporto da cui sorge. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 2242 del 23 gennaio 2007 (Cass. Civ. n. 2242/2007)
In caso di fallimento di una società con soci a responsabilità illimitata, ciascun socio risponde dei fatti di bancarotta fraudolenta commessi sia sui beni propri che su quelli della società. Con la precisazione, però, che i beni appartenenti al patrimonio personale vengono attratti nella sfera di applicabilità delle norme sul fallimento solo allorquando il titolare, che non sia ad altro titolo impreditore commerciale, assume la veste di socio illimitatamente responsabile in una società di persone. Per il periodo anteriore, invece, la persona fisica risponde dell’adempimento delle obbligazioni personali con tutti i suoi beni presenti e futuri (art. 2740 c.c.), ma non può ritenersi soggetta alla disposizioni sul fallimento, mancando il presupposto della qualità di imprenditore che eserciti una attività commerciale (art. 1 legge fallimentare) o di socio illimitatamente responsabile di società di persone (art. 147 legge fallimentare). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 9575 del 4 settembre 1987 (Cass. Civ. n. 9575/1987)
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