Il principio secondo cui l’immutabilità del collegio, anche nel caso in cui la trattazione della causa si svolga in più udienze, trova applicazione soltanto una volta che abbia avuto inizio la fase di discussione, in quanto solo da questo momento è vietata la deliberazione della sentenza da parte di un collegio composto diversamente da quello che ha assistito alla discussione, riguarda anche i procedimenti in camera di consiglio (tra i quali va annoverato quello di cui all’art. 131 legge fall. in tema di reclamo avverso il decreto di omologazione del concordato fallimentare), nei quali, mancando una fase istruttoria, non viene nominato un giudice istruttore ma solo un relatore, con la conseguenza che non è vietata la sostituzione di uno o più componenti del collegio prima che abbia inizio la discussione, anche quando quest’ultima si svolga in un’udienza diversa da quelle destinate alla raccolta degli elementi da valutare ai fini della decisione. Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 3274 del 29 luglio 2011 (Cass. civ. n. 16738/2011)
Nel giudizio di omologazione del concordato fallimentare, il curatore non assume la qualità di parte in senso anche sostanziale, poiché la sua partecipazione al procedimento deriva dallo svolgervi la funzione pubblicistica che lo qualifica come organo della procedura e, a tale stregua, necessario contraddittore processuale, mediante i pareri sulla proposta, la relazione all’esito del voto, la relazione in caso di inerzia del comitato dei creditori, l’iniziativa per la messa al voto di proposte ulteriori rispetto a quella scelta dal predetto comitato, la comunicazione del decreto del giudice delegato con le modalità per l’inizio del giudizio. Nè l’art. 131 legge fallim., nel prevedere – nel testo di cui al d.l.vo 9 gennaio 2006, n. 5, “ratione temporis” applicabile – che la notifica del reclamo avverso il decreto del tribunale avvenga nei confronti del curatore e delle “altre parti”, rinvia a queste come ulteriori parti rispetto allo stesso curatore, dovendo invece essere inteso come fonte che individua nel curatore la parte solo formale del giudizio, essendo le “altre parti” quelle ulteriori rispetto al ricorrente, tant’è che il d.l.vo 12 settembre 2007, n. 169, modificando il citato articolo con valore interpretativo, ha disposto che la medesima notifica sia fatta in capo alle altri parti, identificate, se non reclamanti, nel fallito, nel proponente e negli opponenti, con ciò confermando che il curatore non può interporre autonomo reclamo. Ne consegue che il predetto difetto di legittimazione al reclamo, da parte del curatore, contro il decreto che decide sull’omologazione, rende inammissibile, altresì, il ricorso per cassazione, proposto dallo stesso organo, avverso la successiva decisione della corte d’appello assunta in sede di impugnazione. Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 3274 del 10 febbraio 2011 (Cass. civ. n. 3274/2011)
Nel procedimento di opposizione all’omologazione del concordato fallimentare, l’abbreviazione del termine per ricorrere per cassazione, ai sensi dell’art. 131 l. fall., non si estende al termine di costituzione del ricorrente. Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 7763 del 8 giugno 2001 (Cass. civ. n. 7763/2001)
L’art. 131 della l. fall., nell’attribuire la legittimazione attiva solo a coloro che abbiano proposto opposizione nel corso del giudizio di omologazione ed al fallito, non preclude all’assuntore la possibilità di agire per la tutela di un proprio diritto, in virtù di un potere che gli appartiene in via esclusiva in relazione alla situazione patrimoniale in cui è subentrato. Sotto un tal punto di vista non può pertanto negarsi all’assuntore l’astratta possibilità di impugnare la sentenza di omologazione del concordato fallimentare. Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 10349 del 19 ottobre 1998 (Cass. civ. n. 10349/1998)
Dopo il passaggio in giudicato della sentenza omologativa del concordato fallimentare che provoca la chiusura (art. 131 ult. comma legge fall.) e la cessazione degli effetti della procedura fallimentare (art. 120 legge fall.), ed in particolare delle conseguenze di ordine patrimoniale per il fallito (perdita dell’amministrazione e della disponibilità dei beni e perdita della capacità processuale in ordine agli stessi: artt. 42 e 43 legge fall.), il fallito è legittimato ad impugnare la sentenza di accertamento di un suo debito e di condanna del curatore al pagamento, non rilevando in contrario che non sia stato ancora pubblicato il decreto che accerta l’avvenuta esecuzione del concordato (art. 136 legge fall.) trattandosi di atto successivo alla chiusura della procedura fallimentare, preclusivo solo della possibilità di risoluzione del concordato (e della contestuale procedura per la riapertura del fallimento), né che il nome del fallito risulti ancora iscritto nel registro di cui all’art. 50 legge fall., riguardando le incapacità previste dalla legge le sole incapacità personali, che vengono meno soltanto per effetto della sentenza di riabilitazione, e non quelle che riguardano le conseguenze di ordine patrimoniale della dichiarazione di fallimento, la cui cessazione è effetto immediato della chiusura del fallimento stesso. Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 3008 del 16 aprile 1988 (Cass. civ. n. 3008/1988)